domenica 6 maggio 2018

Infinity 8 1: Amore e Cadaveri

Nuovo esperimento di Lewis Trondheim. Da quello che ho capito, si tratta di otto fumetti distinti legati dalla stessa situazione di partenza: l’astronave Infinity 8 si trova a dover affrontare una criticità e approfittando del potere del capitano, appartenente alla rara razza dei Tonn Shär, avrà otto occasioni diverse per risolverla, visto che può «esplorare una trama temporale per otto ore, e, allo scadere di questo lasso di tempo, tornare indietro o proseguire la trama in corso». Sì, è una cosa un po’ metanarrativa, visto che il ripristino a condizioni differenti di una linea temporale viene chiamato reboot.
Nel corso di questo primo volume la Infinity 8 incappa in un coacervo di detriti in mezzo allo spazio che ne bloccano l’avanzata. L’agente di sicurezza Yoko Keren è distolta dal suo obiettivo di trovarsi un maschio valido con cui procreare e viene mandata a indagare sul fenomeno, scoprendo che i detriti alla deriva sono rimasugli di tombe, sarcofagi o interi cimiteri di varie civiltà spaziali. Le cose si complicano perché tra gli 880.000 ospiti della Infinity 8 c’è una cospicua comunità di Kornaliani, razza che si nutre di cadaveri assimilando nel processo di digestione le caratteristiche morali e intellettive che aveva la salma. I Kornaliani sciamano in frotte verso quel bendiddio, e uno di loro si pappa le spoglie di un conquistatore galattico, aggiungendo violenza e desiderio di conquista al caos.
Yoko cerca come può di frenare l’impeto dei Kornaliani, che vogliono impossessarsi della Infinity 8, aiutata alla meno peggio da un Kornaliano che avendo divorato il “Buddha di Tryskell” (mistico di una civiltà fortemente erotizzata) è diventato un poeta follemente innamorato di lei.
Mica male come soggetto, no? È senz’altro originale, e poi presenta molte idee suggestive e varie altre trovate interessanti. Il guaio è che gli sceneggiatori Trondheim e Zep (creatore di Titeuf, fumetto famosissimo in Belgio e sconosciuto in Italia, che inutilmente la Panini provò a presentare nel Belpaese) hanno adottato lo stile narrativo dei comics a cui si sono ispirati anche come formato e struttura delle tavole. Dopo un inizio molto promettente con delle battute ben piazzate, si scade presto nell’azione più adrenalinica (e confusa) e nell’ostentazione di dialoghi troppo disinvolti per essere presi sul serio. È ovvio che il bello del gioco vuole essere proprio questo, ma mi rimane comunque un po’ di amaro in bocca per l’occasione sprecata con un soggetto così valido. Mi viene il sospetto che il misterioso autore dietro Lucy Lloyd sia proprio Trondheim, o forse Zep, o entrambi.
I disegni di Dominique Bertail sono veramente molto buoni, e anche i suoi colori sono validissimi pur se occasionalmente dimostrano troppo apertamente la loro origine digitale – in alcuni casi sembrano invece dei veri acquerelli. Ma ancora una volta, peccato che non sia stato sfruttato per un volume alla francese dal taglio più canonico.
Sull’Anteprima da cui ho ordinato questo primo numero di Infinity 8 venivano presentati contemporaneamente anche gli altri sette ma ho preferito per il momento prendere solo il primo per saggiare la qualità del progetto. Non credo che proseguirò, non tanto per l’esborso complessivo (ogni volume costa 10 euro) quanto per il taglio della serie, che alla raffinatezza franco-belga preferisce il fracasso statunitense. Nel suo genere sarà un capolavoro, ma non è quello che mi aspetto da Trondheim & co.
Il volume presenta in appendice dei brevi testi sulla genesi di Amore e Cadaveri, schizzi e prove vari, da cui si evince che le 87 tavole del fumetto erano state pubblicate preliminarmente in una miniserie di 3 comic book. Curiosamente, però, non ho riscontrato nessuno stacco ogni 29 tavole, come sarebbe stato logico aspettarsi.

2 commenti:

  1. Credo che Lewis Trondheim citi la famosa Lezione di Anatomia con cui inizia il ciclo di Alan Moore sulla testata di Swamp Thing in cui il dottor Jason Woodrue ( l'Uomo Floronico responsabile tra le altre cose della creazione di Poison Ivy ndr ) spiega come alcuni vermi piatti abbiano acquisito la capacità di uscire da un labirinto dopo esserci cibati di colleghi piatti che avevano superato la prova. Moore e Jase si servono delle risultanze di questo esperimento per ribaltare le premesse della trasformazione di Alec Holland nella Cosa della Palude e per celiare sulla possibilità di un futuro in cui si possa andare al ristorante ed ordinare una cotoletta di Einstein.

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    1. Me lo sono ricordato anch'io, ma tutta sommato potrebbe essersi ispirato alle semplici planarie piuttosto che a Moore. O forse esserselo inventato autonomamente.

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