giovedì 4 dicembre 2025

La Luna e il Serpente - Sussidiario di Magia

Uscito in anteprima a Lucca, questo volume è stato veramente arduo da leggere. Non che non sia una lettura gradevole, lo è eccome, solo che è talmente rigurgitante di concetti e di nozioni da rimanerne sopraffatti, anche se non mancano temi ricorrenti approfonditi e trattati da punti di vista diversi. A ciò va aggiunto che essendo un testo iniziatico ho avuto costantemente il sospetto che i due Moore (nessuna parentela) dicessero una cosa volendone significare un’altra che a me sfuggiva, ed è stato un po’ frustrante. Voglio dire: anche i fumetti di Didier Convard sono godibilissimi, ma per sua stessa ammissione quanti “messaggi” per i suoi fratelli celano quei testi? Quindi, che siano fole programmatiche o vere istruzioni per diventare maghi, quelle raccolte in questo tomo sono raccontate benissimo, ma che fatica leggerle. E che fatica trovare un aggancio per parlare del Sussidiario, tanta è la carne sacrificale messa sul fuoco. Vabbeh, comincio dicendo che i Moore (nessuna parentela) adottano uno stile molto ironico nonostante l’approccio sia assai circostanziato e documentatissimo. Che poi è la maniera migliore per avvicinare un uditorio, visto che spesso l’ostentazione di fede formulaica spinge ad allontanare l’interlocutore.

Il grimorio è diviso in varie sezioni che si alternano: dopo un bel fumetto muto sulla nascita del primo mago, si comincia con le biografie a fumetti di maghi più o meno famosi dall’antichità a oggi, sfilano poi i suggerimenti sulle cose da fare nei giorni di pioggia (ovvero un’introduzione passo dopo passo alla magia a imitazione di quelle attività ludico-didattiche che si trovavano nelle riviste per bambini: a proposito di stile molto ironico), un feuilleton iniziatico, un fumetto a puntate sulla vita e le opere di Alessandro di Abonutico e vari inserti su argomenti diversi come la Kabbalah e i tarocchi.

Semplificando molto dei concetti che nemmeno fingo di aver capito del tutto, l’idea di magia proposto dai Moore (nessuna parentela) è fondamentalmente la capacità di raggiungere un altro livello di consapevolezza, ottenere il dominio sull’immaginazione, ma ciò è intrecciato all’idea molto suggestiva che arte e magia siano, se non la stessa cosa, comunque delle attività molto simili, quasi parallele. Concetto che scopriamo essere stato un po’ ripreso dalle idee del “mago” Harry Smith. A proposito di queste pillole a fumetti sulle biografie dei maghi, si scoprono delle cose molto interessanti come l’origine dei tre Re Magi, l’ipotesi che Cornelio Agrippa abbia influenzato la Kabbalah, l’esistenza di tal Francis Barrett che operò tra ’700 e ’800, ecc.

Se i fumetti hanno un taglio così approfondito e divulgativo figuratevi come sono i testi scritti – a parte il romanzo a puntate, che però è palesemente una versione narrativa di alcuni concetti espressi. Anche qui ci sono badilate di umorismo e sarcasmo: la Clavicola di Re Salomone paragonata a un elenco telefonico per aspiranti invocatori, le tecniche del sesso tantrico che alla fine sono le stesse per impedire di pisciarsi addosso se non ci sono bagni attorno, l’avvertenza di stare attenti a non cadere dall’albero della Kabbalah, immagini esoteriche che diventano giochini enigmistici… però nonostante la piacevolezza dei testi si arriva lo stesso alla fine col fiato corto. Anche perché la parte conclusiva del Sussidiario è dedicata a una lunga cronistoria del Gran Teatro della Luna e il Serpente dalle origini alle performance recenti (con una certa generosità nelle testimonianze fotografiche), con vari approfondimenti su una pletora di altri argomenti come la pisicogeografia; in sostanza però è anche una sorta di manifesto programmatico del non-gruppo, con idee che sono pure condivisibili come quella per cui scienza e matematica debbano sposarsi alla politica, idea che però si inserisce in un discorso molto (molto) più ampio. Qui si possono trovare tracce di argomenti e suggestioni trattati nei fumetti di Alan Moore, in particolare nella linea ABC Comics cui collaborò anche Steve Moore (nessuna parentela).

Si chiude con gli schemi per la costruzione in cartoncino del Tempio della Luna e del Serpente, ovvia parodia di giochi analoghi nei libri per bambini da ritagliare e assemblare ma (se ho ben interpretato il manuale) anche esercizio concreto per far diventare il lettore un mago invitandolo a creare la sua versione del teatro con la scusa di non rovinare il libro.

In realtà prima di questa appendice ludica c’è un ulteriore testo: la postfazione in cui Alan ricorda l’amico Steve (nessuna parentela) deceduto poco dopo la compilazione del Sussidiario. Che gli aneddoti riportati siano reali o fittizi, rimane comunque un omaggio molto interessante e commovente.

Gli interventi grafici sono di qualità altalenante. La prova di Steve Parkhouse col fumetto muto d’apertura è molto bella.

Rick Veitch illustra le attività da fare nei giorni di pioggia: non che sia mai stato un gran bel vedere, ma qui mi sembra che abbia fatto un buon lavoro, forse come illustratore è migliore che come fumettista.

Ben Wickey ha illustrato le vite dei maghi e mi pare che il suo stile caricaturale ma molto dettagliato e colorato ben si sposi con questi che sono più racconti illustrati che fumetti.

Kevin O’Neill è piuttosto rozzo e impreciso ma può beneficiare del dubbio che le sue Avventure di Alessandro siano disegnate in questo modo per fare il verso alle testate inglesi per bambini degli anni che furono, e di cui ignoro quasi tutto.

John Coulthart ha fatto tutto il resto o quasi. Le immagini sono molto belle (e che originali i suoi tarocchi) ma l’uso massiccio del computer trasmette uno sgradevole senso di artificialità.

A integrare i lavori realizzati appositamente ci sono anche molte riproduzioni di incisioni e dipinti di ogni epoca, perfette per entrare nello spirito del libro. C’è persino quello che sembrerebbe un protofumetto, se solo capissi il tedesco.

L’edizione è molto bella come si conviene a un tomo del genere e chissà che la difficoltà nell’arrivare alla fine dei testi non fosse dovuta anche all’aggressione sensoriale messa in atto dai colori luminosissimi e dai motivi psichedelici che decorano praticamente tutte le pagine.

lunedì 1 dicembre 2025

Jenny Sparks

Questo volume è contemporaneamente originale e banalissimo. Da una parte i supereroi devono vedersela con un caso di ostaggi trattenuti in un bar, e non ricordo di aver mai letto una storia simile; dall’altra è la solita scazzottata. Più o meno. Il redivivo Capitan Atom (mai coperto, ma ricordo che anni fa fece da collante per un crossover tra case editrici) libererà le cinque persone che trattiene se saranno soddisfatte le sue richieste. Procurargli un sandwich fatto come dice lui potrebbe non essere troppo problematico, ma la prima condizione è diventare un dio.

In questa nuova incarnazione Jenny Sparks è una specie di controllore super partes della comunità dei supereroi e quindi la Justice League si è rivolta a lei per gestire questa scheggia impazzita metaumana. Nei fatti anche Superman, Batman e compagnia intervengono e provano a risolvere la situazione a modo loro, cioè a mazzate, ma Capitan Atom (pressoché onnipotente) li uccide uno dopo l’altro. In realtà uccide anche Jenny, solo che lei è lo spirito del XX secolo e siccome i guasti del “secolo breve” si propagano ancora negli anni 2000 è impossibile ammazzarla definitivamente. O così ho capito.

