lunedì 30 giugno 2025

Superman: Il Mondo


Nuovo volume antologico giramondo con autori autoctoni, ma spesso operanti nel mercato statunitense, che realizzano gli episodi realizzati nel loro Paese, stavolta dedicato a Superman dopo quelli con protagonisti Batman e Joker.

Si comincia con una storia introduttiva di Dan Jurgens e Lee Weeks. Mi sembra simpatica e originale, oltre che disegnata benino, e mostra la filosofia di Superman: un mostro gigante è apparso su Metropolis con un’astronave ma i militari lo attaccano senza che abbia cagionato apparentemente alcun danno. Superman risolve parlamentando piuttosto che ricorrendo alla violenza.

Prima tappa Spagna, dove Superman precipita a Granada dopo uno scontro con un meteorite con tracce di kryptonite che gli toglierà i poteri per circa sei ore (e trentacinque minuti, come precisa Batman). Durante il conto alla rovescia per quando recupererà i poteri Superman sperimenta le bellezze locali e la frustrazione di essere solo un uomo: indossa ancora il suo costume e nessuno crede che sia il vero Superman, a parte una bambina. Jorge Jiménez cede un po’ ai buoni sentimenti e sviluppa una cartolina di quella che immagino essere la sua città ma nel complesso la storia è carina, anche perché è spassoso vedere Batman nel ruolo della chioccia preoccupata che oltretutto sbaglia i calcoli (ma è colpa della strumentazione). I disegni virano un po’ troppo sul grottesco ma nel contesto della storia ci sta.

La storia italiana ideata da Marco Nucci è molto originale, probabilmente troppo: nel 2021 Lois Lane e Clark Kent sono a Firenze dove si compie una profezia di Dante e l’inferno si apre sulla Terra. Guarda caso, la formula per risolvere la situazione è la battuta tipica di Superman. Una trama così semplice è più che altro l’occasione per sfoggiare l’arte di Fabio Celoni, che però come nel caso di Bacilieri su Joker mi pare un po’ mortificato dal formato comic book.

Il viaggio continua verso est con il serbo Stevan Subić che mette in scena una lotta tra Superman e Lobo. Forse la storia è interessante se si conoscono i retroscena evocati nei dialoghi tra i due ma per me sono assolutamente ascosi.

È poi di scena il Camerun con lo Studio Zebra, cioè Ejob Gaius ed E. N. Ejob. I disegni non sono granché ma i testi non sono poi tanto male, e oltretutto sono ben amalgamati con la cultura locale, o almeno questa è l’impressione che mi hanno dato. Per fermare uno sciamano malvagio Superman ha dovuto distruggere la statua di una divinità del posto, suscitando la rabbia della popolazione autoctona che ha chiesto a gran voce uno scontro tra lui e il dio superumano Epasa Moto. La battaglia tra titani ha però conseguenze devastanti sulla gente comune e i due contendenti addivengono a una tregua in cui capiscono l’uno le ragioni dell’altro. Ma perché alla fine compare Batman che guarda interessato la scena? Questa storia si inserisce un progetto più ampio?

Con l’India torna di scena uno sceneggiatore che non si occupa precipuamente di fumetti come era stato così comune con Joker: Rana Daggubati lavora infatti per cinema e televisione. Essere un Eroe vede un Superman diventato da poco supereroe che cerca risposte alle sue questioni esistenziali in India. Qui si unisce a una ricercatrice di civiltà perdute e salva un tempio dalla cupidigia dei saccheggiatori inglesi, cosa che gli chiarisce ciò a cui servono i supereroi. Come ci ha insegnato Warren Ellis col suo Supergod la livrea blu di Superman (il blu è l’unico colore di queste tavole) rappresenta appunto la divinità per gli Indiani. Validi senza essere eccezionali i disegni di Sid Kotian.

In Argentina, dove si è recato per capire i maneggi di Lex Luthor con i minerali locali, Clark Kent visita il planetario Galileo Galilei dove è esposto un pezzo di meteorite in cui è imprigionata da millenni una creatura di kryptonite gialla. Superman la risveglia e inizia uno scontro caratterizzato dal fatto che l’entità fraintende sistematicamente tutto quello che succede: Superman vuole picchiarla e non darle il benvenuto, la folla urla terrorizzata e non osanna la venuta della creatura… Questa entità altro non è che lo spirito della natura di Krypton affine agli Swamp Thing terrestri, e se modificasse la Terra secondo i suoi parametri sarebbe un disastro. Devastato dalla scontro, Superman riesce a rimettersi in sesto con la logica e l’amplificazione dei raggi lunari (invece che di quelli solari) ottenuta grazie alle strumentazioni del planetario. E così, seppure a malincuore, riesce a fermare la minaccia. La storia di Mauro Mantella è proprio bella, Agustín Alessio (col supporto agli sfondi di Germán Nobile) fa un lavoro spettacolare ai disegni ma immagino con un grosso supporto digitale.

Ethem Onur Bilgiç trasporta Lois e Clark in Turchia dove Superman dovrà vedersela con un culto che sta invocando il dio Mitra. La storia è molto semplice e lineare, probabilmente sarebbe stata più godibile se Bilgiç non si fosse sentito in obbligo di ricordare a ogni piè sospinto quanto la Turchia sia un Paese eccezionale oltre che la culla della cultura. I suoi disegni non sono malaccio ma mi sembra che non ha azzeccato il volto di Superman.

Per la Francia sono all’opera Sylvain Runberg e Marcial Roledano Vargas, confesso di conoscere il primo, lo sceneggiatore, e da quanto leggo nella sua biografia Vargas è attivo principalmente sul mercato statunitense. L’approccio è virato più sull’umoristico, e Runberg non si trattiene dal muovere qualche stoccata alla città di Parigi. Il culmine di un viaggio romantico nella Ville Lumiére di Lois e Clark che già partiva un po’ sfigato è l’entrata in scena di Nanaue, un villain uomo-squalo di cui ignoravo l’esistenza. Un divertissement godibile con dei disegni carini nobilitato dalla comparsata di un’artista che è un evidente omaggio a Louise Bourgeois.

Jefferson Costa scrive e disegna una storia piuttosto confusa ambientata in Brasile. In realtà la trama non è per nulla complicata perché ruota semplicemente attorno a uno scontro tra Superman e una specie di sciamano o divinità locale o quello che è, che dalle mazzate sfocia in uno scambio filosofico. Solo che i disegni e i layout delle tavole non agevolano la lettura, né mancano riferimenti ad altre storie di Superman.

Ancora tradizioni popolari nell’episodio polacco che ruota attorno alla Marzanna, una strega che segna l’arrivo dell’inverno e che potrebbe congelare tutto il mondo: per questo dei fanatici ammazzano ogni anno qualche ragazza che potrebbe trasformarsi in lei. Superman interviene ma la Marzanna si manifesta davvero. La trama elaborata da Bartosz Sztybor è veramente ridotta all’osso, se non altro Marek Oleksicki disegna piuttosto bene, senza alcun virtuosismo ma con un certo rigore.

