Nonostante i vari tentativi di
rilancio degli ultimi anni
Linus non ha evidentemente trovato la
rotta giusta che lo portasse fuori dalla bonaccia che da anni sta paralizzando
il fumetto italiano e la storica rivista in particolare. E così al timone è
arrivato Igort, che con questo numero 636 ha portato una grossa ventata di novità (e
mi ha indirettamente fornito un po’ di materiale per i Fumettisti d’Invenzione visti gli interventi dei “trombati” dello scorso numero).
A livello estetico, non ricordo
un’altra versione altrettanto ricca ed elegante di Linus, forse solo quella 14x21 degli anni ’80, che però era troppo
piccola per godersela come una “vera” rivista di fumetti: la brossura ha
sostituito i punti metallici, e la carta è una bella usa mano ad alta
grammatura (forse non così alta, ma rispetto a quella di prima fa un figurone).
La grafica, curata da Sara Fabbri e dallo stesso Igort, è sia gradevole
(ironicamente austera) che funzionale: i segmenti in cima alle prime pagine di
fumetti e articoli presentano un riquadro a sinistra con la data di
realizzazione e uno a destra col nome dell’autore. Occasionalmente quello di
sinistra si premura di specificare in quale categoria rientrino le pagine che
seguono, dimostrando forse una scarsa fiducia nella perspicacia del lettore e
specificando che le vignette da pagina 71 a 76, Samuel
del finlandese Tommi Musturi, costituiscono un fumetto.
Per quel che riguarda i
contenuti, c’è stato un netto ridimensionamento dei testi scritti che ha
portato all’eliminazione della satira e della politica (purtroppo anche Ennio
Peres non ha più la sua rubrica, ma d’altra parte non sarebbe stato molto in
tono col resto) in favore dei fumetti. Tra questi però non ci sono praticamente
più le strisce, punto forte degli ultimi decenni di Linus e limitate adesso solamente a due recuperi d’annata: Peanuts e Calvin & Hobbes.
Coerentemente con le precedenti
esperienze redazionali di Igort, la rivista assume quasi l’aspetto di un volume
autonomo, di un’antologia, piuttosto che di un periodico. È senz’altro
gratificante avere in mano questo bell’oggetto per soli 6 euro, ma forse verrà
a mancare quella continuità di contenuti che un personaggio o una serie
ricorrente davano, fossero pure nell’effimero e frenetico formato delle strisce.
E inoltre, dopo un esordio ad altissimi livelli, la qualità delle proposte a
fumetti è scesa in maniera preoccupante a mano a mano che procedevo nella
lettura.
Si comincia con le prime strisce
dei Peanuts e di Calvin & Hobbes: poco da dire, dei capolavori. Stupisce vedere
come già nel 1950 la serie di Schulz fosse divertente e l’autore sapesse
giocare così bene con la grammatica del fumetto. Si procede con Rubber Stamp Diary di Seth, un fumetto
realizzato con il metodo paventato da Hugo Pratt per El Sargento Kirk (della cui veridicità gli storici del fumetto
hanno spesso dubitato): Seth si è fatto costruire dei timbri a partire da
alcuni suoi disegni, che si vedono anche in foto a illustrare l’introduzione, e
con quelli realizza questi “diari” estemporanei. L’intimismo evocato
dall’operazione non deve spaventare: questo assaggio di tre pagine ha un finale
ironico, o così ho voluto interpretarlo.
Si procede poi con SOS-Gatto, un fumetto breve a colori di
Gabrielle Bell: la storia è divertentissima e i disegni non sono affatto male.
Purtroppo temo che si tratti di un episodio isolato e che la storia non abbia
seguito, di sicuro questa Bell è da tenere d’occhio. A cuore aperto è un episodio di Skinny
Cat, un fumetto muto e stilizzato a opera di Fabio Viscogliosi: suggestivo,
ma non mi sbilancio a incensarlo prima di aver letto altro dell’autore.
