martedì 29 novembre 2016

L'Inverno di Diego

Considerato il passato (e il presente) di maestro del fumetto erotico o comunque glamour di Roberto Baldazzini questo nuovo membro del club del -25% risulta un prodotto anomalo nel corpus della sua produzione: è un fumetto storico, drammatico e nettamente impegnato.
L’elegante e ricercata inespressività dell’autore, suo marchio di fabbrica, avrebbe potuto far deragliare il progetto ma viene mitigata dall’uso di riferimenti fotografici per i volti di molti protagonisti (che già ottimi risultati aveva dato nel primo episodio di Stella Noris). Vari livelli di grigio “sporcano” inoltre a dovere le tavole donando loro profondità e movimento.
L’Inverno di Diego narra del congiungimento del protagonista con una cellula partigiana sul finire del 1943, quando il crollo del regime fascista aveva diviso gli italiani in due schieramenti: quelli che avrebbero aderito alla repubblica di Salò e quanti preferirono diventare partigiani.
Nel caso di Diego la situazione è resa ancora più drammatica dal fatto che il padre è un gerarca fedele a Salò (avrebbe potuto essere un ottimo colpo di scena, ma lo dicono già nell’introduzione sull’aletta sinistra e quindi mi sento autorizzato a scriverlo pure io).
Lo accompagnano in questa impresa, che assume anche e soprattutto i contorni di un racconto di formazione, altri tre partigiani che vengono splendidamente resi con pochi ma efficaci cenni di background. Sarà una leggerezza di Diego a condannare il gruppo.
Le condizioni di clandestinità rese ancora più tremende dal clima sono raccontate con grande realismo, così come le sequenze più crude degli interrogatori sono rappresentate con la dovuta drammaticità.
Baldazzini si rivela un narratore molto capace: il montaggio della sequenza iniziale che narra alternandoli gli antefatti storici e personali della vicenda (nelle strisce in alto e in basso il riassunto di quanto succede tra agosto e novembre 1943, in quella centrale la sequenza muta dell’arresto e della fuga di Diego) è da antologia, una scelta stilistica che catapulta subito il lettore nell’azione e lo rende edotto del contesto senza risultare pedante. Anche il resto del fumetto non è da meno e Baldazzini sfoggia un armamentario di trucchi del mestiere veramente invidiabile: grazie al’attento uso dei dettagli, delle forme e dimensioni diverse delle vignette, dei recadrage e di alcune particolari scelte stilistiche (ad esempio vignette enormi dopo pagine molto fitte) riuscirà a imprimere alla storia il ritmo che vuole lui così come condurrà il lettore in questa drammatica storia dandogli le pause e le accelerazioni giuste.
Sul finale L’Inverno di Diego cede a un tono più canonico e quasi consolatorio, ma può darsi che sia proprio l’estrema e improbabile facilità della fuga del protagonista a testimoniare che anche questa, come il resto del fumetto, è tratta da un episodio reale.
In appendice è presente un saggio di Claudio Silingardi sul post-8 settembre 1943.

lunedì 28 novembre 2016

Iznogoud 6: Gli Incubi di Iznogoud

Questo sesto volume dell’Integrale di Iznogoud è speciale. Invece di raccogliere gli episodi canonici raccoglie tre volumi della serie parallela degli Incubi di Iznogoud, rimontaggi delle strisce di commento politico e d’attualità che comparivano su Le Journal du Dimanche. Attualità degli anni ’70, ovviamente, da cui la necessità di spiegare con delle note in appendice a cosa facessero riferimento gli autori in alcuni episodi più legati alla realtà francese dell’epoca.
Fatta salva l’utilità di questo vademecum (da cui si evince che Giscard d’Estaing doveva essere un discreto paraculo), per godere de Gli Incubi di Iznogoud basta una conoscenza anche solo sommaria del clima degli anni ’70, e forse non serve nemmeno quella, visto che molte cose come la corruzione, l’inettitudine e l’ipocrisia dei politici e le periodiche crisi istituzionali ed economiche sono comuni a tutti i paesi occidentali e quindi diventano universali e perfettamente comprensibili fuori dai confini dell’Esagono.
Questa universalità e la fulminante rapidità d’esecuzione (ogni pagina una gag) rendono esilaranti molte delle situazioni in cui si trova coinvolto Iznogoud, ancora più libero del solito dai limiti della continuity, già praticamente inesistenti nella serie regolare.
A causa della scomparsa di Goscinny nel 1977 parte del terzo volume originale qui raccolto è stata scritta da Alain Buhler ma mi è impossibile distinguere l’opera dei due visto che la qualità rimane sempre altissima.
Onore al merito, credo che una buona parte della riuscita di queste gag sia da attribuire anche ai disegni di Tabary che pur non occupandosi dei testi ne aumenta l’efficacia coi suoi faccioni e le sue pittoresche comparse.
Curiosamente le note in appendice non contemplano il terzo volume: è vero che quelle gag sono comprensibili anche senza ulteriori chiarimenti, ma sorge il dubbio che forse questo integrale fosse previsto per raccogliere solo due volumi originali visto che una spiegazione su chi rappresentasse il Jules-Antoine Clérambard di pagina 135 ci sarebbe stata bene. Può darsi che il progetto originale della Panini prevedesse appunto di raccogliere solo i primi due Incubi e sia stato modificato in corsa senza dare il tempo a Marco Farinelli di preparare il materiale relativo al terzo. Fosse andata così. per 17,90€ è comunque tanto di guadagnato per i lettori.

domenica 27 novembre 2016

Fumettisti d'invenzione! - 106 (speciale Sauro Pennacchioli)

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.
Prima di dedicarsi al Giornale Pop Sauro Pennacchioli (sceneggiatore di vari fumetti fra cui Martin Mystère e creatore del bonellide Balboa per Play Press) aggiornava con maggior frequenza il suo blog, in cui parla di fumetti e attraverso il quale sono venuto a conoscenza di altri casi che posso includere nel computo dei fumettisti d’invenzione:

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

INKIE
(Stati Uniti 1943, in Crack Comics, © Quality Comics, umorismo)
Al Stahl

Back-up feature apparsa in 6 numeri di Crack Comics, Inkie ha per protagonisti gli autori del personaggio omonimo (oltre a Stahl anche Jack Cole): il ragazzino di carta prende vita nel corso delle storie e appare nel mondo “reale” per aiutare i suoi disegnatori nei guai in cui si cacciano, oppure ne crea lui in prima persona.
Da non confondersi con l’Inky citato da Castelli alle pag. 59 del suo libro alla voce IN LOVE.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – GRAPHIC NOVELS E ONE SHOTS (pag. 24)

OPERAZIONE GODZILLA
(Italia 1992, in Zona X, © Sergio Bonelli Editore, fantascienza)
Sauro Pennacchioli (T), Gino Vercelli (D)

Storia autoconclusiva presentata nell’antologico Zona X. Questo il riassunto dalla viva voce dello sceneggiatore:
Questa storia, scritta da me e disegnata da Gino Vercelli, è ambientata in un vicino futuro. Due giovani americani fanno un giro in motoscafo nelle acque della Micronesia. Negli anni precedenti c'era stata una grave crisi economica. I giapponesi divennero il capro espiatorio (alla fine degli anni ottanta, quando ho scritto l'episodio, il Giappone era all'apice della potenza economica) e loro, per la seconda volta nella storia, si isolarono dal resto del mondo.
I gerarchi del governo dittatoriale hanno i nomi degli autori dei manga: quando ho scritto la storia, erano ancora sconosciuti da noi. Il tiranno, in origine, era un autore di fumetti che realizzò una storia sulla conquista dell'America da parte dei giapponesi. Adesso intenderebbe metterla in pratica tale e quale. Sì, avete proprio ragione, Naoki Urasawa mi ha copiato l'idea con 20th Century Boys!

