giovedì 31 luglio 2025

Superman: Gli ultimi giorni di Lex Luthor

Si è fatto attendere (il primo dei tre comic book qui raccolti è uscito nel 2023!) ma ne è valsa la pena. Abbastanza. Più o meno. Boh, forse non tanto.

Superman cede a una macchinazione di Lex Luthor: dopo l’ennesimo esperimento con la kryptonite il suo nemico storico ha sviluppato una malattia degenerativa che lo ucciderà a breve. Attirata l’attenzione di Superman con uno spettacolare assalto al Bangladesh lo costringe ad aiutarlo a trovare una cura perché lui è Superman e aiuta sempre tutti, solo che il loro accordo viene trasmesso in tutto il mondo (fottuti social network) causando un prevedibile imbarazzo nelle persone vicine all’Uomo d’Acciaio per cui la dipartita di Luthor non sarebbe questa grande perdita per l’umanità, tutt’altro.

La storia viene inframmezzata da un flashback sull’adolescenza comune che hanno avuto Lex e Clark Kent, che spiega l’origine del loro rapporto complesso (non che Lex non odiasse l’umanità già prima). Credo che questa storia sia un Elseworld ed è costituita più che altro da una cavalcata tra i topoi e la mitologia dell’Uomo d’Acciaio, anche se lo spunto di partenza non è male. Peccato che i molteplici comprimari si dilunghino in spiegazioni sulla filosofia e l’etica di Superman. Alla fine è un volume molto celebrativo e un po’ noiosetto in cui sfilano la Zona Fantasma, Kandor la città miniaturizzata, la Legione dei Supereroi, Themyscira, Atlantide e altri luoghi dell’universo DC che vengono solo rapidamente riassunti in un’unica doppia pagina.

Fortunatamente alla fine si scopre che il tutto era sì una trappola, ma ordita da qualcun altro rispetto a Lex Luthor e da qui in poi l’azione deflagra, in maniera addirittura troppo concitata e frettolosa: un ulteriore quarto episodio avrebbe potuto creare la giusta tensione e alcune trovate non sarebbero state “bruciate” in uno spazio relativamente limitato (ogni capitolo conta una cinquantina di tavole ma abbondano le splash page). Certo, coi ritmi di Hitch un quarto episodio lo avremmo visto nel 2027 o giù di lì.

In conclusione Gli ultimi giorni di Lex Luthor è più che altro una celebrazione di Superman e piacerà agli appassionati del personaggio, ma Mark Waid ha saputo comunque imbastire dei dialoghi godibili.

Il team di disegnatori è quello già collaudato ne La Tomba di Batman. Kevin Nowlan inchiostra in maniera netta e decisa Bryan Hitch e forse nel processo qualche dettaglio si è perso (i contorni delle figure sono molto spessi). Va anche detto che lesinando sui tratteggi alcune occasionali sproporzioni sono più marcate, ma avercene di disegni così.

giovedì 24 luglio 2025

Batman/Scooby-Doo! volume 3: Le notti di Gotham

Nuova raccolta della serie di crossover tra Batman e la Mystery, Inc. Nel primo episodio scritto da Sholly Fisch Batman e Robin e Velma & co. si alleano per sventare la minaccia di Ra’s al Ghul che vuole portare avanti i suoi piani di ecoterrorista distruggendo la tecnologia con armi a impulsi elettromagnetici (e francamente come dargli torto). Sfilano i molti membri di Batman nel Mondo, che credo sia una versione moderna (forse per i cartoni animati?) della Batman, Inc. di Morrison. Per arrivare al nocciolo della questione si dovrà risolvere una specie di indovinello del villain, piuttosto carino nella sua semplicità.

Nel secondo episodio è di scena un albergo infestato della Corte dei Gufi di Gotham, se non ricordo male creata in occasione del rilancio all’epoca dei New 52. La storia di Matthew Cody è classicissima al limite del banale e il disegnatore Erich Owen ha un tratto molto pesante. Non che sia male, ma un po’ stona col resto delle tavole più cartoonesche a opera di Dario Brizuela e Randy Elliott.

