È il 1963 (Giovanni XXIII è appena morto) e a Losanna vengono esposte delle preziose reliquie celtiche. Tanto preziose che vengono rubati monili di bronzo e gioielli in oro di un principe dell’epoca. Mel viene incastrato, e in effetti da un po’ di tempo era solito sparire dall’albergo dell’Alta Savoia in cui vive e lavora senza dare spiegazioni. Dopo una rocambolesca fuga messa in atto anche grazie a Fanfoué des Pnottas, giunge a Parigi dove si rivolge a Mirabelle per chiederle aiuto a farsi scagionare. Scoperto che il probabile ladro è nientemeno che il produttore cinematografico Enzo Martini, già sospettato di rubare antichità e opere d’arte, Mirabelle architetta un piano diabolico in cui avvicina il produttore per sedurlo e sposarlo fingendo che Mel opportunamente travestito sia suo fratello.
Ma il malfattore e la sua guardia del corpo non ne hanno abbastanza: la notte prima del matrimonio correranno da Saint Tropez fino a Parigi dove ruberanno (travestiti da Blake e Mortimer!) i Girasoli di Van Gogh al Louvre, nientemeno! L’idea è che se Martini si sposa l’indomani nessuno sospetterà di lui.
Oltre ai consueti dialoghi brillanti di Pascal Roman e alle comparsate di Fanfoué des Pnottas, la parte umoristica poggia principalmente sulle spalle sicule dell’invadente madre di Martini.
In definitiva Faux Témoin è una commedia forse inverosimile ma molto divertente.
I disegni di Félix Meynet, che si è occupato anche dei colori, cominciano a far intravedere quello che l’autore realizzerà in seguito. I visi sono quelli del Meynet maturo, i corpi però non si sono ancora scrollati di dosso l’approccio caricaturale, forse anche perché all’epoca (il volume è del 1996) il disegnatore faceva un ricorso minore al tratteggio modulando di più il segno. Roba che a momenti mi ha ricordato Sandro Angiolini.