venerdì 31 agosto 2018

Jeff Hawke H1-H1939

Ieri mattina la fumetteria presso cui avevo ordinato materiale della Nona Arte mi ha comunicato dopo spasmodiche quanto vane ricerche che non era arrivato nulla (leggasi: con ogni probabilità hanno venduto i volumi ad altri che sono passati prima di me). Desolato, mi sono guardato in giro nell’illusione di non aver fatto un viaggio a vuoto, ed effettivamente mi sono caduti gli occhi su un volumone maestoso tanto grosso da stare in piedi da solo in verticale senza bisogno di alcun sostegno.
Si trattava del primo tomo dell’integrale di Jeff Hawke edito dalla 001. Considerato il prezzo, 45 euro, mi sono detto che sicuramente non ne valeva la pena visto che con la qualità di stampa di oggi chissà come erano state massacrate le strisce di Sydney Jordan. Ho voluto sincerarmene di persona sfogliandolo e, dannazione, ho notato che a una prima occhiata non risaltavano difetti evidenti come tratteggi smangiucchiati o pixellati, il pane quotidiano di molti editori contemporanei. E così alla fine sono capitolato, complice anche uno sconticino consolatorio che mi hanno fatto per riparare parzialmente al maltolto.
Questa segnalazione valga quel che vale, non metto nemmeno l’etichetta “recensioni”: di sicuro non mi metterò a leggere il fumetto in sé a breve, tanto più che con le ristampe degli almanacchi di Linus di Jeff Hawke ho già avuto modo di rileggere un sacco di storie, ma dal semplice punto di vista cartotecnico questa edizione (che scopro uscita nel 2017) è veramente ottima, con una splendida carta e le dimensioni ideali per gustarsi il lavoro di Jordan. E in questo primo volume sono raccolte oltre 500 pagine di materiale! Certo, quando e se mi metterò a leggerlo dovrò abituarmi al lettering digitale, ma tutto sommato anche la Milano Libri non eccelleva sempre da questo punto di vista.

lunedì 27 agosto 2018

Don Camillo a fumetti: Un "Notturno" che non fa dormire

Albetto speciale fuori collana di Don Camillo a Fumetti che, apprendo dall’ultimo Fumo di China (che ospita la stessa intervista al figlio di Guareschi riportata qui), è la versione rimontata e ampliata di un precedente speciale. Il motivo dell’adattamento è evidente dal formato: è stato scelto di “mimetizzare” la storia da tascabile di Diabolik, con buoni e simpatici risultati (il ritratto in quarta di copertina è dedicato a Peppone).
Il nucleo centrale del volumetto è costituito dalle due parti del racconto di Guareschi che gli dà il titolo, racchiuse da una cornice inedita realizzata, se ho capito bene, per l’occasione. I riferimenti a Diabolik, sia come personaggio che come testata, sono molteplici a testimonianza dell’interesse che Giovannino Guareschi nutriva per il fumetto.
La vicenda comincia purtroppo in medias res e si inserisce nella sottotrama della nipote yéyé che va a stare dallo zio prete (e io che pensavo che se la fossero inventata apposta per il film con Terence Hill! – o era quello con Gastone Moschin?), ma pur non essendoci nessuna presentazione dei nuovi personaggi e delle circostanze che li hanno portati a questo punto, la storia risulta comunque godibile. Stanca della clausura coatta, la contestatrice Elisabetta detta Cat si mette a suonare le campane in piena notte togliendo il sonno a tutto il Borgo. Improvvisatosi emulo di Diabolik, il figlio di Peppone risolverà la situazione. Le loro vicissitudini ovviamente continueranno nei futuri racconti, che vedremo quando la collana regolare cronologica li raggiungerà, cioè immagino fra un bel po’ di anni visto che questi episodi sono datati 1966.
Le riduzioni come al solito sono di Davide Barzi, i disegni sono distribuiti tra Alberto Locatelli, Marco Villa e Tommaso Arzeno (che cura la cornice) e sono ottimi come da consuetudine della collana, la quale facendo incidentalmente da vivaio per giovani talenti è costretta a un continuo lavoro di scouting per sostituire i disegnatori che passano alla Bonelli. Il rimontaggio della versione precedente è abbastanza indolore, ma quelle che adesso sono diventate vignette a doppia pagina (poche per fortuna) sono fisiologicamente meno godibili in un albetto brossurato.
A integrare la parte a fumetti ci sono alcuni redazionali e interviste ad Alberto Guareschi e ai tre disegnatori coinvolti.

