venerdì 30 luglio 2021

Gli Albi della Cosmo 68 - I Grandi Maestri 61: Bull Rockett

Bull Rockett lo conoscevo solo per la ripresa su Skorpio (Tit-Bits in Argentina) a opera di Lito Fernandez, anche se la maggior parte del lavoro mi pare che la facesse Oscar Garibaldi. Storie scanzonate (anche se occasionali “messaggi” non erano affatto rari) di natura prettamente fantascientifica. Ovviamente anche questa serie rientrava nell’ottica della ripresa e dell’adattamento delle vecchie serie della Abril e della Frontera, tanto meglio se lo sceneggiatore come in questo caso era lo stesso, almeno fino alla sua scomparsa.

La saga di Bull Rockett ebbe in realtà inizio nel 1952 coi disegni di Paul Campani, quindi considerando i ritmi forsennati di realizzazione di questa serie, all’arrivo di Solano Lopez ai disegni (1955) poteva vantare già un universo ben delineato. Non dico che si ha l’impressione che la storia inizi in medias res, però ogni tanto si avverte che c’è qualcosa di preesistente che sarebbe stato il caso di conoscere: ad esempio il fratello “gangster” di Bull, Joe, compare senza essere minimamente introdotto (i lettori argentini ovviamente sapevano già chi era), mentre il riferimento agli alieni “plastici” con cui i protagonisti hanno avuto a che fare poco prima di queste storie è inutile se non fuorviante in alcuni riassunti, che sembrano essere stati tradotti dall’episodio sbagliato.

I protagonisti di questo fumetto sono lo scienziato-avventuriero Bull Rockett e i suoi colleghi e amici Bob Gordon (che funge da cronista per Misterix, la rivista dov’era pubblicato) e il meccanico Pig che invece è la spalla comica, anche nell’aspetto molto caricaturale. Altri personaggi gravitano attorno a questi protagonisti, come Mama Pigmy e il già citato Joe Rockett.

In queste storie vengono mescolati fantascienza, esotismo, spionaggio e avventura pura. È evidente (o almeno è la mia impressione) che Oesterheld scrivesse senza sapere bene dove sarebbe andato a parare, iniziando ogni singola avventura con un’introduzione roboante per poi giustificarla in corso d’opera, magari correggendo alcuni dettagli delle trame a mano a mano che le storie procedevano.

Le storie sono tutte un po’ inverosimili, ma se non altro Oesterheld ci metteva un sacco di technobubble che le rendeva almeno avvincenti se non proprio credibili. C’è in questo piccolo assaggio di Bull Rockett quello che ha reso giustamente famoso Oesterheld, ovvero la capacità di mettere in scena situazioni assurde o apparentemente impossibili per poi appagare il lettore con una giustificazione scientifica o pseudoscientifica – anche se però qui mi pare che abbia tirato un po’ troppo la corda della verosimiglianza.

Nello specifico, le sei avventure qui raccolte sono: Cacciatori di teste, che tratta del salvataggio di un paio di prigionieri dai riduttori di teste Jivaros (con un bel colpo di scena finale, che Oesterheld potrebbe aver tratto da un fatto di cronaca o da un racconto letterario); Quando morì Bull Rockett, un’invasione aliena piuttosto confusa in cui vari elementi vengono corretti in corsa (e pensare che in origine venne pubblicata in un’unica soluzione su Super Misterix); Il giardino diabolico, una storia suggestiva di spionaggio misto a fantascienza in cui però con l’ipnotismo si risolve qualsiasi cosa, e il cui colpo di scena finale è prevedibile; La caverna degli orsi, una trasferta europea dove una missione di salvataggio si sposa con una leggenda bretone di cui Oesterheld dà una spiegazione soddisfacente (per quanto vi fosse la necessità di svelare con calma i vari misteri e di approfondire i personaggi coinvolti, forse si è protratta troppo a lungo); L’isola delle perle verdi, avventura esotica con un vaghissimo retrogusto fantascientifico (e anche qui con dei voltagabbana forse decisi sul momento per movimentare le cose); Dischi volanti, che come intuibile dal titolo è fantascientifica, ma ha anche un originale risvolto romantico: gli UFO però non volano ma sono sottomarini e rapiscono i pescatori di Olson Bay.

