Victoria Jamieson
(VJ): Mi chiamo Victoria Jamieson e
faccio libri a fumetti indirizzati a un pubblico di ragazzi tra i 9 e i 12 anni,
tendenzialmente il periodo del Middle Grade [scuole medie, ndr] negli Stati
Uniti.
Il mio approccio si basa su quanta più onestà possibile nel
rappresentare i protagonisti, solitamente ragazze: non voglio creare l’immagine
di una “infanzia dorata”, credo che ognuno di noi ricordi anche delle cose
negative di quel periodo. I miei personaggi fanno delle cose buone… ma anche
meno buone.
LL: Entrambi i
volumi con cui sei presente qui a Lucca sono piuttosto corposi, quanto ti ci
vuole per realizzarne uno?
VJ: Per una
graphic novel impiego circa due anni.
LL: Quindi fai
tutto tu.
VJ: In Roller Girl ho fatto tutto io, per Angelica alla scuola media! un colorista
ha fatto le campiture di base su cui poi ho lavorato. Il font del lettering
l’ho elaborato io a partire dalla mia grafia.
LL: C’è qualche
messaggio in particolare che vuoi trasmettere con i tuoi fumetti, anche
considerando il pubblico giovane a cui ti rivolgi principalmente?
VJ: Nessun
messaggio in particolare, parlo delle cose attraverso cui siamo passati tutti:
il rapporto con la famiglia, gli amici, crescere insomma.
LL: C’è qualcosa
di autobiografico nei tuoi libri?
VJ: Tutti i miei
fumetti sono un po’ autobiografici. Ho anche lavorato in un festival medievale
come Angelica! In Roller Girl c’era
la situazione della perdita della mia amica del cuore a 12 anni, e anche io
pratico il roller derby. È uno
sport che può essere una metafora della vita: si cade e poi ci si rialza.
LL: A proposito
di roller derby, mi ricordo di aver visto un film con Juliette Lewis ambientato
in quel mondo, ma adesso non mi viene il titolo. Non so se lo conosci: era una
rappresentazione realistica dello sport? Mi ricordo che le ragazze erano un po’
cattivelle…
VJ: Certo, lo
conosco: si intitola Whip it!;
il film è ovviamente esagerato in certe sue parti ma riflette abbastanza
realisticamente la scena del roller derby.
LL: C’è qualche
autore o fumetto che ti è servito da ispirazione?
VJ: Non i comic
book tradizionali, quelli di supereroi. Mi piacciono le strisce di Calvin
& Hobbes e For Better or Worse.
Ma un po’ d’ispirazione probabilmente viene anche dai libri come quelli di Ramona
Quimby, la sua autrice Beverly Cleary parla di come sono veramente i bambini.
Ma l’ispirazione maggiore è stata sicuramente Raina Telgemeier
[ospite a Lucca 2017, ndr], che con il suo Smile
ha riscosso un enorme successo in America e ha ispirato un sacco di altri
autori.
LL: Che rapporto
hai con i social network, li usi per
promuovere il tuo lavoro?
VJ: odio Facebook
e Twitter [ride], ma mi sono commossa quando ho visto su Twitter una ragazza
che per Halloween si era fatta un costume ispirato ad Astrid, la protagonista
di Roller Girl. Tramite la scuola le
ho fatto pervenire una lettera e lei l’ha letta davanti a tutta la classe. È
stato emozionante!
Nessun commento:
Posta un commento