domenica 26 agosto 2018

MIDI - fumetti per il sud 12: Con i Sassi nel cuore

La meritevole collana edita da Hazard continua il suo percorso e inanella un altro piccolo gioiello, che poi tanto piccolo non è. Con i Sassi nel cuore segue le vicende di una famiglia materana nel difficile e contrastato processo di inurbamento pressoché coatto a seguito dell’interessamento politico che l’opera di Carlo Levi sollevò sulle condizioni di chi viveva nei “Sassi”, grotte di argilla indurita a ridosso di un burrone, in cui nuclei familiari molto numerosi vivevano in condizioni igieniche precarie assieme agli animali (e probabilmente anche ai resti dei loro defunti), prive di privacy e di ogni comodità moderna. Nella postfazione lo sceneggiatore ammette di avere volutamente esagerato l’influenza che lo scrittore ebbe nello smuovere le coscienze e la politica, ma narrativamente la sua scelta funziona alla perfezione.
La storia si dipana nell’arco di oltre un decennio e accanto alla ricostruzione dell’ambiente sociale e politico degli anni ’50 si concentra principalmente sullo scontro tra generazioni dalle mentalità differenti. La famiglia del vecchio Eustachio è lacerata dal desiderio di uno dei figli, Michele, di fuggire dal “Sasso” e dalla cocciuta opposizione del vecchio. Alla fine, dopo alterne vicende, anche Eustachio capitolerà, e avrà la conferma che vivere in un appartamento, pur se non è proprio la trappola che pensava gli tendessero i politici (alle cui fila si è aggiunto lo stesso Michele), è comunque un cambiamento traumatico per chi era abituato a vivere a strettissimo contatto con le altre famiglie dei Sassi, un ambiente in cui la solidarietà e la condivisione erano valori concreti e fondamentali.
Lo sceneggiatore Antonio Mirizzi ha scritto questo fumetto a 22 anni, ma dimostra già una grande maturità. Al di là dell’incipit iniziale (una delle protagoniste ormai nonna visita il Sasso ora museo con la nipote), tutto sommato superfluo per la vicenda, il ritmo è perfetto e la scansione delle vignette perfettamente calibrata e funzionale alla narrazione. La vignetta centrale di pagina 22 è una gran bella prova di sintesi e di forza comunicativa, così come la costruzione dell’ultima striscia di pagina 35 dimostra la grande dimestichezza dell’autore col linguaggio del fumetto.
L’uso del dialetto, per nulla invasivo, inizialmente risulta un pochino ostico ma molto rapidamente ci si fa l’orecchio, per così dire, e riesce a creare l’atmosfera giusta senza scadere nella macchietta. Geniale la trovata della guest star eccellente che compare alla fine. Non va inoltre sottovalutato il fatto che Con i Sassi nel cuore è organizzato su una griglia che spesso tocca o supera le nove vignette per tavola, e che segue le vicende di più personaggi: in questo modo il tempo di lettura del fumetto è consistente e il lettore appagato.
I disegni di Salvatore Centoducati mi hanno ricordato il lavoro di Giulio Rincione: il tratto secco e nervoso coniugato a un intervento massiccio del computer, usato anche per integrare le tavole con dei collage, porta a un’impressione ambivalente: da una parte ha una certa potenza espressionista, dall’altra riesce occasionalmente a simulare la valenza di una testimonianza documentale.
In definitiva un ottimo fumetto, parte di una collana che comunque da quello che ho potuto vedere si è mantenuta sempre su livelli buoni se non ottimi.

venerdì 24 agosto 2018

la nuova Gmail...

