domenica 3 marzo 2024

I figli del capitano Grant

Nuovo tassello del progetto di recupero delle opere di Franco Caprioli da parte di Nicola Pesce Editore.

L’adattamento del romanzo di Jules Verne (a opera di Roudolph/Raoul Traverso), forse per la necessità di condensarlo, è un susseguirsi frenetico di situazioni stereotipate e inverosimili. Il capitano Grant fa naufragio su un isolotto ma non si dispera e manda il classico messaggio in bottiglia, che però viene mangiata qualche anno dopo da uno squalo. Consumata e poco leggibile (ma non dovrebbe conservarsi bene all’interno del vetro?) la richiesta d’aiuto con le coordinate dell’isola si presta alle più varie interpretazioni e così il manipolo di soccorritori, tra cui i due figli del capitano e la figura umoristica ma fondamentale di un geografo francese, passa prima per la Patagonia per poi far tappa in Australia e infine in Nuova Zelanda. Nel mentre un marinaio degradato dal capitano Grant, divenuto capo di una banda di criminali, medita vendetta.

La storia trasuda ingenuità ma immagino che il materiale di partenza (che non ho letto) sia stato abbastanza rimaneggiato: i due figli del titolo non hanno praticamente nessun ruolo attivo e la pubblicazione cattolica a cui era destinato il fumetto mi fa pensare che i vari riferimenti religiosi siano stati inseriti ad hoc. Ma come sempre sono i disegni di Franco Caprioli il motivo per cui acquistare queste opere, e nemmeno stavolta delude. Come segnala anche Gianni Brunoro nella prefazione (leggetela dopo il fumetto, mi raccomando) si avverte lo scrupolo documentaristico del disegnatore e la sua passione per la natura, l’etnografia, il mare e i natanti: esemplare il caso della resa delle due diverse zattere di fortuna come appunto sottolinea Brunoro. Purtroppo il maestro del pointillisme non riuscì a portare a termine l’opera a causa della sua prematura scomparsa e le ultime sette tavole vennero realizzate da Gino D’Antonio. La differenza è nettissima e NPE ha fatto bene a inserire tra le due parti una pagina di raccordo che ne spiegasse il motivo. Di certo D’Antonio non mancava di dinamismo ed espressività, ma la statuaria bellezza di Caprioli era solo un ricordo, come la sua estrema attenzione per i dettagli. E anche i colori non sono suggestivi come quelli che in origine realizzò Caprioli, giustamente preferiti da NPE a quelli elaborati dalla redazione delle edizioni Paoline.

In appendice Brunoro compila le biografie dei tre autori e di grande interesse è la riproduzione dell’ultima tavola incompiuta di Caprioli: a confronto con quella di D’Antonio si evince che i disegnatori potevano modificare il testo a loro piacimento, o che comunque questo poteva subire variazioni sostanziali in sede di pubblicazione. Con le sue 72 tavole questo volume è probabilmente il più corposo della collana – sempre a un prezzo relativamente vantaggioso: 17,90 euro. Il prossimo sarà dedicato a L’Isola Misteriosa che ho già nella versione Allagalla.

2 commenti:

  1. Bene, sono contento che tu apprezzi come me il Seurat italiano (forse mi sbaglio, ma in interventi precedenti non avevi dimostrato molta considerazione per Caprioli... sì, ma mi potrei sbagliare, fra un colpo di tosse e l'altro. Sono messo piuttosto male).
    D'Antonio è d'Antonio... ma Caprioli è Caprioli. Eh, sì.
    E comunque... apprezzabile questa riduzione di uno dei romanzi meno "anticipatori" di Giulietto Verne... praticamente "anticipava" solo questo brano del 1979

    https://www.youtube.com/watch?v=ZRRSRNDuu98

    Ma che testa che ci aveva Verne... Come faceva a essere così avanti?

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    1. Sempre adorato Caprioli. In un numero di Diva ricordo sue illustrazioni di carattere erotico/satanico, chissà da dove provenivano.

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