Considerato il passato (e il presente)
di maestro del fumetto erotico o comunque glamour
di Roberto Baldazzini questo nuovo membro del club del -25%
risulta un prodotto anomalo nel corpus della sua produzione: è un fumetto
storico, drammatico e nettamente impegnato.
L’elegante e ricercata
inespressività dell’autore, suo marchio di fabbrica, avrebbe potuto far deragliare
il progetto ma viene mitigata dall’uso di riferimenti fotografici per i volti
di molti protagonisti (che già ottimi risultati aveva dato nel primo episodio
di Stella Noris). Vari livelli di grigio
“sporcano” inoltre a dovere le tavole donando loro profondità e movimento.
L’Inverno di Diego narra del congiungimento del protagonista con
una cellula partigiana sul finire del 1943, quando il crollo del regime
fascista aveva diviso gli italiani in due schieramenti: quelli che avrebbero
aderito alla repubblica di Salò e quanti preferirono diventare partigiani.
Nel caso di Diego la situazione è
resa ancora più drammatica dal fatto che il padre è un gerarca fedele a Salò
(avrebbe potuto essere un ottimo colpo di scena, ma lo dicono già nell’introduzione
sull’aletta sinistra e quindi mi sento autorizzato a scriverlo pure io).
Lo accompagnano in questa impresa,
che assume anche e soprattutto i contorni di un racconto di formazione, altri
tre partigiani che vengono splendidamente resi con pochi ma efficaci cenni di background. Sarà una leggerezza di Diego
a condannare il gruppo.
Le condizioni di clandestinità
rese ancora più tremende dal clima sono raccontate con grande realismo, così
come le sequenze più crude degli interrogatori sono rappresentate con la dovuta
drammaticità.
Baldazzini si rivela un narratore
molto capace: il montaggio della sequenza iniziale che narra alternandoli gli
antefatti storici e personali della vicenda (nelle strisce in alto e in basso il
riassunto di quanto succede tra agosto e novembre 1943, in quella centrale
la sequenza muta dell’arresto e della fuga di Diego) è da antologia, una scelta
stilistica che catapulta subito il lettore nell’azione e lo rende edotto del
contesto senza risultare pedante. Anche il resto del fumetto non è da meno e
Baldazzini sfoggia un armamentario di trucchi del mestiere veramente
invidiabile: grazie al’attento uso dei dettagli, delle forme e dimensioni
diverse delle vignette, dei recadrage e
di alcune particolari scelte stilistiche (ad esempio vignette enormi dopo
pagine molto fitte) riuscirà a imprimere alla storia il ritmo che vuole lui
così come condurrà il lettore in questa drammatica storia dandogli le pause e
le accelerazioni giuste.
Sul finale L’Inverno di Diego cede a un tono più canonico e quasi
consolatorio, ma può darsi che sia proprio l’estrema e improbabile facilità
della fuga del protagonista a testimoniare che anche questa, come il resto del
fumetto, è tratta da un episodio reale.
In appendice è presente un saggio
di Claudio Silingardi sul post-8 settembre 1943.
Nessun commento:
Posta un commento