Al di là dell’aspetto sin troppo fantasioso che si può giustificare con il desiderio di creare sense of wonder, il limite di Bull Rockett è che il protagonista è troppo colto, atletico, intelligente, intuitivo, geniale, forte e alla fine risulta un po’ antipatico. Sì, tantissimi altri protagonisti dei fumetti di quegli anni lo erano, ma non certo quelli di Oesterheld: il coevo Sargento Kirk è un personaggio molto più sfaccettato e affascinante, e se non ricordo male l’economia interna al suo gruppo è gestita meglio che non quella del “clan” Rockett, in cui Bob e Pig potrebbero anche essere assenti – e infatti a volte lo sono, tanto ci pensa sempre Bull a risolvere le situazioni.

I disegni di Solano Lopez, anche facendo la tara alla pessima qualità di stampa, non sono granché. Lo si può giustificare con la necessità di imitare lo stile del creatore grafico Paul Campani e con i ritmi frenetici di lavorazione (almeno cinque tavole orizzontali con una decina di vignette l’una alla settimana, più gli speciali mensili! E anche se ogni tanto un terzo o metà delle tavole erano occupate da pubblicità o raccontini, le proporzioni erano le stesse), così come è probabile la partecipazione di collaboratori meno preparati, ma comunque il risultato non rende giustizia a Solano Lopez: i volti dei personaggi, rigidissimi, sono quasi sempre di profilo o di fronte e le figure intere sono dei blocchi granitici. Le proporzioni originali rendono poi piuttosto traumatico il passaggio a questo formato più piccolo.

Sull’edizione Cosmo non c’è molto da dire visto che dopo la loro versione de L’Eternauta e di Amapola Negra uno potrebbe averci fatto il callo alla bizzarra lettura orizzontale. Mi chiedo però perché non tradurre “Tabano”, l’incredibile aereo atomico con cui si muovono i protagonisti (progettato da Bull Rockett, ça va sans dire).

Trattandosi di un inedito (almeno per me) di Oesterheld e Solano Lopez “dovevo” prenderlo, ma francamente non so se consigliarlo – anche se 6,90 euro sono un prezzo onesto per 176 pagine, Bull Rockett (la maggior parte di queste sei storie, almeno) è un gradino sotto altre produzioni del maestro argentino, e comunque la loro lettura è preclusa ai presbiti.

martedì 27 luglio 2021

Black Kiss Omnibus

Chaykin ci spiattella col suo ritmo sincopato e un po’ involuto due storie che scorrono parallele: da una parte la prostituta/magnaccia Dagmar e la sua controfigura Beverly si trovano coinvolte nel furto di materiale scottante, dall’altra il jazzista Cass Pollack, appena disintossicato dalla droga, viene ricercato per l’omicidio della moglie e della figlioletta che invece sono state fatte fuori dai mafiosi con cui è colluso e che volevano uccidere lui. Ben presto le loro strade si incroceranno e così i tre protagonisti divideranno (oltre che un po’ di sesso) una storia pazzesca in cui il noir si mischia alla satira di costume e al sovrannaturale.

Black Kiss è comunque più che altro una scusa per ostentare l’ossessione dell’autore per il sesso, che non mi stupirebbe fosse costruita a tavolino e fatta apposta per épater la bourgeoisie. A distanza di anni dalla prima uscita originale (1988) certi dettagli che si vorrebbero scabrosi non si notano più, anche perché trattandosi di un fumetto statunitense di sesso si parla parecchio, ma non se ne mostra mai. Anche i cadaveri sui tavoli degli obitori sono vestiti, che diamine! Per fortuna a smuovere un po’ il tutto c’è anche una certa tendenza alla blasfemia, nei dialoghi e nel mostrare un prete che si gode i servizi di Dagmar (o era quell’altra?), e questo è un po’ più interessante delle (inesistenti) scene di sesso esplicito. I pochissimi falli visibili lo sono infatti solo relativamente, e ovviamente mai eretti. D’altra parte uno è al centro di un colpo di scena, quindi più di tanto Chaykin non poteva nasconderlo. C’è un altro discreto colpo di scena verso la fine, ma nulla di geniale – anzi, sembra la parodia di una soap opera!