Bernardo Fernández ricorre a sua volta agli dei per la trasferta messicana di Superman. La storiella verte solo sullo scontro tra l’Uomo d’Acciaio e una divinità azteca rinata e su una panoramica del pantheon azteco, ma è nobilitata da un certo umorismo e da disegni che, seppur caricaturali, mi sembrano molto adatti alla storia – e soprattutto Fernández non pasticcia le sue tavole come Costa.

Flix, cioè Felix Görmann, scrive e disegna la storia tedesca. Ambientata nel 1948, vede una misteriosa società inventare l’acciaio più forte al mondo, tanto forte da essere più potente di Superman che viene sfidato a provarlo nel corso della presentazione ufficiale alla stampa. Infatti la lega è rafforzata con la kryptonite e dietro a tutto c’è Lex Luthor. Si tratta di una storia umoristica (l’autore ha anche realizzato uno Spirou) ma non l’ho trovata molto divertente e la particolare inchiostrazione di Flix rende tutto un po’ etereo.

Molto originale l’episodio ceco: Štěpán Kopřiva scrive una storia ambientata nel futuro in cui una stazione orbitale ceca è meta di turisti (o meglio dei loro simulacri) da tutto l’universo, a maggior ragione quando vi fa visita un vecchio ma ancora potente Superman. La sua visita più recente è dovuta all’aiuto per riparare i danni causati da uno sciame di meteore tra cui anche un pezzo di cristallo memorizzante in cui Kal-El rivede gli attimi della sua nascita. Si parla di nichilismo, ma la vicenda è anche una scusa per giocare con gli stereotipi dei cechi a alla fine Kopřiva non vuole dare nessuna lezione. Non male i disegni di Michal Suchánek, ormai un veterano dei “Mondi” visto che ha già collaborato a quelli su Batman e Joker. Non male, dicevo, ma pienamente inserito nell’estetica dei supereroi.

Si finisce in bruttezza con il Giappone che presenta semplicemente un estratto del delirante progetto Superman vs. Food.

Non che ce ne fosse bisogno, ma questa antologia conferma quanto sia difficile scrivere una storia di Superman piuttosto che una del più umano Batman. È ovvio che si tratta di episodi brevi che non possono svilupparsi più di tanto ma resta il fatto che molti di essi hanno dovuto fare riferimento a divinità o creature magiche per offrire una sfida decente a Superman oppure si sono concentrate sul personaggio come simbolo. Quando però si è scelta una strada più originale come nel caso del fumetto indiano e ceco i risultati sono stati buoni, e anche quello argentino ha brillato pur mettendo in campo a sua volta a una sorta di divinità.

domenica 29 giugno 2025

Superman: Identità Segreta

Molto simpatica l’idea che ha avuto Kurt Busiek. Nel mondo reale, in un paesino del Kansas, i coniugi Kent hanno deciso di chiamare il loro figlio Clark in omaggio all’identità segreta del Superman dei fumetti, condizionandone così la vita tra costanti ammiccamenti se non vere e proprie prese in giro che sfociano nel bullismo, a cui ormai da adolescente ha quasi fatto il callo passando dal fastidio a un tentativo di indifferenza.

Ora, non è che mi aspettassi un Boyhood o un White Oleander a fumetti, ma il realismo della storia evapora dopo una decina di pagine quando Clark scopre di avere effettivamente i poteri di Superman – o giù di lì. Comunque Busiek riesce a mantenere una parvenza di verosimiglianza anche in questo contesto fantastico: la vista a raggi-x, ad esempio, funziona anche per vedere le compagne di classe nude.

Per fare del bene alla comunità ma soprattutto per impressionare la ragazza di cui è infatuato Clark decide di rivelare i suoi poteri alla locale fiera di Halloween ma desiste quando si accorge di essere stato manipolato da una giornalista in cerca di scoop (altra trovata molto buona di Busiek). Poco importa: continuerà a fare le cose che fa di solito Superman e continuerà a farle vestito proprio come lui, tanto se il sopravvissuto a un deragliamento o a un tornado dirà di essere stato salvato da un tizio in calzamaglia blu nessuno gli crederà. La doppia vita di Clark Kent procede quindi placida e abbastanza felice a New York dove trova anche l’amore oltre che un lavoro. Proprio come il suo omonimo fa il giornalista ma alla sua caposervizio, che lo rimprovera per la mancanza di sentimento nei suoi pezzi, rivela ingenuamente che il suo vero obiettivo è scrivere libri; ci riuscirà e i suoi saggi otterranno un grande successo.

Unica nota stonata nella sua vita, la costante presenza di agenti governativi che vogliono catturarlo e studiarlo. E in un’occasione ci riescono pure (quel furbastro di Busiek fa usare loro delle armi che lanciano scariche elettriche, in modo che il costume da Superman non si rovini troppo come sarebbe logico). E così Clark scoprirà l’esistenza di un esperimento o forse di qualche fenomeno alieno o paranormale di cui gli “uomini in nero” sono a conoscenza o forse sono proprio la causa scatenante. L’origine dei suoi poteri non viene mai esplicitata del tutto anche se ci sono degli indizi, e mi pare un’ottima idea. Alla fine Clark impone un compromesso per cui interverrà in caso di necessità purché la sua privacy non venga violata.

In Identità Segreta non ci sono scontri con mostri o villain, non ci sono catastrofi o apocalissi imminenti e la trama procede lineare senza colpi di scena o rivelazioni o tradimenti o conflitti, o perlomeno nulla che non fosse intuibile o modifichi lo status quo. Per dirla alla Seymour Chatman, Busiek sembra prediligere il «discorso» alla «storia» tanto più che la narrazione è affidata principalmente alle didascalie che sono il diario che Clark tiene sin da bambino. Eppure la lettura scorre molto veloce e piacevole, anche grazie ai bei personaggi che entrano in scena e alle battute divertenti che fioccano qua e là. Sì, immagino che ci siano anche molte citazioni alla cosmologia di Superman, ma anche se non le ho colte mi sono divertito lo stesso. Sarebbe bello che Busiek avesse avuto la primazia dei fumetti di supereroi “abbastanza realistici” ma Straczynski lo ha anticipato con Rising Stars e Supreme Power che, per quanto siano attendibili le informazioni che si trovano in rete, risalgono rispettivamente al 1999 e al 2003 mentre Identità Segreta è del 2004.

