Esempio mai così esemplificativo di cosiddetto “coffee table book”, uno di quei libroni che non si acquistano tanto per leggerli quanto per esporli bene in evidenza in libreria o meglio ancora nel tavolino del salotto buono. È quello che hanno dichiarato anche due degli autori alla conferenza stampa lucchese. Le dimensioni sono importanti (24x35 centimetri circa), la mole e il peso quasi spaventosi e l’impatto grafico è notevolissimo.
Dopo aver fatto tombola due anni fa con The Book (terza campagna di Kickstarter di maggior successo mai realizzata, 30.000 copie vendute solo in Italia) il collettivo Hungry Minds ritenta il colpaccio con un progetto nello stesso solco ma da una prospettiva diversa. Se il primo esperimento era un viaggio fantastico attraverso le invenzioni e le tecnologie umane, questo è una celebrazione di quanto ha caratterizzato l’umanità nel corso della sua permanenza nell’universo miscelando arte, religione, letteratura e cinema con i riti banali di ogni giorno, i vizi e tanti, tanti elementi pop.
A raccontarci la storia, o meglio a descrivere quello che fu l’umanità, è Noah Jonah Kaplan, aspirante artista di Manhattan e l’ultimo terrestre del titolo. Unico sopravvissuto alla distruzione della Terra, si ritrova su un’astronave aliena e decide di scrivere e illustrare un diario per lasciare la sua testimonianza. Come anticipato, sfilano quindi un sacco di argomenti tra i più disparati per cercare di descrivere cos’erano quelle cose così complesse che furono gli essere umani. Le varie voci sono trattate con grande ironia, ma al contempo con grande scrupolo documentaristico: non sapevo ad esempio quale fosse la prima barzelletta mai inventata (risale ai Sumeri), né da dove provenisse l’idea della roulette russa, o ancora quale sia il concetto russo di azart.
I testi scritti si fondono con le illustrazioni a tutta pagina (riprodotte in un rapporto 1:1 con gli originali che ne trasmette l’artigianalità, solo un illustratore ha fatto ricorso al digitale) e possono piegarsi a loro volta alle esigenze grafiche delle “Menti Affamate”. L’alternanza di stili grafici si percepisce ma fondamentalmente ognuno degli illustratori coinvolti (una dozzina) ha disegnato con la stessa “filosofia”: una solida base realistica ma con derive caricaturali o surreali. Mi ha lasciato un po’ perplesso il fatto che le scritte inserite nelle immagini (cartelli, pubblicità, annunci, ecc.) non siano state tradotte. Alcune sono integrate troppo strettamente nelle illustrazioni per non doverle modificare troppo, ma alcune si sarebbero potute adattare molto facilmente. Probabilmente i diritti di pubblicazione non hanno contemplato la facoltà di localizzare il volume, concepito in inglese, nei singoli Paesi e quindi in lingue diverse.
Mentre sfilano i vari argomenti anche la storia di Kaplan viene svelata, fino al colpo di scena finale che potrebbe divertire alcuni lettori e lasciarne perplessi altri.

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