Dopo decenni ho finalmente avuto conferma che la Comic Art aveva censurato Perramus, anche se la cosa era evidente. Ma ovviamente non ho preso questo integrale solo per togliermi la curiosità, visto che adesso ho potuto rileggermelo tutto di seguito senza fare slalom tra le pagine de L’Eternauta – e di Orient Express, diranno i puntigliosi, ma io possiedo anche il bel volume della Glénat Italia che raccoglie le prime due parti.
Se non sapete cos’è Perramus evidentemente siete sul blog sbagliato, ma faccio comunque il compitino e riassumo brevissimamente la trama. La storia prende l’avvio quando un affiliato al VVV, la Vanguardia Voluntarista para la Victoria, cioè una trasfigurazione dei Montoneros, abbandona i compagni al loro destino e ottiene l’oblio da una prostituta che può cancellare la memoria. Il primo ciclo serve a introdurre i vari personaggi e il contesto in cui si muoveranno. Le metafore e i simboli si sprecano.
Il secondo ciclo è quello più suggestivo e simbolico: Perramus e i suoi compagni, guidati nientemeno che da Jorge Luis Borges, devono trovare sette persone che rappresentano gli aspetti più veraci dello spirito di Santa María (Buenos Aires o l’Argentina in generale, ovviamente).
La terza parte, per quanto gradevole e appassionante, secondo me è la più debole. Come ricordavo, anche Breccia si era un po’ adagiato sugli allori adottando uno stile più morbido e abbandonando un po’ la sperimentazione. Tornano dei personaggi visti nei primi episodi e si scopre che anche il miracoloso incremento del guano, export privilegiato dell’isola-stato di Mr. Whitesnow, fa parte di un progetto colonizzatore.
Il quarto e ultimo ciclo ha un taglio dichiaratamente più avventuroso e meno cupo: lo stesso Sasturain ricorda come la realtà argentina fosse cambiata e dai colpi di coda della dittatura del 1982, anno di inizio della saga, si era passati alla relativa stabilità del 1989 in cui si concluse. Il motore della vicenda è il recupero in giro per il mondo dei dieci denti dispersi del teschio di Carlos Gardel (idea non dissimile da quella di un progetto di Carlos Trillo). Breccia di nuovo al top.
L’idea di Juan Sasturain era quella di fare un’opera di denuncia delle barbarie perpetrate dalla giunta di Videla ma anche delle malversazioni degli Stati rapaci che ne approfittarono o che contribuirono all’instaurazione di regimi totalitari in tutto il Sud America. Il doloroso ricordo delle condizioni di vita sotto la dittatura si riverbera per tutta la saga, anche nei dettagli più banali. Cionondimeno, lo sceneggiatore (che in pratica ha scritto quasi solo questo fumetto) ha saputo dare vita a una vicenda appassionante e piena di trovate anche geniali. Erano altri anni, e siccome la destinazione originaria era la serializzazione, ogni capitolo doveva contemplare una storia, per quanto breve, e la sua risoluzione. Solo il terzo ciclo era un po’ stiracchiato. Bei tempi, quelli.
Alberto Breccia era eccezionale, aveva voglia di sperimentare e si vede. Il suo lavoro sulla composizione e sul chiaroscuro rende le vignette, a seconda delle necessità, delle perle di chiarezza narrativa o degli abissi di dettagli e di masse da cui estrapolare le figure.
Purtroppo il tempo non è stato gentile con la riproducibilità tecnica di queste tavole, e la resa del tomo della Glénat Italia che raccoglie le prime due storie è nettamente superiore, anche perché più grande e stampato su carta patinata. A causa delle dimensioni più piccole le firme in calce di Breccia sono quasi sempre sparite, ma comunque trattandosi di disegni sfumati (e collage, e masse uniformi, e frottage, e strappi, e…) la minore qualità della resa tipografica è meno evidente che se Breccia avesse disegnato al tratto. Curiosamente, però, ho notato che la Comic Art aveva reso ancora meno giustizia all’arte di Breccia, almeno nelle copie de L’Eternauta che ho io.
In appendice viene ospitata un’interessante disamina sull’opera scritta da Laura Caraballo, oltre alle biografie degli autori a firma Ezequiel García. Probabilmente la traduzione da una fonte inglese, come si evince dalle gerenze, ha generato qualche imprecisione: che io sappia Juan Sasturain era un redattore (“editor”) di Fierro, non il suo editore. E Norberto Buscaglia è veramente esistito? Cioè, che esistesse un genero di Breccia con quel nome è assodato, ma io sapevo che era anche lo pseudonimo usato da suo figlio Enrique. Bazzecole, comunque, rispetto alla possibilità di leggere in maniera organica questo capolavoro. Che era stato annunciato anni fa anche dalla 001, se non ricordo male, ma che io non ho mai visto per quell’editore – e dubito sarebbe costato i 30 euro a cui Mondadori vende circa 400 pagine di Storia del fumetto, esclusi i redazionali.
La 001 lo ha pubblicato in due edizioni, una pressoché analoga a questa; l'altra (che ho io), la prima, in grande formato e su carta patinata.
RispondiEliminaEd è stampato bene?
EliminaPrenditi pure tutto il tempo che ti serve per rispondere, non c'è fretta.
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