Stuart Immonen (che fine ha fatto, a proposito?) non soddisfa invece le mie aspettative, almeno non del tutto. È sempre bravo, non si discute, ma da quello che posso vedere ha scansionato le matite senza inchiostrarle, rendendo le immagini poco incise, a volte quasi eteree. Ha poi optato spesso per una specie di non finito michelangiolesco che non porta a un completamente amodale in cui i dettagli vengono evidenziati ma al contrario si perdono. I colori digitali dati dallo stesso Immonen in maniera geometricamente contrastata contribuiscono alla nebulosità del tutto, e non è un problema delle limitazioni tecniche dell’epoca perché da quel che ho visto di Immonen il suo stile di colorazione è proprio questo, solo che qui è esageratamente schematico. Inoltre ha fatto massicciamente ricorso a fotografie e non sempre ha trovato le espressioni e le pose giuste. Tra l’altro la storia si sviluppa in un arco di parecchi anni (direi una quarantina) ma Immonen non fa invecchiare i protagonisti, quelli principali almeno, anche se questi fanno battute al riguardo. A leggere tutte queste osservazioni può sembrare che Immonen non abbia fatto un buon lavoro, invece è anche qui piacevole da vedere e funzionale alla narrazione, solo che un altro approccio avrebbe reso Identità Segreta ancora migliore.

Ah, ovviamente lo so che anche Robin Wood aveva chiamato Clark Kent uno dei personaggi di una storia di Martin Hel.

venerdì 27 giugno 2025

Superman & Bugs Bunny: "Ehm... che succede, superamico?"

Un improbabile crossover tra due property della Warner? Perché no, magari è divertente.

L’aggancio ideato da Mark Evanier è che Mr. Mxyzptlk e il Do-do (mai coperto, eppure esiste), entrambi con la capacità di spostarsi nei rispettivi multiversi, finiscono per incontrarsi dopo essere stati scacciati dagli universi narrativi d’appartenenza e dai casinari che sono cercano un nuovo mondo da sconvolgere. Mr. Mxyzptlk trova il mondo dei cartoon Warner troppo violento e quindi decide per l’invasione di quello DC. Così a Metropolis, Gotham, ecc. Batman, Flash, Lanterna Verde e gli altri assistono alle apparizioni di Speedy Gonzales, Titti, Wile Coyote e compagnia. Nel mondo DC i Looney Toons sono conosciuti come personaggi di fantasia protagonisti dei cartoni animati (mentre in quello dei Looney Toons si pubblicano i fumetti dei supereroi DC) ma ciò non toglie che generano un bel po’ di spavento.

Il tocco di classe dei due “cattivi” sarebbe lo scambio dei ruoli dei rispettivi eroi, con Elmer Fudd che viene trasformato in Superman e viceversa e Daffy Duck che diventa Batman, però la cosa viene risolta molto rapidamente. D’altra parte in quattro albetti da 22 tavole l’uno non si possono sviluppare poi troppe trame, soprattutto con la pletora di personaggi che le animano. Il tutto è un po’ caotico, quindi mi pare che si sposi bene con lo stile dei cartoni animati. Comunque un abbozzo di trama c’è e alla fine i due gruppi si coalizzeranno per sventare la minaccia del Giocattolaio che gravava sin dal primo episodio (e impediscono che i loro mondi si fondano per poi sparire, o una roba del genere).

Per sua natura credo che questo prodotto sia indirizzato principalmente a lettori molto giovani ma non mancano battute e situazioni godibili anche da un pubblico adulto.

Joe Staton ha realizzato i layout che poi sono stati rifiniti da Tom Palmer e Mike DeCarlo, immagino che uno si sia occupato dei supereroi e l’altro dei cartoon. Il risultato è abbastanza dignitoso ma i personaggi umoristici sono riusciti molto meglio degli altri, tanto più che verso la fine la parte realistica diventa più affrettata e abbozzata.

mercoledì 25 giugno 2025

Collana Eroi n. 15 - 10 Ottobre 1: La morte è mia amica

Versione da edicola della miniserie uscita precedentemente in libreria. Il soggetto attorno cui ruota 10 Ottobre è decisamente originale, pur se con la miriade di opere fantascientifiche esistenti non escludo che qualcuno abbia già ipotizzato scenari simili: la società del futuro è libera dalla povertà, dalla criminalità e dal sovrappopolamento perché alla nascita in vitro viene modificato il dna dei cittadini donando loro una data di scadenza entro cui moriranno. Il fatto che il concepimento avvenga in laboratorio verrebbe smentito dalle varie donne incinte che compaiono qua e là, ma questa premessa viene riassunta dal tema letto in classe da una bambina, che quindi potrebbe essere ancora all’oscuro delle “cose della vita”. Le età in cui avverrà il decesso sono fisse: 3, 11, 26, 38, 57 e 70 anni, ognuna con una sua motivazione specifica. L’aspettativa di vita è un’incognita per chiunque, quindi l’umanità è più produttiva per sfruttare il poco o tanto tempo che rimane al singolo. Esistono però anche dei rarissimi casi di veri anziani, lasciati vivere ben oltre la maturità per dare la speranza anche agli altri di far parte di questa cerchia di fortunati.

Ma non tutti accettano questa situazione, per quanto la società l’abbia normalizzata a tal punto da sviluppare un mercato di funerali che va a braccetto con quello dei compleanni: i genitori di Richie Walls ad esempio non si sono mai ripresi dalla perdita del loro primo figlio e la madre è ancora più preda di crisi depressive adesso che pure il secondogenito sta per compiere i fatidici 11 anni.

Seguendo il suo vicino di casa, il signor Cole, Richie finisce per incappare involontariamente in uno di quei complotti che non mancano nei racconti in cui c’è un mondo apparentemente utopico. Quindi viene rapito dai congiurati, tanto i suoi genitori si accorgeranno a malapena della sua scomparsa e tra poco (il 10 ottobre come da titolo) compirà 11 anni e potrebbe sparire “naturalmente”. Per il momento i congiurati si limitano a tenerlo con loro a turno per non destare sospetti, poi chi vivrà vedrà. E visto che tutti “scadranno” il 10 ottobre mai modo di dire è stato più azzeccato.

Di carne sul fuoco ce ne sarebbe anche tanta ma buona parte della parte centrale è dedicata ai cincischiamenti per giustificare la mancata eliminazione fisica di Richie che ha scoperto il complotto (pur non avendone colto la natura, come il lettore), e l’albo finisce con un ulteriore infodumping in merito ai medaglioni che tutti portano e che segnano i progressivi conti alla rovescia. Paola Barbato ha comunque saputo suscitare l’interesse di sapere dove andrà a parare la storia.

Le tavole di Mattia Surroz sono molto scarne, con un tratto sinuoso ma grasso che usa indifferentemente per persone, oggetti ed edifici, pochissimi dettagli (quando ci sono), sfondi poveri e abbozzati quando non inesistenti, deformazioni anatomiche non sempre giustificate o funzionali. Mi chiedo come lo abbiano accolto i lettori della prima versione, quella cartonata con le pagine più grandi.

