sabato 31 dicembre 2022

Il Meglio e il Peggio del 2022

In origine, data la scarsità di materiale papabile, questo avrebbe dovuto essere un post sarcastico. Nel Meglio un panegirico della biografia di Kirby e la ripresa di Berserk, nel Peggio La Torre (che alla fine mi è arrivato) e una presa per il culo a quelli che vanno fuori di testa per gli aumenti di pochi centesimi della Bonelli. Poi però la Bonelli ha mantenuto stabili i prezzi e dopo Lucca (ma anche un po’ prima) è uscita roba molto interessante.

Mi spiace perché sarebbe stata l’occasione per ricordare Alex Paci e la sua ironia, ma ne capiteranno altre.

Il Meglio

1

Freak ai confini del mondo. Una necessaria e lodevole raccolta del lavoro di Piero Alligo.

2

La Gabbia. Commovente, desolante ma anche molto divertente.

3

4

Iconoclasta!. La vera sorpresa del 2022.

Il Peggio

1

Marvel Miao. Non che mi aspettassi granché, ma nemmeno così poco. Anche perché questa robetta (che oltretutto richiede una certa conoscenza dell’universo Marvel) costa solo due euro meno del ben più pingue e grande Cosplay.

2

Modeste e Pompon L’Integrale. Non ho dubbi che il fumetto meriti e che l’edizione sia curata, ma… 45 euro?! È vero che la carta è patinata e il conto delle pagine è superiore a quello di Spirou e Fantasio (che a suo tempo pubblicava la RW) e degli altri Integrali della Cosmo ma mi sembra comunque esagerato. Certo, sono passati anni e crisi di vario genere dagli ultimi Integrali della Cosmo, però il contemporaneo volume su Natacha costa un terzo di meno ed è stato presentato come tiratura limitata a soli 200 esemplari (se ricordo bene). E intanto il decimo volume di Barbarossa e l’Integralone di Gaston promessi anni fa latitano ancora, e probabilmente non li vedremo mai.

Buon 2023!

martedì 27 dicembre 2022

Sic transit gloria mundi

Ritengo Eugenio Sicomoro uno dei più grandi disegnatori di fumetti. Qualche tempo fa in Italia c’era stato un ritorno di interesse per il suo lavoro grazie all’Aurea che aveva ristampato alcuni vecchi liberi sul Maxi e aveva pubblicato La Porta per il Cielo. Poi, però, più nulla e Lumière Froide rimane inedito. Vedo sull’ultima Anteprima che è in programma un’uscita a lui dedicata. In bianco e nero e in formato bonelliano.


sabato 24 dicembre 2022

Un capitano di quindici anni

Non il migliore dei fumetti realizzati da Franco Caprioli, ma la colpa è principalmente di Jules Verne. L’adolescente Dick Sand, secondo in comando, si ritrova capitano della baleniera Pilgrim dopo che il capitano Hull perisce a causa di una balena inferocita perché protegge il suo piccolo. La nave aveva appena preso a bordo cinque neri e un cane, unici superstiti di uno speronamento, cosa provvidenziale visto che dopo l’attacco della balena dell’equipaggio non rimane praticamente nessuno. Guarda caso, proprio sulla Pilgrim si trova chi ha contribuito alla loro disgrazia, il cuoco portoghese Negoro. Costui riesce a deviare la rotta della nave fino a farla approdare addirittura in Africa (la storia prende le mosse inizialmente tra America del Sud e del Nord) proprio dove può riprendere il suo commercio di schiavi insieme a un altro malvivente che inizialmente imbroglia l’equipaggio sulla loro destinazione.

