martedì 30 aprile 2013

Intervista a Carlos Gomez (prima parte)



Sembra ieri ma sono passati più di 15 anni da quando Carlos Gomez ha cominciato a portare il suo contributo a Dago fino a diventarne il disegnatore titolare. Oltre metà della sua vita professionale (che si può far risalire fino al 1981, quando aveva 17 anni scarsi) è stata dedicata al Giannizzero Nero, in una di quelle simbiosi tra autore e personaggio che possono appiattire una carriera o lanciarla definitivamente. Quest’ultimo è stato il caso di Gomez, per sua e nostra fortuna.
Come spesso succede con i disegnatori argentini, in Italia abbiamo visto solo una parte della sua produzione; è vero che a differenza di altri casi abbiamo potuto ammirare alcune opere recuperate dagli anni precedenti dopo il successo di Dago, ma in patria Gomez aveva già realizzato Capítan Ganímedes (anche i testi erano suoi) e soprattutto altre serie e miniserie per Columba: El Niño, Kent, La Isla de los Dioses, qualche episodio di Taggart.
Un curriculum che gli vale l’attenzione di Alberto Salinas quando Dago era già passato nelle mani di Carlos Pedrazzini senza che il suo intervento ottenesse il favore del pubblico. Quando Carlos Gomez affianca Salinas nel disegno del Giannizzero Nero avviene una rivoluzione: le figure maestose e austere di Salinas vengono sostituite di colpo da immagini dinamiche, vibranti e da inquadrature molto più moderne. Anche l’inchiostrazione subisce un radicale rinnovamento, passando dalle corpose pennellate di Salinas al fitto e nervoso tratteggio di Gomez. Ma l’Eura aveva fatto decisamente bene ad accogliere il cambiamento, come sarà evidente in seguito.
Come tutti i grandi Maestri argentini prima di lui, Carlos Gomez esibisce oggi uno stile immediatamente riconoscibile, una sua personale interpretazione della realtà che parte da basi anatomiche solidissime filtrate attraverso la sua sensibilità: sembra quasi una provocazione che tra i suoi autori preferiti citi sempre Uderzo. Tra gli altri, è stato allievo di Angel Alberto Fernández e gli influssi del Maestro si sono notati ne Il Cappellano e Il Terribile, scritte da un ispiratissimo Ricardo Ferrari. Ma da quando Dago entra nella sua vita, a Gomez rimane ben poco tempo per dedicarsi ad altri progetti, che si limitano in pratica a un breve fumetto a colori nel volume celebrativo Un Giorno Un Secolo e ad altre iniziative sempre legate a Dago.
Dal 1995 fino a pochi anni fa il percorso di Carlos Gomez su Dago è quindi continuo e ininterrotto e pur notando il supporto del computer al disegno molti lettori si chiedono come faccia a realizzare tante tavole (le 12 di Lanciostory sono solo parte delle 16 che dichiara di realizzare ogni settimana!) soprattutto considerando la loro elevata qualità. Questo trend dura fino alla fine del 2010, quando la realizzazione del Dago settimanale sarà affidata anche a Joan Mundet. Carlos Gomez ha infatti accettato di cimentarsi nella realizzazione di un Texone, dopo che Sergio Bonelli gli aveva offerto varie volte questa occasione. E così Carlos Gomez entra nel novero dei grandi nomi che hanno prestato la loro arte ad Aquila della Notte, al fianco di Jordi Bernet, Joe Kubert, Magnus, Guido Buzzelli...
Come nel caso di altri Maestri come José Ortiz, Alfonso Font e Victor de la Fuente il suo contributo alla collana “Speciale Tex” (nome ufficiale dei Texoni) non è una esperienza isolata ma il preludio a una collaborazione continuativa con la casa editrice di via Buonarroti, per cui Gomez è già al lavoro su un nuovo episodio di Tex.
Con le varie ristampe di cui gode Dago, si può ben dire che Carlos Gomez è attualmente il disegnatore più ristampato in Italia.

Da bambino era un lettore di fumetti? Se sì, quali personaggi e quali riviste apprezzava di più?