In appendice una «gallery» di Surroz è introdotta dalla stessa Barbato che forse spiega il perché della nonchalance grafica: il progetto era pensato con una scansione di venti tavole per volta e quindi implicitamente per la meno sofistica categoria merceologica dei comic book. La lettura scorre però fluida e non ho avvertito alcuno stacco importante.

lunedì 23 giugno 2025

Fuck ze Tourists

Non conoscevo il lato caustico di Zidrou, e da quel poco di suo che ho letto non immaginavo nemmeno che ne avesse uno. Ma in una produzione vastissima come la sua c’è evidentemente spazio per tutto. Certo che, quando picchia, picchia davvero duro.

Come intuibile dal titolo, il fresco di stampa Fuck ze Tourists è un attacco al turismo di massa che i social network hanno portato a derive grottesche per non dire raccapriccianti. Il volume raccoglie una decina di storie che immagino sono transitate in precedenza su Fluide Glacial che è anche l’editore. Non siamo quindi dalle parti delle gag in una o al massimo due tavole così comuni nel mercato franco-belga ma si tratta di racconti un pochino più articolati anche se lo scopo è sempre giungere alla battuta finale. C’è un po’ di nozionismo e parecchio moralismo nel preparare le situazioni per arrivare al dunque, ma questo lascia sempre con un sorriso amaro che accompagna l’evidente fastidio che prova Zidrou nel narrarle. D’altro canto come si può reagire davanti a quanti si fanno i selfie davanti i cancelli di Auschwitz o ammirano estasiati l’arrivo dei migranti che documentano scrupolosamente coi loro aggeggi elettronici? Ogni storia è autonoma ma non mancano personaggi ricorrenti, talvolta i narratori sono addirittura funny animals ben poco funny. Come nel caso degli one pager riassumere le storie significa rovinarle e probabilmente ho già detto troppo. Segnalo solo che non mancano esempi degli effetti deleteri del surtourism dedicati anche all’Italia.

I disegni di Éric Maltaite si inserisco pienamente nel filone dei gros nez di scuola franco-belga, caricaturali con una inchiostrazione molto modulata che rende il tutto espressivo e dinamico. Al di là del rigore documentaristico tipico della BéDé migliore, Maltaite non lesina sui dettagli. Cosa ancora più lodevole, non manifesta alcuna sudditanza al politically correct nel rappresentare le varie etnie dei turisti.

I colori sono stati realizzati da Philippe Ory e Hosmane Benahmed, il secondo è subentrato dopo il decesso del primo ma non si avverte nessuno stacco rilevante nello stile di colorazione.

venerdì 20 giugno 2025

Nottingham 2: La caccia


Hugues de Morville suggerisce a Giovanni Senza Terra di eliminare il canonico William Langland, che oltre a essere zio dello sceriffo di Nottingham è anche il suo protettore e informatore. Origliando le accuse di sodomia rivolte a lui e al suo parroco, Langland corre a rifugiarsi da Marianne fingendo di andare dal nipote per depistare gli inseguitori. Nel frattempo a Sherwood la cricca di Robin Hood conosce i primi screzi interni e viene svelato che il loro capo incappucciato altri non è che l’odiato sceriffo – idea portante su cui si basa la serie di Brugeas ed Herzet. D’altro canto, pure dall’altra parte della barricata l’attendente Oddard ha capito che il suo sceriffo sta nascondendo qualcosa.

Coerentemente col titolo, La caccia è un episodio adrenalinico ma molto spazio viene dedicato anche allo sviluppo dei rapporti tra i personaggi e alla costituzione della compagnia come tramandata dal mito popolare: in questo episodio si palesano Little John e frate Tuck. Inoltre i due sceneggiatori eliminano a sorpresa già qui un personaggio molto importante.

Pur tra qualche rara concessione a certa esuberanza ipertrofica, Nottingham si conferma lettura piacevole e appassionante. Giocato magistralmente, poi, il flashforward iniziale con cui si anticipa la morte eccellente.

I disegni di Benoît Dellac (sempre colorato da Denis Bechu) sono sicuramente validi ma rispetto al primo episodio mi sembra che abbia inchiostrato le sue tavole in maniera un po’ più pesante, a tratti quasi rozza, e certe sequenze di lotta non sono immediatamente chiare. Comunque molto meglio di tantissima altra roba che si vede in giro.

mercoledì 18 giugno 2025

Double M 6: Le Chamois Blanc

Fine della corsa: questo volume è del 1999 e ormai Felix Meynet è diventato quello che tutti conosciamo. Caricaturale (l’inchiostrazione molto modulata mi ha ricordato Angiolini) ma anche sintetico, espressivo e sexy: dopo la scarsa grazia degli esordi Mirabelle riluce in tutta la sua bellezza. La copia che mi sono procurato annuncia in quarta di copertina un ipotetico settimo volume che però non è mai uscito, peccato.

Arrivati a questo punto della serie Pascal Roman deve ricorrere a una specie di retcon per imbastire una nuova storia. Apprendiamo così che Mel è amico di tal Simon (mai citato prima) e frequentava sua sorella Marinette (mai citata prima) e che il loro rapporto è un riflesso di quello di odio-amore che intercorreva tra i rispettivi padri (mai citati prima), innamorati della stessa donna (mai citata prima). Il loro particolare rapporto si concretizza con l’annuale caccia al camoscio bianco, un esemplare albino che anni prima Mel aveva impedito a suo padre di uccidere temendo che abbatterlo portasse sfortuna. Nell’arco di pochi giorni c’è sia l’anniversario della morte del padre di Mel che il suo compleanno; guarda caso, Mirabelle giunge in zona proprio in questo periodo perché ovviamente deve scrivere un articolo, mica per consegnare il suo regalo a Mel. Dovrà però accontentarsi di guardarlo da lontano con un telescopio visto che i due rivali stanno nuovamente inscenando il rito della caccia al camoscio bianco: Simon lo vuole uccidere, Mel che è contrario alla caccia vuole impedirglielo. Non so se i camosci, bianchi o meno, possano vivere più di 13 anni, ma forse l’esemplare che Mel vide da bambino non è necessariamente lo stesso di adesso: ma alla fine ciò che conta è quello che rappresenta.

Tra flashback e rivelazioni, si scopre un torbido passato il cui custode (e parziale responsabile) è l’insospettabile Matafan. Fanfoué è ormai parte fissa del cast.

Anche se non mancano le situazioni umoristiche (in certi frangenti si ride di gusto) questa ultima storia è venata da una certa patina malinconica. La storia è molto lineare e non c’è quasi intrigo, ma dalla dedica di Meynet capiamo che lo scopo del volume era anche e soprattutto rendere omaggio a suo padre.

Ottimi i colori dati nuovamente dallo stesso Meynet.

domenica 15 giugno 2025

La torre dell'elefante

Trasposizione a fumetti di uno dei più famosi racconti di Robert E. Howard, tanto famoso che persino io so di cosa parla pur non avendone mai letto la versione originale né un qualsivoglia adattamento.