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

THE BIRTH OF COMIX BOOK
(Stati Uniti 1974, in Comix Book, © Magazine Management Co. Inc., satira)
Denis Kitchen

Storiellina con piglio satirico realizzata a mo’ di presentazione in cui Denis Kitchen (supervisore della testata) spiega come è nato il progetto della rivista Comix Book. Tra le personalità coinvolte si possono riconoscere Will Eisner e Stan Lee, editore della Marvel che commissionò il progetto della rivista all’autore underground Kitchen sperando di allargare il bacino d’utenza dei lettori Marvel.
Così non fu e la testata venne chiusa con il numero 3, per essere poi ripresa dalla Kitchen Sink Press di Denis Kitchen che ne pubblicò altri due numeri nel 1976 con materiale già pronto avanzato dalla precedente gestione.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

PERKINS’ PANTOMIME (PERKINS)
(Inghilterra 1968, in Sunday Times, © The Register and Tribune Syndicate, striscia umoristica)
John Meredith Miles

Striscia umoristica muta e metanarrativa che ha per protagonista un omino coi baffi, in cui vengono sfruttate le convenzioni del linguaggio dei fumetti a scopo umoristico.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

THE FANTASTIC FOUR (I FANTASTICI QUATTRO)
(Stati Uniti 1962, © Marvel Comics Group, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Jack Kirby [Jacob Kurtzberg] (D)

Durante un volo spaziale sperimentale quattro persone vengono investite dai raggi cosmici ottenendo superpoteri. È l’inizio del Marvel Universe.

The Trial of Reed Richards in Fantastic Four 262 (1984). John Byrne
L’autore John Byrne fa un’apparizione speciale (insieme ad altri membri della redazione Marvel) convocato nientemeno che dall’Osservatore, entità onnisciente dell’universo Marvel.
Lascio la parola a Sauro Pennacchioli: Reed Richards viene giustamente processato perché ha lasciato quel fognone di Galactus libero di ingoiarsi altri mondi. Byrne lo fa assolvere perché Galactus sarebbe solo un elemento naturale del cosmo. Con questa logica del cazzo Fleming finirebbe male per avere debellato i batteri con la penicillina, esseri altrettanto naturali. E poi avrei voluto vedere se, invece del pianeta degli orridi skrull, Galactus avesse digerito quello dei terrestri...

giovedì 24 novembre 2016

Cosmo Color Extra 21 - Il Crepuscolo degli Dèi 10: Yggdrasil

anche stavolta niente copertina della versione italiana
Si conclude momentaneamente la saga de Il Crepuscolo degli Dèi mentre la collana Cosmo Color Extra è con ogni probabilità arrivata definitivamente al capolinea, ultima testimonianza del tentativo della Cosmo di offrire un prodotto che rispettasse maggiormente il formato e lo spirito della BéDé. Quasi una metafora della capitolazione avvenuta su questo fronte, la copia che ho trovato era spiegazzata e presentava un vistoso adesivo in copertina e in edicola mi è stato riferito che era l’unica copia arrivata (ieri, quando dal calendario in terza di copertina vedo che avrebbe dovuto uscire già il 10).
Sarà stata forse la malinconia a farmi valutare più positivamente questo episodio, comunque devo dire che la saga si chiude in bellezza. I due gemelli verranno riuniti dopo vari anni e diverse peripezie per ripristinare l’Yggdrasil e Foca diverrà nientemeno che imperatore di Costantinopoli, ma l’avanzata del Grande Inverno sarà durissima da contrastare tanto che persino tra gli Elfi si conteranno morti eccellenti.
Questo capitolo finale è scritto come ci si aspetterebbe, privilegiando gli elementi più cupi e violenti e affidando la narrazione a un tono epico. Alla fine Djief risulta quasi piacevole col suo stile efebico, ma forse ci ho solo fatto l’occhio. Ho notato che le didascalie presentano una parte sproporzionatamente grande a sinistra, a testimonianza della presenza in origine delle prime lettere più grandi e forse miniate come si usa in alcuni fumetti: questa scelta non è stata però rispettata dalla Cosmo, così come mi pare che a pagina 52 Costantinopoli avrebbe dovuto essere “caduta” e non «cauta». Piccolezze, magari avessimo avuto ancora la possibilità di leggere fumetti francesi in questo formato e a queste condizioni.
Come ho scritto in apertura la saga si conclude momentaneamente visto che nel finale (che chiude perfettamente tutte le trame in sospeso) vengono gettati i semi per un nuovo ciclo. Che, maledizione, non vedremo di certo nel formato Cosmo Color.

