domenica 27 maggio 2018

Cani Sciolti: Sessantotto

Anni fa Sergio Rossi (mi pare fosse lui) aveva rilevato su Fumo di China come la collana Un Uomo Un’Avventura fosse un esperimento non del tutto riuscito, perché accanto a opere che necessitavano del grande formato e della confezione lussuosa ne venivano proposte altre realizzate secondo i consueti canoni produttivi della Cepim, che mal figuravano tra i lavori di Pratt, Battaglia, Toppi, Crepax, Micheluzzi e compagnia, risultando in definitiva un qualsiasi fumetto popolare ingrandito.
Quando ho ordinato Sessantotto mi aspettavo un po’ questo aspetto blowuppato sulla falsariga de L’Uomo del Texas, ma non pensavo che sarebbe stato così marcato, tanto più che la serie dovrebbe uscire con il nuovo formato bonelliano più grande – e un po’ lo si nota nella diagonale delle tavole, che sono leggermente più strette e alte.
Come dice il titolo, la storia prende le mosse dalle occupazioni studentesche a Milano nel fatidico 1968. Il primo episodio qui raccolto è prettamente introduttivo e presenta i sei protagonisti. Nel secondo c’è un salto in avanti di 20 anni esatti e ci troviamo in quella che è diventata la Milano da bere, in cui un fotografo ha allestito una mostra che contempla anche la foto scattata ai sei alla fine del precedente capitolo, con l’intenzione di trovare le tracce degli allora ragazzi per scoprire cosa fanno adesso. Titolo della foto e anche dell’episodio è appunto Dove siete?. In questo secondo capitolo si riallacciano alcuni fili col passato, viene mostrato o intravisto il destino dei sei e si seduce il lettore invogliandolo a scoprire cosa sia successo nei vent’anni trascorsi, alludendo all’adesione alla lotta armata di almeno uno dei “Cani Sciolti”. La narrazione apparentemente gira a vuoto, con lunghe parti puramente descrittive, lunghi dialoghi che al momento non sembrano essere indispensabili nell’economia della storia e qualche accenno di crisi esistenziale degli ormai quarantenni (pura fantascienza per un quarantenne precario del 2018). Eppure il fumetto è incredibilmente avvincente.
Lo stile di Manfredi è scorrevole e gradevolissimo, il ritmo sincopato dovuto ai flashback è incalzante e l’utilizzo di aneddoti di prima mano (impressione confermata nell’intervista in appendice) rende Cani Sciolti estremamente realistico. I dialoghi sono tra i più veri che abbia mai letto in un fumetto Bonelli, per quanto a Lina scappi un «Santa polenta» alla fine, e la cura per i dettagli è evidente ed encomiabile: di Auschwitz, ad esempio, viene citata la versione dell’Equipe 84, sicuramente più conosciuta all’epoca rispetto a quella di Guccini. Ma il fascino del fumetto non si esaurisce qui. Accanto alla scrupolosa ricostruzione della temperie di un’epoca (anzi, di due, e gli anni ’80 secondo me sono evocati addirittura con maggiore efficacia) Manfredi non risparmia qualche accenno sarcastico al fatto che il ’68 potrebbe anche essere stato per alcuni un paravento dietro cui azzardare gli approcci sessuali che il clima del momento consentiva. Non solo: c’è anche qualche considerazione a latere, assai meno sarcastica, sulla possibilità dell’adesione alla rivoluzione della borghesia, qui rappresentata anche dalla rampolla di un dirigente di Mediobanca – ma tra i “proletari” Turi è figlio di un vigile urbano, la mamma di Pablo ha un ristorante e i genitori di Lina hanno una pasticceria: un proletariato ben poco proletario, insomma. Veramente ficcante, poi, la considerazione sull’utilizzo che la società dei consumi ha fatto di quegli stessi slogan che erano nati per contestarla.
Come testi siamo quindi di fronte a un ottimo lavoro, dal soggetto molto originale (credo sia l’unico fumetto italiano non satirico sul ’68), scritto in maniera coinvolgente e realistica da uno dei testimoni oculari del movimento, senza mai cedere ad alcuna mitizzazione. E al lettore resta senz’altro la curiosità di vedere come si riempiranno i vent’anni tra una linea temporale e l’altra. Ai disegni, però, abbiamo Luca Casalanguida.