Era un lector “promedio” como muchos niños de mi edad. No mas que el resto. Tal vez me diferenciaba de los otros en que yo intentaba dibujar no solo los personajes aislados, sino las secuencias de cuadritos.
Entre los personajes que recuerdo, están obviamente aquellos de Disney (me gustaba particularmente Goofy, aquí conocido como Tribilín). Pero los que considero que me impactaron tanto que me inclinaron a este oficio han sido Asterix y Lucky Luke. Recuerdo haber leído y releído esas historias (aún ahora lo hago con el mismo deleite que entonces) y copiado los cuadros minuciosamente, incluso con el texto.
Las publicaciones eran de frecuencia mensual, por lo que, como no quería terminar de leer antes de que llegara el próximo número, dosificaba “dolorosamente” la lectura leyendo y admirando los dibujos de a una o dos páginas por día. Un ejercicio de voluntad y de autocontrol que no sé si ahora podría hacer.
Luego, ya llegando a mi adolescencia aparecieron las revistas Skorpio de Editorial Record y las revistas de Editorial Columba (El Tony, DÀrtagnan, Nippur, etc.) donde descubrí el fascinante mundo de Zanotto, Arias, Breccia, Lito Fernandez y un largo etc.
Ya sabía que eso era lo que quería hacer en mi vida. No tenía ninguna duda.

Victor Hugo Arias
Grazie ai buoni uffici di un Suo compagno di classe, nipote del disegnatore, Lei è stato introdotto a Victor Hugo Arias[1] per cui ha cominciato diciassettene a lavorare come assistente. In cosa consisteva il Suo lavoro? Si ricorda qualche fumetto in particolare su cui ha lavorato con Arias?

Al principio lo que tenía que hacer era bocetar la historia. Luego Arias la dibujaba en lápiz antes de entintar. Mas adelante ya hacía algo del lápiz definitivo.
En realidad, siempre pensé que Víctor no necesitaba de mi trabajo, y que lo que él estaba haciendo era darle una mano a un chico muy entusiasmado.
La primera historia en la que participé fue en un capítulo del Escuadrón Lafayette: una historia de la primera guerra mundial. Para Editorial Record. Luego en varias otras historias ambientadas en el oeste norteamericano y una muy original llamada Ben Vasco.
Mi colaboración se terminó cuando tuve que hacer el servicio militar.

Il Suo primo fumetto ufficiale (di cui ha anche scritto i testi) è stato La Odisea del Capitán Ganímedes, una storia di fantascienza. Sinteticamente, qual era la trama?

Esa historia la comenzè en 1984. Todavía estabe muy fresco el recuerdo de la guerra de las Malvinas. Una guerra que, además de las motivaciones políticas de la dictadura que gobernaba la Argentina entonces, fué un intento de recuperar un territorio usurpado por Inglaterra en 1833. Sentía la necesidad de hacer un homenaje a los héroes argentinos que pelearon esa guerra. La trama se situaba en un futuro incierto en un conflicto entre la Tierra y un imperio colonialista. Las alusiones a la historia reciente eran muy obvias. Utilicé el genero de la ciencia ficción porque era el que mas me gustaba y me permitía moverme con mucha libertad.

Altre due collaborazioni eccellenti sono state quelle con Lito Fernández e Horacio Lalia: cosa ricorda di queste esperienze?

Hacia 1986 el diario que publicaba mis historietas quebró. Debía encontrar un trabajo y decidí entonces probar suerte en donde estaban las editoriales y los dibujantes con quienes podría trabajar. Junté todas las direcciones que pude y me fuí a Buenos Aires.
Allí encontré la hospitalidad de Diego Navarro y Alfredo Falugi, la valentía de Carlos Pedrazzini que en una charla sincera me hizo una crítica feróz que me puso los pies en la tierra y la generosidad de Lito Fernandez y Horacio Lalia que me permitieron aprender mucho trabajando a su lado.
Fué una etapa muy intensa de mi vida. Tenía 21 años, todo era nuevo para mi, vivía solo y por mis propios medios, estaba aprendiendo muchísimo y descubriendo un mundo fascinante en un ambiente francamente hostil para un chico de pueblo que se sentía perdido en una ciudad gigantesca como Buenos Aires.
Lito y Horacio me dieron una ayuda que nunca podré agradecer suficientemente, pero lo que mas me sirvió de esa relación fué el ejemplo de lo que la dedicación al trabajo debe ser: un dibujante de historietas está mas cerca del obrero que del artista.

Come si svolgeva il lavoro per Browning e Cooper e Martin Hel? Lei faceva solo le matite e poi Fernández le inchiostrava oppure c’erano dei passaggi più complessi (ad esempio un altro disegnatore faceva gli sfondi, Fernández dava dei layout precisi, ecc.)?