La parte portante di Jenny Sparks ha come struttura narrativa quella dello huit clos, che può funzionare bene al cinema o a teatro ma che nel fumetto risulta spesso noiosa. A far da cornice alla trama principale ci sono inizialmente le vicende parallele dei cinque ostaggi che vanno incontro al loro destino e poi dei flashback sull’interazione di Jenny con alcuni degli eventi più significativi degli ultimi 25 anni. E anche le “origini segrete” di Capitan Atom, che ignoro se sia un personaggio della Golden o Silver Age o un’invenzione moderna. Ma in sostanza è solo fumo con cui Tom King cerca di insaporire un arrosto piuttosto misero. È ovvio che i grossi calibri dell’universo DC non possono essere eliminati (anche se poi in realtà lo sono davvero, da un certo punto di vista), soprattutto in una miniserie che non credo sia la prima scelta dei lettori statunitensi, ma è desolante vedere che la soluzione con cui King scioglie la matassa altro non è che l’ennesimo riassestamento del multiverso DC. Non che Jenny Sparks sia da buttare, ci sono anzi delle scene divertenti, ma mi pare che a differenza del modello originale si nutra con eccessiva determinazione dell’humus dei supereroi: d’altra parte il costante ricorso ai simboletti invece delle parolacce e i mezzucci grafici per censurare un po’ di tutto palesano il tipo di pubblico a cui è indirizzato questo fumetto.

Così a memoria mi pare di ricordare che Warren Ellis una volta avesse detto che Chris Claremont non era contento di come aveva gestito la “sua” Kitty Pride ma che quella era la dannazione del lavoro su commissione in cui non mantieni la proprietà dei personaggi che crei: arriva un inglese e li fa inculare da Satana. Questa versione di Jenny Sparks (a proposito: se l’è inventato King che è una pronipote di Darwin?) non è proprio fuori fuoco ma quella di Ellis, e anche di Millar, aveva tutto un altro fascino e non aveva bisogno di ribadire quanto fosse cool per sembrarlo. Brutta bestia, il karma.

Per quel che riguarda i disegni, Jeff Spokes fa un lavoro stupendo. Un po’ sulla scia di Kevin Nowlan, disegna in maniera molto realistica calcando la mano sui contorni delle figure e dandoci dentro magistralmente coi neri. L’espressività dei suoi personaggi è stupefacente. Purtroppo lo huit clos prevede personaggi che parlano parlano parlano parlano e quindi il disegnatore ha scelto di fare abbondante ricorso al computer per ripetere le stesse vignette, dimenticandosi però di far colare le gocce di sudore da una all’altra o non accorgendosi che quando a Baghdad Superman strappa di bocca la sigaretta a Jenny ha quattro dita invece di cinque. Evidentemente gli editor sono rimasti talmente abbacinati dal suo lavoro da non accorgersene. Tanto è il livello di realismo di Spokes da rendere piuttosto ridicoli i costumi dei supereroi, in particolare quelli di Superman e Batman.

A volergli trovare per forza un difetto, che poi non è un difetto ma una scelta stilistica, direi che è la resa della protagonista; non che sia mai stata un sex symbol ma lui ha l’resa un po’ bruttarella con quel fisico molto segaligno e un naso quantomeno “particolare”. Ma avercene, di disegnatori come lui.

domenica 30 novembre 2025

Il Mondo a Fumetti di Eduardo Risso

A caval donato…

Questo volume funse da catalogo alla mostra dedicata a Risso a Umbriacon 2025 e riproduce le 35 tavole esposte, il che spiega la delusione di chi ha voluto liberarsene dandolo a me perché pensava che invece fosse un art book.

Mai capito il senso di mettere in mostra delle tavole a fumetti. O meglio, per me è interessantissimo vedere le dimensioni originali di un’opera e le eventuali pecette, sbianchettature e le correzioni varie che vengono fatte, oltre a quei dettagli che non si vedono in stampa, ma tutte queste cose si godono di più avendo fisicamente la tavola in mano, non dietro un vetro. E riprodurle in un volume, per quanto ben stampato (questo non sempre lo è) fa perdere quasi tutti questi “dietro le quinte”, ammesso che in queste tavole di Risso ce ne siano. Nel libro si possono solo ammirare il nero non compatto della china in Death Metal Guidebook e qualche appunto a matita e qualche pecetta per i balloon di Jonny Double.

Le tavole selezionate provengono da Brother Lono, Hit-Girl, Jonny Double, Sgt. Rock vs. the Army of the Dead, Spaceman, Detective Comics, Logan, Death Metal Guidebook, Flashpoint Beyond e per finire da Torpedo che scopro essere stato serializzato (comicbookizzato?) anche negli Stati Uniti. La qualità di stampa a volte non è proprio perfetta, ma per fortuna mai ai livelli della pixellata copertina che non è per niente un bel biglietto da visita. È pur vero che prive del colore queste tavole permettono di godersi appieno la maestria di Risso nel chiaroscuro, oltre che nella mezzatinta in Flashpoint Beyond.

A introdurre la mostra e il volume ci sono tre prefazioni bilingui (italiano e inglese) di Brian Azzarello, Pasquale Ruggiero e Luca Di Salvatore. In appendice una biografia molto esaustiva e anch’essa bilingue di Eduardo Risso, ma nessun testo a commento delle tavole: a introdurle divise per serie ci sono solo le sinossi dei singoli episodi da cui sono state tratte, che hanno tutta l’aria di essere semplicemente dei copia/incolla delle solicitations dei cataloghi statunitensi.

Il volume è cartonato e stampato su carta patinata ad alta grammatura, e per essere un catalogo costa relativamente poco: 16 euro. Il contenuto è quello che ho descritto, poi non ditemi che non vi avevo avvisati.

sabato 29 novembre 2025

Saving Lucca

Ecco, ad averlo saputo prima anche questo lo avrei preso a Lucca invece che ordinarlo in fumetteria, tanto più che Licia Troisi era presente per dedicarlo anche a Comics&Science. Amen.

La storia vede protagonista Melania Muzzi, una poliziotta con problemi sia in famiglia che sul lavoro: non sopportando soprusi e prevaricazioni, a soli trent’anni ha già collezionato un bel po’ di trasferimenti. L’ultimo è in quel di Lucca, dove si ritrova a indagare su una minaccia di terrorismo: la celebre cosplayer Azzurra “Nimue” Gilardi ha ricevuto delle lettere minatorie che proiettano l’ombra di un attentato che coinvolgerà tutta Lucca, non solo l’ambiente del cosplay.

Trattandosi di un giallo sarebbe criminale rivelare troppo della trama. Anticipo solo che la Troisi mette a segno un discreto tocco di classe: il colpo di scena (o cambio di prospettiva) che avevo intuito si manifesta a circa un quarto del romanzo, ma poi quella che doveva essere una situazione fittizia si concretizza davvero.

Comunque la trama di detection non era forse l’elemento su cui l’autrice voleva puntare di più. Saving Lucca è anche una storia di amicizia e solidarietà femminile, e soprattutto un omaggio alla manifestazione e alla città che la ospita. O almeno io l’ho interpretata così. Il frequentatore di Lucca Comics & Games non avrà difficoltà a rivivere luci e ombre della manifestazione (e fatti e fatterelli delle ultime edizioni) e a riconoscersi in una delle varie tipologie di persone che vi bazzicano: sì, ci sono anche quelli che dicono che la manifestazione non è più quella di una volta.

Non ho letto niente di Licia Troisi (che forse si è autoritratta nella scrittrice rasata che gioca di ruolo) e non so quale sia il suo stile né come collocare Saving Lucca all’interno della sua bibliografia. Qui la scrittura è semplice, diretta e appassionante: il romanzo si legge d’un fiato, forse anche un po’ troppo velocemente. Le divagazioni sulla condizione femminile e sul ruolo che ha Lucca per i nerd non sono troppo formulaiche ma piuttosto funzionali alla narrazione.

Peccato che nemmeno in Mondadori abbiano più i fondi per un correttore di bozze in più (confidando che ce ne sia almeno ancora uno).

venerdì 28 novembre 2025

Gli Immutabili, Siero Omega, Le Sette Vie del Guanto

Tutti fumetti di Leo Ortolani, almeno stando al quotidiano locale Il Piccolo di oggi. Chissà, magari esistono davvero.

giovedì 27 novembre 2025

Daredevil: Un Giorno freddo all'Inferno


Praticamente The Dark Knight Returns con Devil al posto di Batman. In un prossimo futuro i superpoteri di Matt Murdock sono ridotti al lumicino mentre negli States (o nel mondo intero?) è infuriata una guerra i cui effetti si propagano ancora in una decadente New York. Adesso Matt gestisce un rifugio per bisognosi e l’esposizione a qualche agente radioattivo rilasciato da una bomba riattiva i suoi poteri, per quanto l’età avanzata gli permetta. Il tempo di incontrare un redivivo Capitan America e farsi affidare da lui una ragazza e la storia comincia, mettendo in scena un misterioso villain che tiene prigioniero ciò che resta del Punitore e sembra collezionare memorabilia dei vecchi supereroi.

