Non bastava cambiare sesso ed etnia ai Lord di Ravenloft nella Quinta Edizione per assecondare i dettami del politically correct. Ci hanno pure fatto un fumetto e lo hanno disegnato come fosse un manga!
Ok, mi turo il naso e gli do una chance. La storia è ambientata a Lamordia, cioè il dominio frankensteiniano. Mi pare una nota originale: io un fumetto ambientato su Ravenloft lo avrei fatto esordire su Barovia. Un rottame umano femminile tenuto assieme dalle bende si risveglia nel laboratorio della dottoressa Viktra (eh, già, non più Viktor) Mordenheim, che ci va giù con l’infodumping: siamo a Lamordia e lì fuori c’è la sua arcinemica Elise. La rianimata tenuta su con lo sputo non ricorda niente della sua vita e viene ribattezzata Miranda. Un flashback ci induce a pensare che potrebbe trattarsi di tal Ursina Lenole perita per salvare il figlioletto. Ma è una falsa pista: ogni episodio a partire dal secondo è introdotto da una storiellina a se stante che mostra la morte di altri personaggi (storie astutamente mimetizzate coi racconti di Lamordia che legge Miranda) che sono entrati a far parte del puzzle ambulante che è Miranda. In sostanza in questo volume non succede nulla di rilevante ed è solo l’antipasto di qualcosa che dovrebbe uscire prossimamente. Che non ho la benché minima fretta di leggere.
Il ritmo della storia è sincopato e si fa un po’ fatica a seguirlo. Le sceneggiatrici Casey Gilly e Zoë Quinn non hanno preso bene le misure dei comic book e certi dettagli sono solo accennati, basandosi molto sulle ellissi. D’altro canto deve starci anche lo spazio per i racconti sui vari passati di Miranda. Al di là di questo, i dialoghi sono tanto artefatti da risultare ridicoli.
I disegni di Bayleigh Underwood sono il disastro cui accennavo sopra. Come si fa a prendere sul serio dei personaggi con gli occhioni e che si muovono come se fossero Kenshiro che attacca? E magari in origine il fumetto voleva pure essere drammatico se non horror, e invece finisce per essere ridicolo.
Un paio di “racconti nel racconto” sono occasionalmente sceneggiati da altri autori, Ryan Cady e Ro Mediavilla, e sono disegnati rispettivamente da Corin Howell (un po’ anonima all’interno dello stile caricaturale che va di moda negli USA), Vincenzo Riccardi (troppo grottesco per i miei gusti ma accidenti se è dettagliato e scrupoloso: forse c’è Moëbius tra i suoi ispiratori), Kayla Felty (manga ma più controllata e meno irritante) e Lisa Sterle (tratto marcato e caricaturale). Ottimo (almeno quello!) il lavoro dei coloristi Cris Peter, Patricio Delpeche e Agustina Vallejo – Vincenzo Riccardi si è colorato da solo.
Data la scarsissima carne sul fuoco immagino che lo scopo di questo fumetto sia anche e soprattutto quello di divertire gli appassionati di Ravenloft e della Quinta Edizione in generale a trovare le varie citazioni. E qua ho perso la bussola. O meglio, la mia bussola è aggiornata a trent’anni fa.
Quali «riti funebri» si sarebbero tenuti per Ursina Lenole se il canone del vecchio Ravenloft dice che a Lamordia non ci sono preti? I golem di Viktra/Viktor Mordenheim non dovrebbero essere impossibilitati ad attaccarlo (vedi l’avventura Adam’s Wrath)? Che c’azzecca l’Isola dell’Agonia che in origine era la tana di Adam? Come fa un tizio a sapere dell’esistenza del Faerun (Forgotten Realms) se dichiaratamente viene da Lekar, cioè da Darkon che è su Ravenloft? Cosa diavolo sono gli elfi del crepuscolo? E via così.
Sono troppo vecchio per questa roba…
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