L’effetto blow up di cui ho detto sopra sarà anche colpa dello sceneggiatore, che in alcuni casi arriva a tre misere vignette per tavola e comunque non supera mai le sei, ma il sintetico disegnatore ci mette molto di suo. Casalanguida è uno di quei disegnatori che vengono alternativamente definiti “impressionisti” o “espressionisti”, quelli che risolvono con una pennellata bella grassa i contorni di una figura e che non stanno lì a perdere tempo a ricercare l’anatomia giusta o a perdersi in tratteggi, preferendo concentrarsi sull’espressività dei personaggi e sull’atmosfera che cercano di rendere, spesso in barba a una raffigurazione realistica dei soggetti. Quasi sempre i controtelai delle porte, i montanti delle finestre, le cerniere dei libri e l’aggetto delle mensole non vengono nemmeno disegnati: tanto il lettore sa che esistono comunque. Parecchi universi di distanza da Gaudenzi, Alligo, Angelici e Masciangelo, insomma, ma per alcuni tipi di storie questo stile può andare benissimo. Cani Sciolti non mi pare proprio una di queste.
Casalanguida rende in maniera magistrale il silenzioso fastidio di Milo contrapposto alla soddisfazione di Turi nell’ultima vignetta di pagina 21, e non manca qualche altro bell’exploit dello stesso tipo, ma gli sfondi, gli interni e le scene di massa sono desolatamente piatti e poveri. Laddove un qualsiasi fumettista franco-belga alle prime armi avrebbe riempito i muri e i cartelli branditi dagli studenti di scritte dettagliate, Casalanguida si limita spesso a mettere due ghirigori in croce e, santo cielo, non finge nemmeno di disegnare mattoni o increspature sui muri (tanto per rimanere all’abc) che anche se superflui sarebbero comunque serviti a vivacizzare un po’ le tavole. Le architetture trovano il loro punto più basso a pagina 24, con tanto di torre storta nell’ultima vignetta. Ok: è vero che le tavole sono pensate per un formato più piccolo, così come i disegni devono essere fisiologicamente “vuoti” per permettere ai coloristi di fare il loro lavoro (o almeno spero, alcuni commenti di Manfredi riportati in appendice farebbero temere che tutta la serie sarà in bianco e nero, spero di no perché altrimenti la povertà di certe vignette sarebbe veramente ingiustificabile) ma secondo me un altro disegnatore più dettagliato e volenteroso avrebbe fatto comunque una buona figura anche se ingrandito. Il ricorso al copia/incolla permesso dai mezzi informatici non aiuta a scrollare di dosso da Casalanguida la sua glaciale e austera frugalità, anzi la sottolinea ancora di più. Oltretutto, ogni tanto la qualità di stampa zoppica e i suoi tratti risultano un pochino pixellati, ma forse la colpa è anche del programma che ha usato per disegnare visto che i casi più macroscopici si verificano nelle “pennellate” più corpose e compatte. Inoltre, tutto il lavoro di documentazione fatto per ricostruire le due epoche anche tramite le architetture e i vestiti non ce lo vedo proprio, se non forse nel secondo episodio. Lo stile di Casalanguida avrà sicuramente i suoi pregi, ma è del tutto inadatto per Cani Sciolti.
A integrare questo volume cartonato e inutilmente grande (22,5x30: più dell’Integrale di Blacksad, dannazione) ci sono la presentazione dell’opera a cura di Manfredi, le schede dei personaggi e un’intervista allo stesso Manfredi, tutte cose che bastano a non farmi rimpiangere l’acquisto. Certo, ci sarebbe pure qualche schizzo di Casalanguida, ma è praticamente indistinguibile dal risultato finale vista la sua avarizia grafica. A proposito dell’acquisto, la Bonelli si trova anche in questo caso (come ormai da anni) a subentrare alle altre case editrici che in precedenza raccoglievano i suoi fumetti in formato da libreria, occupando la fascia alta del mercato. Il prezzo di vendita è 19 euro, forse qualcosina di meno si sarebbe potuto fare considerando che si tratta quasi di materiale promozionale propedeutico alla “vera” serie che uscirà tra qualche mese, e che il volume non è nemmeno stampato su carta patinata.
Questo primo assaggio di Cani Sciolti nel complesso mi è piaciuto, ma credo che aspetterò la serie da edicola per seguirlo nella sua dimensione corretta. Anche perché, se tanto mi dà tanto, Casalanguida potrebbe benissimo essere capace di buttare giù 60 tavole al mese ed essere quindi l’unico disegnatore della serie, assolutamente controproducente da “valorizzare” con altri volumi di queste dimensioni, che comunque non sono nemmeno sicuro che la Bonelli continuerà a pubblicare ancora dopo questo.