Tra gli elementi più piacevoli del fumetto ci sono senz’altro alcune battute divertenti, inoltre la geometria ostentata dello stile glaciale di Chaykin permette di capire bene cosa guardare in ogni singola vignetta e come leggere nel giusto ordine le tavole. È bravo nello storytelling, insomma, come si dice dei disegnatori che non sanno disegnare. Poi i suoi protagonisti sono tutti uguali ed è un disastro capire chi è chi, ma quanto racconta bene!

Black Kiss non va preso quindi troppo seriamente: è un divertissement di Howard Chaykin che probabilmente ha cercato di attirare i riflettori su di sé con la promessa di sesso esplicito (sistematicamente non mantenuta) e magari avrà voluto omaggiare certe cose che ama come la musica jazz o certo cinema dagli anni ’30 ai ’50. Se però non si vuole stare al suo gioco, c’è ben poco con cui consolarsi: uno potrebbe pensare ad esempio che almeno non sta leggendo il solito fumetto di supereroi, ma poi, dal capitolo 10 in poi… Oltretutto alla fine il disegno di Chaykin svacca ma, ooooooooh, quanto è bravo a raccontare!

Se lo si prende dalla giusta prospettiva è divertente, però Lando e La Poliziotta lo erano altrettanto se non di più, e soprattutto dal punto di vista erotico erano ben più carichi e spesso erano pure disegnati meglio (ok, Lando probabilmente no, ma Angiolini non metteva decalcomanie a distrarre il lettore dalla “carne”, che comunque in Black Kiss manco c’è).

Può darsi che una parte del godimento del fumetto, per quanto secondaria, sia demandata ai commenti sugli ebrei americani e ad alcuni luoghi e stereotipi di Los Angeles, cose che quindi mi sono sfuggite. È interessante notare come certi elementi sarebbero stati ripresi, probabilmente per caso, in altre forme e con ben maggiore dignità: la coppia di killer nero-bianco in Pulp Fiction e l’orgia mascherata in Eyes Wide Shut.

Per quanto possa sembrare incredibile, questo polpettone ha anche avuto dei seguiti raccolti nel volume SaldaPress, che però non riprendono direttamente la storia di Cass come sarebbe stato logico aspettarsi dal finale del primo ciclo ma si concentrano principalmente su situazioni antecedenti: dei prequel, insomma, in cui viene premuto l’acceleratore sull’ironia, sulla vacuità dei testi e sul sesso. Chaykin dimostra più impegno nel comparto grafico, arricchendo le sue tavole di sfumature; l’impressione è che le abbia fatte col computer, ma potrebbe anche aver usato il famoso retino DuoShade o semplicemente approfittato della resa tipografica delle matite come si usava anni fa, facendo un unico impianto di stampa per neri e grigi. In Black Kiss 2 e soprattutto nello speciale di Natale il sesso è molto più esplicito che nella serie originale e nel capitolo conclusivo della seconda miniserie scopriamo che fine ha fatto Cass, arrivando fino al 2010.

sabato 24 luglio 2021

iComics

Di solito parlando di riviste di fumetto d’Autore successive agli anni ’80 e ’90 si cita ANIMAls, ma per un breve lasso di tempo (ancora più breve di quanto durò ANIMAls) ci fu anche dell’altro. IComics mi colse di sorpresa nell’estate del 2010; se ho ben capito, era una propaggine della Scuola Internazionale di Comics di Roma e grazie ai suoi contatti poté vantare collaborazioni eccellenti. Ma, immagino per far lavorare gli alunni, propose anche colorazioni per nulla necessarie di tavole di Eleuteri Serpieri e Mandrafina.

iComics non partì col piede giusto, perché come storia lunga del primo numero (un volume franco-belga completo come si usava su Comic Art) scelse una storia, Maat, indirizzata a un pubblico jeunesse che non inquadrava bene il target dei lettori – figurarsi che dal secondo numero campeggiava timidamente in copertina la scritta «v. m. 14 anni»! Ma dalla seconda uscita corresse la rotta presentando il simpatico Il Manoscritto Proibito di Dal Pra’ e Grella.

Tra le altre proposte a fumetti non mancarono cosette velleitarie e raffazzonate come un intervento metanarrativo di Bevilacqua, ma su quelle pagine sfilarono autori di primissimo piano (il redivivo e bravissimo Emiliano Simeoni!) con lavori recuperati dal passato, inediti in Italia o addirittura realizzati appositamente. Lucio Parrillo, Enzo Troiano, Giorgio Cavazzano… A integrare la parte a fumetti, redazionali su nuove tecnologie, collaborazioni con Radio KissKiss e ovviamente articoli dal taglio storico o tecnico sul fumetto per lasciar trapelare i segreti del mestiere, giacché in Italia sono più numerosi gli aspiranti autori che i lettori.

La rivista era bimestrale e costava 9,90 euro, prezzo più che giustificato per una testata brossurata che offriva ben 160 pagine a colori (anche dove i colori erano superflui se non dannosi) su carta patinata ad alta grammatura. A un certo punto credo che si parlò di chiusura o di evoluzione: termini che usavano tutte le riviste poco prima di chiudere, ma nel caso iComics ci fu l’evoluzione. Dopo quattro numeri la testata divenne mensile riducendo foliazione e prezzo. E ristampando fumetti che avevo già in altre versioni, per questo smisi di comprarla – e forse anche per il timore di vedermi Bernet colorato col computer. Mon Nom n’est pas Wilson di Trillo e Fahrer lo recuperai direttamente in francese. A suo tempo mi venne detto che la qualità di stampa era scaduta, e siccome venivo regolarmente preso in giro perché di solito ero io che mi lamentavo sempre di questa cosa non ho motivi di dubitarne. A dispetto del successo che evidentemente aveva avuto nella sua prima incarnazione, iComics non sopravvisse ancora a lungo. Qualche anno dopo Pino Rinaldi postò sul suo blog una versione della sua Agenzia X (a colori, ça va sans dire) da pubblicare nell’eventuale rinata rivista, ma (correggetemi se sbaglio) la fenice non risorse mai dalle sue ceneri. Peccato.

mercoledì 21 luglio 2021

Lucca Comics & Games 2021

 

29 ottobre – 1° novembre 2021
ANCHE LUCCA COMICS & GAMES TORNA IN PRESENZA,
Quattro giorni per vivere le proprie passioni,
nella massima sicurezza e nel rispetto delle regole.
 
 

Dopo la rivoluzione di Lucca ChanGes 2020, che ha permesso di andare oltre le limitazioni portando il Festival nei Campfire di tutta Italia, sulla Rai e online, Lucca Comics & Games torna nella città da cui prende il nome, dal vivo, con eventi, incontri e appuntamenti in presenza, benché regolamentati dalle normative sanitarie in vigore. Non un modello per una “nuova Lucca”, ma il primo, significativo passo verso una nuova normalità. Si mantiene salda la scelta delle tradizionali date di svolgimento della manifestazione (29 ottobre - 1°novembre 2021) e resta invariato il periodo, punto di riferimento essenziale per il pubblico e gli espositori.

Dopo un intenso dialogo con le istituzioni, con i principali editori ed espositori si è scelta una formula in cui la possibilità per i visitatori di godere appieno del Festival in tranquillità e sicurezza resta la massima priorità: secondo le attuali disposizioni, l’accesso sarà limitato a circa 20.000 visitatori al giorno, che potranno accedere con un biglietto nominale e disponibile solo tramite prevendita online. Per garantire la sostenibilità dell’intero evento e una gestione controllata, la riconquista della dimensione fisica passerà da spazi in gran parte rinnovati, privilegiando al massimo sedi preesistenti ed edifici fisici rispetto ai più classici padiglioni temporanei, che comunque non saranno del tutto assenti.

Tutte le iniziative ufficiali del Festival saranno ad esclusivo accesso dei possessori di biglietto, comprese le sale conferenza, l’Area Junior o le mostre (gratuite nelle precedenti edizioni). Pur rimanendo la città di Lucca ad accesso libero, salvo possibili restrizioni con validità generale decise dalle autorità, nell’area cittadina non saranno ospitate attività ad ingresso libero organizzate e tutte le iniziative e gli eventi si svolgeranno nelle sedi festivaliere vere e proprie (accessibili solo con biglietto). Ai fan e curiosi del Festival e agli appassionati delle diverse aree è fortemente consigliato l’arrivo a Lucca unicamente previo acquisto in prevendita. Non mancheranno le attività musicali e di cosplay competitivo, che si svolgeranno però solo in sedi ad accesso controllato e a numero chiuso.

Lucca Comics & Games 2021 sarà organizzata in distretti: perno centrale del fumetto resterà piazza Napoleone, che vedrà confermato il suo iconico padiglione, oltre a Palazzo Ducale e agli storici spazi del Palazzetto dello Sport, in cui il festival si è tenuto fino al 2005 e in cui ritorna dopo oltre quindici anni; i variegati universi del gioco troveranno posto nel Real Collegio e nell’area della Cavallerizza; il mondo Japan conquista gli ampi spazi del Polo Fiere di Lucca; l’area Music & Cosplay sarà ospitata nel complesso di San Francesco.

La multicanalità già sperimentata con Lucca ChanGes resta confermata, permettendo a persone di tutta Italia (e non solo!) di partecipare al Festival anche a distanza: torneranno gli eventi in streaming, i Campfire su tutto il territorio nazionale, la prestigiosa media partnership con Rai, il Programma Off digital e dal vivo. I visitatori che non sono dotati di biglietto potranno quindi comunque vivere una dimensione diffusa del Festival, direttamente nelle loro regioni e città, attraverso gli eventi digitali, gli appuntamenti legati ai media partner e le attività promosse nei singoli Campfire.

Per chi sceglierà di venire a Lucca usando l’auto, parcheggiare sarà più facile: i visitatori potranno prenotare il posto in uno dei due ampi parcheggi al Palazzetto dello Sport e al Polo Fiere di Lucca.
Tutte le norme di contenimento della pandemia (mascherine, assembramenti, Green Pass…) dipenderanno dalla situazione in atto e saranno in linea con le norme in vigore.

Il pubblico potrà finalmente tornare in sicurezza nella città che ama, scoprendo nuovi spazi, in una situazione più diffusa nel territorio e meno affollata, in cui resterà chiaramente sempre prioritaria l’attenzione all’evoluzione sanitaria e normativa.


Prossime tappe della “Road to Lucca”:

· Avvio adesioni stand 23 luglio
· Conferenza stampa di lancio 15 settembre
· Apertura biglietterie 21 settembre
· Inaugurazione mostre 8 ottobre
· Inizio attività nei Campfire 23 ottobre

Queste date potrebbero essere soggette a revisioni e cambiamenti.

Per non perdere gli aggiornamenti e le novità, consigliamo di restare sempre aggiornati seguendo i canali ufficiali del Festival.

martedì 13 luglio 2021

Succubi 3

Con lo sconto del 50% come facevo a resistergli?

Delle due storie originali raccolte in questo volume la prima, Nayeli, è strutturata con un’ardita mise-en-abyme che contempla due cornici narrative: nella più esterna delle consorelle dell’Ordine di Lilith parlano del ramo centroamericano della setta, evocando quindi la figura di Doña Ines (protettrice delle donne indigene a ridosso della conquista europea) a cui la giovane india Saasil racconta la storia di un libro di magia rievocando così la vicenda di Eek, Nayeli e Bibiki. Secondo questa versione fantastica della Storia americana, la caduta di Montezuma fu dovuta anche all’apporto delle streghe maya che si vendicarono delle stragi e dei soprusi perpetrati dagli aztechi. Tra scrupolo documentaristico e rimandi alla tradizione magica maya, Nayeli si legge con un certo piacere anche perché la necessità di far stare tutto il materiale nelle canoniche 46 pagine ha spinto Thomas Mosdi a sviluppare una narrazione frenetica e coinvolgente.

