giovedì 10 maggio 2018

Il Linus di Igort

Nonostante i vari tentativi di rilancio degli ultimi anni Linus non ha evidentemente trovato la rotta giusta che lo portasse fuori dalla bonaccia che da anni sta paralizzando il fumetto italiano e la storica rivista in particolare. E così al timone è arrivato Igort, che con questo numero 636 ha portato una grossa ventata di novità (e mi ha indirettamente fornito un po’ di materiale per i Fumettisti d’Invenzione visti gli interventi dei “trombati” dello scorso numero).
A livello estetico, non ricordo un’altra versione altrettanto ricca ed elegante di Linus, forse solo quella 14x21 degli anni ’80, che però era troppo piccola per godersela come una “vera” rivista di fumetti: la brossura ha sostituito i punti metallici, e la carta è una bella usa mano ad alta grammatura (forse non così alta, ma rispetto a quella di prima fa un figurone). La grafica, curata da Sara Fabbri e dallo stesso Igort, è sia gradevole (ironicamente austera) che funzionale: i segmenti in cima alle prime pagine di fumetti e articoli presentano un riquadro a sinistra con la data di realizzazione e uno a destra col nome dell’autore. Occasionalmente quello di sinistra si premura di specificare in quale categoria rientrino le pagine che seguono, dimostrando forse una scarsa fiducia nella perspicacia del lettore e specificando che le vignette da pagina 71 a 76, Samuel del finlandese Tommi Musturi, costituiscono un fumetto.
Per quel che riguarda i contenuti, c’è stato un netto ridimensionamento dei testi scritti che ha portato all’eliminazione della satira e della politica (purtroppo anche Ennio Peres non ha più la sua rubrica, ma d’altra parte non sarebbe stato molto in tono col resto) in favore dei fumetti. Tra questi però non ci sono praticamente più le strisce, punto forte degli ultimi decenni di Linus e limitate adesso solamente a due recuperi d’annata: Peanuts e Calvin & Hobbes.
Coerentemente con le precedenti esperienze redazionali di Igort, la rivista assume quasi l’aspetto di un volume autonomo, di un’antologia, piuttosto che di un periodico. È senz’altro gratificante avere in mano questo bell’oggetto per soli 6 euro, ma forse verrà a mancare quella continuità di contenuti che un personaggio o una serie ricorrente davano, fossero pure nell’effimero e frenetico formato delle strisce. E inoltre, dopo un esordio ad altissimi livelli, la qualità delle proposte a fumetti è scesa in maniera preoccupante a mano a mano che procedevo nella lettura.
Si comincia con le prime strisce dei Peanuts e di Calvin & Hobbes: poco da dire, dei capolavori. Stupisce vedere come già nel 1950 la serie di Schulz fosse divertente e l’autore sapesse giocare così bene con la grammatica del fumetto. Si procede con Rubber Stamp Diary di Seth, un fumetto realizzato con il metodo paventato da Hugo Pratt per El Sargento Kirk (della cui veridicità gli storici del fumetto hanno spesso dubitato): Seth si è fatto costruire dei timbri a partire da alcuni suoi disegni, che si vedono anche in foto a illustrare l’introduzione, e con quelli realizza questi “diari” estemporanei. L’intimismo evocato dall’operazione non deve spaventare: questo assaggio di tre pagine ha un finale ironico, o così ho voluto interpretarlo.
Si procede poi con SOS-Gatto, un fumetto breve a colori di Gabrielle Bell: la storia è divertentissima e i disegni non sono affatto male. Purtroppo temo che si tratti di un episodio isolato e che la storia non abbia seguito, di sicuro questa Bell è da tenere d’occhio. A cuore aperto è un episodio di Skinny Cat, un fumetto muto e stilizzato a opera di Fabio Viscogliosi: suggestivo, ma non mi sbilancio a incensarlo prima di aver letto altro dell’autore.
Gabrielle Bell (credo)
Arrivano poi altre riproposte di classici: Cheech Wizard di Vaughn Bodé (stampato malino, ma con un lettering che pare quasi fatto a mano) e tre misere pagine dei Kin-der-Kids di Feininger. Le direzioni in cui si muove il nuovo Linus sembrano insomma molteplici, e il resto dei fumetti lo conferma: Sammy Harkham presenta due one-pager ispirate al mondo del cinema hollywoodiano. Senza uno straccio di presentazione, la loro comprensione è alquanto ostica per quanto intuibile. A controbilanciare questa mezza delusione c’è il ritorno subito dopo di Minus di Marcello Jori (“J.”), che confeziona una storia semplice ma molto suggestiva, oltretutto in netta controtendenza rispetto alle derive splatter che aveva questo suo fumetto negli anni ’80. Purtroppo anche lui come Giardino si scansiona le tavole da solo e così si vede la trama della carta per acquerello su cui ha dipinto con gli acrilici liquidi.