Dick riesce a salvare i suoi compagni di sventura (tra cui la moglie dell’armatore, suo figlio e il cugino entomologo a cui sono demandate le gag comiche) ma in pratica se la cava solo grazie a interventi esterni e per pura fortuna, è un personaggio decisamente privo di sugo. Non mancano poi situazioni inverosimili come il cane Dingo che seleziona sempre le stesse lettere in un gioco del piccolo Jack per ricordare il suo padrone assassinato, o il ricorso all’olio di balena per far chetare il mare in tempesta (boh, magari funziona davvero). Lo stesso Dingo muore apparentemente un paio di volte, e mi viene il sospetto che Verne lo abbia “resuscitato” non tanto per creare colpi di scena ma perché si era dimenticato di averlo ucciso. Ovviamente Claudio Nizzi non poté fare molto per rendere più accattivante il materiale di partenza, anche se forse avrebbe potuto ridurre un po’ il gergo marinaresco nella prima parte, che assume ai miei occhi di profano quasi l’aspetto di technobabble. Decisamente meglio Michele Strogoff, un po’ perché l’esotismo non ha una grande presa su di me, ma soprattutto perché questo volume non presenta nessuna storia in appendice ma consta di sole 40 tavole di fumetto, da cui immagino la necessità di commissionare a Gianni Brunoro un’introduzione piuttosto lunga (e interessante, ma da leggersi rigorosamente dopo il fumetto) ricca di immagini anche a piena pagina per poter raggiungere una foliazione dignitosa.

Ma in fondo chi se ne frega: lo scopo di questa collana è godere dei disegni di Franco Caprioli e tanto basta. Anche i colori, poi, non sono affatto male. Unico appunto che mi sento di fare al disegnatore è che il capitano Hull e l’infido Harris si somigliano un po’ troppo e all’apparizione del secondo può insorgere un po’ di confusione. Forse Caprioli si era basato sullo stesso modello, ma nell’ottica di una pubblicazione a puntate può starci benissimo, visto che il lettore avrebbe potuto tranquillamente dimenticarsi le fattezze di un personaggio estemporaneo che era comparso qualche settimana prima.

Questo fumetto costituisce anche una testimonianza sulla diversa sensibilità dell’epoca, con la caccia alla balena raffigurata senza alcuna remora morale, anzi come se fosse la cosa più naturale del mondo, e con l’uso disinvolto e ripetuto del termine «negro».

giovedì 22 dicembre 2022

X-Cellent: Ereditario-X

Probabilmente Peter Milligan si sarà divertito a prendere in giro l’industria del fumetto statunitense resuscitando personaggi che avrebbero dovuto essere morti, anche se aveva già fatto la parodia di queste infinite morti e resurrezioni in Animal Man e Shade e chissà in quanti altri suoi fumetti che non conosco o che adesso non mi sovvengono. Ma dopo quella che pareva essere la pietra tombale sulla saga dei suoi protagonisti il tutto sembra una forzatura e sa anche di già visto.

L’Orfano e Vivisector non erano poi così morti come descritto nella miniserie che avevo messo nel Peggio del 2013, e insieme a Doop e ai fantasmi di U-Go Girl e Dead Girl cercano di reclutare la figlia della prima, ignara che fosse sua madre e non la sorella come le era stato detto. Ma la giovane Katie Jones (alias Sawyer), che sta appena sviluppando i suoi poteri e il colorito della madre/sorella, è anche nel mirino di un altro gruppo di supereroi ancora più strampalato della nuova X-Statix: X-Cellent, capitanato dal redivivo Zeitgeist che Milligan aveva presentato come protagonista nel primo numero della sua X-Force per poi ammazzarlo immediatamente (espediente che Yann aveva già usato vent’anni prima in Les Innomables). Lo shock value dell’epoca va a farsi benedire, insomma, e Milligan ci da dentro anche col concetto di legacy introducendo i figli, chi più chi meno biologico, di Anarchist e Phats.

Il motivo per cui la gang di Zeitgeist vuole la giovane Katie è perché le manca un membro che la teletrasporti in giro per i luoghi delle loro malefatte. X-Cellent non è propriamente un gruppo di supercattivi, men che meno di supereroi, ma si avvicina a una banda di situazionisti che coi loro “happening” vogliono ottenere sempre maggiore visibilità, che oggigiorno è legata alle iscrizioni al proprio canale Youtube. Quando però il gruppo alza la posta e si mette a devastare la magione del Dottor Strange le cose si fanno più serie, tanto più che il loro complice Pood (versione malvagia, o meglio ancora più malvagia, di Doop) è riuscito a trascrivere un pericolosissimo libro d’incantesimi.