...impiega anche per voi ore ad aprire le mail? Per fortuna che le mie sono quasi solo notifiche di commenti ai blog, che posso leggere direttamente alle fonti.

lunedì 20 agosto 2018

Historica Biografie 16: Solimano

Finalmente è arrivato anche dalle mie parti, nonostante la data ufficiale d’uscita (se ho interpretato bene i caratteri microscopici sotto il codice a barre) fosse il 10 agosto. Se questa ondata di ritardi di Historica dovesse protrarsi oltre l’estate mi chiedo se abbia ancora senso recensire i volumi, non avendo più la possibilità di stare sul pezzo in tempo reale.
Solimano, comunque: questo fumetto scritto da Clotilde Bruneau ed Estéban Mathieu nasce da una prospettiva originale, quella di raccontare solo il crepuscolo del sultano ignorando la sua fase di immensa gloria dei decenni precedenti. Curiosamente, a dispetto di quanto accade nei fumetti moderni, la vicenda che inizia nel 1553 non è un flashforward ma la trama seguirà proprio quella linea temporale senza flashback.
Chiaramente raccontare gli eventi accaduti in 13 anni nelle canoniche 46 tavole di un albo alla francese porta a una certa frammentarietà e all’artificiosità di alcuni dialoghi da teatro greco con cui si riassumono gli eventi accaduti fuori scena, ma il risultato complessivo è comunque fluido e appassionante. Nell’impossibilità di approfondire gli eventi storici che lo hanno visto protagonista, gli autori si sono concentrati sulla caratterizzazione di Solimano come figura tragica, come sovrano che nonostante regnasse sull’impero più vasto dell’epoca non poté evitare di vedere morire i suoi affetti più cari, talvolta causandone in prima persona la prematura dipartita. Un altro tema a cui si dedicano sussidiariamente la Bruneau e Mathieu è la rete di intrighi della politica del tempo, a cui venivano sacrificati i voti più sacri e le alleanze più solenni.
La parte grafica di Solimano si fa apprezzare più che altro per il lavoro dei coloristi Andrea Meloni e Mad-5 Factory. Il disegnatore Cristi Pacurariu si è limitato a scansionare le sue matite, che non sono molto dettagliate e in qualche rara occasione presentano anche qualche imprecisione (che sarebbe passata inosservata dentro tavole più ricche, ma che qui risalta per un diffuso vuoto negli sfondi). Il carattere a volte solo abbozzato delle matite è evidente nell’appendice, dove vengono riproposte senza colori. Graficamente il volume non è comunque disprezzabile, ma come dicevo principalmente grazie al lavoro dei coloristi.
La parte redazionale al termine del volume è curata da Julien Loiseau, che non approfondisce gli ultimi anni di vita di Solimano ma salta da un argomento all’altro per tentare di ricostruire un po’ tutta la sua vicenda di imperatore. Se volete avere una panoramica più ampia sull’argomento vi consiglio di recuperare Nuova Ristampa Dago 6, 7, 12 e 13.
Anche nel “making of” alla fine dell’appendice viene sottolineata la particolare scelta di raccontare gli ultimi anni di vita di Solimano, soluzione narrativa che in effetti rende questo volume più interessante della media.

domenica 19 agosto 2018

sabato 18 agosto 2018

Problema risolto

Forse. E comunque dopo mesi che avevo modificato le impostazione per farmi inviare di nuovo tutti i commenti sul blog.

lunedì 13 agosto 2018

Renato Pozzetto legge di gusto Gli Eterni




Dal primo episodio del film Io tigro, tu tigri, egli tigra (1978) diretto e cosceneggiato dallo stesso Pozzetto