Davide Toffolo presenta Il Cammino della Cumbia, una storia autobiografica (?) e surreale (?) in cui l’autore si imbarca nel compito di andare a cercare le origini della musica del titolo. Credo sia una delle cose disegnate meglio di Toffolo in assoluto, ma sono appena quattro pagine introduttive che chissà se avranno seguito nei prossimi numeri. Samuel di Musturi è una storia muta, disegnata e colorata con uno stile minimale ed elegante che è un po’ una costante anche di altri fumetti. A stento la si potrebbe definire “storia”, però, e al di là della suggestione grafica mi ha lasciato un po’ perplesso.
Visto che i fumetti durano al massimo sei tavole, e in molti casi sembrano orgogliosamente girare a vuoto, ho avvertito una certa sensazione di incompiutezza, a cui avrebbe dovuto sopperire il fumetto lungo di questo numero (è programma di Igort la pubblicazione su ogni numero di un fumetto che si sviluppi su più pagine). Si tratta di Nejishiki, un manga del 1968 a opera di Tsuge Yoshiharu che Oblomov pubblicherà poi (o ha già pubblicato) in volume, coerentemente con una comprensibile strategia di sinergia con la casa editrice dello stesso Igort. In Planetary Warren Ellis faceva dire ai suoi personaggi che qualsiasi cosa dopo dieci anni diventa ridicola, figuriamoci dopo 50. Nejishiki più che una storia è il resoconto di un sogno incoerente, immagino dovuto all’uso smodato di sakè da parte dell’autore, come lascerebbe intendere la sua biografia. A pagina 98 manca il testo di un balloon, ma la “trama” non ne risente minimamente. Oltretutto nelle ultime pagine Yoshiharu si stufa di disegnare e butta su segni e tratteggi alla meno peggio. 22 pagine per me sprecate, ma confido che con il promesso Pazienza del prossimo numero si farà meglio. Chiude il “lato A” fumettistico della rivista Theremapia Cimatica di Ron Regé Jr., cosetta in tre pagine che si vorrebbe spacciare per fumetto ma è un racconto illustrato – coerentemente con questo assunto, non serve che i disegni siano belli.
Ho parlato di lato A perché girando Linus c’è un “inserto” che riprende Resist!, rivista free press fondata e diretta dalla figlia e la moglie di Art Spiegelman. Si tratta di una raccolta di contenuti gratuitamente offerti da vari artisti, illustratori e fumettisti in reazione alla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali, distribuiti gratuitamente negli States – quindi non possiamo fare gli schizzinosi sulla qualità degli interventi. Certo, la breve striscia di Spiegelman è di una volgarità inusitata ed è disarmante notare che viene citato come autore di «Mouse» invece che di Maus! Tra i contributi che ho apprezzato cito Miss Lasko-Gross e Anita Kunz.
Per quel che riguarda gli articoli, oltre alle presentazioni dei fumetti, e quella di Emilio Tadini per i Kin-der-Kids risale addirittura al 1974, ci sono un “abbecedario” di Houellebecq, nome di un certo richiamo (io di suo ho letto solo un saggio su Lovecraft, ma l’abbecedario mi è piaciuto e l’ho trovato divertente), un breve saggio sulla fantascienza di Sergio Brancato e recensioni di film, dischi, serie tv e libri.
Nonostante l’impressione generale favorevole, temo che il nuovo Linus possa soffrire dello stesso difetto “centrifugo” di altre riviste senza un fumetto seriale o almeno un gruppo di autori ricorrenti a dare, se non un’identità definita, almeno un minimo di continuità. Ovviamente pensare di serializzare un albo francese su più numeri oggi sarebbe un’eresia (e a me piacerebbe tanto), ma le strisce non inedite di Peanuts e Calvin & Hobbes così come il fumetto a dosi omeopatiche di Toffolo (ammesso che continui sui prossimi numeri) sono un legame un po’ evanescente tra un numero e l’altro. Oltre al fatto che a ogni uscita ci sarà la roulette russa del fumetto lungo, che potrebbe essere un gioiello come uno spreco di pagine.
Io comunque rimarrò a bordo almeno per un po’, se il nuovo Linus non dovesse proprio piacermi tornerò a sfogliarlo a scrocco in biblioteca.