In sostanza la trama verte sul recupero della ragazzina (che ha dimostrato di possedere grandi poteri) dalle grinfie della banda del cattivo, che oltretutto ha rubato un carico di materiale di un progetto governativo per creare supersoldati. La storia è molto lineare e poco originale e non basta il delirante discorso finale forse un po’ metanarrativo di Bullseye (eh, sì, il cattivo è lui…) a nobilitare il tutto. Che poi il suo piano era di un’idiozia totale: perché usare il materiale dell’esercito per fabbricarci bombe quando avrebbe potuto impiegarlo per potenziare se stesso e i suoi sgherri? Sì, c’è il colpo di scena per cui alla fine le bombe esplodono lo stesso, ma è solo l’occasione per Charles Soule di scriversi addosso. Forse i due autori volevano suscitare un po’ d’interesse con l’esibizione di una certa dose di violenza e/o mostrando i supereroi vecchi e deboli. Tutto già fatto, tutto già visto. Mi sparerei in un ginocchio piuttosto che ammetterlo, ma a confronto con questo suo pallido omaggio Il Ritorno del Cavaliere Oscuro ha una profondità e una complessità e una raffinatezza stratosferiche.

Anche Steve McNiven mi pare faccia un po’ il verso a Frank Miller, riempiendo le tavole di vignette o al contrario ficcandoci delle splash page che vorrebbero essere emblematiche. Forse mi confondo, ma credo che abbia fatto anche qualche citazione diretta (un primo piano di Elektra pare provenire da Ronin) ma la smania di omaggiare Miller si traduce anche in una stilizzazione del suo tratto. Il risultato non è proprio dei migliori: ricordavo McNiven come un po’ leccatino, per così dire, e forse anche per questo dotato di una certa eleganza. Qui invece il tratto non è molto modulato mentre l’inchiostrazione è molto pesante e monocorde. Anche i colori mi sembrano fatti con la stessa filosofia, cioè sulla falsariga di quelli di Lynn Varley; anche Dean White che subentra alla tavolozza dal secondo capitolo segue questo andazzo.

Penso che Un Giorno freddo all’Inferno sia godibile solo dai fan più duri e puri del protagonista o dell’universo Marvel in generale. E pure loro potrebbero avere delle perplessità.

mercoledì 26 novembre 2025

Michel Vaillant Nuova Stagione 13: Redenzione

Continua sotto il segno del thriller la saga del nuovo Michel Vaillant, anche se non mancano drammi familiari e ovviamente le corse automobilistiche.

Le condizioni di salute di Françoise consigliano di rimandare gli impegni della scuderia Vaillante per la Indycar, ma col supporto della pilota canadese Elsa Tainmont la partecipazione si concretizzerà lo stesso, anche per un motivo di sicurezza nazionale: Steve Warson è sotto la protezione dell’FBI dopo gli attentati dei suprematisti bianchi ma facendolo partecipare lo stesso alle gare (opportunamente sostituito da un sosia negli altri frangenti pubblici) c’è la possibilità che i criminali si facciano vivi e quindi vengano catturati. In sostanza, i nostri eroi faranno da esca. La situazione si complica ulteriormente perché lo “spotter” di Elsa Tainmont, cioè il suo navigatore fuori pista, viene ricattato.

Redenzione è una storia ricca di colpi di scena, con personaggi che si rivelano essere diversi da quello che sembravano e sequenze cariche di tensione; anche se Lapière ascrive una scena shockante al mondo onirico rimane comunque shockante visto che non sappiamo in anticipo che è un sogno. La partita è ancora aperta ma alcuni nodi sono stati sciolti (e altri introdotti, forse), peccato che la cadenza diluita delle uscite impedisca un ritmo incalzante che gioverebbe molto alla serie. Cosa comune nella BéDé, ma che nella Nuova Stagione percepisco più castrante che altrove. E meno male che ne esce regolarmente uno all’anno!

I testi sono affidati al solo Denis Lapière mentre Marc Bourgne è affiancato ai disegni dalla new entry Eillam. Non ricordo chi fa cosa (di solito uno si occupava dei mezzi e l’altro delle figure umane), comunque alcune prospettive delle auto da corsa non mi convincono molto, ma forse la pista di Indianapolis a tratti è in discesa e anche visti dall’alto i mezzi sembrano quasi frontali. Al di là di questo, certi volti negli sfondi e certi profili non sono proprio azzeccati al 100% ma, onore al merito, la tavola muta a pagina 12 dice di più sul cancro e sulla gestione del dolore di tante graphic novel da 200 pagine disegnate col culo.

Colori del veterano Bruno Tatti col supporto di Romain Rosiau alle «tinte piatte». Claude Hauwaert si è occupato dell’impaginazione delle tavole, qualsiasi cosa voglia dire.

lunedì 24 novembre 2025

The Brave and the Bold 2: Il Libro di Destino


Come il volume precedente anche questo non pone troppo l’accento sull’incontro tra due personaggi come la serie classica The Brave and the Bold ma segue una trama predeterminata. Si comincia con Wonder Woman e Power Girl che devono impedire al Dottor Alchemy (forse reincarnazione di tal Megistus) di ammazzare Superman dopo che si è impossessato del corpo della seconda. Proprio il termine «Megistus» è l’indizio su cui indagano i Challengers of the Unknown, a cui era stato affidato il Libro di Destino perché sono gli unici di cui non vengono narrate le gesta in quelle pagine. È l’inizio di una cavalcata tra le storie di molteplici supereroi classici e moderni della DC, lette sul Libro stesso dai Challengers. In alcuni casi ci sono più team-up per capitolo, forse reinterpretando vecchi episodi dei tempi che furono – Cavaliere Silente, chi era costui?

Questi sei episodi sono una piacevole rincorsa tra una storia e l’altra, con elementi che vengono introdotti in un capitolo per poi manifestarsi compiutamente in uno successivo. Niente di eccezionale ma piacevole da leggere se ci si approccia con lo spirito giusto, anche se forse alla fine tutto si risolve troppo in fretta – e anche qui ho avvertito la sensazione di essere un po’ tagliato fuori da certi dialoghi o situazioni non avendo una conoscenza approfondita dell’universo DC. Originali le motivazioni del cattivo di turno, anche se alla fine sembrano essere solo il preambolo dell’ennesima Crisi.

Pur rispettando un canone di scrittura abbastanza classico Mark Waid azzecca più di un dialogo brillante e qualche bel colpo di scena, ma siamo ancora distanti dalla piacevolezza postmoderna per cui lo avrei apprezzato nelle sue opere più recenti. Forse l’aspetto più godibile di questo volume sono gli splendidi disegni di George Pérez (e Jerry Ordway nei due capitoli finali), con Bob Wiacek e Scott Koblish che si alternano alle chine. Probabilmente i colori di Tom Smith non rendono pienamente giustizia ai disegni ma si era nel 2007: l’ubriacatura per le “magnifiche possibilità” offerte dalla colorazione digitale non era ancora passata del tutto.

domenica 23 novembre 2025

Topo Maltese: Una Ballata del Topo Salato

Ah, se avessi saputo che era in uscita per Lucca. Lo avrei preso là e me lo sarei fatto dedicare da Giorgio Cavazzano. O forse più probabilmente no, viste le dinamiche ascose dei firmacopie e (mi pare) il passaggio obbligato tramite Eventbrite. Probabilmente è stato meglio farlo arrivare in fumetteria.

Come intuibile dal titolo di tratta di una parodia della prima mitica storia di Corto Maltese. Lo scrupolo filologico di Bruno Enna è encomiabile e l’avventura inizia proprio con l’ormai iconico avvistamento da parte di Gambadirasputin di Topo Maltese “crocifisso” alla zattera dove lo hanno legato i suoi marinai ammutinati. Entrambi sono al servizio del misterioso Tunica Nera, come l’altro pirata Orangünter che però è munito di sommergibile. Gambadirasputin non trasporta solo il misterioso carico di sale nero per conto di Tunica Nera: ha infatti catturato anche l’ereditiera Minnie Dora Groviermoore e già pregusta il riscatto.