sabato 11 agosto 2018

giovedì 9 agosto 2018

Historica 70: I cosacchi di Hitler

Si è fatto attendere, ma ne è valsa la pena. I cosacchi di Hitler, vivaddio, è solo apparentemente una storia di guerra.
Edward e Nicolas sono due ricchissimi rampolli scozzesi che grazie alle loro frequentazioni eccellenti partecipano agli ultimi sgoccioli della Seconda Guerra Mondiale in un campo di prigionia a Lienz. Ad attenderli non ci sono soldati tedeschi ma una comunità di russi: si tratta dei fieri e indomabili cosacchi che con la Rivoluzione d’Ottobre si videro espropriare i propri terreni e furono perseguitati in quanto “Bianchi”. Il trattamento che viene loro riservato non è tutto sommato malvagio, per quanto i soldati più giovani come Edward e Nicolas istintivamente li etichettino ancora come nazisti, e a quanto pare la Gran Bretagna darà loro l’opportunità di rifarsi una vita in Occidente una volta terminato il conflitto. Ma ovviamente le cose sono molto più complicate di così.
Questo è il punto di partenza da cui prende le mosse la storia (come tema: il fumetto comincia in realtà 25 anni dopo con il suicidio di uno dei protagonisti) e Valérie Lemaire riesce alla perfezione a catturare l’attenzione del lettore con un argomento così misconosciuto. Da questa base sviluppa una trama che verte in realtà su un triangolo amoroso e sulla fitta ragnatela di bugie e segreti che esso ha generato. Il finale un po’ affrettato in cui tutti i fili si annodano con eccessiva casualità viene bilanciato da un paio di colpi di scena ben architettati.
Lo stile di scrittura della Lemaire è sincopato e frenetico, con raffiche di flashback in cui è il lettore a dover capire in che anno si svolgono le scene, essendo le didascalie rarissime. Le linee narrative sono principalmente tre e raramente si intrecciano. Non mi piace molto il “montaggio parallelo” tramite cui sequenze di periodi diversi vengono raccordate attraverso un oggetto o un tema che le accomuna (il denaro, una gravidanza…), perché mi dà sempre l’impressione che si voglia imitare maldestramente il cinema, ma non è poi un grave difetto. La trama si snoda in maniera fluida e avvincente e solo all’inizio la Lemaire ha dovuto fare ricorso in un paio di dialoghi al necessario info-dumping, comunque poco pesante e giustificato dalle situazioni.
I disegni di suo marito Olivier Neuray erano l’incognita più preoccupante. Sin dalla copertina si nota come il suo stile sia una Linea Chiara con influenze Pop Art. Un po’ Floch’ e tanto Baldazzini, ma più di tutti quel tale che disegnava Il Tuo Beffardo Cuore su Il Grifo (Minus o qualcosa del genere, ma credo fosse uno pseudonimo). Avrebbe funzionato uno stile glamour per raccontare delle vicende così drammatiche e che hanno le loro radici in un contesto storico tanto tragico? In effetti Neuray ha fatto un ottimo lavoro, e i suoi personaggi non sono dei freddi manichini ma risultano espressivi, mentre il lavoro sulle inquadrature e sull’organizzazione delle vignette nelle tavole le rende molto dinamiche. Assolutamente ridicoli i tentativi di rendere vivaci alcune sparute figure con delle linee cinetiche, ma la rappresentazione dello scorrere del tempo nelle prime due strisce di pagina 31 è perfetta, così come il commento muto del soldato in secondo piano alla battuta del suo superiore a pagina 39. Tra le altre, è molto ben riuscita anche la sequenza alternata di pagina 72, forse memore di quella dalla struttura analoga con cui si chiudeva uno degli episodi de Le Sette Vite dello Sparviero.
Quello che invece non mi convince di Neuray è l’uso che fa del computer, non tanto per la ricostruzione di edifici e mezzi militari, quanto per le figure sullo sfondo che risultano evidentemente (e fastidiosamente) dei rimpicciolimenti di altre immagini. Questo problema si verifica anche in senso inverso, quando per “avvicinare” un personaggio ingrandisce un’altra immagine rendendo i contorni giganteschi. Ma per fortuna non si tratta di situazioni troppo ricorrenti. I colori di Ruby assecondano lo stile di Neuray con delle campiture nette e decise.
In appendice è presente un approfondimento sui Cosacchi con particolare attenzione al ruolo che svolsero durante la Seconda Guerra Mondiale.
Questo numero di Historica è di gran lunga uno dei migliori dell’ultima annata. E se domani mi dice bene dovrei trovare anche il nuovo Historica Biografie.