Adattandosi ai tempi, Milligan prende di mira le nevrosi e le manie di oggi: le fake news, la dipendenza dai social, la diatriba sul gender e la crudeltà dello star system che c’era già nelle sue precedenti storie con questi personaggi. Purtroppo è impossibile dire se il ricorso ai soliti cliché del genere volesse essere una loro parodia o se semplicemente Milligan non sapesse come far procedere altrimenti la trama. C’è il classico espediente dell’episodio narrato sempre da un personaggio diverso, la decisione della recluta riluttante di abbracciare finalmente la “carriera” di supereroe, il passaggio di un personaggio da una squadra all’altra, la “scienza” che ricostruisce un cadavere ma poi per esigenze narrative non riesce a sostituire un braccio con altro che non sia una ridicola protesi vintage, ecc. Da notare che pur non avendo ancora un teletrasportatore gli X-Cellent (da soli o in gruppo) compaiono dal nulla proprio quando devono, e combattono tranquillamente a mezz’aria… Le deroghe ai binari del genere sembrano più che altro dovute all’urgenza di Milligan di raccontare i sentimenti di Mirror Girl e a un suo generale disinteresse: alcuni membri di entrambe le squadre servono solo a far da tappezzeria sullo sfondo e non fanno o dicono sostanzialmente nulla di rilevante. Qualche battuta è anche azzeccata, ma la dirompente freschezza della vecchia X-Force è irrimediabilmente perduta. A fare un po’ incazzare è il fatto che questa miniserie (uno speciale uscito ancora nel 2019 e poi la miniserie vera e propria di cinque numeri) altro non è che la “prima stagione” di una serie di cui bisogna attendere il seguito.

I disegni di Michael Allred sono sicuramente validi, anche se ho smesso di mitizzarlo da un pezzo. È una perla rara, espressiva ed elegante, nel panorama USA, ma qualche errorino anatomico o di coerenza somatica lo fa anche lui, e le sue tette hanno un che di innaturale. Provvidenziali i colori di Laura Allred, che integra e corregge quello che il marito (o fratello?) si è scordato di disegnare.

In definitiva questo ritorno dei vecchi personaggi (e l’introduzione di altri della stessa risma) ha un po’ il sapore di una minestra riscaldata e non conclude nemmeno un arco narrativo, ma rispetto ad altri prodotti più standard potrebbe meritare la lettura.

lunedì 19 dicembre 2022

Dracula - L'Ordine del Drago

Sì, lo so, avrei potuto prenderlo già a Lucca, e infatti questo era il proposito originale, ma poi constatando che non c’era la minima possibilità che Roi facesse disegnetti ho procrastinato ordinandolo in fumetteria. Tanto più che le copie che arrivavano allo stand Lo Scarabeo andavano via come il pane e io ci sono sempre passato nei momenti in cui erano attesi rifornimenti.

La storia è quella stranota e risaputa, e sarebbe stata già così un’ottima proposta. In realtà Marco Cannavò si concede diverse deroghe dal canone sviluppando certe cose in maniera autonoma e introducendo nella vicenda nuovi elementi che (vado a memoria) nel romanzo di Stoker non c’erano affatto, tra cui alcune sequenze erotiche. Anche lo stile della sua sceneggiatura è dinamico e frenetico e inizia con un flashforward, mentre i personaggi sono più sfaccettati, soprattutto negativamente: Van Helsing è un sadico, Lucy un’arrampicatrice (ed è la reincarnazione della moglie di Dracula) e in linea di massima tutti sono razzisti.

Tra queste variazioni sul tema e trovate originali mi pare che Cannavò si sia concesso anche qualche citazione dalle varie versioni che si sono susseguite sulla materia originaria. Peccato che la più lampante sia il riferimento a una delle tante scene ridicole del ridicolo film di Coppola, rimaneggiamento assai libero (da quanto ricordo) di quel che si leggeva nel romanzo.

