Si è fatto attendere (che non sia
stato poi questo grande successo per la Panini?) ma ne è valsa la pena. Questo terzo
volume di Zenith è ancora meglio dei
precedenti.
Come già anticipato nello scorso
numero, Zenith si trova coinvolto in un guaio di dimensioni multiversali: i
Lloigor lovecraftiani sono tornati e con meticolosa malvagità si sono
impossessati dei corpi dei superumani di quasi tutte le realtà alternative,
assicurandosi così una facile vittoria su tutte le altre forze in gioco nei
singoli mondi e quindi il dominio incontrastato di quegli stessi mondi. Possono
quindi puntare a qualcosa di ancora più grosso.
Non tutti gli eroi, però, sono
ancora caduti e il Maximan di Alternativa 23 (quello “originale” del mondo di
Zenith era morto durante la Seconda Guerra
Mondiale) ha imbastito un esercito di supereroi da tutte le realtà alternative
per distruggere il piano di dominazione totale dei Lloigor, che si
concretizzerà una volta avvenuto l’“allineamento” delle varie terre: per farlo
bisognerà inviare delle squadre di eroi a distruggere gli interi universi 666 e
257.
Il riluttante e strafottente Zenith fa parte del manipolo destinato ad Alternativa 257.
Il riluttante e strafottente Zenith fa parte del manipolo destinato ad Alternativa 257.
Ora, salvare l’intero multiverso
non è certo una cosa facile di suo e a complicare le cose interverranno
sorprese spiacevoli e rivelazioni inaspettate.
La saga procede incalzante e con
un ottimo ritmo, io sono rimasto incollato alle pagine nonostante la lunghezza
di questa trama che si dipana su una trentina scarsa di capitoli. Dalla seconda
metà del tomo in poi c’è forse qualche divagazione che rallenta la lettura, ma
bisogna anche considerare le necessità di Morrison che doveva infarcire le
consuete 4-5 tavole settimanali (formato-capestro che pochi sceneggiatori sanno
gestire efficacemente) di elementi che facessero avanzare la trama principale
più altri che sviluppassero le sottotrame e rilanciare il tutto con idee nuove.
I dialoghi, soprattutto nella
prima parte quando il protagonista è più presente sulla scena, sono
spumeggianti e la battuta finale sul presunto “sacrificio”
del protagonista mi ha fatto ridere di gusto.
Questa Fase Tre offre oltretutto il piacere aggiuntivo di vedere una
carrellata di supereroi inglesi e di farsi una cultura in merito. Alcuni
saranno pure stati inventati da Morrison, ma almeno il robot Archie e Steel
Claw sono realmente esistiti (del primo ricordo che anche la figlia di Moore
diede una sua versione, del secondo la RW Lineachiara ha ripreso il
testimone della pubblicazione italiana dalla Planeta DeAgostini). La scena che
apre il quinto capitolo mi sembra debitrice di quella analoga che compariva in
Marvelman/Miracleman ma forse è una coincidenza.
Spiace dirlo, ma forse il
migliore Grant Morrison era questo e non ha saputo ripetersi allo stesso
livello, pur se ha realizzato altre cose buonissime o eccellenti. E purtroppo Multiversity non rientra in nessuna
delle due categorie.
Come al solito, la parte più
debole di Zenith (l’unica parte
debole) è quella grafica. Forse pressato dalle scadenze o inebriato dal
successo Steve Yeowell schematizza ancora di più le sue vignette. Magari come
illustratore sa fare cose accettabili, ma il fumetto non è proprio il suo
campo. La glaciale stilizzazione delle sue figure ne rende difficile il
riconoscimento e in più di un’occasione ho addirittura sentito la necessità di avere
una didascalia che mi spiegasse cosa diavolo veniva rappresentato nei disegni –
ma per quanto necessaria, una cosa del genere sarebbe stata contraria allo
spirito con cui veniva realizzato Zenith.
Nei campi lunghi, poi, Yeowell rende indistinguibili tra di loro i personaggi,
che in quell’accozzaglia di trattini e campiture non si capisce più nemmeno se
sono maschi o femmine. Gli elementi distintivi dei costumi, inoltre, li disegna
solo nei dettagli e nelle inquadrature
molto ravvicinate e comunque non è che siano poi di grande aiuto visto che, ad
esempio, si dimentica di disegnare la
S che dovrebbe campeggiare sul petto di uno di loro.
Al di là delle questioni estetiche
mi è sembrato che Yeowell fosse veramente di fretta e abbia tirato via in più
di un’occasione: la scena di massa che dovrebbe stupire il lettore per la folla
oceanica di supereroi chiamati a raccolta risulta invece assai scarna e povera.
In appendice una storiellina
lisergica disegnata (vivaddio) da Jim McCarthy. Niente di memorabile,
soprattutto in considerazione della qualità della saga portante, ma
probabilmente per l’epoca era qualcosa di originale e innovativo.
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