[ignoro se possa interessare a qualcuno, comunque la messa online di questa recensione era prevista per ieri sera, solo che un micidiale febbrone post-Lucca mi ha impedito di rimetterci mano. Confido di recuperare il ritmo di pubblicazione delle novità lucchesi già da oggi]
All’epoca delle riviste di fumetto d’Autore pare che alcuni lettori avessero l’abitudine di aspettare la conclusione delle storie a puntate per leggerle tutte di seguito. Su Fumo di China 20 Magnus confessò addirittura di non aver letto La Fiera degli Immortali di Bilal che compariva su Alter perché divisa in più parti. Se in passato la frammentazione dei fumetti era sgradita, figuriamoci quanto possa esserlo nel frenetico presente con tutti gli stimoli e gli aggeggi e i social network a distogliere l’attenzione dalla lettura e a ridurre le facoltà mnemoniche dei lettori. Azzardare una testata mensile (eh, sì: mensile) con delle storie a puntate richiede un grande atto di fede, riposta forse di più nel nome di richiamo di molti autori e sul basso costo (4 euro) piuttosto che su un ritorno della passione per i fumetti nel grande pubblico.
La Fine del Mondo è uno spillato di grandi dimensioni a colori stampato su carta assai povera, anche il cartoncino della copertina non è di altissima grammatura. Le pagine sono 72 e sono quasi interamente occupate dai fumetti. La loro declinazione ne contempla praticamente ogni possibile tipologia. Ci sono vignette e one-pager, “liberi” autoconclusivi, storie a puntate (cioè espunte da una narrazione più lunga) e storie a episodi (con un inizio e una fine determinati ma facenti parte di un complesso più vasto).
A parte le pagine pubblicitarie gli unici redazionali sono gli editoriali all’inizio della rivista e le biografie degli autori alla fine. Nel presentare il progetto Maicol & Mirco ne parla anche come di una «palestra» per questa generazioni di fumettisti, una definizione che stride con la conclamata affermazione di quasi tutti gli autori coinvolti e con l’età non proprio verde di nessuno di loro. Anche Andrea Fabozzi introduce la testata ma non ho ritenuto irrinunciabile la lettura del suo pezzo dopo che all’inizio cita Friedrich EnGLes. Curiosamente l’unico altro refuso che ho trovato è stato «coNpagno» invece di compagno nella storia di Alice Socal – entrambi gli errori in una rivista allegata a Il Manifesto.
Ad aprire le danze è Dio della guerra (o MOAB?) di Gipi, in cui dei soldati combattono contro mostri cthulhoidi mentre vengono ripresi o comunque seguiti sui social. Impossibile farsene un’idea da queste sette tavole che si concludono sul più bello, potrebbe benissimo essere l’ennesima declinazione di uno dei soggetti più sfruttati.
Shintaro Kago propone la storia breve World Hygiene Expo, una grottesca parabola sull’ossessione per l’igiene che sfocia nell’horror. Non proprio chiarissima ma molto godibile anche per la bella realizzazione grafica.
Zerocalcare scrive e disegna (mentre Alberto Madrigal colora) Che pasticcio signor Gattini! su un faccendiere suicida colluso con la politica, in un universo di animali antropomorfi. La storia è coinvolgente e presenta molte trovate divertenti, se continuerò a comprare La Fine del Mondo sarà principalmente per questa storia – che è a episodi e quindi pur essendo inserita in una narrazione più ampia offre un punto fermo alla fine di ogni capitolo.
Sulla cassa del morto di Lise e Talami è una specie di rilettura de L’Isola del Tesoro in chiave geriatrica (non che ci si capisca molto in queste quattro pagine). Il potenziale interesse per il soggetto viene stroncato dalla parte grafica.
Potrebbe andare peggio è il resoconto del doloroso naufragio del matrimonio di Alice Socal. L’estetica lascia quasi del tutto lo spazio alla composizione grafica visto che lo scopo dell’autrice è quello di sfogarsi piuttosto che raccontare una storia.
Non va peggio ma va anzi nettamente meglio grazie a Kalina Muhova che in Art School fa a sua volta dell’autobiografismo (o presunto tale) ma filtrato dall’ironia e disegnato con maggiore cura, anche se comunque non si grida al miracolo. Purtroppo sono solo quattro pagine interrotte sul più bello.
Credo di aver intuito vagamente di cosa parla La locanda di Zuzu, ma le tavole respingenti non mi hanno indotto ad approfondire.
Eliana Albertini con Il lavoro dei sogni racconta la sua attività infantile di ingenua venditrice di sassi. Ho gradito molto di più questo lavoro rispetto a quanto avevo già letto di lei. La vicenda è teneramente divertente e l’autrice usa con abilità il linguaggio del fumetto. Ma è solo un primo blocco e già si intravedono sviluppi che vedremo solo nel prossimo numero. Se la storia fosse finita una pagina prima sarebbe stata una godibilissima short story.
Martina Sarritzu torna a raccontare una storia di amicizia femminile adolescenziale frammista ai primi approcci con l’altro sesso. L’ipertrofia dei testi e il gran numero di vignette per tavola portano alla semplificazione del suo tratto e al frequente ricorso a primi piani e dettagli. La storia è carina ma non ho capito se finisce qui come il sottotitolo Guastafeste. lascerebbe intendere (e quindi la conclusione è un po’ amara) o se la stessa trama continuerà come First loves I failed, con una possibilità di sviluppi futuri riparatori.
Ken il Corriere è opera del Dottor Pira e quindi la parte grafica fa volontariamente e ostentatamente schifo. Confesso però che ho riso di gusto con questa interpretazione di Kenshiro in versione motociclista per consegne espresse.
Anche i disegni di Maicol & Mirco mostrano la corda nella dimensione della storia lunga, laddove nelle vignette singole hanno un loro perché. Il mio amico Satana, in cui una bambina invoca il diavolo per risolvere i problemi del mondo, è sicuramente simpatico e originale (né mancano battute divertenti) ma queste otto tavole sono solo un antipasto.
Prima del finale sfilano I Disumani di Bruno Bozzetto, vignette o brevissimi sketch di poche battute dal retrogusto pessimista se non proprio catastrofista.
Il finale è affidato a Blu, che nell’unica immagine a tutta pagina Ultima spiaggia riesce a raccontare più di quanto abbiano fatto molti degli autori presenti in questo numero.
La nascita di una nuova rivista a fumetti non può che farmi piacere, anche se La Fine del Mondo è programmaticamente ben distante da Il Grifo o L’Eternauta. I nomi eccellenti coinvolti dovrebbero garantire se non altro una buona visibilità, ma proprio in quanto tali immagino che abbiano dei cachet che potrebbero rendere difficoltoso mantenere il prezzo a soli 4 euro. Spero inoltre che questo numero 0 venga distribuito anche in edicola visto che altrimenti gli acquirenti dell’1 (in uscita appena a gennaio) si troverebbero con delle storie già iniziate.

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