8 commenti:

  1. In quanto abbonato Linus mi arriverà fra un po' di giorni. Nel frattempo leggo critiche, elogi e commenti (Leonardo Gori ha cominciato a dire che "intanto ha un buon odore" ...).
    Su Facebook Igort ha scritto alcune righe di errata corrige che compariranno nel prossimo numero; fra queste la correzione della svista Mouse / Maus.
    Io posso solo dire che delle passe gestioni rimpiangerò le strisce di Doonesbury, Perle ai porci, ecc. Spero che Baldini & Castoldi le recuperi in volumi come faceva Franco Cosimo Panini dopo la chiusura di Comix. Oppure rinunci ai diritti e ci pensi qualcun altro.
    Non mi sembra invece che ci sia da sperare nella formazione di un gruppo di autori ricorrenti che diano un'anima alla rivista. La prepubblicazione, totale o parziale, di opere che Oblomov stamperà in volume dovrebbe diventare la regola, per ottimizzare i costi. Almeno così dice Matteo Stefanelli in un articolo su Fumettologica. Del resto era ciò che Igort fece nei dieci numeri di Black della Coconino anni fa.

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    1. Infatti a me ha ricordato proprio Black, ma anche Mano (anche là c'entrava qualcosa Igort o mi confondo?), per non parlare di ANIMAls, visto che pure qui c'è un Toffolo "sperabilmente" a puntate che non vorrei sparisse all'improvviso come la storia "Come rubare un Magnus".

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  2. Che io sappia l'unico collegamento fra Igort e la rivista Mano è che gli ultimi due numeri furono editi da Coconino.

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  3. Avevo già letto del rinnovamento di Linus, sotto l'egida di Igort.
    Peccato per le pagine "scritte", perché Linus è di quello che ha bisogno. Non solo satira politica (penso che ormai sia stata battuta in ogni anfratto, e si rischia di parlare sempre delle stesse cose che non fanno più ridere...) ma anche di altro.
    Il fatto che sia quasi antologico comunque può essere un bene. È un bene che cerchi di rinnovarsi e stare a galla :)

    Moz-

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  4. Warren si riferiva ai suoi didascalici Doom 2099 ed alla brevissima run Il Motore del Mondo disegnata da Deodato jr che ancora non abusava di fotoriferimenti ( nei quattro episodi di Thor probabilmente l'ispirazione polaroidica è in qualche primo piano del pulotto inglese e nel muso solcato di rughe del cattivo ndr ) in uno sfoggio di modestia eccessiva perchè sono storie che ancora possono interessare un lettore nostalgico di tempi più semplice. Oggi Deo jr è arrivato quasi ai timbri di Seth considerato il numero di dagherrotipi che utilizza nel suo lavoro. Pazienza. Ho letto anche io il saggio di Houellebecq e mi è piaciuto più della prosa di Lovecraft.
    Mi spiace di leggere che Linus abbia perso le spille che userei per qualsiasi fumetto da Diabolik a Planetary. Viviamo in tempi frenetici. Il "mio" Linus è uno spillatino con storie di Mio Maus il Gattopo che insegue la sua Nocciolina cinquantenne per timbrarla in una rilettura della saga coconinica e di Peres Cumbia e la Biblioteca di Babele con le oniriche vicende di un musico al crepuscolo che cerca il Ritmo Definitivo tra le pergamene di un perduto ricettacolo di saggezza. B/n. Formato de Il Morto
    ( un tascabile con covers blandamente dechirichiane ndr ). Due euros.

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