32 commenti:

  1. Fortunatamente non erano molti i "Bonelli ingranditi" all'interno di Un uomo, un'avventura (ricordo giusto Galep, Polese e Gigi, che non lavorava per la CEPIM ma avrebbe benissimo potuto). Gente come D'Antonio e Tacconi devo dire che risolse piuttosto bene la sfida del formato gigante.

    Il tuo commento a Cani sciolti è come sempre preciso e interessante, oltre che rasserenante (perché riponevo grandi speranze in Manfredi, un signor sceneggiatore, e tu le hai confermate), ma di sicuro aspetterò l'edizione da edicola.

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    1. E Alessandrini, naturalmente, che all'epoca era ancora acerbissimo.

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    2. Io li lessi da bambino o poco più prestati da un vicino di casa, e già all'epoca mi accorsi che in alcuni casi c'era qualcosa che "non quadrava". Oltre all'esempio macroscopico di Galep anche Polese, D'Antonio e Tacconi mi sembravano avere qualcosa in meno rispetto agli altri e si leggevano più rapidamente. Forse anche Siò, ma credo per l'organizzazione della tavola voluta dallo sceneggiatore (Castelli, giusto?). E Olivares, o Oliveira, il brasiliano naif insomma, fu un vero choc! Ma uno choc positivo.
      Non mi pare di aver riscontrato la stessa impressione con Alessandrini, che era sì acerbo ma anche desideroso di mettersi in mostra e lo ricordo molto curato, come d'altra parte anche Manara con l'Uomo delle Nevi.
      Gigi non confezionò L'Uomo del Giappone per la collana, ma si trattava di un rimontaggio dei primi due episodi della sua serie Usagi, forse con qualche ulteriore rimaneggiamento. Lo sgamai perché all'epoca usciva anche la criticatisima Enciclopedia dei Fumetti della DeAgostini che aveva anche un lungo elenco di fumetti mondiali tra cui appunto Usagi. Gianni Brunoro mi disse che mi avrebbe spiegato la storia dietro quel volume ma poi non ci siamo più sentiti.

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    3. Secondo me uno degli errori più grandi di quella collana, forse eccessivamente sopravvalutata, fu di confezionarla come collana numerata, dal prezzo troppo alto.

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    4. Proprio l'altro giorno ne ho parlato al telefono col tizio che me li prestò, che adesso vive in Sardegna: lui mi diceva che c'era stata un'impennata nel prezzo degli ultimi numeri e che sicuramente costavano tanto rispetto ai fumetti Bonelli (i primi volumi 2.500 lire o giù di lì, gli ultimi il doppio!) ma che in quegli anni i fumetti erano molto popolari e rapportati al costo della vita costavano di meno rispetto a oggi.

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    5. Sopravvalutata no, almeno una decina di volumi li reputo se non dei gioielli, quasi.

      Comunque secondo me invece Tacconi se la cavò abbastanza bene (ma io sono di parte, adoro il suo stile). Ed è vero che gli album di D'Antonio si "leggevano velocemente", ma all'artista che ha realizzato L'uomo di Iwo Jima, per me un capolavoro assoluto, perdono tutto :')

      Siò invece la storia la scrisse da sé. Piuttosto stupidina, in effetti (L'uomo delle piramidi), ma si faceva leggere grazie alla sua particolarissima tecnica di colorazione.

      La notazione sull'Uomo del Giappone è davvero interessante, non ne ero al corrente. Forse però intendevi Ugaki, Luca? Che se non erro propose anche Orient Express negli Albi.