Ivan Cohen scrive l’ultima delle tre storie, ospitata originariamente sul numero 11 della serie originale, che ruota attorno al furto di una maschera nel museo di Gotham la sera prima dell’apertura di una mostra sui detective. Anche questa trama è un po’ banalotta ma forse lo scopo era concentrarsi sull’ospite d’onore Creeper, personaggio non certo tra i più noti dell’universo DC che qui viene reso come una macchietta, un po’ diverso da com’è nell’universo canonico, almeno credo.

Nel complesso non mancano battute divertenti ma questo trittico mi pare il più debole dei tre raccolti finora. Arrivati al terzo volume posso però capire perché la Panini ha optato per una selezione eclettica di storie non rispettando l’ordine di uscita originale: il primo episodio qui raccolto, che è proprio il primo della serie, aveva ad esempio come coprotagonista un personaggio misconosciuto, una versione nativa americana di Batman, e a sua volta faceva sfilare la Batman, Inc. che avrebbe potuto spiazzare i lettori ignari dell’esistenza di elementi così specifici, soprattutto il pubblico molto giovane a cui è indirizzata la serie. E dubito che la Corte dei Gufi e Creeper siano a loro volta così famosi da costituire un incentivo all’acquisto. In definitiva, per quanto gli altri episodi successivi utilizzassero abbondanti elementi della filologia batmaniana, meglio cominciare con quelli più potabili come i bizzarri guanti viola o la rassegna di nemici misconosciuti.

lunedì 21 luglio 2025

Ricevo e diffondo

 

Play 2026: l'appuntamento col Festival del Gioco è dal 22 al 24 maggio a BolognaFiere

Play annuncia le date della prossima edizione, le 17esima: il Festival del Gioco dà appuntamento al pubblico ed espositori dal 22 al 24 maggio 2026 presso il quartiere fieristico bolognese.
 
Dopo l'ultima edizione da record nell'aprile scorso - che ha accolto ben 34mila persone (visitatori unici) nella sua nuova "casa" a BolognaFiere - Play ritorna alla sua collocazione temporale "tradizionale" nella seconda metà di maggio, come da abitudine negli ultimi anni.
 
Immutata la formula del Festival: "Entra, scegli gioca" è, da sempre, la parola d'ordine.
L'appuntamento è, quindi, dal 22 al 24 maggio 2026 a BolognaFiere, quando Play aprirà nuovamente le porte sul mondo del gioco.

domenica 20 luglio 2025

Draghi: I Custodi delle Stelle

Stupendo libro di illustrazioni che riprende ed espande un progetto precedente: Stardragons edito da Lo Scarabeo. Paolo Barbieri è sia appassionato di astronomia che di miti classici e questo lavoro sposa alla perfezione i due interessi, che d’altro canto sono già legati tra di loro.

Come recita il sottotitolo queste sono «favole e illustrazioni» perché le immagini sono sempre accompagnate da un racconto che presenta la personificazione draghesca della costellazione e del suo compagno (la «Creatura») attingendo non solo dalle mitologie greca e sumera ma anche da suggestioni letterarie e da elementi di astrofisica. E per questo viene premessa una necessaria storia della genesi che spiega il background della cosmogonia immaginata dall’autore.

Tra l’altro non ho mai capito come diavolo fosse possibile vedere carri o orse o cigni o qualsiasi altra cosa in un ammasso di quattro stelle in croce; nemmeno stavolta ci sono riuscito ma Barbieri spiega almeno la diversa visibilità da punti diversi dell’universo e l’“inquinamento” dovuto a nebulose, differenti distanze tra una stella e l’altra, ecc.

Non c’è una progressione narrativa nei racconti, che sono quasi del tutto slegati tra di loro, e per questo Barbieri li ha organizzati per ordine alfabetico, seguendo una medesima struttura catalogatoria quasi da entomologo che comprende nell’ordine il nome italiano, quello latino e il nome della Creatura associata.

Ho sempre ammirato quegli illustratori fantasy che hanno la capacità di creare dei draghi per così dire “realistici”, con caratteristiche fisiche che risultano credibili anche se ovviamente non esistono in natura. Qui siamo addirittura un gradino sopra, anzi parecchi gradini sopra: Barbieri riesce a personalizzare tutti e 88 (diconsi 88) draghi in maniera che è sia coerente con la natura dei loro nomi sia verosimile senza mai sembrare che il risultato sia forzato. È anche vero che i canidi mi sembrano poco canidi (stesso discorso per altri come Colomba o Leone o Tucano), ma posso capire la scelta di un’immagine più generica per evitare il rischio di scadere nel ridicolo. A compensare la cosa ci sono la grande fantasia e i felicissimi esiti nella resa di soggetti apparentemente “indraghizzabili” come meridiane, centauri, triangoli (australi o meno).