La storia segue la trama del modello con grande fedeltà. Anche nei momenti più drammatici, con l’accortezza di terminare i dialoghi senza citare morte o cannibalismo, ma non risparmiando comunque la visione di Topo Maltese gettato giù dalla scogliera. Tocco di classe: Gambadirasputin ha un bernoccolo ma non viene mostrato perché Minnie Dora glielo ha fatto (ma anche nell’originale Pratt era stato castissimo con l’unico dettaglio degli occhi sbarrati di Pandora). Bruno Enna conferma questo desiderio di omaggiare fedelmente il modello di partenza nell’intervista che gli viene dedicata in appendice, spiegando anche l’introduzione del “sale nero” la cui vera natura è un po’ ridicola (hai voglia a spennellare i granelli d’oro uno per uno!) ma serve a creare un bel finale.

Una Ballata del Topo Salato è insomma un ottimo mix di avventura e umorismo con un uso perfetto del cast dei personaggi disneyani. Anche se tra di loro è una lotta impari: il savant fou Pippotarao che parla con l’oceano mette in secondo piano tutti gli altri.

Sui disegni del veterano Cavazzano, inchiostrato da Alessandro Zemolin, c’è poco da dire: ottimi, dinamici, espressivi e dettagliati nelle parti più importanti.

Questa edizione cartonata con dorso telato costa 23 euro e consta di 96 pagine. Non sono patinate e quindi i colori non brillano molto, forse era l’effetto voluto. Oltre al fumetto in sé sono presenti diversi altri contributi: Patrizia Zanotti firma un’introduzione piuttosto illuminante sul rapporto di Pratt col fumetto disneyano ma anche sul fatto che in molti avranno cominciato a leggere fumetti con Topolino per poi continuare con Corto Maltese. Ci sono poi le interviste agli autori (a Cavazzano sono riservate solo tre domande come al suo inchiostratore Zemolin, ma la sua parte è arricchita da disegni e commenti vari) e infine Alberto Brambilla ricostruisce un minimo della storia di Pratt e Corto Maltese e soprattutto descrive i parallelismi tra opera originale e parodia.

venerdì 21 novembre 2025

Intervista a Lele Vianello

Con cosa sei presente a Lucca?

Ho diversi volumi di cui sono di nuovo entrato in possesso dei diritti tra cui Eroica, fatta molti anni fa e che forse era andata un po’ nel dimenticatoio, e poi un inedito assoluto che è Egiziana – Intrigo a Suez: è una specie di giallo ed è uscito per Segni d’Autore.

Qui siamo allo stand della Voilier.

È il mio editore di base, perché con lui ho fatto parecchi libri. Ed è l’editore al quale mi appoggio in Italia, visto che quasi tutta la mia parte di lavoro è legata alla Francia dove ormai ho venti libri già editati. Ad esempio adesso son appena tornato da Saint-Malo, dove c’è un grande festival e riparto la settimana prossima per Blois, che è un altro grosso festival. Poi ovviamente ci sarà Angoulême. Quasi tutta la base del mio lavoro è legata (fortunatamente, devo dire) alla Francia perché qua in Italia diventa sempre più difficile lavorare nel campo del fumetto perché gli editori tendono a non pagare e si dimenticano di te, è un settore un po’ difficile. Solo che le bollette sono democratiche e arrivano per tutti! Lo dico a malincuore ma è diventato un lavoro difficile in Italia, mentre invece in Francia il discorso è differente, c’è un altro tipo di rispetto: un autore di fumetti in Francia ha una maggiore dignità, per loro il fumetto è veramente la Nona Arte. E loro hanno un grande rispetto sia nel lavoro sia nel compenso, quando lavori con loro hai tutta un’altra considerazione. In Italia a volte si dimenticano dell’autore, cioè c’è un grande entusiasmo nella partenza e quando dai il lavoro e poi tendono a dimenticarsi di te. Dispiace poi fare confronti col passato, perché son passati gli anni eroici del fumetto (stupendi!) quando c’erano le riviste: Corto Maltese, L’Eternauta… e lì lavoravi di gran lunga, c’era una richiesta immensa di lavoro e di materiale e venivi pagato a pagina. E lì allora guardavi il mondo in una maniera diversa. Poi se eri fortunato ti facevano uscire anche il libro e tutto andava in gloria.

Quindi la Francia continua a essere un approdo felice nonostante anche là mi dicono che le condizioni sono un po’ peggiorate, anche perché si pubblicano troppi libri?

È vero, c’è una produzione incredibile: loro arrivano a pubblicare anche 6.000 cartonati all’anno. In realtà è una cosa fantastica, perché ci sono delle nicchie, ci sono amatori, c’è gente che compra, c’è gente che fa file di una giornata pur di avere la dedica dell’autore preferito. E poi i Francesi sfornano un volume dietro l’altro perché è una vera industria. Un’industria che il pubblico segue proprio per quello, per il fumetto in sé: credo che ogni settimana ci siano 5 o 6 se non 7 festival di fumetto in giro per la Francia. Poi ovviamente ci sono quelli più importanti come Saint-Malo ed Angoulême che sono straordinariamente importanti anche a livello internazionale, ma anche le piccole cittadine fanno il loro festival, per farti capire quanto il fumetto sia radicato nei gusti dei Francesi. E in queste occasioni ospitano anche 30, 40 autori (regolarmente pagati) a cui danno quindi la possibilità di lavorare. Ci sono autori che vivono facendo quasi solo i week-end ai festival del fumetto francese.

Per quel che riguarda l’esperienza con l’autoproduzione, invece? Nebbia Sporca era autoprodotto tramite Amazon, se non sbaglio.

Sì, ma anche altre cose le ho messe su Amazon, parecchi altri libri di cui mi sono tornati i diritti: Venezia – Una singolare avventura, Garibaldi, La Sardegna illustrata, ecc. dovrebbero esserci 6 o 7 libri miei messi su Amazon. Il bello è che non ti chiede niente, non interviene sul prodotto: vieni pubblicato, hai un palcoscenico mondiale (perché è Amazon), alla fine sei pagato benissimo perché dove un editore italiano ti dà 1 euro a copia basandosi sulla percentuale del prezzo di copertina Amazon te ne dà molti di più.

Quindi un’esperienza positiva.

Sì, fantastica, anche perché Amazon non ti chiede niente. Tu fai una prova di lavoro, se sei contento di come è venuto il libro loro te lo mandano e se ti va bene dai l’ok e fai il libro. Puoi farlo cartonato, brossurato, come vuoi. Amazon non ti dà limiti. È una bella possibilità per un autore che è restio a lavorare solo in Italia come lo sono io, preferisco farmi le mie cose e le metto dove voglio – e in caso le tolgo quando voglio.

Fermo restando che comunque collabori anche con editori propriamente detti.

Io con Voilier ho un rapporto di amicizia straordinario e di rispetto di lavoro, ma anche con altri editori ho un buon rapporto, quest’anno ad esempio c’è l’inedito per Segni d’Autore di cui dicevo, fatto a seguito del premio che mi hanno dato quest’anno a Lucca Collezionando: c’era la necessità che ci fosse un volume inedito e l’ho fatto con Segni d’Autore perché per me è un editore molto importante. Poi alla fine è uscito anche un altro inedito con Voilier, cioè Adriatica. Si tratta di un fumetto che in Francia ha avuto un grande successo, è un lavoro intricato perché ho impiegato parecchio tempo per farlo, ho dovuto trovare la giusta chiave di questa storia che parte da Londra per finire in Jugoslavia per tornare a Venezia. È stato un lavoro impegnativo!

giovedì 20 novembre 2025

Dylan Dog Color Fest 55: Cosa conosce la Notte

È uscito oltre una settimana fa, ma ovviamente la frenesia lucchese lo ha fatto passare in cavalleria. Come si evince dall’editoriale di Barbara Baraldi è un numero un po’ speciale visto che presenta molti esordi.

Si comincia già dal soggetto della prima storia breve, ideato da Graziano Caminiti e sviluppato dal veterano Gigi Simeoni. Ne Il Club di Mezzanotte Dylan Dog si intrufola in una specie di gruppo di alcolisti anonimi che si riunisce a mezzanotte in una scuola abbandonata. Dalle loro testimonianze risulta che non hanno poi tutta questa voglia di abbandonare le vecchie abitudini e ciò da cui erano dipendenti. A uno a uno vengono fatti fuori da un mostro aracnoide mentre Dylan cerca di salvarli. Il finale che mi aspettavo non si è concretizzato (pensavo fossero dei drogati di paura) ma comunque la risoluzione della storia non entusiasma, per quanto suggestiva. Buoni i disegni di Francesca Ciregia colorata da Barbara Nosenzo, anche se non sempre azzecca il volto di Dylan Dog.