En esa historia, yo hacía el lápiz completo y entintaba los fondos. Era un guión muy divertido, me gustó mucho hacer esa miniserie.

In Italia prima di Dago abbiamo visto di Suo (almeno, di dichiaratamente Suo) qualche raro libero e la miniserie Banda di Streghe[2], in cui a mio avviso erano ancora evidenti certi influssi di Fernández: come avveniva l’esordio per un disegnatore negli anni ’80/’90? Ha dovuto proporsi Lei oppure l’assistente di studio subentrava naturalmente quando l’autore affermato non poteva più seguire tutti i progetti che gli venivano offerti?

Banda de Brujas fué una miniserie que Eura decidió discontinuar. Nunca supe si se debió a que la calidad del dibujo no estuvo a la altura que se esperaba. Fué mi primer trabajo como dibujante completo para una editorial extranjera. La finalización del mismo fue una desilusión para mi.
Trabajando con Lito me ocurrió que se me dio la oportunidad de continuar una serie que el no podía seguir: Kent[3]. Tenía guiones de Ricardo Ferrari. Y también se dio el caso que yo me propuse como dibujante a la editorial Columba donde ya me conocían como ayudante de Lito. Así empecé Capellán[4], con guiones de Ricardo Ferrari también.


Credo che ricevere una proposta di collaborazione con il grande Robin Wood sia una cosa molto emozionante per un giovane disegnatore argentino (all’epoca Lei aveva poco più di trent’anni): com’è stato l’incontro con la Leyenda?

El llamado de Robin llegó justo después de enterarme de la finalización de Banda de Brujas. Por ese entonces estaba trabajando con Lito a distancia y el trabajo había disminuido mucho. Empezaba a tener preocupaciones económicas.
Fue una verdadera sorpresa para mi. Nunca pensé que una personalidad internacional de la historieta estuviera interesada en hablar conmigo.
Cuando finalmente me encontré con él en Buenos Aires, me sorprendió estar al frente de una persona muy humana y cordial, muy lejos de la imagen de Rock Star que me había hecho de él. Me dio mucho ánimo y confianza y sobre todo muchos tips para tener en cuenta a la hora de dibujar Dago. Me encargó que hiciera algunas muestras y a las pocas semanas estaba ayudando al Maestro Salinas.

Wood è noto per scrivere delle sceneggiature sintetiche, come si può vedere anche nel suo sito: oltre a inventarsi per forza di cose i personaggi di contorno, Lei ha anche la facoltà di intervenire nella trama apportando qualche modifica o suggerendo dei temi?

Robin es una persona que escucha todo lo que uno quiere sugerirle, pero él sabe muy bien qué es lo que funciona o no, así que aceptará agregar o quitar algo si su experiencia, que es enorme, le dice que servirá para mejorar la historia.
En mi caso yo solo puedo acotarle algo sobre cuestiones menores como uniformes, ropas, armas, etc. Pero el devenir de las tramas es responsabilidad y mérito solamente suyo. El es el que sabe de eso más que nadie.

Quando ha cominciato a disegnare Dago con maggiore costanza ho notato che usava spesso le stesse immagini di base in vignette diverse, ma questa tecnica non è durata molto: ha smesso perchè i lettori non gradivano o perchè non velocizzava il lavoro come forse sperava?

En una época debía hacer 48 páginas mensuales mas 48 páginas de los libros mensuales. O sea en dos meses debía terminar un libro de 96 páginas mas los 8 episodios semanales de 12 páginas cada uno.
En ese entonces trabajaba con dos dibujantes que me ayudaban. La producción era desmesurada y había que recurrir a cualquier medio más o menos decente para acelerar el trabajo. Así empecé a utilizar la fotocopia y después la computadora para las tareas mecánicas y repetitivas. Esa producción monstruosa no duró mucho porque no había forma de sostenerla y mantener una vida normal.

Posso chiederLe chi erano i Suoi collaboratori?

I disegnatori erano Diego Navarro e Dario Rojas.

Diego Navarro è lo stesso che aveva fatto da assistente per Lito Fernandez negli anni '70/'80?

Sì, era lui.