Non conosco molto bene Paolo Barbieri, mi pare che nelle immagini di partenza fatte a matita ci sia qualche cuginanza con Luis Royo. Mi riferisco all’eterea eleganza delle figure femminili, e non solo di quelle femminili. Dopodiché c’è un’evidente e massiccia elaborazione digitale che se non altro consente dei particolari effetti di luminosità e degli accostamenti cromatici originali, oltre a confermare quella maestosità che già ravvisai nelle tavole a olio o tempera di Barbieri in mostra qualche Lucca fa.

Un’appendice di oltre venti pagine offre una ricca selezione di bozzetti.

giovedì 17 luglio 2025

Cose di cui ci si accorge rileggendo Tintin di seguito dall'inizio


I primi episodi erano tremendi: Tintin si salva quasi sempre per caso o con artifici che avvengono fuori scena e non sono spiegati. Certo, si era agli inizi della serie e sicuramente l’umorismo prendeva il sopravvento sull’azione, ma oggi questi aspetti lasciano un po’ perplessi.

 

A volerlo trovare, c’è più razzismo in Tintin in America che in Tintin in Congo.

 

La continuity è strettissima, non solo all’inizio della saga quando praticamente ogni episodio viene introdotto alla fine del precedente.

 

Tintin è un maestro nei travestimenti ma non viene chiarito dove riesca a trovare tutti quegli abiti e quei camuffamenti.

 

Oltre che essere famosissimo come reporter Tintin deve essere anche miliardario o poco meno.

 

Contrariamente a quanto riportato da molti, non è vero che Hergé non usasse mai tratteggi o colorasse sempre con le stesse tinte. Non che sia un falso storico, ma non è proprio vero al 100%.

 

Non ho capito se a furia di rimaneggiare gli albi Hergé fosse diventato bravo a disegnare o se fossero i suoi collaboratori molto più bravi di lui.

 

Haddock è un grande, ma Milou lo è di più.

 

Vedere mani senza le unghie mi inquieta anche in un contesto umoristico.

 

Tintin ha avuto contatti con gli alieni, non me lo ricordavo affatto. E non mi riferisco al meteorite de La Stella Misteriosa.

 

Hergé non faceva solo ricorso a stereotipi: credo che più spesso un personaggio venga fatto svenire col cloroformio invece che con la classica (e improbabile) botta in testa.

 

Probabilmente Tintin e L’Alph-Art sarebbe stata una storia memorabile.

 

L’edizione integrale della Rizzoli Lizard è sen’altro bella, ma è un peccato che non abbiano messo le copertine originali.

 

Come ogni classico, Tintin è godibilissimo ancora oggi, ed è anche inaspettatamente moderno per certi temi, certe inquadrature e certe soluzioni narrative.



martedì 15 luglio 2025

Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi 30 - I Racconti di Domani 3: Brevi cenni sull'universo e tutto il resto

 

Che figuraccia, parlare del secondo albetto da edicola de I Racconti di Domani dopo settimane che era uscito. Per ovviare questo lo recensisco un giorno prima, così posso anche permettermi di darvi un suggerimento: leggete l’ultima storia per prima, altrimenti come me potreste avere l’impressione di un crollo verticale nella serie.

Si comincia con L’Incubo, la cui trama era praticamente svelata nella quarta di copertina dello scorso numero. Suggestiva ma inconcludente e forse autocommiserativa.

L’Anomalia è più originale e articolata, ma non tanto da suscitare entusiasmi. E forse non è nemmeno poi tanto originale.

Molto bella Favola Vudu, storia d’amore oltre la morte con un finale consolatorio ma non patetico. Ottima l’alternanza tra il massiccio uso delle didascalie e sequenze interamente mute. E i ghirigori di Pontrelli qui trovano senso.

Da metà albo in poi inizia una raffica di storie brevi o brevissime, con un’unica lunga eccezione.

Gli Alieni è carina e forse autobiografica, ma lo spunto è così interessante che appare sprecato in queste poche pagine.