Piuttosto interessante Pioggia di Novembre di Giancarlo Manzano e Francesco Lo Manto: un vedovo che amava a tal punto la moglie da metterle una telecamera anche nella bara si è accorto proprio per questo che il suo cadavere si sta “risvegliando” e ingaggia Dylan Dog per fargli da assistente quando immagina che la defunta moglie tornerà definitivamente in vita, cioè in occasione del loro anniversario di matrimonio. In realtà dietro alla vicenda c’è una storia più complessa, ma Marzano utilizza le tematiche del controllo e della violenza di genere non come pura concessione ai temi caldi del momento ma come meccanismo funzionale alla risoluzione della trama. Per quel che riguarda i disegni, non amo molto gli schematismi alla Cavenago, però sia come segno che come colore Lo Manto è dannatamente efficace.

Si finisce con Dolcetto o Morsetto di Francesco Pelosi e Stefano Cardoselli, in cui viene ribaltata la prospettiva di Halloween: a Dead Rock sono i morti a vestirsi come i vivi per andare a “spaventare” i vicini ottenendo delizie quali frattaglie varie. L’idea è simpatica ma viene trascinata un po’ per le lunghe, Dylan Dog sembra essere stato infilato a forza nella trama e il comparto grafico è tremendo anche per un fumetto che essendo umoristico non si preoccupa del realismo.

martedì 18 novembre 2025

Mano Sinistra - Necrobriscola

Gioco di ruolo assai originale sia per ambientazione che per regole che per presentazione. In Mano Sinistra si gioca all’inferno: un inferno molto particolare e dettagliato retto da quattro Re che governano ognuno un proprio Pascolo ispirato a un Seme delle carte napoletane collegato a uno dei peccati capitali. Il vero potere è però la Dea Boia che dorme un sonno profondo in attesa che vengano raccolti tutti e 40 i frammenti dei Semi sparsi per il mondo che, opportunamente posizionati nella sua città-cattedrale di Utèria, ne permetteranno il risveglio e quindi una nuova apocalisse ispirata al Seme dominante di chi l’ha risvegliata.

L’inferno è appunto un inferno: nel Pascolo di Supèrbatro piovono frammenti di metallo tagliente mentre la terra è scossa da terremoti, Ìraco è fondamentalmente una giungla bestiale, in Avidecca spopolano il tradimento, le illusioni e la corruzione e Invìdeo è una sorta di palude-laboratorio dove vengono prodotte le peggiori malattie. Demoni di vario livello, definito dal valore delle carte da briscola, popolano questi luoghi ameni ma i giocatori interpretano dei Disumani, cioè anime perse che cercano di sopravvivere come possono in questo mondo corrotto e venefico. Nella fattispecie, sono dei Necroboia riuniti in una Congrega dedita a delle missioni che spesso coinvolgono il recupero di alcuni dei 40 frammenti di cui sopra.

Il mondo è talmente originale che la prima cinquantina di pagine è interamente dedicata alla sua descrizione senza accennare ancora alla parte regolistica. Il tono di scrittura di Jack Sensolini e Luca Mazza vira un pochino sull’aulico (si parla di «Spadi» e non Spade) e rende così ancora più evocative le perversioni, le nequizie e le torture che vengono descritte. Viene fatto un interessante lavoro sul linguaggio, con invenzioni sia divertenti che funzionali come Mortefice, Alligatopo, Organotrofio, ecc. I giochi di parole hanno anche il vantaggio secondario di rendere meno evidenti i refusi.

La creazione del personaggio è affidata alla pescata di sette carte. Quattro devono essere associate alle caratteristiche a seconda del Seme che hanno: Spadi per la Maestria, Bastoni per Vigore, Denari per Intuito, Coppe per Fede. Se non se ne pesca nessuna di un Seme quella caratteristica avrà il minimo assoluto. Le tre carte rimanenti vanno distribuite tra il Voto, l’Ossessione e la Putrescenza del personaggio. Il primo rappresenta un legame con un “diavolo custode”, per così dire, e introduce una dinamica per offrire un aiuto al Necroboia (ma non solo). Ossessione e Putrescenza sono le magagne intellettuali e fisiche che ogni Necroboia si porta dietro, e che solitamente sono destinate a peggiorare.

Come specificato all’inizio nel vademecum per il Mazziere (cioè il Master di Mano Sinistra) in questo gioco non ci sono classi né razze però il personaggio viene anche definito dal tipo di attività che svolge (l’Incarico) a seconda della pescata del Voto, con l’unica scelta tra due possibili percorsi per ogni Seme.

I personaggi hanno un corrispettivo dei punti ferita, ovvero i Punti Dolore, ma se non si ha ottenuto una carta molto alta di Bastoni/Vigore mi pare che la sopravvivenza prolungata sia assai incerta – come d’altra parte dichiarato dagli autori sin dall’inizio.

Le prove vengono risolte pescando una carta e confrontando il risultato con il risultato minimo di SdS (Soglia di Successo) che permette di superarla. Così a occhio mi pare che questa meccanica sia tarata in maniera poco vantaggiosa per i giocatori (e anche per png e mostri, che usano lo stesso sistema) perché anche il massimo del punteggio offre solo il 70% di possibilità di riuscire nell’azione. Esiste la dinamica della briscola, cioè la pescata fortunata di una carta dello stesso Seme dell’abilità messa alla prova, ma a conti fatti non mi pare abbia un impatto risolutivo nel gioco se non come elemento narrativo. Esiste però anche in Mano Sinistra il concetto di vantaggio e svantaggio: qui però non si concretizza con un doppio lancio di dadi tra cui scegliere il migliore o il peggiore a seconda della circostanza, ma con la pescata di ben tre carte.

Curiosamente in un gioco così particolare non mancano elementi tipici dei giochi di ruolo classici: c’è una pletora di armi ed equipaggiamento classico, ci sono incantesimi (anche se molto particolari sia come effetti che come metodo di lancio), regole dettagliate per il combattimento, seguaci per i personaggi, una forma di avanzamento di livello (anche se tecnicamente il livello non c’è), tabelle per incontri e altri elementi casuali, un bestiario. D’altra parte in gerenza viene scritto chiaramente che il sistema della Necrobriscola, sviluppato da Sensolini insieme a Iacopo Frigerio, è di matrice OSR, quel movimento che vuole riprendere lo stile e l’atmosfera dei giochi di ruolo delle origini.

Chiude il volume un’avventura in cui la Congrega è chiamata a partecipare a un torneo che si tiene ogni quattro anni nell’Ìraco. Originale e approfondita, può anche servire da “gazetteer” per il Mazziere che ne vorrà riutilizzare certe parti, ma questo concetto di olimpiadi infernali mi è sembrato un po’ fuori contesto.

Il volume viene venduto con una mappa allegata e gode di una certa cura editoriale. La ruvida carta uso mano aggiunge un fascino demodé al tutto – e ovviamente aumenta il volume delle 128 pagine che lo compongono.

Ne esiste un’edizione limitata a 1500 copie con allegate le carte da briscola disegnate da David Genchi, illustratore del progetto. La mia copia è una ristampa del marzo 2025, quindi evidentemente Mano Sinistra ha avuto un certo successo.

lunedì 17 novembre 2025

Intervista a Laura Spianelli

Ci presenti Domitilla nei Tubi?

È un progetto a cui sto lavorando da parecchio tempo, lo dico sempre perché è abbastanza in controtendenza con quello che di solito viene fatto, sono 4 anni che ci sto lavorando. È la storia di una giovane ragazza di 12 anni, Domitilla, che vive in una enorme città-alveare. Prima di tutto è una storia dark fantasy. In questa città-alveare lei ha le sue sicurezze: la camera, casa sua, vive con un’anziana zia e soprattutto ha tanti sogni nel cassetto. A un certo punto però si accorge che esistono delle anime nere che le vorrebbero fare del male e che quindi le scombussolano completamente l’esistenza e da queste deve scappare. E così andrà a rifugiarsi nell’unico luogo che lei crede accessibile, ossia i tubi, le intercapedini, e da lì parte la storia: saranno due volumi a fumetti, di cui qui presento il primo e approfitto per ringraziare i backers, quelli che mi hanno sostenuta attraverso Kickstarter.