Conan si fa tentare dai racconti in merito a un gioiello dal valore e dal potere inestimabili, il Cuore dell’Elefante che si troverebbe nella relativa torre. La Torre dell’Elefante è così chiamata perché si dice che vi risieda un esemplare di questi animali esotici che in pochi hanno visto. Il Cimmero azzarda il furto ma Taurus, il ladro più famoso del mondo, ha avuto la stessa idea. I due si alleano e tentano la sortita insieme, affrontando insidie più o meno fantastiche cui pongono rimedio con trovate altrettanto suggestive. Sense of wonder a badilate pur se mostri, veleni, trappole, ecc. sono quelli che ormai fanno parte del più classico immaginario fantasy. Alla fine si scopre che l’elefante non è quello che si pensava e persino il duro Conan si emozionerà nel dargli la sospirata libertà punendo il suo carceriere e torturatore in una maniera spettacolare.

Claudio Alvarez parte ricostruendo ambientazione e atmosfere e quindi ricorre inizialmente a un bel po’ di testo, ma non indulgerà poi in didascalie superflue nel resto del fumetto, dove non mancheranno addirittura delle sequenze mute. Ovviamente il principale motivo d’interesse di questo volume sono gli splendidi disegni di Enrique Alcatena, che come ricordato dallo stesso Alvarez nella postfazione è bravissimo a ricreare un intero mondo con il suo tratto. Verissimo, ma nel caso di queste tavole io ho apprezzato anche la sua abilità nel riempire gli sfondi con delle comparse espressive, dinamiche e ben caratterizzate che raccontano delle storie all’interno della stessa storia. Se nel caso di London after Midnight mi compiacevo dell’uso di una carta non patinata che ha permesso di toccarne la pagine (nerissime) senza lasciare ditate, in questo caso la carta patinata è stata una scelta azzeccata visto che Alcatena ha fatto molto ricorso a tratteggi e sfumature non andandoci troppo pesante con le campiture di nero. Da profano ho trovato molto interessante la sua interpretazione di Conan: capellone, sfregiato in volto e più longilineo che muscoloso. Purtroppo la qualità della riproduzione non è ai livelli dell’altro volume e quegli stessi tratteggi che costituiscono parte del fascino dei disegni risultano vittime di fastidiose dentellature pixellose. È stata inoltre evidentemente espunta la numerazione originale delle tavole di Alcatena come testimoniano i vuoti in basso a destra in alcuni punti strategici, forse a nascondere una successione non progressiva che avrebbe testimoniato un primo passaggio a puntate su qualche rivista: in ogni caso non si avverte alcun senso di frammentazione.

Sulla copertina accanto ai nomi di Alvarez e Alcatena campeggia anche quello di tal Brice di cui non viene indicato da nessuna parte il ruolo che avrebbe avuto nella realizzazione del fumetto.

La torre dell’elefante costa una ventina di euro ma conta 72 pagine, quasi tutte a fumetti, rispetto alle 64 o 48 di un albo cartonato classico. Alcatena merita sicuramente l’esborso – magari stampato un po’ meglio, però.

giovedì 12 giugno 2025

Ricevo e diffondo


Domenica 15 giugno WOW Spazio Fumetto termina la sua attività

Il museo del fumetto chiude al pubblico

15 giugno 2025

È con grandissimo dispiacere che la Fondazione Franco Fossati annuncia il definitivo abbandono degli spazi di WOW Spazio Fumetto, il museo del fumetto di Milano gestito con grande passione e successo per ben 14 anni. Il Comune di Milano, con il quale, grazie all’impegno dell’Avvocatura, abbiamo concordato l’estinzione del debito - che impediva di fatto alla Fondazione di partecipare al nuovo bando di assegnazione dello spazio - ha comunicato che lo stabile va comunque lasciato completamente libero entro il 15 giugno con conseguente cessazione di ogni attività.

È evidente a chiunque che per la Fondazione Franco Fossati non è possibile affrontare la spesa onerosa di un trasloco per lasciare i locali vuoti per poi rientrare dopo pochi mesi, una volta (auspicabilmente) vinto il bando: si è quindi ritenuto che si stesse lavorando per consentirci di restare fino alla risoluzione del bando stesso ma non è così.

Non si può chiedere alla Fondazione di svuotare tutto lo stabile, mettere tutto il materiale in un magazzino per pochi mesi, salvo poi rientrare come se nulla fosse: le spese di un’operazione di questo genere sono insostenibili. Qualora per qualsiasi motivo la Fondazione non dovesse vincere il bando, allora l’abbandono dei locali sarebbe la richiesta più logica e comprensibile, ma ora risulta del tutto incomprensibile.

A fronte del diniego da parte del Comune di poter restare per pochi mesi, la Fondazione Franco Fossati non può quindi fare altro che prendere atto delle decisioni burocratiche e lasciare libero uno spazio nel quale molto probabilmente non potrà più rientrare per mancanza di fondi, consumati per il trasloco.

Con la chiusura di domenica il Museo perde molte occasioni che avrebbero contribuito anche economicamente al suo futuro e al pagamento di futuri affitti: due grandi mostre che erano in programma, tra cui una con un’importante realtà internazionale, i campus estivi che sono sempre stati apprezzati dalla cittadinanza e visti come un servizio indispensabile ai cittadini della zona, il presidio culturale del Giardino reste del Buono e i corsi di fumetto per ragazzi.

Luigi Bona, presidente della Fondazione Franco Fossati, dichiara: “Siamo soddisfatti di aver portato a termine la pratica per l’estinzione del debito, in collaborazione con l’Avvocatura del Comune, che ringraziamo di cuore, così da non avere sulla coscienza un “enorme” (come è stato definito) danno erariale a scapito dei cittadini milanesi, ma siamo anche completamente scoraggiati da una burocrazia che chiede alla Fondazione di abbandonare uno spazio per poi rientrare dopo pochi mesi, sempre che si vinca un bando che si annuncia decisamente complicato, viste le condizioni dello stabile che si è anche recentemente allagato.

Abbiamo lottato contro i mulini a vento, siamo stati definiti ‘fumettari che vivono con la testa fra le nuvolette’, ma così è troppo anche per dei supereroi. Ringraziamo tutti coloro che in questi mesi hanno avuto belle parole per noi, che ci hanno aiutato con donazioni e sottoscrivendo una petizione che conta 12.000 firme. La soluzione? Farci restare fino alla risoluzione del bando (nella speranza che non presenti condizioni impraticabili) e permetterci di partecipare senza dissanguarci per affrontare due inutili traslochi. Non è possibile, ci dicono. Allora altro non resta che salutarci con un SOB.  Ci tengo a ringraziare di cuore tutti i membri del Consiglio della Fondazione, i nostri instancabili dipendenti che resteranno senza lavoro dopo anni di impegno, i collaboratori, i volontari e tutti i visitatori che ci sono stati vicini in questi anni! Resta aperto l’appello a qualsiasi Comune e Privato che voglia progettare seriamente con noi una possibile alternativa”.