mercoledì 23 novembre 2016

Il Cavaliere della Porta

Non ho più l’età per i librogame ma d’altra parte comprerei qualsiasi cosa abbia scritto sopra Kata Kumbas e quindi alla fine ho preso pure Il Cavaliere della Porta. Il prezzo, 19,90€, non è proprio economico ma d’altra parte si tratta di un prodotto che più di nicchia non si può.
In questa (prima?) avventura il protagonista Ugger torna su Laìtia dopo trent’anni dalla sua ultima apparizione e trova le cose molto cambiate: prima deve raccapezzarsi e capire cosa fare (recuperando sperabilmente dell’equipaggiamento utile nel mentre), poi dovrà visitare la città di Torviero (Orvieto?) per impedire un infausto matrimonio e raccogliere ulteriori informazioni e oggetti, dopodiché dovrà raggiungere il castello dei cattivi e infine, una volta perlustrato a fondo il loro covo, sconfiggerli.
Non mi intendo molto di librogame ma mi sembra che Il Cavaliere della Porta sia strutturato molto bene, con blocchi tematici ben definiti e senza “loop” tra i paragrafi – almeno, per quanto l’ho letto/giocato io. Il sistema di gioco inoltre è molto originale e non prevede il tiro di alcun dado ma la possibilità di attingere a delle riserve di bonus (Energia e Fato) qualora il lettore voglia superare una prova che prevede un punteggio più alto della caratteristica che viene “sfidata” in quel momento tra Forza, Astuzia e Saggezza.
Lo stile di Umberto Pignatelli è schietto e divertente pur non scadendo mai nel grossolano o nel ridanciano più facile. D’altra parte una delle ispirazioni dichiarate dell’autore è il J. H. Brennan di Alla Corte di Re Artù. Purtroppo tra le fonti di ispirazione c’è anche (anzi, soprattutto) il romanzo di Poul Anderson Tre Cuori e Tre Leoni che per quanto possa avere delle affinità tematiche con alcuni elementi di Kata Kumbas (un “alieno” che si trova catapultato in un mondo medioevale) mi risulta un po’ troppo distante dal mio modo italocentrico di intendere questa ambientazione. E pensare che io credevo che il nome del protagonista, Ugger, fosse un omaggio al paladino Ruggero…
Come nel caso del manuale base e di molte delle nuove avventure neanche stavolta c’è quindi un rimando diretto al folklore e alla tradizione italiana.
Idea molto simpatica e originale, la storia non procede solo con la scelta dei paragrafi da uno all’altro ma anche individuando i numeri nascosti nei disegni di Francesca Baerald, autrice anche della bella copertina e giustamente indicata come coautrice.

venerdì 18 novembre 2016

Love - I Dinosauri

Il quarto volume della saga Love presenta il protagonista più originale di tutti: un dinosauro. Nella fattispecie si tratta di un Bambiraptor Feinbergi ed è probabile che sia stata una scelta meditata per il suo valore simbolico: quasi non più rettile ma non ancora uccello, è un po’ la metafora del periodo che stanno vivendo i dinosauri in questa fase della loro storia.
Il piccolo dinosauro è braccato da un Quetzacouatlus e quindi si ritira a più miti consigli al seguito di un Isisaurus Colberti che data la sua stazza a malapena (anzi, sembra proprio per niente) si accorge della sua presenza e gli offre inconsapevolmente la protezione di cui ha bisogno. Nel corso della vicenda si allontaneranno e si riavvicineranno diverse volte ed entreranno in scena molti altri dinosauri.
Mai come negli altri capitoli c’è infatti una tale varietà di specie animali e giustamente il titolo di questo volume è al plurale e non più al singolare come i precedenti. Ma forse è una scelta dettata dal fatto che alla fine I Dinosauri è una specie di buddy movie, sicuramente il capitolo più divertente della serie pur se non mancano nemmeno qui momenti assai drammatici.
Come al solito i disegni di Federico Bertolucci sono uno spettacolo, tanto più che qui si scatena con diverse tavole doppie, ma mi è sembrato che abbia usato un piglio più caricaturale (e fin qui niente di male, anzi) e si sia affidato più che altrove al computer: oltre alle pennellate digitali a volte pesantine e agli effetti fotorealistici che non c’azzeccano molto col suo stile, forse ha esagerato un po’ con i rami sfocati a fare da recadrage. Oltre che spettacolari le sue vignette rimangono comunque espressive e molto dinamiche.
In appendice c’è una ricchissima selezione di sketch e prove, anche questi fatti con il computer o la tavoletta grafica, che compensa con le sue oltre venti pagine la lunghezza ridotta de I Dinosauri rispetto agli altri volumi della serie: solo 55 tavole di fumetto. Grazie a questa sezione si può vedere concretamente il lavoro di scrupolosa documentazione effettuato da Brrémaud e Bertolucci e ho imparato i nomi dei dinosauri che ho snocciolato sopra con tanta sicumera senza averli mai sentiti nominare prima.

mercoledì 16 novembre 2016

Intervista a Leonardo Moretti

Sine Requie è un miracolo dell’editoria ludica italiana. Best of Show a Lucca 2003, ha saputo conquistarsi un seguito fedele e appassionato che sembra crescere di anno in anno. In questo mondo distopico i personaggi sono dei Sopravvissuti (citando il titolo del romanzo dedicato a questo mondo) in un universo in cui il 6 giugno del 1944 lo Sbarco in Normandia si è rivelato l’anticamera dell’inferno e in cui i morti non rimangono più tali ma diventano degli zombi affamati di carne umana!
Pubblicato inizialmente da Rose & Poison, il gioco è stato poi ristampato e sviluppato per Asterion Press che ne ha fatto dei bellissimi volumi cartonati (la versione precedente era spillata o al massimo brossurata) e attualmente viene pubblicato sotto il marchio Serpentarium Games che si affida ancora ad Asterion per la distribuzione.
L’ambientazione di Sine Requie ha destato l’interesse di produttori cinematografici e case produttrici di videogiochi, e chissà cosa riserverà il futuro del marchio. Alla gallina dalle meritate uova d’oro gli autori Leonardo Moretti e Matteo Cortini (meglio noti sul web come Leonard Zombi e Il Curte) hanno affiancato altri giochi di ruolo di successo e sempre di alta qualità: Anime e Sangue (del solo Cortini), Alba di Cthulhu e l’ultimo arrivato L’Ultima Torcia. Essendo gli unici autori dei loro prodotti (durante la gestione Rose & Poison erano state fatte uscire due raccolte di avventure ideate da appassionati), l’impegno su più fronti ha inevitabilmente rallentato la produzione di materiale per Sine Requie. La cosa non sembra turbare i fan che come ogni anno hanno preso d’assalto il loro stand in gran numero e sin dall’apertura della fiera.

Luca Lorenzon (LL): Eccoci qui con uno dei creatori del gioco di ruolo Sine Requie che quest’anno presenta a Lucca un gioco interamente nuovo dopo l’exploit di Alba di Cthulhu dell’anno scorso. Prima accennavi al fatto che questo nuovo gioco, L’Ultima Torcia, lo avete fatto perché siete vecchi…

Leonardo Moretti (LM): Sì, siamo vecchi e a noi piacevano tanto i giochi vecchio stile in cui arrivavi, i tuoi personaggi entravano nei dungeon e morivano in maniere merdosissime: questo è un gioco di quel tipo lì, entri nel dungeon disperato con la spada rugginosa in mano cercando di diventare ricco ma muori.

LL: Ok, prendo la passione per i giochi old style come giustificazione per il fatto che non avete fatto uscire nulla di nuovo di Sine Requie quest’anno [a Lucca Comics & Games è stata comunque presentata una nuova versione ampliata e corretta del manuale base, nda], ma non è che state facendo anche voi come Jacques Tati o Patrick Cothias con la saga dello Sparviero [Leo è un appassionato di fumetto franco-belga di cui ha disseminato citazioni nel manuali di Sine Requie, nda] per cui il successo di Sine Requie vi ha un po’ spaventato e non vi decidete a finirlo, tirandolo il più a lungo possibile?