(1-continua)


[1] Nato nel 1928, esordisce su Poncho Negro per poi proseguire la sua carriera di fumettista sulle mitiche testate argentine Misterix e Frontera. Abbastanza vicino come stile agli autori del genere gauchesco come Roume e Arancio (al cui confronto ha però un tratto più delicato), si dedica con particolare efficacia al genere bellico, cosa che probabilmente ne faciliterà l’ingresso presso la britannica Fleetway.
La sua serie più famosa in Italia è forse Ben Vasco, pubblicata su Skorpio. A titolo di curiosità va ricordato che nel 1978 la sua I Cavalieri del Mare venne bocciata dai lettori insieme ad altre vittime illustri come Continente Nero di Salinas e Simon Flash di Micheluzzi (persino Welcome to Springville rischiò la cancellazione!). Victor Hugo Arias ha anche collaborato con l’Astorina a Diabolik e da quanto riportato su Fumo di China 5/32 avrebbe dovuto entrare nello staff di Tex. Attualmente si dedica alla pittura: http://www.victorharias.com.ar/
[2] Skorpio dal 22 al 25 del 1992.
[3] Di questa serie Lito Fernandez dovrebbe aver disegnato solo i primi tre episodi pubblicati tra luglio e settembre 1989 su Nippur Magnum.
[4] In Italia Il Cappellano su Skorpio a partire dal numero 36 del 2001.

sabato 27 aprile 2013

Before Watchmen/6



Ozymandias (testi di Len Wein, disegni di Jae Lee)

Un esempio ottimo e irripetuto di perfetta integrazione tra canone e approfondimento autonomo.
Con questa miniserie Wein ripercorre la vita di Adrian Veidt inserendo degli elementi non contemplati in Watchmen come la sua bisessualità, l’assunzione di droghe leggere, la sua natura di squalo della finanza, i suoi amori tormentati, i suoi scontri con i criminali e lo fa con molta eleganza e senza che si noti quello scollamento tra canone e miniserie che invece avevo percepito altrove.
Ottima e perfettamente gestita la struttura della miniserie, con una storia portante, la singola tematica del singolo episodio (almeno nei primi) e l’alternanza di remake approfonditi di alcune scene di Watchmen e molto materiale nuovo. Alcune scene di combattimento sono poco credibili perchè esagerate nella loro perfezione anche per Ozymandias, ma fa parte del gioco.

La cosa strana è che questa operazione viene condotta facendo un uso massiccio delle didascalie, ovvero il diario di Ozymandias, rendendo alcune parti di questa miniserie più simili a un racconto illustrato che a un fumetto, anche in considerazione dello stile adottato da Jae Lee. Ciononostante, Before Watchmen: Ozymandias funziona alla perfezione. E i dialoghi sono proprio ben scritti: efficaci, sintetici e di forte impatto senza nessuna inutile spacconata. Stupenda e inaspettata la citazione colta finale, ricercatissima e forse indicativa dell’umiltà con cui Len Wein ha affrontato il lavoro.
Ciliegina metanarrativa sulla torta, Wein dà pure una giustificazione allo snodo centrale del finale architettato da Moore, plagio involontario di Outer Limits.
Ai disegni, l’artista peggiore di tutto Before Watchmen: le immagini che non sono frutto di rielaborazione di fotografie o della vasta iconografia supereroistica sono spesso anatomicamente sbagliate e i personaggi (compreso il protagonista) cambiano volto di vignetta in vignetta oppure vengono tratteggiati sulla base di due o tre archetipi che li rendono identici e per nulla distinguibili. Alcuni dettagli come le dita delle mani sono rimasti al livello di sketch, cosa che si nota subito in una tavola spoglia come quella di Jae Lee. E le immagini realizzate in toto col computer soffrono invece di una simmetria ossessiva che le rende tanto false e artefatte da risultare disturbanti.
Inoltre non capisco perchè rifarsi così massicciamente all’estetica
liberty degli anni ’20 riprendendo addirittura anche il design delle automobili e le architetture dei palazzi. La storia copre un periodo che va dalla fine degli anni ’30 a metà ’80 e l’effetto di questi decors è straniante.
In conclusione, la miniserie migliore di tutto il progetto Before Watchmen, funestata però da un disegno assolutamente non all’altezza se non in qualche splash page. Sarà pure lo stile odierno di Jae Lee, ma a me è parso svogliato e affrettato.
Promossa.

PS: qualcuno sa qualcosa di Comedian 6? In fumetteria mi hanno detto che deve ancora uscire negli Stati Uniti ma non mi fido molto visti alcuni problemi che ci sono stati con la distribuzione.

mercoledì 24 aprile 2013

Potevo esimermi?



Certo che l’assenza del colore si fa sentire molto… oltretutto Masquerouge era uno dei fumetti colorati meglio per l’epoca. L’edizione Cosmo contiene comunque un ghiotto bonus: