Dietro una copertina
ostentatamente digitale (prova non esaltante dell’altrimenti bravissimo Leomacs)
si nasconde un fumetto realizzato in maniera orgogliosamente artigianale con
matita, penna e acquerelli.
I mostri non vivono solo nel buio è la storia ambientata a Palermo di
una liceale, Linda, che denuncia l’autore di un omicidio e che per questo viene
rapita dal boss mafioso a cui il killer è affiliato. Il padre, professore di
lettere vedovo da poco, reagisce prendendo a sua volta in ostaggio la figlia del
boss illudendosi di poter trattare con lui.
Come ho scritto in apertura la
parte grafica è realizzata ad acquerello e, benché io preferisca uno stile più
realistico, il risultato ottenuto dall’impressionista Rossano Piccioni è
veramente lodevole e alcuni intensi primi piani sono molto espressivi.
Veramente notevole anche la particolare tecnica (leggera ma al contempo decisa)
con cui ha saputo raffigurare le automobili. Oltre al fatto che già di per sé
gli acquerelli danno un piacevole senso di immediatezza e spontaneità.
I mostri non vivono solo nel buio potrebbe non essere esente da
difetti (l’incipit di denuncia sociale diventa la scusa per una tarantinata, lo
snodo del mite professore che diventa una macchina per uccidere è talmente poco
credibile da venir confutato nel fumetto stesso, il finale è ottimista e idealizzato) ma rappresenta un originale
corpo estraneo nel panorama fumettistico italiano e offre una lettura
coinvolgente e appassionante. Tanto più lodevole se si pensa che Claudio
Chiaverotti si è affidato alla classica gabbia bonelliana nonostante le
possibilità offerte dal grande formato.
Il formato del volume è infatti decisamente
lussuoso, un cartonato extralarge (24,5x34,5 centimetri) stampato su carta
patinata lucida ad alta grammatura, e vale sicuramente i 17 euro a cui viene
venduto.
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