Zapping è molto intrigante e si termina la lettura con un sorriso sulle labbra, anche se è un sorriso perplesso.

La verità sull’Area 51 è moderatamente lunga (11 tavole), non è nulla di particolarmente originale ma si fa apprezzare per la documentazione che Sclavi vi ha profuso – o ha finto di profondervi, l’effetto è lo stesso.

La Felicità è una perla di cinismo sulla vecchia URSS che può essere presa ad apologo della meschinità generale dell’umanità tutta.

Paura è solo un flash, la descrizione di un attimo o meglio l’inizio di una storia che non parte.

Svegliati rischiava di essere lo stesso, ma è nobilitata dal finale a sorpresa (sì, ma il corpo del bambino dov’è nell’ultima vignetta?).

Si chiude quindi con Tigì, surreale comunicazione metanarrativa col lettore e storia che avevo suggerito di leggere per prima. Che poi a rileggere i commenti alle storie non è che ci sia stato alcun «crollo verticale», semplicemente questo terzo volume è talmente eterogeneo e frammentario che sembrava confezionato alla meno peggio con tutto quello che usciva dai cassetti di Sclavi: nei fatti è un Hellzapoppin’ che vuole essere incoerente e sconclusionato, e che come tale mi ha ricordato certi film a episodi degli anni ’60 e ’70, in particolar modo Signore e signori, buonanotte (che l’annuncio della partita di cui si sa già il risultato venga proprio da lì? Così su due piedi non ricordo). Solo che leggendo Tigì per ultima si scopre troppo tardi il senso dell’operazione e si rischia di prendere Brevi cenni sull’universo e tutto il resto troppo seriamente.

Giorgio Pontrelli (colorato da Sergio Algozzino) non è Mari, c’è poco da fare, e il suo stile graffiato e ostentatamente impreciso toglie pathos ad alcune storie o ne ridicolizza altre (quei nasi!). Parlavo di ghirigori, sopra. In effetti Pontrelli usa riempire i dettagli di vari elementi (vestiti, tappeti, lenzuola, ecc.) con elementi più decorativi che descrittivi, e questo allontanamento dal realismo crea un ulteriore “stacco” tra il lettore e le storie.

domenica 13 luglio 2025

I Classici Disney 547: Siamo (sempre più) serie!

Raccolta di due cicli di storie che omaggiano serial e fiction televisive.

Paperone è in ambasce perché Rockerduck sta avendo un successone sulla piattaforma digitale RockFlix con L’Amaca Geniale, mentre il suo Tanto Ebbi che trasmette DuckNet dimostra tutta la miseria con cui è realizzato (pur se ha i suoi fan). Per questo si rivolge a Paperino scoprendo che Paperina ha il vezzo di immaginare insieme a Chiquita delle nuove possibili fiction. Assunte come showrunner, dovranno raccattare sceneggiatori, registi, attori e maestranze varie per confezionare al minor costo possibile Un Posto a Paperopoli, una fiction che riguarda proprio degli sceneggiatori alle prese con delle serie da scrivere. I primi quattro episodi seguono la realizzazione dell’opera fino al fatidico Gran Gala delle Serie TV mentre gli altri quattro sono dedicati ognuno a una puntata pilota di genere diverso da sottoporre agli spettatori (e immagino anche ai lettori di Topolino dell’epoca, visto l’epilogo) per decidere verso quale direzione fare andare Un Posto a Paperopoli. A far da cerniera tra le due parti c’è un intermezzo inedito.

In questo fumetto c’è di tutto: giochi di parole, slapstick, parodia, umorismo demenziale, derive surreali, metanarrazione di quella buona. Ci si sganascia a ogni pagina, anzi quasi a ogni vignetta. Le trovate di Sergio Badino si susseguono a ritmo serrato senza mai annoiare. Sono rimasto un po’ stupito nel vedere il florilegio di citazioni che per questioni anagrafiche o di interesse un pubblico di bambini di logica non potrebbe cogliere, forse la serie è pensata per essere goduta anche dagli adulti o forse queste citazioni ci sono sempre state e a mia volta non le coglievo da bambino.

Per quanto posso capirne di fumetto Disney, i disegni di Silvia Ziche sono molto buoni e la trovo più a suo agio coi paperi che coi topi, anche se nemmeno qui si esime dal dare ogni tanto un’interpretazione un po’ personale, in particolare nella distorsione dei becchi e nell’esuberanza delle dentature.

