Che poi Girl Juice qualche motivo d’interesse anche ce l’ha, almeno per due terzi del volume: mostra le vite di quattro coinquiline concentrandosi soprattutto su Bunny, sciocchina ma assai esperta in materia di sesso. E così tra scenette di vita quotidiana e considerazioni sulla vita e sull’amore qualche sorriso anche lo strappa, aggiornando un canovaccio classico delle strisce umoristiche allo slang dei giovani d’oggi e al mondo dei social network. La struttura si basa principalmente su one-pager con la battuta finale, anche se non mancano situazioni collegate tra di loro come l’arrivo della mamma di Bunny e soprattutto la lunga sequenza del campeggio. L’ultima settantina di pagine (su 187) si concentra su una storia lunga in cui è la drogata di internet Tallulah maggiormente sotto i riflettori.
Come sempre quando leggo questi “fumetti” mi chiedo perché l’autore (autrice in questo caso) non abbia scelto un altro mezzo per veicolare i suoi testi, visto che dell’aspetto grafico non gliene frega niente. Fosse stato interamente scritto come una raccolta di barzellette o un testo teatrale Girl Juice avrebbe funzionato pure meglio. Certo, i dettagli come i “sex toys” che fanno capolino in un cassetto mentre Bunny cerca un preservativo si sarebbero persi, così come i tatuaggi e le scritte sulle magliette e le schermate degli smartphone, ma allora fanne una raccolta di scenette animate su YouTube, no? Forse dire che una cosa è un “fumetto” lo rende più appetibile a un pubblico giovane? O forse buttar giù queste vignette disastrate è addirittura più facile e veloce che concentrarsi per scrivere in maniera presentabile? In particolare, la parte finale più narrativa risente molto della mancanza di dinamismo e di espressività dei personaggi.
Nel presentare Girl Juice la Bao ha furbescamente e pruriginosamente evocato un mondo adolescenziale che in realtà non c’è: le protagoniste sono tutte giovani adulte alle prese con lavoro, spese e incombenze domestiche e lavorative – da alcuni dettagli si evince che hanno superato i 25 anni.
Non so cosa sia Midjourney, sono rimasto a Midge Ure.
RispondiEliminaSospetto sia una roba di AI.
Comunque mi sa che presto i fumetti li leggeranno solo androidi che sognano pecore elettriche, quindi è giusto che siano scritti e disegnati dagli algoritmi.
Questo potrebbe ricordare le Locas, magari allo stesso modo in cui Fuga dal Bronx ricorda Escape from New York.
Avercene oggi di Scozzari... io speravo che venisse a Collezionando, pensa te...
Capisci che il fumetto è morto quando rimpiangi Scozzari (no, lo so che la tua era una battuta/provocazione).
EliminaTemo che neanche gli androidi vorranno più leggere fumetti.
Beh, oggi ho assistito a un bel dibattito (moderato da Caluri, figurati un po') sul tema "Si riesce a campare oggi SOLO scrivendo e disegnando fumetti/illustrazioni?"
EliminaLa risposta è "No, non si riesce a campare" e la conseguente domanda è "cosa si può fare al riguardo?"
Il nostro Moni si aspettava molto da questa tavola rotonda, in realtà è venuto fuori questo:
Caluri (essendo livornese) auspicava una forte identità della categoria, che attualmente in Italia non esiste (leggi: un sindacato dei fumettisti).
Mia opinione (non espressa): se non siete riusciti a farlo negli anni 70, credete di riuscire a farlo in QUESTO momento storico?
Una tipa che ha condotto un serio e importante studio statistico sull'argomento (vedo adesso che si chiama Yesim Tonga) faceva rilevare come molti fumettisti rinunciano a contratti che non garantiscono all'autore un compenso decente (una frase ricorrente degli intervistati era "mi hanno detto che mi pagano anche e soprattutto in visibilità")
Sergio Algozzino ribatteva che oggi come oggi un fumettista deve annoverare fra le sue competenze anche una certa "intraprendenza", nel senso di saper utilizzare anche strumenti atti a promuoverlo maggiormente.
Samuel Daveti contrattaccava dicendo che un fumettista deve saper scrivere e disegnare, non è suo compito "sapersi vendere" magari stando bene appolpato ai social (e mi trova abbastanza d'accordo).
Il rappresentante degli editori (Emanuele di Giorgi) faceva tutto un discorso interessantissimo mentre sullo schermo, ignorata da tutti, correva la slide con le risposte degli intervistati ("gli editori non mi pagano un cazzo") e auspicava un avvicinamento al modello francese (sovvenzioni statali).
Flavio Rosati (da remoto), che a quanto pare è stato una sorta di interlocutore dei fumettisti presso, diciamo così, "lo Stato", ha detto che il governo Draghi (Ullallà!!) ha avviato l'iter di una legge che eroghi alla fumettanza contributi statali analoghi a quella che li eroga per il cinema (grazie alla quale oggi in Italia si fanno film, spesso film del cazzo, solo grazie ai contributi statali), con sovvenzioni sia agli autori,che agli editori, che (udite udite) alle scuole di fumetto che di certo ne hanno un gran bisogno, e che ci sono buone speranze che il governo Meloni (se non ci fa atomizzare prima dai russi) lo porti a termine.
EliminaMia opinione personale (non espressa): Il governo Meloni ha, tra l'altro, tolto il reddito di cittadinanza, vietato anche solo di immaginare il salario minimo e sta finendo di ammazzare la sanità pubblica (e la scuola pure). Introdurrà esso il contributo di fumettanza? E vi è forse qualcuno che non gli andrà dietro coi forconi?
Minchia se lo fanno davvero, divento fumettista anch'io e porto in commissione l'Omino Bufo (però disegnato in stile manga).
Certo, nell'incontro sono state dette anche cose giuste e sensate ("Bisogna aumentate i lettori", come? Boh!), ma ora mi sfuggono.
Comunque nel complesso è stata una buona giornata, ho comprato cosine interessanti, fra cui il volume "un mondo di fumetti" della Cenisio che volevo fin da quando ero piccino picciò, ho visto Diso e ho parlato con gente interessante (Becattini, Toninelli, Casini et al.)
Domani vedrò Silver (il che probabilmente mi sconvolgerà, visto che sono abituato a vedere sue foto da giovine)
Di Samuel Daveti ignoravo l'esistenza, adesso è il mio idolo.
EliminaEh, sì, Silver è assai canuto. Dopotutto gli anni vanno su anche per i fumettisti.