Il volumone orizzontale raccoglie
(forse non integralmente, come lascerebbe supporre l’«o quasi» del sottotitolo)
le vignette realizzate dal duo Mario Gomboli e Massimo Mattioli per la francese
Pif Gadget e poi transitate anche in
Italia, oltre che persino in Inghilterra come ricorda Castelli
nell’introduzione non nascondendo la sua invidia. Protagonisti sono ovviamente
gli animali, senza alcun personaggio ricorrente ma con un la costante di un
piglio da divulgazione scientifica paradossale. Il meccanismo dell’umorismo non
è fisso, e accanto a gag puramente grafiche ce ne sono altre giocate sulla
sorpresa, sul ribaltamento della prospettiva, sull’esaltazione delle doti vere
o presunte degli animali in oggetto o sui giochi di parole, lasciando ogni
tanto trapelare qualche raro accenno ecologista ma anche gli anni che sono
passati dalla loro prima pubblicazione: non so quante riviste per ragazzi accetterebbero
dell’umorismo su un gatto amputato perché ha imparato cosa vuol dire andare al
lardo. La varietà delle situazioni e dei soggetti ritratti rende insomma la
lettura molto varia e frizzante, a volte piacevolmente spiazzante. Le gag sono
raccolte per nuclei tematici, che però passano inosservati lasciandosi
trasportare dal flusso ininterrotto di freddure, trovate geniali e non-sense.
Gomboli, che aveva ideato la
serie e la pubblicava in appendice a Diabolik,
la disegnò per primo con uno stile molto piacevole, morbido e dettagliato, ma
sicuramente il lavoro di Mattioli si evidenzia per raffinatezza e leggibilità,
oltre che per la sua espressività.
La stampa è buona, anche se è
stata scelta una grafica particolare: quasi ogni pagina, che ricordo essere
orizzontale, ospita tre vignette: due sono riprodotte nel formato originale (o quello
che presumo essere tale) mentre la terza viene ingrandita. Oltre al fatto che
bisogna un po’ farci l’abitudine per non spoilerarsi la terza gag, per forza di
cose sempre in evidenza in basso a destra, il tratto risulta inevitabilmente
ingrandito, e a volte viene il dubbio che nel processo ci perda qualcosa. Ma
non si tratta delle ormai classiche dentellature dovute alla stampa digitale.
Ben più grave è il fatto che il
lettering sia fatto un po’ a mano e un po’ al computer. Quando si è reso
necessario ricorrere al secondo non sempre è stato scelto un font armonioso (e
ne sono stati usati diversi), e comunque lo stacco è troppo netto rispetto a
quello originale di Mattioli. Domenica mattina appena uscito di casa ho
incontrato proprio Mario Gomboli e gli ho chiesto lumi sulla cosa. Mi ha
risposto che laddove possibile è stato mantenuto quello fatto in prima persona
da Massimo Mattioli, ma in molti casi non è stato possibile per la scarsa reperibilità
dei materiali o perché certi testi erano in francese. C’era comunque la volontà
di elaborare un font specifico a partire dal lettering di Mattioli, ma sarebbe
stato troppo lungo da realizzare per poter uscire in tempo per la fiera.
Purtroppo non ho avuto la prontezza di estrarre il registratore per fargli
un’intervista, anche perché mi ha detto delle cose molto interessanti su
Mattioli. Peccato.
Come mi è stato "insegnato" durante il tragitto tra Lucca e Certaldo, non puoi parlare di "formato originale" perché tale è soltanto quello delle tavole originali, per la stampa si tratta sempre e comunque di una riduzione. Il formato utilizzato per la prima edizione di un fumetto non è "originale", neppure se, come sostengo io, in un mondo utopico l'autore conosce in anticipo il formato di stampa ed agisce di conseguenza, tenendo conto dellariduzione che verrà effettuata.
RispondiEliminaCredo di intuire chi ti ha donato questa perla di saggezza e mi piange il cuore nel dire che è un po' una stronzata :D
EliminaIl mondo utopico di cui parli per alcuni è esistito veramente: vedi Battaglia che lasciava indicazioni precise su come pubblicare le sue tavole con opportune modifiche. Non ricordo se parlavo proprio con te delle tavole originali di Battaglia per L'Uomo del New England che sono addirittura più piccole del formato di stampa della collana Un Uomo Un'Avventura.
Ci sono poi dei limiti (sia per l'ingrandimento che per il rimpicciolimento) oltre i quali la godibilità dei disegni è compromessa o comunque limitata. In Francia notavano come le sagome enormi tratte dai fumetti di Tintin per una mostra fossero un'eccezione in quanto ancora "leggibili".
In quale numero di DIABOLIK è apparsa la prima vignetta de LO ZOO PAZZO ?
RispondiEliminaNel volume non viene indicato, ma cominciando la serie (coi disegni di Gomboli, però) nel 1972 sarà un numero di quell'anno.
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