Una curiosità: a quasi cinquant’anni scopro che Paperone non è solo lo zio di Paperino ma anche di Paperina! Il rapporto tra i due nipoti è quindi incestuoso o lei lo chiama “zio” per affetto?

venerdì 11 luglio 2025

Eternity 7: L’impresa un po’ presuntuosa della resurrezione

Cominciare a leggere una serie di Bilotta in medias res? E perché no, magari ci si capisce più che non altrove. Che poi non saremmo proprio in medias res perché, come evidente dal titolo e sempre che io abbia capito bene, con questo settimo volume inizia una nuova stagione o comunque si risolve una situazione che apre una nuova fase nella serie.

Alceste Santacroce, giornalista gossipparo, è poco più che un vegetale su una carrozzella dopo gli eventi degli scorsi numeri; leggendo nell’introduzione di Bilotta delle sue spericolate vicende giovanili da funambolo sui balconi pensavo per una caduta, ma non è così. L’impresa un po’ presuntuosa della resurrezione segue la sua progressiva guarigione tra fisioterapia, vernissage a lui dedicati, lettura di fumetti d’invenzione, visite a veggenti con aperitivo annesso, discoteche, ecc. Sempre con la sigaretta in bocca. Non mancano scenette molto divertenti nel loro cinismo.

A un terzo circa del volume si cambia tono: una volta rimessosi in piedi Alceste comincia a frequentare un gruppo di sostegno per persone che dopo gravi traumi hanno trovato Gesù. Ma ovviamente non è il misticismo quello che cerca: ha riconosciuto nei partecipanti una pornostar che ha scoperto la fede e che adesso potrebbe essere impantanata in un brutto giro, anticipazione di ulteriori sviluppi futuri.

Nonostante le tavole siano organizzate a blocchi di massimo sei vignette (e non manchino silenzi carichi di significato) Bilotta è riuscito a infilare un bel po’ di sostanza in queste 60 pagine. Contrariamente a quello che sospettavo, e che pareva essere riassunto dalla battuta di una comparsa («Ma dai! È Alceste… chi vuole impazzire a capirci qualcosa?!»), la storia è molto ben strutturata e perfettamente comprensibile, ben calibrata tra momenti descrittivi, umorismo (nerissimo, certo) e la mezza trama di detection di cui sopra.

Gerasi è sempre Gerasi, e anche se ha cercato le angolazioni più strane e ostentato certe deformazioni o volti lombrosiani non è riuscito a nascondere il suo talento. Unico appunto: forse ha scansionato direttamente le matite e così l’effetto dell’ombra sotto il mento dell’abbondante Megulia sembra una barbetta.

I colori di Adele Matera sono frastornanti come mi era già stato anticipato. Tanto per aumentare lo straniamento nel lettore certi contorni sono ripassati in bianco, ci sono figure geometriche sui punti di luce e anche dei fuori registro troppo marcati per non pensare che non siano voluti. Se l’obiettivo era quello di abbacinare e confondere il lettore mi pare che ci sia riuscita anche troppo bene.

mercoledì 9 luglio 2025

Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi 29 - I Racconti di Domani 2: Della morte e del cielo

Non credo abbia molto senso recensire un prodotto da edicola uscito già da qualche settimana, se non per sottolineare la mia insipienza dovuta all’età che avanza. Ma comunque.

Questo secondo volumetto de I Racconti di Domani è una raccolta di storie brevi (come il primo, immagino), genere che Sclavi ha dimostrato in svariate occasioni di amare molto. In effetti in alcune sequenze ho avvertito una sensazione di déjà vu (o meglio déjà lu) ma è chiaro che non si può pretendere l’originalità assoluta nella dimensione di una manciata di pagine. Il primo approccio non è stato affatto entusiasmante e già subodoravo la noia e l’apologo ma poi la seconda metà abbondante del volumetto ha confermato la geniale esuberanza dello sceneggiatore.