Belli i disegni di Gianluca Pagliarani, che rispetto ad Aetheric Mechanics e Djustine è più espressivo. Fa sorridere però vedere delle indigene ritratte come pin-up dalle forme esuberanti, dalla depilazione strategica e dalle pose evidentemente ricalcate da qualche rivista o manifesto. I colori sono stati realizzati da Giulio Zeloni e per essere digitali non sono nemmeno malaccio.

La seconda storia, Xue Dan, è una specie di buddy movie ambientato a Macao agli albori del XVIII secolo con protagoniste la spadaccina Figlia di Lilith Cidália de Oliveira Ortigão e la Xue Dan del titolo (altresì nota come Neve Rossa a causa dei drammatici eventi che ne forgiarono la giovinezza). La trama ruota attorno a un traffico di bambini e al tradimento di un’altra Figlia di Lilith: tanta azione, ragionamenti anacronistici per l’epoca, colpi di scena e qualche battutina scema rendono questo episodio godibile se preso con lo spirito giusto.

I disegni di Marco Dominici, che ha anche colorato le sue tavole, sono sicuramente validi, ma il suo stile leggero e quasi diafano (pulitissimo, sì, ma anche poco espressivo) sarebbe più indicato per un fumetto per ragazzi che non per una storia di questo genere. La sua tendenza a disegnare i volti delle donne sempre con lo stesso ovale e spesso anche con gli occhi a mandorla (anche quando non sono orientali) può creare in alcuni passaggi un po’ di confusione.

Come nel caso del primo volume anche in questo c’è qualche refuso, comunque troppo pochi per lamentarsene nel 2017 quando il volume costava 11 euro, figuriamoci oggi che l’ho pagato 5,50 euro.

martedì 6 luglio 2021

Se il buon giorno si fosse visto dal mattino...

È incredibile che queste tavole tratte dal primo numero di Totem (che volendo proprio cercarlo, qualche pregio ce l'hanno - ma bisogna mettersi d'impegno) siano state realizzate dalla stessa persona che ha disegnato quel capolavoro di Mattéo.

sabato 3 luglio 2021

I favolosi anni '80, certo...

…ma anche gli anni ’90 offrirono qualche soddisfazione agli amanti del fumetto d’Autore e delle sue riviste: nel 1991 uscì infatti Il Grifo, una rivista prestigiosissima (Pratt… Manara… Giardino… Pazienza…) che addirittura costava un po’ meno delle altre – forse anche perché l’editore risparmiava sulla qualità della carta, almeno all’inizio.

Oltre ai nomi citati sopra, con fumetti nuovi di zecca o inediti riesumati come nel caso di Pazienza, la rivista fu una passerella per autori che poi otterranno il giusto riscontro internazionale (Danijel Zezelj, Joel Alessandra…) o lo avrebbero meritato (Pacciani su tutti).

Mi piacerebbe poter dire che Il Grifo “l’ho visto nascere” ma in realtà la prima annata l’ho recuperata nelle Grifeidi, le migliori raccolte di riviste mai fatte visto che presentavano anche materiale originale: a causa di questa vicinanza anagrafica ho sempre sentito Il Grifo più “mio” rispetto a Comic Art o al comunque amatissimo L’Eternauta di cui potei vedere in diretta solo la versione edita dalla Comic Art.

A causa della crisi del settore, l’editoriale in rima di Vincenzo Mollica venne sostituito da un conto alla rovescia che lasciava intendere che le uscite avrebbero toccato quota 40, ma dopo il 36 (finalmente su carta patinata) non ne uscirono più lasciando incomplete le storie di Sergi, del redivivo Carpinteri ed El Gaucho di Pratt e Manara.