Quindi tutto è partito tramite crowdfunding. Come ti sei trovata con questo sistema di finanziamento?

Mi trovo molto bene: mi dà l’opportunità di farmi conoscere e di porre l’accento su un progetto in un mondo in cui si cercano sempre strade nuove per far conoscere le proprie cose. L’autoproduzione resta sempre una via di pubblicazione per me fondamentale. È una cosa proprio liberatoria artisticamente perché anche noi fumettisti abbiamo una parte artistica importante e sentiamo la necessità di parlare di determinati temi e secondo me la libertà che al momento ti dà l’autoproduzione è impagabile, non l’ho trovata altrove.

Quindi un dark fantasy, una storia articolata ma con un sottotesto molto importante da quello che mi dici.

Sì, mi interessava parlare di ragazzi, di giovani come la protagonista, in un mondo in cui ci sono tanti adulti che vogliono insegnare, che vogliono parlare e finiscono per parlare sopra ai giovani, e fanno più fatica ad ascoltarli mentre Domitilla avrebbe tante cose da dire. Questo è un primo tema.

Il secondo tema è quello della solitudine. Parlo di solitudine, ma anche di altri argomenti che mi interessano tra cui c’è quello molto importante del non riuscire a riconoscere chi hai vicino, dell’incapacità di vedere realmente chi ti sta accanto. Magari pensi che sia un tipo di persona e in realtà si rivela un’altra.

Ecco, così come anche Stirpe di Pesce era incentrato su molti argomenti, Domitilla nei Tubi ne presenta tanti, è incentrato molto sulle persone. Spero che si riconosca anche una radice di quelle letture che amo e che mi hanno formato, quelle dei fumetti argentini a cui sono tanto legata.

Quali autori in particolare?

Di sicuro in primis Breccia.

Breccia padre o figlio (o le due sorelle)?

Breccia padre, Alberto, e comunque anche Mandrafina, cioè tutta quella scuola argentina che a me fa impazzire per il modo di raccontare partendo dai personaggi, che poi è anche il modo di raccontare dei manga, in cui i personaggi sono molto importanti e contribuiscono anche loro in maniera decisiva a costruire la storia.

A livello tecnico hai usato matita e china o computer?

Ho fatto tutto in digitale, che offre delle possibilità ma non è assolutamente da confondere con l’intelligenza artificiale. C’è un punto del volume in cui specifico che non c’è nessuna parte del fumetto che è stata fatta con l’intelligenza artificiale. Nessuno spunto, dalla storia alle matite: niente. È tutto frutto solo del mio tempo e della costanza. Il digitale lo uso in alcuni casi per una questione di tempistica.

Di comodità, diciamo.

Sì, di comodità, perché ovviamente non c’è tutta la parte di scansione o di correzione degli originali. Però anche la correzione del digitale, per quel che riguarda l’editing, è molto importante. In Domitilla nei Tubi l’editing all’inizio è stato fatto da Mauro Muroni che è stato il mio insegnante di tecnica a colore, poi sempre all’editing hanno dato il loro importante supporto Francesca e Michela Da Sacco; la correzione delle bozze è stata curata da Pietro Gandolfi. Invece per quanto riguarda il lettering e l’impaginazione ringrazio Alessia Marchese perché secondo me ha dato quel tocco di professionalità in più. Si cerca sempre di fare il meglio.

Ecco, a proposito di colori ho notato questa scelta particolare del colore seppia anticato per le tavole ma con i balloon in bianco. Ha un significato particolare?

In realtà no, non ha un significato nella storia: ci tenevo io a realizzarla così perché il bianco e nero mi piace tantissimo. In un certo senso volevo staccarmi da quello che era stato Stirpe di Pesce, che era coloratissimo. È stata una scelta dettata dal gusto per il bianco e nero, comprendo però che il colore attira molto di più. Non è detto che non ci ritorni, ma adesso volevo fare una cosa in bianco e nero. Visto però che solo in bianco e nero non mi convinceva del tutto ho optato per questa carta e il risultato mi piace tantissimo. Ci tengo a dire che c’è anche stata una cura particolare nello scegliere delle carte diverse perché la copertina è fatta proprio in quella maniera perché ho ricercato delle carte specifiche, anche riciclate, e sono soddisfatta del prodotto finito.

domenica 16 novembre 2025

Divinità & Dinosauri

Gentilmente offerto da MonDiversi, è solo un depliant (che col tema del gioco ci sta più che bene) ma è già sufficiente a giocare, o almeno a farsene un’idea approfondita, in attesa della forma completa. Forse non si può definire del tutto un gioco di ruolo, ma presenta talmente tanti riferimenti e omaggi a quel contesto che «l’unico vero Di&Di» finge di esserlo assai bene.

Come intuibile, i giocatori interpretano delle divinità che cavalcano dinosauri. Più che blasfemo, il tono è goliardico e ridanciano. Ogni personaggio/divinità ha un pool di PF, che in questo contesto non stanno a indicare i classici Punti Ferita bensì Punti Fedeli: la quantità di seguaci di ogni religione. Il loro numero può sembrare esorbitante (5d4x1.000.000) ma si perdono e si guadagnano a milionate quindi i conti non sono complessi.

L’unico dado in uso è quello a quattro facce, ogni dio ne ha una certa quantità e quando attacca o viene messo alla prova in altra maniera li tira ottenendo un successo con una coppia di 4 andando a salire nei numeri di successi fino a un massimo di 3 con quattro 4. Effettuare una prova contempla però sempre un margine di rischio, perché per ogni 1 uscito si perdono 1.000.000 di seguaci.

A queste semplici meccaniche si aggiungono altre regole come la possibilità di ricorrere alla «Preghiera Divina»: ogni giocatore si inventa un’invocazione personalizzata per il suo dio e se nella descrizione di una scena vengono impiegate alcune delle parole che la compongono ha diritto a lanciare dei dadi aggiuntivi. C’è anche l’opzione di rompere la quarta parete e di interagire direttamente con gli altri giocatori al tavolo: in questo caso il TPC non è il Tiro Per Colpire ma il Temibile Potere del Credo, così come non è un Tiro-Salvezza il TS per superare la prova richiesta ma un Tiro per Sfangarla. In tutto ciò i dinosauri non sembrano avere un grande ruolo ma vengono comunque accennate alcune delle abilità che possono mettere in campo.

Come bonus viene presentata la «modalità Doomsday» e inoltre tramite QR code è possibile visualizzare (o scaricare, o qualsiasi cosa si faccia con un QR code) tre divinità già pronte e dettagliate.

Divinità & Dinosauri è stato ideato da Amos Pons e sviluppato da Moreno Pollastri che lo ha anche illustrato con simpatici disegnini mentre l’evocativa copertina dell’opuscolo è stata realizzata da Elena “Shara” Panetta.

venerdì 14 novembre 2025

Domitilla nei Tubi

Domitilla è una bambina che vive in una città alveare insieme alla zia la quale, quando non la ignora, sembra infastidita dalla sua presenza e approfitta di lei per mandarla a fare le sue commissioni o tenere in ordine la casa. Ma Domitilla non è triste: insegue col suo magnetofono senza pile il sogno di diventare una manager per qualche gruppo di successo e già si allena a tenere una rubrica musicale immaginaria.

In questo fumetto si respira ancora l’aria del lockdown (d’altra parte è stato iniziato quattro anni fa): l’istruzione avviene tramite lezioni a distanza e la gente gira con le mascherine. Il senso di oppressione si avverte anche nelle pochissime frequentazioni di Domitilla e sua zia, limitate quasi esclusivamente alle tre inquietanti sorelle Orante dotate di nasi innaturalmente lunghi. Saranno proprio loro a scuotere la storia e la vita di Domitilla verso una direzione inaspettata, mentre attorno a lei succedono altri strani fenomeni: un suo compagno di classe indaga sulla leggenda urbana della Strega Ragno, che potrebbe essere la causa di alcune morti archiviate come suicidi, e il suo magnetofono senza pile d’un tratto le trasmette i messaggi di una misteriosa entità.

Senza anticipare troppo, la situazione precipita e Domitilla si risolve di scappare nei tubi del titolo. La storia si presenta piuttosto originale (Laura Spianelli ha appena cominciato a svelare le sue carte) e soprattutto molto suggestiva, tanto più che un breve antefatto ci anticipa quello che potrebbe essere il destino di Domitilla. Sperando di non dover aspettare quattro anni per leggere il finale.