Come venne l’amore per il professor Tristezza è a malapena una “storia”, cioè non c’è uno sviluppo o una situazione da dirimere ma quasi solo una lunga descrizione e poi una mezza morale finale. Forse in origine era pensato per essere un racconto scritto e non “fumettato”? Un professore scettico e amareggiato dalla vita (ma più che altro indifferente a essa) viene visitato dal fantasma della collega che lo amava in silenzio, morta proprio mentre lo inseguiva per convincerlo a partecipare alla sua festa di compleanno. E così muore a sua volta, ma felice per aver conosciuto l’amore. Fine.

Ancora peggio con Gli ultimi cinque secondi: la sequenza iniziale (bellissima) della fuga di gas nervino in un laboratorio è solo lo spunto per delle riflessioni di Dylan Dog.

Ma, come dicevo, da metà albo in poi l’operazione decolla. Eccezionale Lo straniero, ambientato nel 1961 in quel di Buffalora. In un ospedale-lager gestito da Adolfo Celi e un manipolo di suore inquietanti è stato ricoverato un giovanotto che non ricorda niente del suo passato e parla in maniera desueta. Parrebbe essere il sopravvissuto a uno schianto aereo, solo che del suo velivolo non c’è più traccia perché è stato disintegrato e lui è stato ritrovato nudo con pochissimi effetti personali. Sclavi ha giocato magistralmente con le aspettative del lettore e il finale a sorpresa è godibilissimo.

Forse addirittura meglio la fulminante Il Mostro, perla di humour nerissimo.

Si chiudono le danze con L’Arrivo, in cui giungono ufficialmente degli alieni sulla terra. La vicenda rimane sospesa e serve più che altro a stigmatizzare un certo atteggiamento di scetticismo pregiudiziale o forse l’assuefazione alle stranezze che già Ennio Flaiano denunciò in quel suo racconto che ruotava proprio attorno a un marziano. Sì, non è ci sia neanche qui una vera “storia” ma preferisco questo raffinato cinismo al patetismo del professor Tristezza.

Nicola Mari (efficacemente colorato da Giovanna Niro) fa un lavoro egregio. Sarà che l’ho gradito, oltre che per la magistrale sequenza muta de Gli ultimi cinque secondi, perché Dylan Dog compare poco o nulla; in genere infatti non mi convince molto la sua resa dell’Indagatore dell’Incubo, e le storie dovrebbero essere suoi sogni – o forse storie raccontate da un simil-Nosferatu o forse racconti tratti da un libro.

domenica 6 luglio 2025

Nettuno - Integrale

Una stazione orbitale viene avvicinata da una navicella decisamente bizzarra: un disco volante come quelli che si vedevano nei film di fantascienza degli anni ’50 (gli anni ’50 del XX secolo, ché questa storia è  ambientata nel 2203). Cosa ancora più strana, presenta sulla fusoliera, ammesso che la si possa definire tale, delle scritte in inglese. L’ONU manda una task force a indagare, che comprende anche Manon fresca fresca di corso d’addestramento. Quello che troveranno nell’ufo è inspiegabile: due soli “passeggeri” morti vestiti come primitivi. E verranno pure infettati da nanorobot.

Nel frattempo Maï Lan torna su Betelgeuse insieme a Kim e Marc per contattare la Mantrisse e cercare di riappacificarla con gli umani, ma senza esito. Visto che il disco volante non poteva di logica affrontare viaggi interstellari si cerca una nave-madre che possa averlo depositato nel sistema solare della Terra e ne viene rinvenuta una in prossimità di Nettuno. I primi contatti sono tutt’altro che amichevoli e quindi vengono chiamati in soccorso gli Zalteriani, e con essi ovviamente torna buona parte del cast delle varie serie del Mondo di Aldebaran.

Tra droni, robot ed equipaggio umano si riesce a penetrare nell’enorme astronave (che contiene tre giganteschi ambienti distinti) e a sbirciare cosa c’è dentro, ma la situazione si preannuncia troppo pericolosa e Kim propone che a esplorare la nave-mondo siano solo lei e Manon, entrambe potenziate dalla mantrisse ma più adatte di altri ad affrontare la missione. Non ho controllato, ma vista la struttura e l’habitat della nave-mondo non escludo che Leo abbia creato un ponte con Centaurus.

