Sicuramente era già disponibile a
Lucca (forse col disegnatore presente per le dédicaces), io l’ho preso solo al mio ritorno. Questo ultimo volume
del tour de force in dieci episodi
che dal 2014 al 2018 hanno ricostruito anno per anno con un secolo di differita
le vicende della Grande Guerra è appassionante e si legge tutto d’un fiato, ma
in questo caso non è necessariamente un pregio.
Siamo alle ultime fasi del
conflitto (e anche un po’ dopo) e i singoli capitoli hanno una marcata impronta
monografica: nel primo, La caverna del
drago (giugno 1917), vengono illustrate le condizioni di vita nelle
fattorie in cui venivano costretti a lavorare i prigionieri di guerra e viene
impietosamente mostrata l’inadeguatezza dei graduati al fronte, in Sulla terra come in cielo (luglio 1918)
sono di scena i piloti statunitensi e i guasti della dipendenza da cocaina
mentre l’ultimo episodio, La luna in
eredità (novembre 1918), verte sui danni che la guerra ha causato sulle
menti e i corpi dei soldati anche dopo che è ufficialmente finita. Il tutto è
ovviamente intrecciato con le storie di quei pochi poilus sopravvissuti degli otto che hanno cominciato questa
traversata infernale.
Il fumetto, come dicevo, si legge
rapidamente e con trasporto. Ciò è dovuto sicuramente alle situazioni
avvincenti e ben ricostruite, ma purtroppo anche a una certa stringatezza da
parte di Corbeyran, che non adotta molto spesso la struttura a quattro strisce
tipica della BéDé e che addirittura, quasi avesse avuto voglia di finire il
prima possibile, si affida a parecchie splash
pages. La retorica antimilitarista è ovviamente sempre in primo piano, ma
per quanto supportata da basi storiche precise risulta a volte un po’ forzata
quando alcuni personaggi parlano con una cognizione di causa o una consapevolezza
che sembrano estranee al loro ambiente di provenienza o alla loro cultura. In
quest’ottica si inseriscono anche i destini tragici di quasi tutti gli otto
protagonisti e delle loro donne, una scelta ben precisa dello sceneggiatore che
però sfocia in un nichilismo disperato che, almeno nel mio caso, tende a
spersonalizzare i protagonisti per ridurli a metafore esemplari, un campionario
di casi clinici.
I disegni di Étienne Le Roux, pur
tendenti al caricaturale, non sono male; non capisco però cosa ci abbia ravvisato
Sergio Brancato di affine a Hergé e Floc’h: anche se i volti sono spesso
stilizzati (vedi gli ovali giganteschi delle donne con gli occhietti che ci
navigano dentro) il suo tratto è molto più dettagliato, “sporco” e realistico
di quello della linea chiara.
L’ordalia a cui apparentemente si è sottoposto (10 volumi alla francese in
cinque anni!) è in realtà meno eroica di quello che può sembrare, visto che è
stato supportato negli sfondi da Jérôme Brizard e Loïc Chevallier. Brizard ha
curato anche i colori, poco coprenti ed efficaci nelle scene diurne e bene
illuminate ma forse un pochino troppo lividi in quelle notturne. Belli gli
acquerelli di Le Roux che affiorano qua e là in questi tre episodi, nella
finzione opera di Momo.
14-18 avrebbe potuto essere il fumetto che mi avrebbe riappacificato
col genere bellico, sin troppo presente per i miei gusti su Historica. Io stesso non mi capacitavo
rileggendo le vecchie recensioni
di quanto mi avesse coinvolto, e invece alla fine resta l’amaro in bocca. Non è
stata affatto un’occasione sprecata e la saga rimane senz’altro un buon
prodotto, ma viste le premesse e la cura profusa nel progetto avrei preferito
un finale più corposo e un po’ meno scontato.
Non solo, a Lucca era già anche presente l'Historica di dicembre (La lama e la croce, di Casini).
RispondiEliminaIn compenso il nuovo Historica Biografie non l'ho ancora trovato...
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