Gabrielle Bell (credo) |
Arrivano poi altre riproposte di
classici: Cheech Wizard di Vaughn
Bodé (stampato malino, ma con un lettering che pare quasi fatto a mano) e tre
misere pagine dei Kin-der-Kids di
Feininger. Le direzioni in cui si muove il nuovo Linus sembrano insomma molteplici, e il resto dei fumetti lo
conferma: Sammy Harkham presenta due one-pager
ispirate al mondo del cinema hollywoodiano. Senza uno straccio di
presentazione, la loro comprensione è alquanto ostica per quanto intuibile. A
controbilanciare questa mezza delusione c’è il ritorno subito dopo di Minus di Marcello Jori (“J.”), che
confeziona una storia semplice ma molto suggestiva, oltretutto in netta
controtendenza rispetto alle derive splatter che aveva questo suo fumetto negli
anni ’80. Purtroppo anche lui come Giardino
si scansiona le tavole da solo e così si vede la trama della carta per
acquerello su cui ha dipinto con gli acrilici liquidi.
Davide Toffolo presenta Il Cammino della Cumbia, una storia
autobiografica (?) e surreale (?) in cui l’autore si imbarca nel compito di
andare a cercare le origini della musica del titolo. Credo sia una delle cose
disegnate meglio di Toffolo in assoluto, ma sono appena quattro pagine
introduttive che chissà se avranno seguito nei prossimi numeri. Samuel di Musturi è una storia muta,
disegnata e colorata con uno stile minimale ed elegante che è un po’ una
costante anche di altri fumetti. A stento la si potrebbe definire “storia”, però,
e al di là della suggestione grafica mi ha lasciato un po’ perplesso.
Visto che i fumetti durano al
massimo sei tavole, e in molti casi sembrano orgogliosamente girare a vuoto, ho
avvertito una certa sensazione di incompiutezza, a cui avrebbe dovuto sopperire
il fumetto lungo di questo numero (è programma di Igort la pubblicazione su
ogni numero di un fumetto che si sviluppi su più pagine). Si tratta di Nejishiki, un manga del 1968 a opera di Tsuge
Yoshiharu che Oblomov pubblicherà poi (o ha già pubblicato) in volume,
coerentemente con una comprensibile strategia di sinergia con la casa editrice
dello stesso Igort. In Planetary
Warren Ellis faceva dire ai suoi personaggi che qualsiasi cosa dopo dieci anni
diventa ridicola, figuriamoci dopo 50. Nejishiki
più che una storia è il resoconto di un sogno incoerente, immagino dovuto
all’uso smodato di sakè da parte dell’autore, come lascerebbe intendere la sua
biografia. A pagina 98 manca il testo di un balloon, ma la “trama” non ne
risente minimamente. Oltretutto nelle ultime pagine Yoshiharu si stufa di
disegnare e butta su segni e tratteggi alla meno peggio. 22 pagine per me sprecate,
ma confido che con il promesso Pazienza del prossimo numero si farà meglio.
Chiude il “lato A” fumettistico della rivista Theremapia Cimatica di Ron Regé Jr., cosetta in tre pagine che si
vorrebbe spacciare per fumetto ma è un racconto illustrato – coerentemente con
questo assunto, non serve che i disegni siano belli.
Ho parlato di lato A perché
girando Linus c’è un “inserto” che
riprende Resist!, rivista free press fondata e diretta dalla
figlia e la moglie di Art Spiegelman. Si tratta di una raccolta di contenuti
gratuitamente offerti da vari artisti, illustratori e fumettisti in reazione
alla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali, distribuiti
gratuitamente negli States – quindi non possiamo fare gli schizzinosi sulla
qualità degli interventi. Certo, la breve striscia di Spiegelman è di una
volgarità inusitata ed è disarmante notare che viene citato come autore di «Mouse» invece che di Maus! Tra i contributi che ho apprezzato
cito Miss Lasko-Gross e Anita Kunz.
Per quel che riguarda gli
articoli, oltre alle presentazioni dei fumetti, e quella di Emilio Tadini per i
Kin-der-Kids risale addirittura al
1974, ci sono un “abbecedario” di Houellebecq, nome di un certo richiamo (io di
suo ho letto solo un saggio su Lovecraft, ma l’abbecedario mi è piaciuto e l’ho
trovato divertente), un breve saggio sulla fantascienza di Sergio Brancato e
recensioni di film, dischi, serie tv e libri.
Nonostante l’impressione generale
favorevole, temo che il nuovo Linus
possa soffrire dello stesso difetto “centrifugo” di altre riviste senza un
fumetto seriale o almeno un gruppo di autori ricorrenti a dare, se non
un’identità definita, almeno un minimo di continuità. Ovviamente pensare di
serializzare un albo francese su più numeri oggi sarebbe un’eresia (e a me
piacerebbe tanto), ma le strisce non inedite di Peanuts e Calvin & Hobbes
così come il fumetto a dosi omeopatiche di Toffolo (ammesso che continui sui
prossimi numeri) sono un legame un po’ evanescente tra un numero e l’altro.