LM: Potrebbe essere una buona idea quella di fare il Sine Requie eterno ma in realtà un giorno anche Sine Requie finirà.

LL: Non puoi ancora anticiparci quando è prevista la conclusione?

LM: Non ho idea nemmeno io di quanto tempo ci vorrà per arrivare alla fine! Abbiamo il percorso per arrivarci, abbiamo il finale ma non so ancora quanto ci vorrà.

LL: E di questo nuovo gioco, L’Ultima Torcia, cosa puoi dirci? Ho visto che come dicevi è veramente molto classico, i personaggi interpretano tra gli altri maghi e guerrieri e anche la confezione con la scatola e più manuali è molto vintage.

LM: Abbiamo cercato di fare un prodotto che fosse valido sia per i vecchi giocatori, quelli come noi, sia per i giovanissimi giocatori che magari non sono mai riusciti a provare un gioco che avesse quel tipo di appeal che avevano i giochi con cui giocavamo noi quando eravamo molto piccoli, come ad esempio Uno Sguardo nel Buio o Dungeons & Dragons prima edizione.

LL: Lo stesso Uno Sguardo nel Buio era assai debitore di Dungeons & Dragons classico.

LM: Sì, il senso era quello. E quindi questo gioco è un gioco che ha un suo sistema di gioco, non è un retroclone [filone di giochi di ruolo attualmente molto in voga che riscrivono il vecchio D&D classico, nda] però di “retro” ha sia l’aspetto estetico che lo spirito: è come se fosse un gioco vecchio, di quelli classici, però riproposto per i ragazzi di oggi. Quindi è a colori, ha dei bei disegni invece che quelli in bianco e nero brutti dei primissimi giochi di ruolo, ha i suoi dadi dentro, ha le schede dei personaggi pronte per giocare, ha i manuali col regolamento ma il regolamento non è troppo pesante ma abbastanza leggero da poter essere giocato anche da un totale neofita, non dà niente per scontato dicendo “se hai già giocato ai giochi di ruolo”… no, L’Ultima Torcia è proprio per partire con i giochi di ruolo.

LL: C’è già qualche elemento dell’ambientazione o quella ve la riservate magari per qualche supplemento successivo come avviene di solito?

LM: No, la nostra idea è di fare un prodotto completo già con la scatola base. Qui hai un regolamento, un manuale di ambientazione e un manuale con i mostri.

LL: C’è anche un avventurina, magari?

LM: Ci sono sette avventure dentro. Con l’ambientazione e il libro dei mostri di quella specifica ambientazione. Il senso di questo gioco è che si gioca all’interno delle “Lande” e nel manuale base viene descritta una, quella di partenza. Poi se il gioco avrà successo presenteremo anche le altre Lande che si collegano a questa di partenza, creando un intero mondo.
E all’interno c’è anche un manuale a parte, cioè un bestiario con i mostri per questa specifica Landa.

LL: Ricordiamo quanti manuali ci sono nel set di base, così invogliamo all’acquisto?

LM: Tre manuali, sei schede del personaggio, un’avventura tutorial per chi non ha mai giocato (da leggere anche per il Master neofita) e un sacchetto di dadi. Dadi neri, come erano neri i dadi presenti nella prima confezione di Uno Sguardo nel Buio. Per farti capire i riferimenti guarda i ringraziamenti che abbiamo messo nella prima pagina.
La foto mi è venuta uno schifo, lo so. Gli altri dedicandi sono Arneson e Gygax

LL: Ulrich Kiesow è morto? Non lo sapevo.

LM: È morto per un attacco di cuore ancora nel 1997, è quello che ha ideato Uno Sguardo nel Buio con cui tutti abbiamo iniziato.

LL: Questo discorso vale anche per me, perché paradossalmente Dungeons & Dragons è venuto dopo: con la grande diffusione dei librogame della E. Elle, che pubblicava in Italia Uno Sguardo nel Buio, era molto più facile trovare Uno Sguardo nel Buio che D&D. E poi pubblicando le avventure nel formato dei librogame le faceva costare molto di meno anche se erano un po’ sacrificate.

LM: Costavano molto poco, 5000 o 6000 lire [2,58/3,10 euro attuali, nda] e quindi era una cosa che un ragazzino di 12 anni poteva comprarsi.

LL: Alba di Cthulhu, il vostro altro gioco oltre Sine Requie, come sta andando?

LM: Ha vinto il premio Gioco dell’Anno e quindi siamo felicissimi del riconoscimento che ci è stato dato. Quest’anno esce il manuale di ambientazione R’lyeh la Città Cadavere, all’interno c’è la descrizione di R’lyeh, c’è una mappa staccabile di 60 centimetri per 43 e dentro ci sono anche quattro Indagini per chi vuole giocare con le avventure pronte.

LL: Come stanno procedendo gli altri progetti relativi a Sine Requie: i libri, i film, i videogiochi… Tra l’altro tu e il Curte lavorate ancora? Perché con tutto questo successo sembra che siate diventati dei magnati coi giochi di ruolo!

LM: Allora, in realtà ci sono sempre dei progetti aperti però abbiamo notato che quando i progetti non li seguiamo noi al 100% tendono un po’ a sfasciarsi. Ma inevitabilmente sono dei settori dove non possiamo seguire noi tutto il processo creativo perché non abbiamo delle competenze specifiche, quindi alla fine cediamo i diritti dei nostri prodotti e vediamo come va. Per ora diciamo che ci è andata bene perché noi abbiamo solo ceduto i diritti, poi non se n’è fatto ancora niente ma intanto i soldi che li hanno dati!

LL: …e quindi state ancora lavorando, chi veterinario chi psicoterapeuta.

LM: Precisamente, la situazione attuale non ci permette ancora di abbandonare completamente i nostri lavori ma anche se andasse incredibilmente bene non so se li abbandoneremmo totalmente perché comunque sono due lavori che ci piacciono un sacco.

martedì 15 novembre 2016

I grandi assenti da Lucca 2016

Ormai mi sono rassegnato all’idea di non trovare più Il Messaggero dei Ragazzi e Capitan Novara a Lucca. Nel primo caso l’editore avrà riscontrato che i ricavi della fiera non sono sufficienti a coprire i costi, mentre il povero Capitan Novara e gli altri progetti correlati sono stati congelati in favore degli altri impegni del suo autore.
Mi sembrava però che il progetto SmartComiX fosse ben avviato e avesse trovato una sua sistemazione ideale con la Shockdom. Aspettare un anno per vedere come procedono le serie è pesante, ma ne valeva la pena. E ovviamente, liberi dalle normali limitazioni a cui sono sottoposti, gli autori si sono scatenati producendo ottimi lavori. Possibile che il progetto si sia già arenato? O sono io che non sono riuscito a trovarli a Lucca?