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    6. Sì, era Ugaki, mi sarà venuto in mente Usagi Yojimbo. Vero, ne fecero anche dei volumi che però non ho mai letto, sono tra i pochi che mi mancano di quella collana.
      Le storie di D'Antonio me le ricordo belle toste e coinvolgenti (ricordo ancora l'incipit di una: "Un corvo mi ha lordato!") ma piuttosto spedite e dai toni molto popolari, da cinema classico d'avventura. Da bambino ricordo che notavo come D'Antonio avesse una maniera abbastanza personale di sottolineare le parole nei dialoghi, il grassetto del lettering seguiva criteri molto personali.
      Come probabilmente saprai nella collana avrebbero dovuto disegnare anche Magnus (L'Uomo di Lugo, poi rivelatosi troppo lungo da realizzare) ed Esteban Maroto (fonte: un vecchio numero di Eureka o de Il Mago, poi la sua storia credo che passò a Fernandez).
      Tra l'altro si racconta che quella collana non fu affatto un fiasco commerciale come Sergio Bonelli voleva far credere, probabilmente lo diceva perché non era il tipo di fumetto che produceva lui.
      Dell'Uomo delle Piramidi mi ricordo le donnine e una battuta scema del tipo "Bella l'Inghilterra, peccato che ci siano gli inglesi".

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    7. Nel 1976 quando uscì il primo numero a 2.500 lire Tex costava 350 lire. Ora se moltiplichi per 7 il prezzo attuale di Tex, il risultato sarebbe improponibile per un cartonato di 50 pagine.

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    8. Appunto: ma quanto costavano un caffè o una coca cola nel 1976? I fumetti popolari conobbero un'impennata nel prezzo tra anni '70 e '80 se non erro, prima costavano veramente poco in proporzione, come ricordato da diversi editori come l'Eura e credo lo stesso Bonelli.

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    9. Ahimè, da patito di Raviola so bene del suo L'uomo di Lugo. Da qualche parte lessi che almeno la sceneggiatura doveva essere stata completata, prima della decisione di cassare il progetto. Come hanno recuperato quella di Socco Chico nell'integrale dello Sconosciuto della Lizard, se così davvero fosse mi piacerebbe che in qualche modo recuperassero pure questa, almeno.

      Di Maroto invece non sapevo! Francamente però non mi ha mai fatto impazzire. Fernandez invece è un bel vedere, e in effetti L'uomo di Cuba non è male, pur non brillando particolarmente all'interno della collana. Se davvero si passarono la storia, penso che ne abbiamo guadagnato tutti.

      Interessante anche la questione delle vendite, che come tutti ho sempre creduto fossero state disastrose per gli standard dell'epoca.

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    10. Io invece preferivo il liberty Maroto a Fernandez (il Fernandez un po' cupo di quel particolare periodo, non quello che sarebbe poi esploso con Zora). Dell'Uomo di Cubo non ricordo praticamente nulla.

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    11. Di Maroto qualcuno ha detto (vado a memoria):
      "...tavoloni di cui non si capisce una sega".

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    12. Saccomanno invece diceva che copiava (da Salinas e da qualcun altro che non ricordo). A me non sembra.

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  2. "Ficcante"?
    In che senso, scusa? :D

    Le ricostruzioni d'epoca parlando degli anni 60-70 sono quanto di più difficile in ambito cinematografico/televisivo e credo fumettistico. Troppa gente ancora viva che può rompere a chi non si è documentato certosinamente, e io sarei fra questi.
    Basti guardare "Romanzo Criminale" e confrontarlo con un qualsiasi filmaccio vanziniano moderno ambientato negli 80's.
    C'è gente che ti rompe le balle se una determinata piazza di Roma o Milano non appare come "era" nel 1976. L'automobile deve essere quella uscita in quell'anno, se il furgoncino è degli anni '90 ti rompono, ecc...
    Un fumettista deve metterlo in conto, e credo anche un editor.
    Casalanguida come disegna le auto, i vestiti, gli sfondi (manifesti cinematografici o pubblicità ce ne sono?)Non è questione di torri storte.

    Poi, se la ricostruzione si ferma al 1988, mi priva del grandissimo piacere di vedere quanti dei "sei" sarebbero finiti in Forza Italia. :-D

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    1. Dimenticavo: bellissima recensione, mi ha fatto venir voglia di approfondire.

