lunedì 8 dicembre 2025

Il Nome della Rosa 2

Splendida conclusione per la riduzione a fumetti del romanzo di Umberto Eco, di cui ammetto di conoscere solo la versione cinematografica. Purtroppo mi basta per sapere i retroscena della storia e la soluzione del mistero, quindi invidio quelli che ancora ne sono all’oscuro. Cioè in sostanza credo di non dover invidiare nessuno.

Visto che la storia e la svolta risolutiva sono note e risapute, tanto da essere state oggetto di parodie e omaggi vari, non credo sia il caso di riassumerle troppo in dettaglio. Adso continua a raccontare di come aiutò il francescano Guglielmo da Baskerville a risolvere il mistero delle morti sospette in un monastero la cui collocazione geografica viene lasciata nel vago, proprio mentre a indagare giungevano anche il temuto inquisitore Bernardo Gui, il cardinale Bertrando del Poggetto e due delegazioni di ordini monastici in conflitto tra di loro.

Chiaramente il fumetto permette una maggiore fedeltà al testo letterario e così ho potuto gustarmi quegli aspetti che fisiologicamente in un film sarebbero stati impossibili o comunque molto difficili da trasporre. Sfilano quindi delle appassionanti sequenze di detection, un’ulteriore versione del basilisco, il ricchissimo retroterra religioso ed ereticale medievale nonché la ricetta per fabbricarsi dei demoni che esaudiranno i desideri lascivi. E chi l’avrebbe mai detto che una disputa teologica in huit clos sarebbe stata incalzante come un thriller? Quella che immagino essere una più scrupolosa adesione al testo originale introduce anche una sferzante ironia nei dialoghi, gradevolissima.

Tempo fa avevo riscontrato una seppur vaga flessione nel disegno di Manara, più che giustificabile considerando tutto quello che già aveva dato al settore. Non ce n’è alcuna traccia ne Il Nome della Rosa: il Maestro è al top della forma e a 80 (!) anni disegna animali, sfondi e architetture con una cura e una dedizione che i fumettisti che hanno meno di quarant’anni non sanno manco cosa sono. I personaggi recitano in maniera magnifica, cosa che spesso contribuisce a rafforzare quell’ironia che ho ricordato sopra. La bellezza dei disegni e la cura dei dettagli non va a inficiare il dinamismo, tanto che le rare linee cinematiche sono superflue. Come spesso accade coi fumetti di Manara, sfogliare le sue tavole è anche l’occasione di ricordare attori o caratteristi del cinema italiano e non: credo che per il frate barbuto di pagina 19 si sia ispirato a Gigi Proietti.

Un plauso anche ai colori di Simona Manara, che dopo i primi approcci traballanti ha saputo finalmente interpretare e integrare molto bene lo stile del (suppongo) padre. Probabilmente la colorazione è stata realizzata col computer, si vedano gli aloni perfettamente rotondi delle lampade, ma ha saputo comunque restituire la sensazione dell’acquerello.

Insomma, questo fumetto è un capolavoro. Ed è un vero peccato che lo sia. O meglio uno spreco. La nave di Teseo/Oblomov ha allestito un’edizione che è speculare alla descrizione della donna fatta da Ubertino nel fumetto: il contenuto è sublime, la confezione abietta. La carta non è patinata ma una Arena Ivory Rough da 140 grammi («E lo dice pure!» sbotterebbe Nanni Moretti): colori smorti, tinte che si perdono nella brunitura, spessore tale che viene sempre il sospetto di aver girato una pagina in più. A proposito di dispute teologiche, scaglio il mio anatema contro i Cuccoliniani: a me delle pagine sotto la luce artificiale non indispone vedere un qualsivoglia riflesso, che tanto con una lieve flessione del piano d’appoggio si elimina, quanto sorbirmi le asperità della carta che mortificano il disegno. La copertina non è nemmeno plastificata; non sarà cartavetrata ma al tatto ci somiglia un po’. E se gli scricchiolii che fa il volume quando lo si apre volevano essere una colonna sonora per far entrare nell’atmosfera a me fanno dubitare invece della solidità dell’allestimento. Mi rendo conto che sia irrinunciabile leggere la versione in italiano per apprezzare appieno la prosa di Eco, ma confido che in Francia ne facciano un bell’integrale per gustarmi al meglio l’arte di Manara.

In appendice alcune pagine di schizzi.

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