mercoledì 8 agosto 2018

Manga, ancora manga, fortissimamente manga

E posso capirlo, visto che questo quarto numero di Linus dell’era Igort è dedicato al Giappone. Ma francamente mentre leggevo il capolavoro geki-ga di Yoshiharu Tsuge mi veniva da ridere da tanto l’ho trovato ridicolo e pretenzioso. Sono un mostro di «crassa ignoranza», come Bacilieri mi fa notare nella sua storia breve dedicata al mangaka italiano Vincenzo Filosa.
Giapponeserie a parte (che comunque sono limitate agli articoli e a un paio di interventi brevi a fumetti), in questo numero ho avvertito un certo smarrimento della rotta. I Kin-der-Kids lasciano spazio a Little Nemo in Slumberland, che almeno non risente troppo del formato più piccolo di una sunday page. Per il resto, metterei tra il materiale poco o per nulla convincente il succitato La Palude di Tsuge, le Note dal Sol Levante di Igort (che a quanto pare ha pure saltato una pagina troncando una parola e un concetto a metà), Miracoli di Tommi Musturi, Barnaby di Crockett Johnson (che oltretutto ho già sui vecchi Linus), Inkspinster di Deco (l’unica mezza tavola veramente divertente è l’ultima delle otto presentate), I Quaderni di Esther di Riad Sattouf, Pythagoras di Ron Regé Jr. e un Doonesbury a cui sarebbero veramente servite delle note per spiegare cosa diavolo volesse dire Trudeau in alcune delle sue pagine.
Ho invece gradito i grandi classici Peanuts e Calvin & Hobbes, Vincenzo, io ti abbraccerò… di Bacilieri, il mio adorato Perle ai porci di Pastis e L’eredità di Brigsby di Noah Van Sciver, il fumetto lungo (ma nemmeno tanto) che conclude questo numero.
Sospendo il giudizio su Little Nemo (presentato in medias res e con l’impressione di essere più che altro uno spot per una prossima edizione in volume), Nippon folklore di Elisa Menini (non male, ma l’autrice avrebbe potuto scegliere storielle più avvincenti), Underworld di Kaz (si intuisce che l’autore è bravo a disegnare, ma non sempre ne ha voglia; alcune scene sono esilaranti ma altre sono poco riuscite) e sul Rufolo di Tonetto, che stavolta ci offre una storia poco incisiva.
Toffolo e la Giandelli non pervenuti.
Tra gli articoli ho trovato molto interessante quello relativo alla drammatica storia del sopravvissuto giapponese del Titanic, che per la sensibilità dell’epoca avrebbe fatto molto meglio a morire annegato.
Sicuramente in questo numero 8 c’è del materiale interessante (e Bacilieri e Van Sciver mi forniscono oltretutto materiale per i Fumettisti d’Invenzione) ma mai come in questo caso ho avvertito la mancanza di un filo conduttore caratterizzante del nuovo Linus, tanto più se le storie a continuazione saltano un numero.
Ho trovato poi desolante (anzi, un vero e proprio choc) vedere che anche il raffinato Igort scrive mettendo la virgola tra soggetto e verbo, appropriandosi di una barbara abitudine moderna irrispettosa della grammatica italiana, e più in generale mette le virgole dove capita. Segno ovviamente che la supervisione non è stata fatta a dovere, se effettivamente è stata fatta, altrimenti non avrebbe sbagliato anche il nome di una delle rubriche (si è mangiato una R di Mirrorshades) e non avrebbe confuso «erotico» con «esotico» nel presentare l’articolo di Giorgio Amitrano sull’Ero Guro.
Ad oggi, l’uscita meno convincente.

domenica 5 agosto 2018

giovedì 2 agosto 2018

Boh

La data ufficiale di uscita è il 3 agosto, quindi oggi dovrebbe essere già disponibile. A volte alcuni volumi in uscita il venerdì li ho trovati pure di mercoledì. Invece non l'ho trovato nell'edicola di riferimento per Historica e nemmeno in altre ben fornite. Vedremo domani.