I disegni dimostrano un’ulteriore maturazione nel lavoro della Spianelli, con un tratto molto più deciso e sicuro ma al contempo dotato di grande espressività. La prima cosa a colpire in questo volume è però la particolare scelta cartotecnica di usare una carta beige con strategici punti di bianco nei balloon (e qualche discreto inserto colorato). Un discorso che approfondiremo con l’intervista che l’autrice mi ha concesso a Lucca.

Comics & Science: The Beyond EPICA Issue

Quest’anno a Comics & Science avevano proprio la fissa dei viaggi nel tempo. Anche questo numero fuori collana prende le mosse da una visita al passato, ma è un po’ particolare: in un futuro remotissimo un gruppo di maghi (che poi sarebbero gli scienziati del futuro, tratti da un romanzo di Giovanni Eccher) riesce a rinvenire il laboratorio del progetto Beyond EPICA (acronimo di European Project for Ice Coring in Antarctica) e con esso le “carote” congelate che forniscono preziosissime informazioni sull’atmosfera delle varie ere geologiche tramite la stratificazione dei ghiacci. In questa maniera trovano il punto esatto della Storia in cui l’inquinamento cominciò a manifestarsi portando la Terra oltre la soglia della sopportazione e con un incantesimo vi spediscono uno di loro.

L’onore di andare nel passato, nell’Inghilterra del 1810, spetta a Rasul, che intratterrà un lungo dialogo con un giornalista a cui affidare il suo messaggio di fermare lo sviluppo della tecnologia, o almeno di regolamentarla, prima che la rovina del pianeta diventi irreversibile. Ahilui, la persona a cui affida il suo messaggio non è un giornalista, ma i colpi di scena non finiscono qui. In un futuro ancora più remoto ci sarà ancora vita sulla Terra, e a sua volta trarrà informazioni dalle ricerche effettuate da Beyond EPICA, ma ormai per l’umanità il danno è fatto…

Questo fumetto, oltre a essere piacevole di per sé, è un ottimo esempio di come vada divulgata la scienza, in questo caso il lavoro dei ricercatori dell’Antartide: non un fine ma un mezzo. Come nel Warren Ellis migliore, i concetti non sono snocciolati senza criterio narrativo ma sono funzionali a far progredire la trama.

Fantastici come al solito i disegni di Ponchione, colorato dal Nicola Righi che già aveva prestato la sua opera per Gli Uomini della Settimana. Peccato che la mia copia presenti degli sgradevoli fuori registro nel primo sedicesimo (anche le foto del sommario sono fuori fuoco).

Forse per la natura fuori collana di questa uscita o forse per una questione di spazio non ci sono i consueti interventi umoristici di Leoni e La Rosa ma il resto dell’albo è occupato da approfondimenti redatti da Carlo Barbante, Eric Wolff, Olaf Eisen, Dorthe Dahl-Jensen, Frédéric Parrenin, Frank Wilhelms, Gianluca Bianchi Fasani e Hubertus Fischer, tutti coinvolti in un modo o nell’altro nel progetto Beyond EPICA. Alcuni di questi interventi non sembrano essere stati scritti con la divulgazione in mente e risultano un po’ freddi ma è comunque interessante apprendere alcune curiosità come il fatto che la sola logistica (portare materialmente le strumentazioni e i prefabbricati in Antartide) costi nove volte quello che costa l’attività di ricerca in sé!

giovedì 13 novembre 2025

Intervista a Constanza Rojas-Molina

Se vuoi presentarti…

Sono Constanza Rojas-Molina, in arte nota anche come “Coni”. Sono una Matematica e una fumettista, sono nata a La Serena, una piccola cittadina nella provincia del Cile. Oltre a questo mi occupo di divulgazione scientifica e ti confesso di essere onorata ma anche un po’ intimorita di essere qui a Comics&Science perché è un evento molto importante per la comunicazione scientifica riconosciuto in tutto il mondo.

La mia passione per la Matematica nasce dalla Meccanica Quantistica perché rompeva il paradigma che durava da secoli: non c’erano più orbite certe per gli atomi, ma solo probabilità. La maniera per comprendere questa realtà era la Matematica.

Quindi il tuo interesse era prima rivolto alla Matematica e solo in seguito ti sei dedicata al fumetto?

No, in realtà a me inizialmente interessava molto di più il disegno, ma la mia famiglia mi spingeva a fare altro. La Matematica come passione è venuta dopo: alla fine sono gli atomi che mi hanno affascinata, non tanto la Matematica in sé.

Una tappa fondamentale è stata nel 2007 quando andai a studiare a Parigi. Lì mi sono accorta della ricchezza enorme della Bande Dessinée e della grande considerazione di cui gode in Francia. È stato anche quello lo stimolo che mi ha fatto riprendere in mano la matita. Ho aperto il blog The Rage of the Blackboard, dove la “rabbia” è un gioco di parole con il Teorema di R.A.G.E., acronimo dei nomi dei ricercatori che lo formularono.

Non hai avuto quindi una formazione artistica propriamente detta.

In realtà nel 2014 quando ero a Monaco per uno dei miei vari Ph. D. ho frequentato anche una scuola d’arte. Facevo delle illustrazioni per le riviste di settore, ma preferivo firmarle con uno pseudonimo (“E. A. Casanova”) per evitare il rischio che non mi prendessero sul serio in ambito scientifico. Proprio quando ero in Germania ho approfondito il lavoro sullo sketchnoting, cioè prendere appunti anche grafici, una cosa molto utile per riassumere concetti e ricordarsi delle cose. Un approccio molto utile anche nella Matematica.

Penso anche per diffondere i concetti, per fare divulgazione.

Sì, come dicevo mi occupo anche di quello. Ho fatto parte del progetto “It’s a Girl’s Thing”, per l’inclusione delle donne in ambito scientifico. Ho anche fatto una serie di interviste per una rivista, solo che ho notato che non è molto facile intervistare delle ricercatrici e delle scienziate donne, almeno non tutte. Molte si schermivano dicendo che non erano un modello.

Immagino che l’attività accademica rimanga quella principale, anche per una questione economica.

C’è però il discorso che la carriera in ambito scientifico è per sua natura molto precaria, in tutto il mondo. Si entra in un meccanismo di doctorship a progetto che inevitabilmente prima o poi finiscono, quindi bisogna cercarne un’altra che a sua volta sarà a termine, in attesa di trovare un posto stabile che potrebbe arrivare anche molto più in là con gli anni o forse addirittura mai. I Matematici, ma è un discorso generale per tutti i ricercatori, devono poi viaggiare tantissimo: appena si apre la possibilità di fare un dottorato di ricerca bisogna afferrarla, indipendentemente in quale continente si trova. Visto che la situazione comune è questa ho pensato che in fondo valeva la pena di fare anche fumetti.

E hai qualche aneddoto divertente legato ai tuoi lavori? Ho amici Matematici, so che possono essere un po’ particolari.

Più che un racconto sul lavoro o i colleghi mi ricordo un episodio che ho avuto con una rivista: bisognava illustrare il paradosso del Gatto di Schrödinger, quello famoso ormai entrato a far parte della cultura popolare per cui se si ipotizza di chiudere un gatto in una scatola con un meccanismo che emette casualmente veleno il 50% delle volte, non è possibile determinare se il gatto sia vivo o morto senza aprire la scatola e quindi intervenendo nell’esperimento (così prima di farlo il gatto è in uno stato in cui è contemporaneamente vivo e morto: il Principio di Indeterminazione). Per raffigurare un esperimento del genere, per quanto puramente teorico, si sarebbe dovuto mostrare il gatto anche nel suo stato morto ma la rivista in cui passava l’articolo era letta anche da bambini e non era il caso. Ho optato per raffigurare due gatti “teorici” che sfumano uno nella parte alta e uno in quella bassa del corpo.

Dalle slide che hai mostrato all’incontro qui a Comics&Science ho notato che hai degli interessi fumettistici molto vari, non ci sono solo le biografie di scienziati: c’è un genere o un autore che ti interessa in particolare?

Mi piacciono molto i fumetti underground, perché hanno un fascino pulp e non sono affatto intimorenti. Gli autori raccontano e disegnano come vogliono loro, sono fumetti sperimentali e anche la Matematica lo è.