Da qui in poi, cioè da buona parte del secondo dei due volumi qui raccolti, vengono inanellati molti topoi del genere ma Leo sa rendere Nettuno intrigante e carico di tensione. E non mancano sequenze di lotta ben coreografate e il sense of wonder per l’introduzione dell’ennesima nuova razza aliena. Io ho trovato un po’ ridicolo l’elemento alla base della trama (cioè delle abduction fatte durante la Seconda Guerra Mondiale) ma lo stesso autore si prende gioco di alcuni stereotipi fantascientifici e magari non voleva farsi prendere troppo sul serio.

Come sempre coi Mondi di Aldebaran si viene catturati sin da subito e la curiosità di scoprire la soluzione del mistero è tanta. Il dittico (60 tavole l’uno) è perfettamente leggibile a sé, anche se il lettore digiuno delle saghe di Leo potrebbe rimanere spiazzato nel vedere tanti personaggi che discutono tra di loro come a un ritrovo tra vecchi compagni di classe e parlano di cose non immediatamente chiare.

Graficamente Nettuno non mi ha soddisfatto al 100%. Leo, che già non si è mai profuso in troppi dettagli, ha usato con una certa nonchalance il computer creando edifici e mezzi molto schematici e freddi. Soprattutto le tavole ambientate negli spazi siderali trasmettono un senso di vuoto e artificialità. A ciò va aggiunto che la colorazione, realizzata insieme a Florence Spitéri, è integrata dal digitale trasmettendo a sua volta un’impressione di asettico; inoltre gli anni si fanno notare anche per Leo e proprio la semplicità dei suoi disegni rende più evidente una sproporzione anatomica o un errore morfologico. Ciò è evidente soprattutto nel secondo episodio in cui l’inchiostrazione è molto pesante e certi elementi come la vegetazione sono decisamente tirati. Che si sia fatto inchiostrare da qualcun altro?

Il volume è un cartonato di grande formato su carta patinata stampato alla perfezione, ma le 128 pagine di cui è composto costano 29,90 euro. Non mi scandalizzo perché ormai in Italia o così o niente, però per una trentina di euro la Cosmo avrebbe potuto evitare tutti quei refusi che punteggiano Nettuno.

giovedì 3 luglio 2025

Fumettisti d'Invenzione! - 199 (speciale 9-11 - Artists respond)

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

A seguito dell’attacco alle Torri Gemelle molti editori statunitensi pubblicarono volumi per raccogliere fondi in favore delle vittime. 9-11 – Artists respond fu un progetto condiviso da DC Comics, Dark Horse, Chaos! Comics e Image. Il primo dei due volumi, edito da Dark Horse, contiene materiale pertinente ai Fumettisti d’Invenzione, per il quale valgono le stesse specifiche:

(Stati Uniti 2002, nel volume 9-11 – Artists respond, © dei singoli autori, testimonianza)

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

PARODIE (pag. 67)

NEW YORK REPORT

R. [Robert] Sikoryak

Non potendo tornare utile ai soccorsi perché gli ospedali hanno già sangue in abbondanza e il suo fisico esile non gli consente molti sforzi, un cartoonist decide di elaborare una doppia pagina di giornale a tema con tanto di giochi enigmistici e un (finto?) appello al presidente Bush. Non mancano, anzi costituiscono la maggior parte del suo intervento, parodie di strisce più o meno famose reinterpretate a seconda di quello che Sikoryak ha sentito dire alle persone comuni.

Pseudofumetti: Antipathy, Best and Worst, Joe Can-Do, The Insignificants, quest’ultima una parodia dei Peanuts.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

SENZA TITOLO

Bryan Talbot

In procinto di raggiungere New York per una convention, Bryan Talbot viene sorpreso dalla notizia dell’attacco. La cosa lo turba profondamente, tanto da farlo precipitare in una spirale di depressione e da fargli dubitare dell’utilità del suo lavoro. Si riprenderà ripensando a un film di Woody Allen.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

IN THE HOUSE OF LIGHT

Mike Carey (T), Mike Collins e Lee Townsend (D)

Pete apprende dell’attacco alle Torri mentre lavora alla ristrutturazione di un appartamento. Seguiranno degli incubi oppressivi ma le prospettive che questo apre ridimensionano i suoi problemi matrimoniali. La sua fedifraga consorte è una fumettista.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

THE LAST TIME I WAS IN NEW YORK CITY

Stan Sakai [Masahiko Sakai]

L’11 settembre risveglia nell’autore il ricordo di una precedente visita a New York in cui un giovane skater si esibiva in un numero acrobatico.