Inutile dilungarsi sui disegni, semplicemente eccellenti. Unico dubbio iniziale il Jonathan Harker reso con un taglio effeminato, ma si tratta di una scelta grafica che non inficia la qualità del lavoro.

In appendice Giovanni Nahmias approfondisce la figura e l’opera del disegnatore, mostrandoci alcune delle tavole (e sono tante) che ha distrutto rifacendole in una versione che lo soddisfacesse di più. Non manca nemmeno una breve rassegna di splendide commission fatte per i fan collezionisti.

Giacomo Alligo parla invece diffusamente delle origine letterarie, storiche e “scientifiche” di Vlad/Dracula e delle varie interpretazioni che ha avuto, in un pezzo arricchito da una ghiottissima selezione iconografica (ma Batman non risale al 1915, ovviamente).

L’Ordine del Drago è stampato nel classico formato de Lo Scarabeo, cioè un quadrotto grande cartonato. Raffinatezza ulteriore (visto il soggetto ci sta tutta), titoli e altri testi in copertina sono stati realizzati in rilievo e dipinti di rosso.

L’unico difetto di questo volume è quindi che si tratta solo della prima parte di una storia che si svilupperà prossimamente – a meno che il finale non sia proprio questo: volutamente sospeso e da intendersi forse in senso morale. Comunque visto quanto Roi è rapido e dedito al lavoro non escludo che si possa vedere il seguito già tra un paio di mesi.

martedì 13 dicembre 2022

Fumettisti d'invenzione! - 179

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

[NARRATIVA] CARTOONIST COME PROTAGONISTA (pag. 71)

RITORNO ALL’INFERNO

(Italia 1995, racconto in Playboy, Lancio, drammatico)

Luigi Arioli [Alvaro Zerboni]

Durante una traversata oceanica un fumettista di successo, Guido Vinci, tenta un approccio romantico con un’affascinante passeggera. È destinato a fallire, perché la ragazza sta raggiungendo un villaggio indio in Amazzonia dove andrà volontariamente a vivere come moglie del capo, che anni prima le aveva salvato la vita quando faceva l’infermiera a seguito di missionari, abbandonando così per sempre il caotico mondo “civilizzato”.

Zerboni riporta che questo racconto è basato su un episodio realmente accaduto.

Pseudofumetto: il personaggio che ha dato fama e ricchezza a Vinci è un eroe che va in giro per il mondo su uno yacht, di cui non viene rivelato il nome ma solo che viene pubblicato su un settimanale argentino, con l’interessamento anche di Italia e Francia. Un richiamo a Corto Maltese?

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

L’AUTORE

(Italia 1977, in Il Mago, © Lo Scarabeo, umorismo nero)

Piero [Pietro] Alligo

Il fumettista Alligo riceve la visita dei lettori che vorrebbero leggersi una storia mentre lui preferirebbe parlare dello choc della lettura di Imperatrice Nuda, testo di Hans Ruesch che svelò i retroscena della vivisezione. Morale della storia: tutti recitiamo una parte predeterminata.

CINEMA  (pag. 81)

MORGANE ET SES NYMPHES (LE DIAVOLESSE)

(Francia 1971, erotico, fantastico)

Regia: Bruno Gantillon; sceneggiatura: Bruno Gantillon e Jacques [Jacques André] Chaumelle, con Michèle Perello [Michèle Peirello] (Anna), Mireille Saunin (Françoise), Dominique Delpierre (Morgane)

Dopo aver gironzolato per la campagna francese le due amiche e amanti Anna e Françoise si perdono di vista; uno strano individuo conduce Françoise in un castello dove ritrova la compagna: si tratta della magione della strega Morgana che allarga i loro interessi saffici alle sue ancelle/prigioniere.