lunedì 14 novembre 2016

Martin Mystére Le Nuove Avventure a Colori 1: Ritorno all'Impossibile

Simpatica questa nuova incarnazione (non a caso definita “avatar” da Castelli) di Martin Mystère, ma anche un po’ spiazzante. In pratica il professore logorroico è diventato un mix di 007, Diabolik e Lo Scorpione (il personaggio di Desberg e Marini), apparentemente molto più giovane e incline alla battute sceme.
La storia verte intorno al “recupero” da parte del protagonista del pezzo mancante di un arazzo perduto di Leonardo da Vinci, che scatenerà ovviamente una caccia all’uomo nei suoi confronti (con inaspettati partecipanti sovrannaturali) e l’apertura di un portale verso un altro mondo, preludio al prossimo episodio.
I testi sono frutto del lavoro collettivo di addirittura sei sceneggiatori: Andrea Artusi, Diego Cajelli, Giovanni Gualdoni, Ivo Lombardo, Enrico Lotti e Andrea Voglino. I “Mysteriani” hanno basato questo primo capitolo della nuova incarnazione di Martin Mystère su numerose sequenze d’azione, un’ambientazione europea (principalmente italiana), dialoghi “moderni” e a volte metanarrativi e il gusto Ultimate di vedere come sono stati modificati i personaggi principali della mitologia mystèriana nel transito da un universo narrativo all’altro: Diana non è più un’assistente sociale e incontra per la prima volta Martin, a fare le veci di Java c’è l’energumeno Max, ecc.
Niente male i disegni di Fabio Piacentini (cui si perdona volentieri l’indecisione sull’orientamento dei bottoni della camicia di Martin da pagina 83 in poi): senza fronzoli ma di matrice realistica e abbelliti da una colorazione che credo voglia ricordare al lettore più giovane i frame (o si dice “cell”?) delle serie animate. Con la cartaccia in uso alla Bonelli non è che la parte grafica abbia modo di risaltare più di tanto, ma comunque il risultato è decisamente migliore delle derive caricaturali di un Cavenago o, peggio ancora, Rossi Edrighi che sembrano andare per la maggiore oggigiorno.
Un po’ mi pento di non aver comprato a Lucca il cofanetto che comprendeva anche il secondo episodio.

domenica 13 novembre 2016

Il Morto 7: Il Sepolcro del Guerriero

Ancora tre numeri e avrò la collezione completa de Il Morto. Con questo settimo episodio datato luglio 2012 la serie finalmente decolla. Alle matite (inchiostrate da Francesco Triscari) arriva infatti l’ottimo Simone Bossolo, che mi stupisco di non aver più visto al lavoro sulla serie. Forse in considerazione dell’alta qualità del suo lavoro è stato cooptato da altre case editrici più grosse della Menhir.
Anche i testi sono di livello elevato, comunque. Peg e il suo ritrovato commilitone Cardelli intercettano un altro ex militare del loro gruppo e con lui un pezzo del loro passato. Scoprono così che anni prima il maggiore Peg aveva imposto al gruppo il finanziamento della costruzione di un sepolcro per accogliere le loro spoglie una volta che fossero deceduti. Inoltre spunta dal passato anche una misteriosa cassetta di ferro che lo stesso Peg avrebbe dovuto custodire: i protagonisti fanno due più due e al cimitero recuperano questa cassetta con i pericolosissimi documenti che contiene, non senza le proverbiali difficoltà e gli agguati del caso.
Nel mentre continuano le indagini di Gambisi & co. per scoprire l’identità del Morto.
La narrazione di questo episodio è frenetica e coinvolgente, con parecchi colpi di scena, trovate originali e nuovi personaggi in gioco. Il sarcasmo di alcune battute e di alcune situazioni ricorda il Kriminal migliore.
In appendice una storia breve di H. W. Grungle a firma Francesco Marelli e Diego Marchese, molto simpatica.

sabato 12 novembre 2016

James Bond 1: Vargr


Non sono mai stato un appassionato di 007, nemmeno da bambino, ma Warren Ellis si compra sempre e comunque. E stavolta ha centrato in pieno il bersaglio.
Dopo aver risolto il caso personale della morte di 008 nella sequenza prima dei “titoli di testa” James Bond viene incaricato di indagare sui movimenti di un importatore di sostanze stupefacenti dalla natura sospetta. Con suo sommo disappunto, James Bond dovrà rispettare la Hard Rule, normativa che gli vieta di girare armato nei confini britannici.
Il tutto ruota attorno a un traffico di droga sperimentale: come idea non è certo originale ma si rivelerà essere l’epifenomeno di un esperimento ben più strutturato e, questo sì, decisamente originale. Il tutto condito da doppi giochi, tanta azione, personaggi splendidamente delineati e i dialoghi stupendi di Ellis. Oltretutto ho riscontrato che la struttura narrativa è più accessibile che altrove (di gran lunga di più che in Injection) probabilmente per venire incontro a un pubblico più generalizzato, o che almeno si spera tale.
Il disegnatore Jason Masters fa un ottimo lavoro pur ricorrendo massicciamente al computer: pulito, elegante ed espressivo. Inoltre è veramente bravissimo a raccontare col disegno, i suoi personaggi recitano benissimo e le coreografie delle scene d’azione sono splendide (e difatti in più frangenti i testi si riducono al minimo: basta una sguardo per capire le intenzioni di un personaggio, o l’inquadratura giusta per capire cosa userà 007 contro il suo avversario). Curiosamente viene definito «un artista affermato» nell’introduzione ma io non ricordo di aver mai letto niente di suo, anche se nelle Etichette noto che compare già il suo nome.
Interessante la scelta di usare per il protagonista un volto che non rimanda a nessuno degli attori che lo hanno interpretato, forse a volerne sottolineare l’essenza che rimane immutata anche con facce diverse.
Niente da dire, proprio un bel volume, valorizzato dal formato cartonato Panini che include anche qualche extra in appendice.

venerdì 11 novembre 2016

Viva Valentina!