Oltre al fatto che a ogni uscita ci sarà la roulette russa del fumetto lungo,
che potrebbe essere un gioiello come uno spreco di pagine.
Io comunque rimarrò a bordo
almeno per un po’, se il nuovo Linus non
dovesse proprio piacermi tornerò a sfogliarlo a scrocco in biblioteca.
In quanto abbonato Linus mi arriverà fra un po' di giorni. Nel frattempo leggo critiche, elogi e commenti (Leonardo Gori ha cominciato a dire che "intanto ha un buon odore" ...).
RispondiEliminaSu Facebook Igort ha scritto alcune righe di errata corrige che compariranno nel prossimo numero; fra queste la correzione della svista Mouse / Maus.
Io posso solo dire che delle passe gestioni rimpiangerò le strisce di Doonesbury, Perle ai porci, ecc. Spero che Baldini & Castoldi le recuperi in volumi come faceva Franco Cosimo Panini dopo la chiusura di Comix. Oppure rinunci ai diritti e ci pensi qualcun altro.
Non mi sembra invece che ci sia da sperare nella formazione di un gruppo di autori ricorrenti che diano un'anima alla rivista. La prepubblicazione, totale o parziale, di opere che Oblomov stamperà in volume dovrebbe diventare la regola, per ottimizzare i costi. Almeno così dice Matteo Stefanelli in un articolo su Fumettologica. Del resto era ciò che Igort fece nei dieci numeri di Black della Coconino anni fa.
Infatti a me ha ricordato proprio Black, ma anche Mano (anche là c'entrava qualcosa Igort o mi confondo?), per non parlare di ANIMAls, visto che pure qui c'è un Toffolo "sperabilmente" a puntate che non vorrei sparisse all'improvviso come la storia "Come rubare un Magnus".
EliminaChe io sappia l'unico collegamento fra Igort e la rivista Mano è che gli ultimi due numeri furono editi da Coconino.
RispondiEliminaEcco, mi sembrava che ci fosse un collegamento!
EliminaAvevo già letto del rinnovamento di Linus, sotto l'egida di Igort.
RispondiEliminaPeccato per le pagine "scritte", perché Linus è di quello che ha bisogno. Non solo satira politica (penso che ormai sia stata battuta in ogni anfratto, e si rischia di parlare sempre delle stesse cose che non fanno più ridere...) ma anche di altro.
Il fatto che sia quasi antologico comunque può essere un bene. È un bene che cerchi di rinnovarsi e stare a galla :)
Moz-
No, meglio un bel po' di fumetti...
EliminaWarren si riferiva ai suoi didascalici Doom 2099 ed alla brevissima run Il Motore del Mondo disegnata da Deodato jr che ancora non abusava di fotoriferimenti ( nei quattro episodi di Thor probabilmente l'ispirazione polaroidica è in qualche primo piano del pulotto inglese e nel muso solcato di rughe del cattivo ndr ) in uno sfoggio di modestia eccessiva perchè sono storie che ancora possono interessare un lettore nostalgico di tempi più semplice. Oggi Deo jr è arrivato quasi ai timbri di Seth considerato il numero di dagherrotipi che utilizza nel suo lavoro. Pazienza. Ho letto anche io il saggio di Houellebecq e mi è piaciuto più della prosa di Lovecraft.
RispondiEliminaMi spiace di leggere che Linus abbia perso le spille che userei per qualsiasi fumetto da Diabolik a Planetary. Viviamo in tempi frenetici. Il "mio" Linus è uno spillatino con storie di Mio Maus il Gattopo che insegue la sua Nocciolina cinquantenne per timbrarla in una rilettura della saga coconinica e di Peres Cumbia e la Biblioteca di Babele con le oniriche vicende di un musico al crepuscolo che cerca il Ritmo Definitivo tra le pergamene di un perduto ricettacolo di saggezza. B/n. Formato de Il Morto
( un tascabile con covers blandamente dechirichiane ndr ). Due euros.
Simul Stabunt, Simul Cadent, caro Graziano!
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