Pseudofumetto: Anna esordisce ritraendo Françoise alla guida ed esprimendo il proposito di realizzare un fumetto con femme fatale e giovani molto belli non appena avrà finito la scuola d’arte.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

TUPKO (IDEM)

(Yugoslavia 1970, in Vecernji List, © ?, striscia umoristica)

Nedeljko Dragić

Tupko è il consapevole protagonista (a volte vittima) di un “antifumetto” in cui l’autore, più noto come regista e animatore, gioca con le forme e le convenzioni del linguaggio delle strip. L’umorismo così particolare determinò qualche perplessità nei lettori e quindi una sospensione temporanea della sua pubblicazione sul quotidiano dov’era nato.


martedì 6 dicembre 2022

Blake e Mortimer 29: Otto ore a Berlino

Gli ultimi episodi apocrifi della saga non sempre mi hanno entusiasmato e a volte mi hanno anche un po’ deluso. Questo volume in cui esordiscono ai testi Bocquet e Fromental non si discosta purtroppo dall’andazzo generale.

La storia è ambientata nel 1963, quando il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy passerà otto ore a Berlino dove terrà il suo famoso discorso in prossimità del celebre Muro. Ma quello che la Storia ci ha tramandato non è quello che è successo veramente: Francis Blake, inviato sul posto per proteggere “Prince” (cioè il presidente), scoprirà un’incredibile macchinazione grazie ovviamente all’aiuto (fortuito) dell’inseparabile amico Mortimer. Lo scienziato giunge infatti in Russia dove una sua vecchia amica sta effettuando degli scavi per trovare la città perduta di Arkaim, la prima testimonianza di insediamento umano. Qui però rinvengono anche degli inquietanti cadaveri a cui è stata asportata la faccia. Scontrandosi con la diffusa omertà di regime, Mortimer indaga e scopre che in un vecchio “sanatorio” (dove a venir curato era il dissenso politico) lo scienziato pazzo Julius Kranz, le cui teorie aveva già avuto modo di confutare, sta conducendo degli esperimenti sull’ippocampo per condizionare gli uomini e soggiogarli alla propria volontà. Le sue cavie indossano tutte una maschera bianca e recitano Shakespeare, e anche stavolta spunta fuori Olrik, la cui presenza in un primo momento mi è sembrata quasi fuori luogo: un villain degno di questo nome c’era già.

Otto ore a Berlino si inserisce quindi nel filone spionistico della serie e va detto che le sequenze relative a Blake sono appassionanti e ben riuscite, con una grande profusione di documentazione (com’è nella natura della saga), delle scene molto animate e soluzioni azzeccate come l’editore cubano che aiuta Blake.

La parte relativa a Mortimer è invece un po’ inverosimile e addirittura ridicola quando vediamo materializzarsi la sua “parte cattiva”, resa graficamente in stile cartoonesco e poi con la regressione animalesca. Poco importa che anche lo stesso Edgar Pierre Jacobs si fosse abbandonato a cose del genere, penso ad esempio ad alcune sequenze de La Diabolica Trappola che infatti è tra gli episodi che mi piacciono di meno. Tra l’altro Mortimer non ci fa nemmeno una gran bella figura: pur avendo criticato pubblicamente Kranz (che rimpiango non sia stato chiamato Otto Krunz), alla fine ha dovuto constatare che i suoi metodi in realtà funzionano.

La coppia di sceneggiatori si abbandona a un massiccio citazionismo, Alfred Hitchcock fa una comparsata e assistiamo alle riprese del film Ztracena tvar (che però in Italia è noto come Faccia persa, non Il volto perduto), oltre a un sacco di altri dettagli che credo autoreferenziali e che potrei forse scoprire se andassi a riguardarmi la mia collezione di albi disegnati da Floc’h. Di per sé non sarebbe necessariamente una cosa negativa, se non fosse che lascia una certa impressione di déja vu, come la “cura” a cui è sottoposto Mortimer presa di peso da Arancia Meccanica e che la trama del fumetto sia dichiaratamente ispirata al film di Pavel Hobl.

L’umorismo nero dei due autori (assai limitato, anzi forse me lo sono solo immaginato) non mi ha convinto molto e inoltre verso il finale mi è sembrato che la concitazione dell’azione fosse dovuta più che altro alla necessità di finire nelle canoniche 62 tavole. Ci sarebbe poi la forzatura della scoperta di Arkaim (che riporto così e senza dieresi come nel fumetto: siamo italiani e la pronuncia è univoca) che è stata anticipata di un quarto di secolo, mais glissons.

