Forse avevo leggiucchiato qualcosina di S.H.I.E.L.D. a suo tempo ma l’avevo archiviato come il classico fumetto di Hickman molto ambizioso e poco comprensibile, tutto fumo e poco arrosto. Approfitto di questa rilettura organica per capire se la mia impressione fosse vera.
Lo spunto di base è che lo S.H.I.E.L.D., l’agenzia spionistica dell’universo Marvel, esiste sin dai tempi dell’antico Egitto e ha aiutato segretamente l’umanità contro le varie minacce di portata colossale, vedi Galactus. La storia prende le mosse quando un nuovo potenziale adepto, Leonid, viene invitato a unirsi alla confraternita. Ma Leonid non è una persona normale: è una specie di meccanismo vivente per risolvere una crisi futura mentre suo padre è poco meno di un supercriminale. Per questo quando il genitore si presenta allo S.H.I.E.L.D. con l’intenzione di raderlo al suolo Leonardo Da Vinci trasporta Leonid nello spazio e nel tempo e lo porta nel cuore dell’associazione per metterlo a parte di un pericolo interno: i dissidi dovuti a Isaac Newton.
La storia in effetti non è incomprensibile, solo che i molteplici salti temporali e i molti personaggi in scena la rendono ostentatamente più nebulosa di quanto sia nella sostanza. La mitologia Marvel viene citata a piene mani ma non è una cosa fastidiosa, compaiono anche con un ruolo di rilievo i padri di Tony Stark e Reed Richards, entrambi agenti dello S.H.I.E.L.D. Ma a farla da padroni sono vari personaggi storici che a loro volta sono stati Maestri dell’associazione o comunque ne hanno fatto parte: oltre a Newton e Leonardo anche Nostradamus, Galileo, Michelangelo, ecc. Se non ricordo male a suo tempo S.H.I.E.L.D. venne definito La Lega degli Straordinari Gentlemen di casa Marvel. D’altra parte Hickman si è anche divertito a scimmiottare un po’ Watchmen con alcuni finti documenti d’epoca.
Il finale della prima parte è originale e piacevole nella sua brutalità anche se poi gli ulteriori sei capitoli metteranno inevitabilmente una pezza allo scontro tra le fazioni interne allo S.H.I.E.L.D.
Un quartetto di storie brevi approfondisce alcuni dettagli o aggiunge carne, o meglio fumo, al fuoco senza svelare troppo sui retroscena. Molto divertente comunque la lotta tra Leibniz e Newton.
Posizionati i molti pezzi sulla scacchiera, la seconda e ultima parte della serie conclude il confronto tra filosofie e armi futuribili dei vari membri dello S.H.I.E.L.D. Simpatica l’idea del triplicarsi dello scenario finale in tre scenari divergenti prima della risoluzione finale. Risoluzione che, se ho ben capito, i lettori statunitensi hanno dovuto aspettare sei anni prima di vedere: il numero 4 della seconda serie uscì nel 2012 e il quinto nel 2018.
I disegni di Dustin Weaver non sono male, ma nemmeno così spettacolari come forse era lecito aspettarsi. Le scene di massa e le architetture dettagliate non lo spaventano, ma le anatomie sono un po’ tagliate con l’accetta e l’inchiostrazione tende al monocorde, oltretutto con dei tratteggi buttati giù a caso. Credo che i colori di Christina Strain, occasionalmente coadiuvata da Justin Ponsor, abbiano contribuito molto alla resa finale. Sonia Oback che si è occupata della seconda parte non mi è parsa altrettanto efficace, se non proprio nell’ultimo episodio. A giudicare dai lavori dei quattro disegnatori che si sono occupati del numero ∞ (infinito) non mi stupisce che solo Gabriel Hernandez Walta abbia poi avuto una discreta carriera, o almeno è l’unico che conosco. Gli altri sono Nick Pitarra, Zachary Baldus e Kevin Mellon.

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