 

Scarica il comunicato stampa

DOMENICA 15 GIUGNO, dalle 15.00 alle 20.00, invitiamo tutti gli amici per un saluto che – speriamo – sia un arrivederci. Saranno presenti disegnatori, sceneggiatori, amici e visitatori che in questi anni ci hanno aiutato, sostenuto e incoraggiato.

lunedì 9 giugno 2025

Talisman Adventures

Non è la prima volta che viene azzardata una versione gdr di quello che i detrattori definiscono il “gioco dell’oca fantasy” (che però mi risulta essere ancora il leader del settore o poco meno). Talisman è un gioco da tavola competitivo, quindi la sua trasposizione in un contesto collaborativo ne cambia drasticamente la prospettiva. Per cercare di mantenerne intatta l’atmosfera si può quindi rimanere fedeli ad alcuni dei suoi punti-cardine, ma la cosa è stata fatta solo fino a un certo punto.

Talisman Adventures si rivolge a giocatori principianti, con un’esposizione molto guidata e le classiche dissertazioni su cos’è un gioco di ruolo e come giocarlo. Se ho capito bene, si tratta di una produzione tedesca che è stata tradotta in inglese. Il procedimento non è riuscito alla perfezione, con dei pronomi che passano dal singolare al plurale nella stessa frase e qualche ripetizione evitabile. Il tomo da 300 pagine è diviso in due sezioni sulla falsariga del vecchio BECMI: si comincia con la parte per i giocatori e poi c’è quella per il Master.

Dal punto di vista delle regole mi pare che si sia cercato di coniugare il materiale dell’ultima edizione del Talisman da tavola con certe idee prese dall’ultimo Dungeons & Dragons, come il concetto dei riposi brevi e lunghi.

Si parte con un’introduzione di questa ambientazione, con citazioni che faranno piacere agli appassionati di Talisman pur tra qualche libertà nell’interpretare il mondo contenuto in quella plancia: il villaggio adesso ha un nome ufficiale, Villedoc, e vengono introdotti molti dettagli sulla Città di cui francamente (a parte gli immarcescibili spalatori di sterco) non ho colto i riferimenti alle relative espansioni, se ci sono.

La creazione del personaggio prevede curiosamente prima la scelta della razza e poi quella della classe. Sarebbe del tutto logico, ma la scelta è bizzarra perché la razza determina delle modifiche alle caratteristiche quando queste non sono ancora determinate ma vengono rivelate nel capitolo delle classi. Le proverbiali Strength e Craft (tratte di pesa dal gioco da tavola) sono scorporate in altre tre sottocategorie per offrire una maggiore varietà, ed è l’unico margine di manovra che ha il giocatore visto che i punteggi di partenza sono fissi e filologicamente fedeli al gioco da tavola. Sono presenti anche i punti Fato ma con un meccanismo di approvvigionamento diverso da quello del Talisman da tavola. I 16 personaggi del Talisman di base erano divisi indiscriminatamente tra razze e classi, in questa versione i due elementi sono autonomi permettendo quindi di generare combinazioni interessanti. Ian Lemke è stato molto generoso con le razze selezionabili, introducendo anche il “Leywalker” che immagino sia stato creato appositamente, anche se forse con dei rimandi all’espansione della Foresta. Di classi propriamente dette ne rimangono quindi 10, anche se il Monaco è stato incorporato al Sacerdote facendone una versione ibrida che cura, scaccia non-morti, ecc. ma al contempo non usa armi.

I personaggi hanno un valore di Vita che non conduce immediatamente alla morte una volta esaurito ma, non senza qualche reminescenza dall’ultimo Dungeons & Dragons, porta a verificare se il moribondo riesce a stabilizzarsi o meno con progressiva difficoltà.

Ognuna delle classi ha delle abilità specifiche che vanno a coppie: un Menestrello ad esempio può scegliere di essere «dashing», quindi tracotante, oppure «subtle» e apparire inoffensivo, ma non entrambi. Una maniera drastica ma efficace per caratterizzare i personaggi.

Le regole si riducono fondamentalmente al lancio di tre dadi a sei facce cui aggiungere gli eventuali modificatori per ottenere il minimo che le prove richiedono per essere superate. Come nel caso de I Figli dell’Olocausto questo meccanismo a campana di Andrews rende più determinante l’abilità del singolo personaggio piuttosto che un generico e più casuale lancio di dado a venti facce. Questa dinamica può essere modificata da tre semplici variabili: 1) una particolare abilità o un particolare oggetto in possesso di un personaggio possono permettere il lancio di un dado aggiuntivo da sostituire a uno già lanciato; 2) ogni risultato doppio (cioè se i dadi danno due numeri uguali) porta a un Great Success, a patto che la prova sia superata, mentre un risultato triplo porta a un Extraordinary Success, sempre che la prova abbia buon esito (con tre 1 di solito non si va da nessuna parte); 3) uno dei dadi lanciati è detto “Kismet” e se si ottiene un 1 oppure un 6 con esso avvengono rispettivamente delle situazioni nefaste o vantaggiose, indipendentemente dal successo o meno nella prova.

Il combattimento si risolve molto rapidamente con i giocatori che sono quasi sempre gli unici elementi in gioco che determinano il risultato di uno scontro: basta verificare il risultato sul grado di Minaccia dell’avversario per determinare se e come è stato colpito e se a sua volta ha colpito il personaggio. Talisman Adventures è uno di quei giochi di ruolo in cui le armature non rendono più difficile colpire il bersaglio ma sottraggono danni ai colpi andati a segno. Pur con la regola che le armature si rovinano progressivamente, mi pare che questo dia un vantaggio enorme a chi ne porta una pesante, che facendo due conti veloci può facilmente azzerare ogni danno inflitto da nemici di medio cabotaggio (ma anche dei più pericolosi).

Come in molti giochi di ruolo si avanza di livello acquisendo punti esperienza. Curiosamente, il combattimento non ha quasi alcuna importanza in questo ambito (o meglio la valutazione della pericolosità dei mostri è secondaria e arbitraria) e mi pare sia un’ottima cosa viste le alternative fornite. È previsto che si arrivi fino al 10° livello, almeno in questo manuale di base.

La magia contempla un sistema a punti che si riallaccia a quello del Talisman da tavola e che mi sembra semplice ed efficace anche se per assecondare le aspettative di alcuni giocatori di ruolo si fa riferimento alla memorizzazione degli incantesimi e ai metodi con cui impararli.

Prima della corposa appendice con tabelle (in cui vengono inseriti alcuni elementi iconici del gioco da tavola) viene presentata un’avventura abbastanza semplice con cui far prendere confidenza con le regole ai giocatori e al Master.