Va comunque dato atto a Bocquet e Fromental di aver usato in maniera molto avveduta il buon vecchio Olrik che non si limita a timbrare il cartellino come in altre occasioni ma condiziona pesantemente, e coerentemente col personaggio, lo sviluppo degli eventi.

Ai disegni Antoine Aubin offre un’ottima prova, ben diversa da quella deludente che aveva dato qualche anno fa forse per la necessità di rispettare le scadenze o forse per il subentro di un altro disegnatore. Solo le nuche dei personaggi mi hanno lasciato un po’ perplesso, per il resto è riuscito a rispettare lo stile calligrafico della saga pur introducendo degli apprezzabili elementi più realistici e dinamici. Inoltre ha saputo rendere con grande maestria le figure femminili.

domenica 4 dicembre 2022

Il treno del Sole - Piccole donne

Raccolta delle due riduzioni letterarie che hanno rappresentato l’affermazione di Aldo Di Gennaro sulle pagine del Corriere dei Piccoli, non fumetti e nemmeno del tutto illustrazioni propriamente dette, ma una via di mezzo che consiste in quadretti vagamente simili a fotogrammi che accompagnano il testo sottostante.

Il primo dei due romanzi ridotti, opera di Renée Reggiani accolta da un grande successo all’epoca della sua uscita, risulta purtroppo assai poco amalgamato con i disegni. Ignoro come fosse il testo di partenza e immagino che sicuramente sia stato operato qualche taglio, però i brani sembrano essere stati riproposti tali e quali senza prestare attenzione alle necessità del disegnatore, che ha dovuto operare una scelta tra il materiale molto denso che costituisce ognuna delle didascalie finendo per dare risalto a elementi che un lettore potrebbe non collegare direttamente al testo. Dall’introduzione di Giovanni Nahmias intuiamo che questa versione venne fatta dalla stessa Reggiani, che comprensibilmente non avrà voluto decurtare o modificare troppo il suo romanzo. Le illustrazioni sono comunque stupende, realizzate con una stratificazione di tecniche diverse tra cui anche il collage, ma dimostrano indirettamente quanto Di Gennaro fosse poco portato per il fumetto, con i personaggi che cambiano volto di immagine in immagine e senza mai la volontà o la capacità di caratterizzarli.

Letta oggi la storia risulta inevitabilmente datata, anche se fornisce la testimonianza di un periodo storico molto importante per l’Italia (uscì nel 1962, all’inizio del boom che creò correnti migratorie da sud a nord). La protagonista Agata La Rosa vive ad Agrigento in un contesto di arretratezza che le impedisce di proseguire gli studi come vorrebbe, inoltre fa presto conoscenza con la violenza e la sopraffazione, che si manifestano con le malefatte di quanti sfoggiano una piuma gialla, segno di riconoscimento di una proto-mafia. Giunta a Torino con la famiglia dovrà scontrarsi con i pregiudizi verso i meridionali e con un mondo così diverso e freddo rispetto alla natia Sicilia, finendo per partecipare involontariamente a un inverosimile traffico di diamanti in Costa Azzurra!

Sospesa tra cronaca, dramma e rari sprazzi umoristici (ma forse le vicende cittadine della capra Ciccuzza in origine volevano essere drammatiche), la storia viene presentata con un ritmo sincopato un po’ spiazzante che non ne agevola la lettura, con personaggi che scompaiono e ricompaiono come niente fosse e repentini cambi d’ambientazione, ma probabilmente la pubblicazione settimanale su rivista non fece pesare la cosa.

Diverso il discorso per Piccole donne, frutto di una riduzione a opera di Franca Basaglia. Stavolta mi sembra che ci sia stata una maggiore cura nell’organizzazione del testo, o forse a Di Gennaro vennero date istruzioni più precise su cosa disegnare, sta di fatto che le immagini si sposano più armoniosamente con la parte scritta che illustrano (ma tecnicamente le accompagnano, illustrano ben poco). Se, come ricordato nell’introduzione di Giovanni Nahmias, Di Gennaro ritiene Il treno del Sole il suo capolavoro, Piccole donne è però più leggibile, più diretto, più comunicativo. Il polpettone della Alcott è stato evidentemente scorporato nelle parti più importanti e organizzato in modo tale che ognuna diventasse un capitolo da pubblicarsi settimanalmente. Ogni giudizio su questa storia indirizzata a un pubblico infantile è superfluo anche perché la storia è arcinota, comunque mi viene sempre da ridere quando, come in un romanzo di Dostoevskij, leggo di “poveri” che hanno la servitù (in questo caso una cuoca di colore).