Mai piaciuto Crepax e mai stravisto per la sua Valentina, ma questo volume si preannunciava una bella fonte di Fumettisti d’invenzione e quindi l’ho preso (approfittando anche della disponibilità della curatrice Micol Beltramini che me lo ha dedicato).
Viva Valentina! si segnala immediatamente per la grafica elegante e ricercata pur senza troppi fronzoli; la parte relativa ai fumetti non è preponderante (ma a livello iconografico non mancano molte illustrazioni e anche omaggi a Crepax) ma si tratta di un volume che raccoglie testimonianze, o lacerti di testimonianze, organizzandoli per decennio. Oltre ai “soliti noti” Giovanni Gandini, Oreste Del Buono, ecc. ci sono anche contributi inaspettati come quelli di Giampiero Mughini e Francesco Casetti (mio professore di Storia del Cinema all’Università di Trieste che grazie alla ristampa anastatica ho scoperto scrisse alla posta di Linus negli anni ’60).
Ogni sezione/decennio viene introdotta da un testo inedito (come prologo c’è una chiacchierata immaginaria tra Valentina e Crepax) ed è caratterizzata esteticamente da un motivo grafico che rimanda allo stile del decennio di riferimento: un tocco di raffinatezza non da poco.
I fumetti veri e propri sono tutti di alta qualità, sospesi tra l’omaggio all’autore e alla sua opera e la reinterpretazione dell’immaginario che ha creato.
Se sono matto di Maurizio Rosenzweig è un destrutturato flusso di coscienza di Rembrandt/Neutron che ricorda la sua Valentina. Il segno volutamente grezzo e grottesco di Rosenzweig non si sposa forse molto bene con l’atmosfera onirica della storia e il ricordo delle immagini diafane di Crepax.
Valentina vuole di Micol Beltramini e Corrado Roi è un gustoso dialogo tra il personaggio e il suo autore. Forse Roi non è riuscito a raffigurare troppo fedelmente Valentina, che con quelle labbra carnose in almeno una vignetta somiglia a Sophia Loren, ma le sue tavole restano stupende.
Valentina astrale di Adriano De Vincentiis è uno spettacolare cross-over onirico tra l’eroina di Crepax e Barbarella (o meglio, sua figlia) con dei disegni mozzafiato.
Valentina legge di Tuono Pettinato è una deliziosa parodia della rubrica letteraria che il personaggio tenne su Linus, o per meglio dire più che una parodia è la constatazione della pochezza letteraria di questi anni, almeno del settore di più facile consumo. Peccato che sia così breve, solo 4 pagine, ma a tirarla per le lunghe non sarebbe stata altrettanto incisiva.
Io sono vera della Beltramini e Lola Airaghi è un’indagine fantastica sull’influenza che il personaggio di Valentina ebbe sulla vita di coppia dell’autore, ma alla fine diventa un omaggio a Laura, la moglie di Crepax. Peccato che la brava Airaghi non abbia beneficiato di una qualità di stampa degna del suo lavoro.
Il volume è un po’ un corpo estraneo nel panorama del fumetto italiano: non è un apparato critico e non lo si può nemmeno definire una raccolta di fumetti (che occupano in totale solo 42 pagine delle 128 di cui è composto), mutatis mutandis mi ha ricordato i volumi de L’Avventurosa Storia del Cinema Italiano di Goffredo Fofi e Franca Faldini, concentrandosi però solo su un autore invece che sul medium nel suo complesso. Di certo Viva Valentina! è un must per i cultori del personaggio e dell’autore ma anche per gli appassionati di fumetto italiano in generale.

giovedì 10 novembre 2016

Hal Starr

La meritevole casa editrice Allagalla ha da un po’ accantonato il recupero di fumetti argentini in favore di proposte che immagino più appetibili per il grosso pubblico, come alcuni classici de Il Giornalino e lavori bonelliani di Claudio Nizzi. Ben venga, ovviamente, se serve a far cassa ma spero sempre che tornino a pubblicare qualcosa di Trillo e compagnia. Qualche chicca salta comunque fuori, come nel caso di questo Hal Starr.
Realizzato sul finire degli anni ’80 a partire da un progetto di dieci anni prima, il fumetto racconta di un astronauta naufragato su Marte. Nelle prime tavole si avverte il lodevole tentativo di fornire al lettore un certo realismo (o almeno una sua parvenza) tramite spiegazioni tecniche, soluzioni plausibili e senza l’intervento di nulla di fantascientifico. Ma dalla nona tavola la trama subisce una brusca virata, con il ritrovamento di un’astronave senziente aliena e il successivo imbarco di Hal Starr verso un pianeta sconosciuto – l’astronave imprigionata per millenni è rimasta stizzita nel vedere che la “sua” Terra non corrisponde a quella contemporanea del protagonista e si lancia nell’iperspazio. Da Sopravvissuto di Ridley Scott passeremmo quindi a Mission to Mars di De Palma, ma in realtà questo è solo l’inizio.
Hal farà infatti la conoscenza di Trell, un alieno intrallazzone che sul pianeta Thyton sfrutterà il protagonista per le sue trame, arrivando a vendere l’astronave senziente a un collezionista!
La storia è veramente simpatica e avvincente e Sydney Jordan ha saputo come suo solito dare vita a una bella fauna di caratteristi spennellando il tutto con un gradevole sense of humour. La struttura delle tavole (originariamente previste per la pubblicazione di una alla settimana se ho ben capito) rende il ritmo un po’ sincopato perché all’inizio di ogni tavola spesso veniva riassunto quello che era successo in quella precedente, arrivando anche a rinarrare alcune scene. Ma ci si fa presto l’abitudine e la narrazione scorre veloce e piacevole, soprattutto nella seconda parte del volume. Sulla qualità dei disegni c’è poco da dire: è Sydney Jordan. I colori (e anche la copertina) sono stati realizzati da John Ridgway, di cui ricordo qualche episodio di Hellblazer e Invisibles. Apparentemente sono la parte meno riuscita dell’operazione visto che la computer grafica all’epoca della colorazione era ancora rudimentale e il risultato è decisamente pacchiano per gli standard di oggi (oltre al fatto che gli elementi fotografici inseriti nelle tavole stonano un po’) ma tutto sommato restituisce un certo gusto psichedelico che ben si adatta al tono della storia.
In appendice un articolo di approfondimento su Sydney Jordan e la sua opera a cura di Danilo Chiomento e il fumetto con la prima apparizione (datata 1953) di Hal Starr, ancora rozza nel disegno ma nei cui ingenui testi si può già intravedere la genialità dell’autore che avrebbe portato alla creazione di Jeff Hawke.