Chiarito quindi che le meccaniche di gioco apparentemente funzionano molto bene tra facilità di esecuzione e margini di manovra “drammatica” (il Master o i giocatori possono attivare abilità speciali o particolari situazioni spendendo i punti Fato), quanto c’è del “vero” Talisman in questo gioco di ruolo? Oggettivamente, meno di quello che avrei sperato. È vero che ci sono anche gli Stranieri e i Seguaci, due degli elementi più caratteristici del gioco da tavola, ma alcuni elementi iconici come la Runesword o la Rod of Ruin sono assenti – e l’elenco degli oggetti magici è bello corposo, spazio da dedicar loro non mancava. Lo stesso Talismano, elemento indispensabile del gioco da tavola, viene degradato a orpello di cui si può benissimo fare a meno. Ma d’altra parte nel Talisman originale è la chiave con cui si arriva al finale nella Regione Interna: qui le possibilità di esplorazione sono limitate alla Regione Esterna, quando il gioco da tavola ne contempla tre. Non mancano riferimenti a elementi presenti nelle altre due, ma rimangono appunto solo degli accenni e almeno la Sentinella che blocca il passaggio verso la Regione di Mezzo avrebbe meritato di essere trattata visto che viene citata più di una volta nel manuale. Forse questi argomenti saranno il piatto forte di altri supplementi, ma io vi ravviso un’urgenza di trattazione ben maggiore rispetto alla Città o al Dungeon a cui effettivamente sono stati dedicati dei volumi. D’altro canto il superamento delle prove della Regione Interna e quindi l’ottenimento della Corona del Comando (qui praticamente mai citata) è la dinamica con cui si vince nel Talisman da tavola e non ha molto senso in un gioco di ruolo cooperativo.

Al di là dell’interesse collezionistico, Talisman Adventures può interessare come gioco in sé? Le regole non sono affatto male e qualche aspetto dell’ambientazione potrebbe risultare originale, come l’interpretazione dei ghoul ma soprattutto (in ottemperanza a uno degli elementi di base del gioco da tavola) la possibilità di ferire non-morti e altri mostri non suscettibili ad armi non magiche con un confronto psichico. Ma forse però chi non conosce la versione originale non troverà poi sufficienti guizzi di originalità che ne elevino il contenuto e le modalità di gioco, mentre gli appassionati del Talisman da tavola non vi troveranno quanti riferimenti all’originale si aspettavano.

Il «lead design and development» è affidato a Ian Lemke, con elementi aggiuntivi a opera di Brian Campbell, Brandes Stoddard e Rabbit Stoddard. Curiosamente viene segnalato anche un lavoro di «writing» in cui oltre Lemke e agli Stoddard vengono indicati altri cinque autori che non so quale apporto abbiano concretamente dato. Le illustrazioni sono prodotte da una pletora di disegnatori che immagino nella maggior parte dei casi siano esordienti ben felici di prestare per poco o nulla la propria opera pur di farsi un nome, e in molti casi questa situazione è evidente anche se col digitale è facile metterci una pezza – o illudersi di averlo fatto.

Il volumone cartonato è corredato di mappa e segnalini Fato contenuti in una tasca interna della terza di copertina.

venerdì 6 giugno 2025

Il ritorno di Dorian Gray

Gioco fumettistico-letterario forse anche più raffinato de La Divina Congrega: da un’idea di Alfredo Castelli, viene dato seguito al romanzo di Oscar Wilde raccontando il destino dei vari personaggi e imbastendo una trama investigativa con ipotetiche derive soprannaturali. A quanto pare Dorian Gray non è morto e l’impresario ora tenutario Aaron Isaacs ingaggia il detective privato Jerome Caminada per stanarlo dopo che ha ucciso il suo vecchio sodale e mentore Wotton e il suo cocchiere. Inizialmente titubante in merito alla possibilità della resurrezione di Gray (ma consapevole delle dicerie sul suo ritratto), il detective assiste invece agli omicidi di altri personaggi coinvolti nella vicenda del dandy.

Apparentemente si arriva alla soluzione del mistero con una rapidità eccessiva, ma il lettore avvertito intuirà che è solo un espediente per introdurre il vero colpevole – plausibile e congruente con il materiale di partenza. D’altro canto l’intrigo, per quanto centrale, forse non era nemmeno ciò che più interessava a Barzi (e/o a Castelli) quanto ricostruire l’atmosfera decadente del romanzo e della sua epoca e farne delle chiose non prive di tocchi pungenti. E ovviamente riempire il fumetto di citazioni, letterarie e non, da Jack lo Squartatore a Elephant Man.

Per una volta, e spero che non sarà una tantum, un volume cartonato Bonelli viene realizzato quasi coi crismi della produzione franco-belga non limitandosi alle canoniche sei vignette per tavola o comunque riempiendone il più possibile gli sfondi e la parte retrostante delle pagine senza inficiarne la leggibilità. Simpatico l’uso di due tavole doppie nel finale, non velleitario sfizio estetico ma utili per generare parossismo in “cinemascope”.

Oltre alle 60 pagine del fumetto il volume comprende un’appendice di un’altra decina in cui vengono spiegati i vari riferimenti sparsi nel fumetto, ad esempio che Caminada non era un personaggio del romanzo originale ma un poliziotto (poi detective) realmente esistito a cui forse Arthur Conan Doyle si ispirò per Sherlock Holmes. Dagli schizzi e dai disegni preparatori che accompagnano questa parte mi pare di capire che Werner Maresta non si sia avvalso solo di strumenti digitali.

mercoledì 4 giugno 2025

Fumettisti d'invenzione! - 198

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

COVER (IDEM)

(Stati Uniti 2018, nel comic book omonimo, © Jinxworld Inc., spionaggio)

Brian Michael Bendis (T), David Mack (D)

Suo malgrado, e  a sua insaputa, il fumettista Max Field viene arruolato dalla CIA per delle missioni internazionali. La sua frenetica frequentazione delle varie convention in giro per il mondo gli fornisce un’ottima copertura. L’entità e la natura delle missioni vengono lasciate alla fantasia del lettore ma probabilmente se David Mack si fosse degnato di disegnare qualcosa di più corposo delle sintetiche silhouette che ingolfano Cover la narrazione sarebbe stata più chiara.

Il contesto permette a Bendis di passare in rassegna un vasto campionario di fumettisti di cui non nasconde le nevrosi. Anche l’amico fraterno di Field, Owen James, è un disegnatore e ha realizzato quello che spera sarà il nuovo Matrix: Berlin Squad. Un ruolo fondamentale è ricoperto dal bulgaro Essad Sinns, molto apprezzato da Field come disegnatore, che lavora per un’agenzia concorrente della CIA e rapisce e picchia il protagonista. Nomi di fantasia citati di sfuggita sono quelli di Jay Tyler, Benedict Reeves, Stan Chever e H. T. Whittaker. Ma ci sono anche camei di disegnatori reali come Peach Momoko e Frank Miller, per quello che si riesce a capire dalla sintesi estrema di Mack.