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    2. "Cosa ficca? E dove lo ficca?"
      In effetti la ricostruzione storica corretta è stato lo scrupolo maggiore di Manfredi, come spiega nel suo pezzo in appendice. Ad esempio cita l'assenza dei bollini sulle banane, perché aveva scoperto in seguito che all'epoca venivano vendute senza.
      Io credevo di aver trovato un anacronismo quando all'inizio del secondo capitolo i personaggi si lamentano che possono fumare solo per strada, ma il divieto di fumo nei locali pubblici in Italia venne molto dopo il 1988. Però probabilmente quel dialogo rispecchiava un sentimento diffuso all'epoca, quindi poteva starci.
      Casalanguida disegna in maniera credibile i mezzi di trasporto nella prima parte, ma non sono affatto un esperto e potrebbe avermi gabbato. Gli abiti del '68 sembrano quelli di oggi ma nel secondo episodio c'è un po' più di cura per questi dettagli.
      E comunque è SEMPRE una questione di torri storte.

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  3. Comunque la serie sarà effettivamente in b/n, eh!

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    1. Eh! Eh! Hai sempre voglia di scherzare, tu!
      Boh, spero sia a colori, sennò graficamente sarebbe veramente scarna.

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    2. Guarda, per sicurezza ho chiesto poco fa sulla pagina FB della Bonelli, e mi hanno confermato il b/n.

      Lo penso anch'io che le tavole sono scarne, ma evidentemente Manfredi e compagnia sono soddisfatti così.

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  4. Bella recensione, complimenti. Per l'acquisto aspetterò di vedere la qualità di carta e stampa della serie. Dalle poche pagine viste in anteprima, non sarei così severo nei confronti del disegnatore. Evidentemente non era richiesto un livello di dettaglio "controtelai porte e finestre" per far concentrare il lettore sui personaggi (sbaglio o hanno fisionomie molto diverse in modo da non poterli confondere?) e sulla storia. Il tema del sessantotto raccontato da chi l'ha vissuto è molto interessante. Immagino che il punto d'osservazione sia esclusivamente Milano. Aspettiamo ottobre.

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    1. Sì, al momento i riflettori sono concentrati principalmente su Milano (sia nel '68 che nll'88) pur con qualche "trasferta" altrove per approfondire le personalità di alcuni personaggi.
      I protagonisti sono già stilizzati e facilmente distinguibili (donna bionda/donna bruna, biondo grassoccio/moro barbuto/biondo capellone/moro magrissimo), alcune tavole sono TUTTE incentrate sugli sfondi, che quindi avrebbero dovuto essere più dettagliati secondo me.
      Ho seguito il tuo consiglio di togliere le notifiche e poi di rimetterle, ma non funziona ancora! Io vado da Impostazioni - Email e vedo che quella Gmail è regolarmente selezionata per notificarmi i commenti, ma ancora nisba nonostante abbia fatto l'operazione che mi hai suggerito più volte. Mah, forse la situazione si sbloccherà da sola.

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    2. Prova con un governo "balneare"... funziona sempre.. :D

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    3. Dopo questo tuo commento parrebbe che la notifica su Gmail sia tornata a funzionare (anche se mi è arrivato prima questo tuo commento e poi un altro di K S che l'aveva scritto prima del tuo). Evidentemente il governo balneare funziona sul serio.

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  5. Nato nel '68 e progettato nel '67 da genitori trentenni con altro per la testa, ho sempre avuto curiosità per gli accadimenti di quell'anno storico che avrebbe dovuto portare un magico vento e ha mostrato forse nel tempo un volto nascosto. Manfredi era lì ed anche io ero lì, ma impegnati diversamente. Il mio primo ricordo mediatico è successivo ed è qualche missione Apollo di cui parlava il tg. Manfredi ha quindi naturalmente più titoli per sostenere la radice borghese dei movimenti - è nota e banale la considerazione che le rivoluzioni di massa sono guidate da leaders che hanno aperto le ali dove l'aria è + sottile - io non sono così convinto che non ci fosse anche una spinta dal basso di persone che avevano osato sognare un mondo migliore di quello in cui avevano vissuto i loro genitori. Il Kevin Kline di The Big Chill - che negli anni ottanta ha una catena di supermercati e sta per essere assorbito, guadagnando tantissimo - ad un certo punto ricordando i sixties non riesce a nascondere il dubbio che fosse tutto una moda. Immagino che fosse l'amara considerazione del regista e sceneggiatore Kasdan. A me spiace che SBE abbia dato luce verde al lavoro di Manfredi & Casalanguida ed abbia chiuso la porta sul muso del mio graphic novel in formato tascabile ( come quello de Il Morto ndr ) in stile espressioimpressionista b/n con un clone di Saturnino Manfredi che fa il meccanico e rifiuta una vita di stenti - ed anche l'unica occasione di rivalsa come pilota di una banda di soliti ignoti - per allevare un bimbo testa di legno che passerà attraverso esperienze da cane sciolto fino a diventare un adolescente che non si balocca più e crede nella immaginazione al potere anche quando è di fatto un grillo parlante di una rubrica di un tabloid anni ottanta. Pazienza. Non nel senso di Andrea.