mercoledì 9 novembre 2016

IT Comics: The Believers 1

Veramente ammirevoli questi della IT Comics. Oltre a presentare dei prodotti pregevoli con una buona cura editoriale, come ho già avuto modo di constatare, hanno dimostrato durante l’ultima Lucca un’ottima organizzazione e una grande inventiva nel vendere i loro prodotti. In pratica ogni fascicolo si poteva comprare in tre diverse versioni: quella normale a 3 euro, incellofanata con sketch a parte già fatto a 10 euro e con uno sketch personalizzato secondo le richieste dell’acquirente a 50 euro. A questo andrebbe aggiunto che lo stand IT Comics era molto ben organizzato e se si chiedeva qualcosa a qualcuno degli operatori la risposta era competente e trasmetteva addirittura entusiasmo per il lavoro, cosa che non si può certo dire degli stand di molti altri editori più blasonati.
La mia attenzione si è concentrata su The Believers, di cui ho potuto sincerarmi dal vivo che la copertina non era uno specchietto per le allodole (timore che mi aveva fatto desistere dall’ordinarlo dall’Anteprima): anche i disegni interni di Locatelli sono infatti minuziosi e acquerellati. La storia ideata da Andrea Pau è piuttosto originale: agli albori di un XX secolo alternativo la Società Forteana cerca di fomentare le ostilità tra Slavi e Austriaci inserendo false notizie nel tessuto informatico progenitore di internet che tutti leggono. La fotografa Penelope Podolsky e il suo compagno giornalista Gustav vengono in contatto con il Pig Club, tra cui militano la pistolera Annie Oakley (personaggio realmente esistito, a voler credere agli autori) e il Conte Vassilij Vasiliev, il cui scopo è quello di smantellare la rete dei criminali.
La mia copia e il mio sketch allegato da 10 €
L’ambientazione è quindi uno steampunk con pennellate di critica ai costumi contemporanei, ma l’aspetto più moralista di disprezzo verso i complottisti e i drogati di “like” non è per fortuna preponderante e la storia procede spedita e coinvolgente tra colpi di scena, molta azione e scene spettacolari.
Come nel caso delle altre due serie che ho letto finora anche The Believers mette parecchia carne al fuoco e si legge con piacere, ma lascia un senso di incompiutezza (programmata quanto si vuole) con un cliffhanger che chissà quando avrà seguito. Voglio comunque essere ottimista e spero che il secondo episodio esca presto.

martedì 8 novembre 2016

Archie Comics: Archie, Archie tra i Morti Viventi e Le Terrificanti Avventure di Sabrina

Come dicevo, la strategia dello spacciatore di droga è sempre efficace. Visto che il fascicoletto gratuito di Betty &Veronica a opera di Adam Hughes era ottimo sono tornato allo stand delle Edizioni BD per provare qualche altra proposta della Archie Comics. Alla fine ho preso quasi tutti i volumi con variant cover di Francesco Francavilla, ho saltato solo quello di Jughead di cui i disegni proprio non mi piacevano.
Archie prometteva proprio bene: Mark Waid (la mia nuova scoperta) ai testi e Fiona Staples ai disegni. Nei fatti lo sceneggiatore non ha potuto brillare molto dovendo adattarsi a un target molto giovane e la Staples, che francamente non è poi una disegnatrice così spettacolare, ha disegnato solo metà del volume cioè i primi tre episodi originali (gli altri tre se li sono divisi Annie Wu e Veronica Fish forse per dare continuità di genere al fumetto).
Come accennato Archie si rivolge a un pubblico molto giovane ed è una teen comedy che si mantiene sempre casta e garbata. La vicenda inizia ex abrupto dopo che Archie e la sua fidanzatina storica Betty hanno rotto a causa dell’“incidente del rossetto”, sulla cui natura verremo edotti solamente nel quarto capitolo. Nel frattempo a Riverdale è arrivata una famiglia di riccastri, i Lodge, e durante i lavori per la costruzione della loro villa Archie combina un disastro. Questo disastro è funzionale alla rampolla dei Lodge, Veronica, che ne approfitta per rendere Archie il suo schiavo suscitando la gelosia di Betty. Gli amici si mobilitano per far riavvicinare la coppia d’oro di Riverdale.
questo non l'ho preso
La storia narrata in questi primi sei capitoli è forse un po’ troppo diluita ma il mestiere di Waid si nota comunque e riesce a infilare qualche scenetta divertente e qualche battuta azzeccata (beninteso, sempre in un contesto di fumetto strettamente “per tutti”). Il volume però si conclude con un cliffhanger che rende necessario l’acquisto del prossimo volume per sapere come andrà a finire la storia. I disegni sono drasticamente virati sul cartoonesco e benché la Staples sia senz’altro la più professionale tra le disegnatrici non brilla se non in qualche primo piano molto espressivo o in qualche vignetta in cui i personaggi “recitano” molto bene.
Archie tra i Morti Viventi è decisamente differente come tematiche e come atmosfera. Nata per caso prendendo spunto dall’illustrazione di una variant cover, narra come intuibile dal titolo di un’invasione di zombi in quel di Riverdale. Poteva venirne fuori una minchiata ma lo sceneggiatore Roberto Aguirre-Sacasa ha confezionato un piccolo capolavoro, oltretutto coadiuvato dai disegni di un notevole Francesco Francavilla.
Jughead, l’amico fraterno di Archie, porta il suo cane Hot Dog investito da un pirata della strada da Sabrina la strega per farlo resuscitare e probabilmente è l’intervento della giovane strega (contro la volontà delle zie) a dare origine al contagio che dal redivivo Hot Dog si spargerà per tutta Riverdale. In fuga dalla festa di Halloween, i ragazzi si rifugeranno a villa Lodge dove saranno momentaneamente al sicuro dopo aver superato varie tragedie.
La narrazione è incredibilmente tesa e avvincente e Aguirre-Sacasa conosce i trucchi giusti per avvincere e commuovere il lettore, ad esempio le parti narrate dal punto di vista del maggiordomo e del cane di Archie. In secondo piano vengono inoltre trattati argomenti inaspettati quali incesto, omosessualità e adulterio. E tutto sommato non saranno nemmeno di secondo piano visto che si riveleranno funzionali ad alcuni passaggi. A differenza di Archie la serie raggiunge la conclusione di un primo ciclo nonostante faccia parte di una trama in divenire.
I disegni dell’italiano Francesco Francavilla (che un febbrone ha tenuto lontano da conferenze e sessioni di dediche) sono fantastici. C’è un po’ di Toth, un po’ di Bernet e tanto Mazzucchelli. A volte la semplificazione del suo tratto è eccessiva e alcune vignette sembrano tirate via, ma in altre occasioni le immagini sono semplicemente perfette per quello che devono raccontare. Non essendoci alcun riferimento nelle gerenze ho immaginato che anche gli ottimi colori li abbia fatti lui, cosa che è stata confermata nell’introduzione del terzo volume che ho preso.
In effetti questi volumi delle Edizioni BD sono un po’ parchi di informazioni come avviene invece per altri editori di materiale statunitense e non indicano nemmeno i numeri originali dei comic book che compongono i singoli volumi. Anche sulle traduzioni forse ci sarebbe qualcosina da ridire (“poco dopo” credo che sia più adatto rispetto al letterale “presto” che immagino traduce la didascalia originaria “soon”, e i “called shot” sono colpi mirati e non “chiamati”) ma ben venga visto che le Edizioni BD sono passate alla cucitura delle pagine sul dorso e non alla semplice incollatura come per Black Summer, No Hero e le altre mirabilie di Ellis che si sfaldano solo a guardarle.
Per finire, Le Terrificanti Avventure di Sabrina (la streghetta protagonista anche di film, cartoni animati e telefilm forse più famosa dello stesso Archie, almeno in Italia) si rivela ancora più spiazzante spostando l’azione tra gli anni ’50 e ’60. La vita della ragazza sembra non essere altro che un piano a lunghissimo termine di suo padre, Edward Spellman, stregone che si è unito con una mortale dando appunto origine alla mezzosangue Sabrina. Nell’introduzione lo sceneggiatore Aguirre-Sacasa dice che voleva omaggiare con questa serie il Sandman di Neil Gaiman e in effetti ne riprende sia la verbosità che il gusto per il macabro. Le componenti orrorifiche e sataniche molto marcate pongono Le Terrificanti Avventure di Sabrina agli antipodi rispetto ad Archie. Anche se non mancano colpi di scena e sequenze azzeccate, oltre a una suggestiva ricostruzione del periodo, la trama procede in maniera eccessivamente lenta e farraginosa (oltretutto gli episodi raccolti sono solo 5 ma sono extralarge rispetto alla durata dei comic book normali e hanno almeno 25 tavole ognuno) per poi decollare solo nelle ultime pagine, ma anche in questo caso per troncare il tutto con un cliffhanger che rimanda a un futuro volume!
I disegni e i colori di Robert Hack sono veramente azzeccati e rendono alla perfezione le atmosfere vintage che la storia deve evocare: c’è persino una comparsata di Betty/Marylin Monroe e Veronica/Betty Page, che in questa versione sono anch’esse streghe. Fuori da questo contesto è probabile che Hack non risalterebbe ma per Sabrina è stato veramente una scelta azzeccata.
Terminata la lettura solo Archie tra i Morti Viventi mi ha entusiasmato ma non è detto che non prenderò anche i secondi volumi delle altre due serie.

