Non sono mai stato un
appassionato di 007, nemmeno da bambino, ma Warren Ellis si compra sempre e
comunque. E stavolta ha centrato in pieno il bersaglio.
Dopo aver risolto il caso
personale della morte di 008 nella sequenza prima dei “titoli di testa” James
Bond viene incaricato di indagare sui movimenti di un importatore di sostanze
stupefacenti dalla natura sospetta. Con suo sommo disappunto, James Bond dovrà
rispettare la Hard Rule, normativa che gli vieta di girare armato nei confini
britannici.
Il tutto ruota attorno a un
traffico di droga sperimentale: come idea non è certo originale ma si rivelerà
essere l’epifenomeno di un esperimento ben più strutturato e, questo sì,
decisamente originale. Il tutto condito da doppi giochi, tanta azione,
personaggi splendidamente delineati e i dialoghi stupendi di Ellis. Oltretutto
ho riscontrato che la struttura narrativa è più accessibile che altrove (di
gran lunga di più che in Injection)
probabilmente per venire incontro a un pubblico più generalizzato, o che almeno
si spera tale.
Il disegnatore Jason Masters fa
un ottimo lavoro pur ricorrendo massicciamente al computer: pulito, elegante ed
espressivo. Inoltre è veramente bravissimo a raccontare col disegno, i suoi personaggi
recitano benissimo e le coreografie delle scene d’azione sono splendide (e
difatti in più frangenti i testi si riducono al minimo: basta una sguardo per
capire le intenzioni di un personaggio, o l’inquadratura giusta per capire cosa
userà 007 contro il suo avversario). Curiosamente viene definito «un artista
affermato» nell’introduzione ma io non ricordo di aver mai letto niente di suo, anche se nelle Etichette noto che compare già il suo nome.
Interessante la scelta di usare
per il protagonista un volto che non rimanda a nessuno degli attori che lo
hanno interpretato, forse a volerne sottolineare l’essenza che rimane immutata
anche con facce diverse.
Niente da dire, proprio un bel
volume, valorizzato dal formato cartonato Panini che include anche qualche
extra in appendice.
Se non consideriamo i lavori di Horak - che si rifaceva evidentemente al Connery dei film - gli altri autori che si sono cimentati con 007 , non so x quale ragione, scelgono uno chassis che ricorda un Connery meno caratterizzato ibridato con un Dalton + quadrato. Penso a Mike Grell ed anche al Paul Gulacy visto sulla effimera Hyperion della Star Comics.
RispondiEliminaAvevo dato una occhiata alle tavole del Bond di Ellis nel sito della Dynamite qualche mese fa, ma non ne rimasi particolarmente impressionato perché nella mia zucca era il tarlo del pregiudizio secondo il quale Dynamite con la biacca dei colori bombastici copre le magagne di un disegno mediocre - si veda la mini di 12 con gli Invaders del passato che incontrano gli Avengers del 21mo secolo con cover di Alex Ross e matite di un team di suoi discepoli tra i quali spiccava lo Sadowski della JSA di Geoff Johns. Non è sempre così e , tanto x fare un esempio, è degno di nota il Green Hornet di Jonathan Lau. Devo dare una altra chance a Masters. Vedremo.
Io sono stato un fan di 007 da bimbo. Mi piacevano i gadgets. Avevo il modellino B-Burago della Aston Martin DB5 con le mitragliatrici ai lati della targa anteriore ed una lastra di metallo antiproiettile ( ! ) che spuntava dal portabagali. Il gadget che mi affascinava era però il tettuccio che si spalancava per permettere al ceffo armato sul sedile del passeggero di essere proiettato direttamente nella scodella della colazione di mio fratello. In una occasione per poco non ha assunto il minion di Goldfinger.
RispondiEliminaB-Burago si chiamava la marca di modelli di automobili? Io da bambino la chiamavo sempre Bbbbbburago sottolineando la lunghezza delle B iniziali, per me inusitata.
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