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  6. Confesso che non ho capito immediatamente il riferimento. Thor # 135 prima serie è lo scontro tra il dio del tuono e la Super-Bestia ( combo di ultimate man e lupo evoluto ndr ) creato dall'Alto Evoluzionario ( uno scienziato terrestre che ha creato la città di Wundagore popolandola con animali antropomorfi a cui ha trasmesso il codice dei cavalieri della Tavola Rotonda ndr ). Scontro di titani tra un campione classico del passato come può esserlo la versione Marvel del mito norreno e la novità selvaggia che i tempi ( la storia è del 1966 ) sentivano soffiare nel vento. Bravo. Criptico, ma bravo.

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  7. Al contrario, ti stimo per aver ricordato anni in cui i comics erano sicuramente + ingenui, ma anche divertenti. Mi pare di ricordare che un paio di animali evoluti avevano convinto Jane Foster ( allora infermiera e non dottore e non dea del tuono ndr ) a raggiungere la cittadella di Wundagore per fare da insegnante ai giovani ( cuccioli praticamente ) futuri cavalieri. Uno sviluppo narrativo che oggi nessuno sceneggiatore potrebbe impiegare impunemente e che assomiglia alla Alicia Masters - scultrice non vedente - che i mad doctors della Enclave assumono perchè possa avvicinarsi al bozzolo che emette radiazioni e scolpire Him, il nuovo uomo che poi diventerà Adam Warlock la cui storia convergerà con quella della Contro -Terra creata dallo Alto Evoluzionario e dove Adam e la Super Bestia reciteranno ruoli da rilettura del Nuovo Testamento.
    Io sono davvero contento di poter leggere nel 2018 di Cani Sciolti ed attendo anche il Mister No riveduto e corretto for mature readers e so del Deadwood Dick preso da Lansdale, ma il bimbo che fui ogni tanto fa capolino e ritorna ai giorni centotrentacinque...

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  8. Quando ho sfogliato il volume, in effetti ho avuto l'impressione che quelle tavole dovessero essere colorate in un secondo momento. A difesa di Calanguida, ricordo comunque che i suoi lavori su Lukas e Dylan Dog erano molto più particolareggiati.

    Inoltre ho molta fiducia in Manfredi e quindi lo leggerò senz'altro. E sarà anche un bel volume, ma diciamo che i 19 euro per 128 pagine in bianco e nero mi hanno ampiamente convinto ad aspettare l'arrivo della serie in edicola. Il divario economico tra le due proposte mi sembra davvero troppo ampio. Tenendo conto del fatto che attualmente, un albo da 64 pagine (a colori) della Bonelli costa 3,50 euro e che un albo dello stesso formato ma in bianco e nero dovrebbe costare anche meno (a rigor di logica), dovrei portare a casa i primi due numeri con un esborso inferiore di almeno una dozzina di euro rispetto al volume.
    Capisco benissimo che si tratta di materiale inedito ma, tanto per dire, il recente volume cartonato che raccoglie i primi due albi di Mercurio Loi (quindi stesso formato, ma con 208 pagine a colori), ha lo stesso prezzo.

    Non ho mai fatto certi ragionamenti, eh. E' solo che con quella dozzina di euro in più, mi ci compro altri fumetti :)

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    1. A posteriori avrei fatto anch'io così, diciamo che me lo sono letto in anteprima e con un po' di articoli di approfondimento compresi nel prezzo!

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