lunedì 7 novembre 2016

Injection volume 1

Piuttosto impegnativo questo nuovo lavoro di Warren Ellis. Il concetto di base, la creazione di una forma di intelligenza artificiale che può controllare la realtà, viene rivelato solo verso la fine e la storia è punteggiata da flashback, trame parallele e salti temporali che la intorbidano non poco. Fino al secondo capitolo ho lottato contro la tentazione di lasciar perdere.
Injection narra di una squadra speciale agli ordini dell’FPI con lo scopo di trovare un sistema per sbloccare il momento di stagnazione che sta vivendo l’evoluzione tecnologica umana e spingerla verso nuove conquiste. L’elemento più preminente, un mago che rifiuta di esserlo, se ne viene fuori con l’idea di creare questa “injection” che però una volta presa vita simulerà un’invasione da parte di creature del folklore britannico. Sarà funzionale a risolvere la situazione la dottoressa Maria Kilbride a capo del progetto (che prima è in un manicomio, poi lavora per l’FPI, poi torna in manicomio, poi pare che ricostituisca il gruppo, poi boh).
L’idea di partenza si era già intravista in altri lavori di Ellis e inevitabilmente certi personaggi me ne hanno ricordato altri (Robin è un po’ Gravel, un infallibile detective di colore c’era già in Global Frequency, la protagonista è una pazzoide simile a quello di Supergod) comunque la storia si legge con piacere e lo sceneggiatore inanella ogni tanto qualcuna delle sue battute memorabili.
I disegni di Declan Shalvey sono assai scarni e per nulla entusiasmanti, anche se nei comic book si vede molto di peggio. Una colorazione poco attenta o proprio sciatta da parte di Jordie Bellaire (gli interni di casa Roth sono uniformemente ocra) non aiuta a far apprezzare la parte grafica.
Almeno Injection ha il vantaggio che, per quanto si tratti di una serie ongoing, con questo primo volume si conclude il primo round e il relativo arco narrativo. Ma di sicuro non rientra nelle dieci migliori opere realizzate da Ellis. E nemmeno nelle prime venti.

domenica 6 novembre 2016

Historica 49 - Napoleone: Waterloo

È il volume di Historica che in assoluto ha meno pagine di fumetto, solo 80 (anche in origine era un unico volume extralarge) ma visto l’argomento ben venga.
Il tema è chiaro sin dal titolo e vista la pervasività del termine “Waterloo” anche a livello popolare, come ricordato da Sergio Brancato nell’introduzione, non credo serva riassumerlo. L’unico guizzo di originalità a cui si affida Bruno Falba è la narrazione affidata a due soldati di schieramenti opposti che, una volta salvato il primo dalla fucilazione, si racconteranno le rispettive esperienze delle campagne napoleoniche viste da due barricate diverse.
Waterloo adotta quindi una struttura simile a quella dei musical che tendono verso l’inevitabile finale già noto al pubblico. Poteva essere un approccio interessante ma alla fine assistiamo solo, reprimendo qualche sbadiglio, allo sciorinare di lunghe descrizioni e di qualche aneddoto per gli appassionati. Alla fine mi è sembrato addirittura che l’evento principale sia stato trattato in maniera un po’ anticlimatica e l’elemento che determina una scossone nella storia è scoprire l’origine della conoscenza tra i due protagonisti/narratori.
La parte grafica è opera di una equipe che comprende Jean Tulard ai layout, Maurizio Geminiani ai disegni e Christian Dalla Vecchia alle rifiniture. Il tratto non è sgradevole come quello di Memorie della Grande Armata, per rimanere in ambito napoleonico, ma è comunque molto stilizzato e poco espressivo, con dei contorni molto marcati che rimandano un’impressione di modernità poco adatta al contesto. E nei campi lunghi il team tira via abbozzando sommariamente le figure. I colori di Luca Bancone sono purtroppo realizzati al computer, così lividi che a volte impediscono di capire con precisione cosa sia disegnato: il confronto tra una tavola in bianco e nero e la sua versione colorata in appendice al volume rende in maniera impietosa questo fenomeno (per raggiungere una foliazione dignitosa Waterloo presenta ben 30 pagine di schizzi, prove, ecc.).
Cara Mondadori, io ho fatto il bravo e ho comprato anche questo volume: adesso mi pubblichi nel numero 50 il seguito de La Compagnia del Crepuscolo o de L’Impero Azteco? Grazie.

sabato 5 novembre 2016

Curves

Romina Moranelli è una disegnatrice che ho scoperto nel bistrattato (ma che a me è sembrato molto elegante e funzionale) Caffè degli Artisti di Lucca 2016. Il suo stile non è propriamente realistico ma è comunque piacevole e il suo soggetto preferito sono le donnine, quindi mi è venuto naturale comprarle un art book che vendeva in fiera: Curves.
Il volume brossurato in formato quadrotto presenta nelle sue 48 pagine un sacco di prove, sketch e illustrazioni finite in cui si nota la predilezione della Romanelli per alcune derive recenti della scuola franco-belga. Un gran bel vedere, tanto più che la Moranelli si abbandona spesso a trovate umoristiche e a pose originali. Di seguito qualche esempio:
Se ricordo bene il volume veniva venduto a 15 euro. A breve un’intervista all’autrice su Fucine Mute.