Pseudofumetti: Field si è fatto un nome con Ninja Sword Odyssey, probabilmente il “fumetto” (che in realtà è un racconto illustrato) di cui vediamo dei lacerti e che finisce per diventare una metafora della vita del protagonista. Max sta anche elaborando un progetto più ambizioso su una donna astronauta ispirata all’agente Julia che lo ha coinvolto nelle operazioni della CIA. Come riportato sopra, Owen James sta realizzando Berlin Squad mentre Sinns ha realizzato God’s Score, le copertine per la ristampa di Roguestar e alla fine se ne uscirà con Covr, senza la “e”, fumetto ispirato proprio ai fatti narrati in Cover. Altri titoli sparsi sono Supa Fly di Jamie Za, Galaxy Universe di Jonah Barton, Teri Tyga, Johnny Thundercrash, Torto Unseen e Raygo-9.

CINEMA  (pag. 81)

CHIKYU KOGEKI MEIREI - GOJIRA TAI GAIGAN (GODZILLA CONTRO I GIGANTI)

(Giappone 1972, fantascienza)

Regia: Jun Fukuda; sceneggiatura: Shinichi Sekizawa, con Iroshi Ishikawa (Gengo Odaka), Haruo Nakajima (Godzilla), Tomoko Umeda (Machiko)

A seguito del rifiuto delle sue idee per nuovi personaggi, il mangaka Gengo Okada segue il consiglio della fidanzata karateka e va a lavorare in un parco dei divertimenti a tema kaiju. Qui però si trova coinvolto in una vicenda fantascientifica insieme ad altri personaggi tra cui un hippie giapponese (!): il luna park è in realtà la testa di ponte di un’invasione aliena. Per fortuna intervengono Godzilla e il suo sodale Anguirus per fermare i mostri inviati dai Nebulani – non senza difficoltà: pare sia uno dei film in cui Godzilla viene malmenato di più.

Pseudofumetti: mal interpretando le richieste del suo editor di qualcosa che faccia spaventare i bambini, Gengo gli sottopone gli sketch di un “mostro dei compiti a casa” e uno che è una specie di mamma rompipalle; quest’ultimo somiglia in maniera sospetta alla sua fidanzata Machiko.


CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

RONALD RABBIT

(Stati Uniti 1972, in Death Rattle, © Krupp Comics Works, inc., umorismo, horror)

John Pound

Ronald Rabbit è un coniglio antropomorfo protagonista di un fumetto in cui è regolarmente bersagliato dagli scherzi pesantissimi degli altri personaggi e per questo uccide il suo autore John Pound per prenderne il posto. Ronald sogna la gloria che gli darà il suo lavoro ma, come nei classici fumetti dell’orrore della EC Comics a cui si ispira questa storia, la sanguinolenta vendetta post-mortem è dietro l’angolo.

Pound è una figura piuttosto interessante della scena statunitense: esordisce come fumettista underground per poi dedicarsi all’illustrazione, all’animazione e alla produzione digitale automatica di immagini; inoltre pare abbia contribuito alla nascita del San Diego Comic-Con.

Pseudofumetti: nel suo delirio di onnipotenza Ronald immagina varie reinterpretazioni di prodotti famosi basati sulla sua figura: tra i fumetti spiccano Ronald’s Comix, Ronald’s Stories, Super Ronald, Bunny Comix, Rabbit Funnies, Rabbit Thrills, King Ronald Comics, Ronald of the Jungle, Son of Ronald, Rabbit Love Comix, Ronald and the Pirates, Ronald Rabbit - - Secret Agent, Elastic Rabbit, Sgt. Rabbit and his screaming Bilgerats, Ronald’s House of Fear, Death Rabbit Comix.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag. 28)

JELLY NIGHT (IDEM)

(Stati Uniti 2006, in Solo, © DC Comics, fantascienza, surreale)

Brendan McCarthy e autori vari

Duke Hussy, un po’ maschio, un po’ femmina, un po’ animale, forse anche un po’ robot, va a fare la spesa e indulge a comprare qualche fumetto. Questi costituiranno i piatti forti del numero 12 di Solo dedicato all’autore britannico Brendan McCarthy coadiuvato occasionalmente da Trevor Goring e dagli sceneggiatori Robbie Morrison, Jono Howard e Tom O’Connor.

La carrellata di pseudofumetti (che poi essendo stati stampati davvero finiscono per diventare reali) contempla delle versioni di alcuni personaggi della DC Comics firmate da «Ditranko», probabile crasi tra Ditko e Steranko. Tra le produzioni originali ci sono The Lord of Nothing (rapido sguardo alla vita di un supereroe barbone), la transessuale Toby che avrebbe dovuto essere esclusa dal fumetto, lo one pager umoristico metanarrativo The Time of Your Life, la striscia umoristica con vago sottotesto politico Crossed Clouds, un’avventura dell’agente mistico Johnny Sorrow ricattato dal clero e una meditazione senza titolo su lettore e oggetto letto a firma Billy Mummy.

Robbie Morrison scrive il pezzo più interessante, ovvero la cronaca del suo ultimo incontro con Lionel Percival, un presunto fumettista operante negli anni ’60 e morto da poco in un incendio. Non riuscendo più a capire se l’episodio di Batman letto da bambino con delle mani scorporate guidate da una mano gigante sia veramente esistito o solo un sogno, il narratore gli commissiona una storia a tema e alcune tavole si salveranno dall’incendio.

Verso la fine dell’albo una versione alternativa di Duke Hussy entrerà in scena mal interpretando i suggerimenti quantistici di Flash e quindi non meritandosi un fumetto proprio.

Un pot-pourri bello incasinato, insomma, che lo stesso autore McCarthy invita a non prendere troppo sul serio nell’ultima storia Slouch World in cui due cosplayer visitano la sua tomba di meta-pazzo che nella vita non ha mai creato niente.

Pseudofumetti: oltre a quelli già citati vengono menzionati o mostrati Penny Drops, Girly Man, Billy Mummy (ma Billy Mummy figura anche come autore), Reverse Bizarro, The Sign e Chimps,  quest’ultimo un chiaro omaggio alla band virtuale Gorillaz di cui fa parte Jamie Hewlett, collega di McCarthy. Inoltre si parla di un ipotetico nuovo fumetto sul Quarto Mondo di Jack Kirby realizzato tramite un medium.

domenica 1 giugno 2025

Non si finisce mai di imparare

Ad esempio, che Liberatore aveva contribuito come visualizzatore dei fantasmi del primo Ghostbusters. Chi l’avrebbe mai detto?

(dalla monografia Tanino Liberatore – Carnale e ribelle edita da Comicon testé arrivatami)