Dopo aver letto entrambe le riduzioni, ed essermi accorto di quanto fossero poco funzionali da leggere (davvero i lettori del Corriere dei Piccoli gradivano queste proposte? Non sarebbero state meglio delle versioni illustrate più canoniche o dei fumetti veri e propri?), le ho “rilette” godendomi solo i disegni e devo dire che funzionano meglio così. Il treno del Sole, per i motivi che ho ricordato sopra, permette addirittura al lettore di farsi una sua storia personale con gli elementi che vede disegnati – splendidamente disegnati.

In appendice un brevissimo ma gustoso ritratto di Di Gennaro a opera di Alfredo Castelli e una selezione di meravigliosi esempi della sua arte. La qualità di stampa è ottima ed essendo Lo Scarabeo partito dagli originali si possono cogliere quei particolari che nell’edizione originale erano sfuggiti e godere del bianco e nero laddove Il Corriere dei Piccoli usò una colorazione apocrifa – e anche piuttosto piatta a giudicare dalle immagini riprodotte nell’introduzione.

venerdì 2 dicembre 2022

I fumetti nei musei volume 2: Neri e Scheggia in Galleria

Sì, arrivo tardi, ma non so nemmeno se questa collana fosse stata distribuita nelle fumetterie e comunque non me la ricordo sull’Anteprima. Dove mi servo di solito ne avevano un po’ di esemplari tra cui questo di Tuono Pettinato.

L’iniziativa nasce per avvicinare giovani e giovanissimi ai musei italiani, affidando a un fumettista diverso (ma vedo che Maicol & Mirco ne ha fatti due) uno specifico museo dove ambientare delle storie. In questo fascicolo lo studente ben poco volenteroso Neri si rifugia alla Galleria dell’Accademia di Firenze per ripararsi dalla pioggia in una delle occasioni (molte, intuiamo) in cui ha marinato scuola. Qui lo spirito dello Scheggia, il fratello meno conosciuto del Masaccio, gli fa da cicerone tra alcune delle opere ospitate nella Galleria: c’è l’arcinoto David di Michelangelo, intristito proprio a causa della sua stessa fama, ma Tuono Pettinato dimostra di aver apprezzato particolarmente la collezione degli strumenti musicali dei Medici. E così, volente o nolente, Neri ha finito per imparare qualcosa!

Oltre che sul bianco e il nero le tavole sono basate sui tre colori primari su uno sfondo beige. Anche se a livello grafico credo che Tuono Pettinato abbia realizzato di meglio, la storia non tradisce le aspettative e si rivela divertente e originale. A integrare il fumetto ci sono le biografie e un commento dell’autore oltre che la sintetica presentazione dell’Accademia e di quattro delle opere. Roba da buttarsi a capofitto a comprare anche altri volumetti della collana, giusto? Macché: è vero che la confezione è assai raffinata (sovraccoperta in acetato stampato, bandelle enormi per permettere ai giovani lettori di creare la loro copertina e il loro fumetto, addirittura i punti metallici della spillatura sono gialli per intonarsi col resto!) ma il costo è di ben 7,70 euro. E le pagine sono in totale 20, di cui solo 16 di fumetto. Visto che lo scopo della collana era precipuamente divulgativo un prezzo più basso sarebbe stato più utile alla diffusione dei volumi, anche se in fumetteria mi hanno detto che parte del ricavato va direttamente ai musei.

Ma non si sa mai: può darsi che se in fumetteria qualche volta non arrivino novità finirò per cedere e comprare qualche altro numero, così per sicurezza metto il nome della collana nelle Etichette.