Spectators

Presentato in anteprima a Lucca 2025, questo volume conferma la grande fantasia di Brian K. Vaughan. Val perde la vita crivellata di colpi al cinema durante una demente sparatoria. Nell’universo ideato dallo sceneggiatore certi morti ascendono a un altro piano della realtà mentre altri rimangono come fantasmi sulla Terra finché non si stufano di galleggiare e spiare i vivi e a loro volta vanno “oltre”. Questi fantasmi sono i guardoni, gli «spettatori» del titolo e amano ficcare il naso nelle vite degli altri. Simpatica la trovata di rappresentare in bianco e nero il mondo dei vivi mentre sono i fantasmi a essere colorati. Dopo secoli di esistenza ectoplasmatica Val incontra Sam. C’è nell’aria la minaccia di una nuova ecatombe e come spesso capita in questi casi l’umanità si scatena in orge intuendo l’imminente estinzione, quindi ai due non mancano spettacoli da spiare.

Al di là dell’originalità del soggetto, un fumetto del genere avrebbe potuto correre il rischio di girare a vuoto, invece Vaughan inanella sempre nuove idee con cui movimentare una trama altrimenti stagnante: lo stalker di Val, alcuni camei eccellenti, le derive dei social network, ecc… Il ritmo non è certo frenetico (parliamo di oltre 300 pagine di fumetto, spesso occupate da disquisizione su cinema, sesso e vita) ma queste continue trovate mantengono viva l’attenzione e Vaughan sa oltretutto gestire con maestria l’alternanza delle tavole predisponendo con cura i colpi di scena. Purtroppo verso la fine cede a un certo didascalismo e rende manifesto coi dialoghi e certe sequenze create ad hoc il messaggio che voleva dare, ribadito anche all’incontro con la stampa[link da inserire]: la società statunitense accetta gli spettacoli violenti e ne condivide la visione collettiva, mentre il sesso è sempre relegato alla sfera privata. Il finale metanarrativo in cui vengono coinvolti anche i lettori come guardoni potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Ma d’altra parte gli autori stessi si sono ritratti ai margini di una doppia tavola.

Molto validi i disegni di Niko Henrichon, che apparentemente ha lavorato con matite e acquerelli. Probabilmente ha realizzato le tavole in digitale, ma è stato bravo a dissimulare. Peccato che gli occhi delle sue donne a volte seguano logiche tutte loro.

martedì 11 novembre 2025

The Last Book - Il Diario dell'Ultimo Terrestre

Esempio mai così esemplificativo di cosiddetto “coffee table book”, uno di quei libroni che non si acquistano tanto per leggerli quanto per esporli bene in evidenza in libreria o meglio ancora nel tavolino del salotto buono. È quello che hanno dichiarato anche due degli autori alla conferenza stampa lucchese. Le dimensioni sono importanti (24x35 centimetri circa), la mole e il peso quasi spaventosi e l’impatto grafico è notevolissimo.

Dopo aver fatto tombola due anni fa con The Book (terza campagna di Kickstarter di maggior successo mai realizzata, 30.000 copie vendute solo in Italia) il collettivo Hungry Minds ritenta il colpaccio con un progetto nello stesso solco ma da una prospettiva diversa. Se il primo esperimento era un viaggio fantastico attraverso le invenzioni e le tecnologie umane, questo è una celebrazione di quanto ha caratterizzato l’umanità nel corso della sua permanenza nell’universo miscelando arte, religione, letteratura e cinema con i riti banali di ogni giorno, i vizi e tanti, tanti elementi pop.

A raccontarci la storia, o meglio a descrivere quello che fu l’umanità, è Noah Jonah Kaplan, aspirante artista di Manhattan e l’ultimo terrestre del titolo. Unico sopravvissuto alla distruzione della Terra, si ritrova su un’astronave aliena e decide di scrivere e illustrare un diario per lasciare la sua testimonianza. Come anticipato, sfilano quindi un sacco di argomenti tra i più disparati per cercare di descrivere cos’erano quelle cose così complesse che furono gli essere umani. Le varie voci sono trattate con grande ironia, ma al contempo con grande scrupolo documentaristico: non sapevo ad esempio quale fosse la prima barzelletta mai inventata (risale ai Sumeri), né da dove provenisse l’idea della roulette russa, o ancora quale sia il concetto russo di azart.

I testi scritti si fondono con le illustrazioni a tutta pagina (riprodotte in un rapporto 1:1 con gli originali che ne trasmette l’artigianalità, solo un illustratore ha fatto ricorso al digitale) e possono piegarsi a loro volta alle esigenze grafiche delle “Menti Affamate”. L’alternanza di stili grafici si percepisce ma fondamentalmente ognuno degli illustratori coinvolti (una dozzina) ha disegnato con la stessa “filosofia”: una solida base realistica ma con derive caricaturali o surreali. Mi ha lasciato un po’ perplesso il fatto che le scritte inserite nelle immagini (cartelli, pubblicità, annunci, ecc.) non siano state tradotte. Alcune sono integrate troppo strettamente nelle illustrazioni per non doverle modificare troppo, ma alcune si sarebbero potute adattare molto facilmente. Probabilmente i diritti di pubblicazione non hanno contemplato la facoltà di localizzare il volume, concepito in inglese, nei singoli Paesi e quindi in lingue diverse.

Mentre sfilano i vari argomenti anche la storia di Kaplan viene svelata, fino al colpo di scena finale che potrebbe divertire alcuni lettori e lasciarne perplessi altri.

Comics & Science 001/2025: The Public History Issue

Annata positiva per i fumetti di Comics & Science, dicevo. Questo fascicolo si occupa di un argomento più umanistico che scientifico, ovvero la storiografia e in particolare la divulgazione della Storia al grande pubblico. Walter Leoni scrive e disegna, e produce una delle storie più divertenti (ma anche articolate) mai viste in questa collana.

Il professor Alessandro Barbero, tormentato dalle conseguenze della sua stessa popolarità, si ritrova in un paesino toscano la cui locale sagra medievale sembra essere molto partecipata ma anche follemente sbagliata: ci sono persino i draghi. A quanto pare è finito nel “vero” Medioevo, solo che nessuno lo aveva mai descritto così come effettivamente era. Fortemente scosso nella sua identità di Storico, incontra nientemeno che Franco Cardini, un habitué dei viaggi nel tempo, e insieme vanno alla ricerca di un monaco che firmandosi Adso (e citando quindi Il Nome della Rosa) parrebbe aver lasciato un indizio sul fatto che viene dalla loro stessa epoca. Costui ha descritto in un codice miniato giunto a Cardini il Medioevo esattamente com’era nella realtà, con draghi e tutto il resto, e quindi va fermato prima che completi l’opera e la tramandi rovinando così il lavoro e la reputazione di storici e divulgatori. Io immaginavo che il misterioso crononauta fosse Umberto Eco ma non è così e lascio ai lettori il piacere della scoperta.

The Neverending History – Nessuno si Aspetta il Medioevo è una storia frenetica e divertentissima, piena di trovate simpatiche ma anche di un sacco di citazioni più o meno pop (già titolo e sottotitolo…). Ma al di là di questo offre anche una trama molto ben costruita in cui alla fine tout se tient con una giustificazione plausibile a quello che abbiamo letto. Disegni e colori contribuiscono alla piacevolezza dell’insieme. Certo, come spesso capita in questi casi non sempre è chiaro dove finisca la vera ammirazione e dove cominci la presa in giro, ma anche se di Barbero fossero stati parodiati tic e comportamenti che io non conosco rimane comunque un omaggio alla sua figura – questa ambiguità non trova risoluzione nemmeno nell’intervista a Leoni di Silvia Florindi.

Idamaria Fusco approfondisce il discorso su Public History e Crowdsourcing, Paola Avallone decanta l’importanza documentale di un’istituzione forse poco associabile alla ricerca scientifica come il Banco di Napoli (e relativo archivio, ovviamente), Gertrude Macrì e Sebastiana Nocco puntualizzano le differenze tra biblioteche e archivi mentre Gabriele Bianchi si riallaccia al loro discorso dal punto di vista del personale che vi lavora, non lesinando citazioni pop.

Oltre che a Walter Leoni, il resto del comparto fumettistico è affidato come di consueto a Davide La Rosa che firma due pagine molto surreali anche per i suoi standard.