Non è la prima volta che viene
azzardata una versione gdr di quello che i detrattori definiscono il “gioco
dell’oca fantasy” (che però mi risulta essere ancora il leader del settore o
poco meno). Talisman è un gioco da
tavola competitivo, quindi la sua trasposizione in un contesto collaborativo ne
cambia drasticamente la prospettiva. Per cercare di mantenerne intatta
l’atmosfera si può quindi rimanere fedeli ad alcuni dei suoi punti-cardine, ma
la cosa è stata fatta solo fino a un certo punto.
Talisman Adventures si rivolge a giocatori principianti, con un’esposizione
molto guidata e le classiche dissertazioni su cos’è un gioco di ruolo e come
giocarlo. Se ho capito bene, si tratta di una produzione tedesca che è stata
tradotta in inglese. Il procedimento non è riuscito alla perfezione, con dei
pronomi che passano dal singolare al plurale nella stessa frase e qualche
ripetizione evitabile. Il tomo da 300 pagine è diviso in due sezioni sulla
falsariga del vecchio BECMI: si comincia con la parte per i giocatori e poi c’è
quella per il Master.
Dal punto di vista delle regole
mi pare che si sia cercato di coniugare il materiale dell’ultima edizione del Talisman da tavola con certe idee prese
dall’ultimo Dungeons & Dragons,
come il concetto dei riposi brevi e lunghi.
Si parte con un’introduzione di questa
ambientazione, con citazioni che faranno piacere agli appassionati di Talisman pur tra qualche libertà nell’interpretare
il mondo contenuto in quella plancia: il villaggio adesso ha un nome ufficiale,
Villedoc, e vengono introdotti molti dettagli sulla Città di cui francamente (a
parte gli immarcescibili spalatori di sterco) non ho colto i riferimenti alle
relative espansioni, se ci sono.
La creazione del personaggio
prevede curiosamente prima la scelta della razza e poi quella della classe. Sarebbe
del tutto logico, ma la scelta è bizzarra perché la razza determina delle
modifiche alle caratteristiche quando queste non sono ancora determinate ma
vengono rivelate nel capitolo delle classi. Le proverbiali Strength e Craft (tratte
di pesa dal gioco da tavola) sono scorporate in altre tre sottocategorie per
offrire una maggiore varietà, ed è l’unico margine di manovra che ha il
giocatore visto che i punteggi di partenza sono fissi e filologicamente fedeli
al gioco da tavola. Sono presenti anche i punti Fato ma con un meccanismo di
approvvigionamento diverso da quello del Talisman
da tavola. I 16 personaggi del Talisman
di base erano divisi indiscriminatamente tra razze e classi, in questa versione
i due elementi sono autonomi permettendo quindi di generare combinazioni
interessanti. Ian Lemke è stato molto generoso con le razze selezionabili,
introducendo anche il “Leywalker” che immagino sia stato creato appositamente,
anche se forse con dei rimandi all’espansione della Foresta. Di classi
propriamente dette ne rimangono quindi 10, anche se il Monaco è stato
incorporato al Sacerdote facendone una versione ibrida che cura, scaccia
non-morti, ecc. ma al contempo non usa armi.
I personaggi hanno un valore di
Vita che non conduce immediatamente alla morte una volta esaurito ma, non senza
qualche reminescenza dall’ultimo Dungeons
& Dragons, porta a verificare se il moribondo riesce a stabilizzarsi o
meno con progressiva difficoltà.
Ognuna delle classi ha delle
abilità specifiche che vanno a coppie: un Menestrello ad esempio può scegliere
di essere «dashing», quindi tracotante, oppure «subtle» e apparire inoffensivo,
ma non entrambi. Una maniera drastica ma efficace per caratterizzare i
personaggi.
Le regole si riducono fondamentalmente
al lancio di tre dadi a sei facce cui aggiungere gli eventuali modificatori per
ottenere il minimo che le prove richiedono per essere superate. Come nel caso
de I Figli dell’Olocausto questo meccanismo a campana di Andrews rende più determinante l’abilità del
singolo personaggio piuttosto che un generico e più casuale lancio di dado a
venti facce. Questa dinamica può essere modificata da tre semplici variabili:
1) una particolare abilità o un particolare oggetto in possesso di un
personaggio possono permettere il lancio di un dado aggiuntivo da sostituire a
uno già lanciato; 2) ogni risultato doppio (cioè se i dadi danno due numeri
uguali) porta a un Great Success, a patto che la prova sia superata, mentre un
risultato triplo porta a un Extraordinary Success, sempre che la prova abbia buon
esito (con tre 1 di solito non si va da nessuna parte); 3) uno dei dadi
lanciati è detto “Kismet” e se si ottiene un 1 oppure un 6 con esso avvengono
rispettivamente delle situazioni nefaste o vantaggiose, indipendentemente dal
successo o meno nella prova.
Il combattimento si risolve molto
rapidamente con i giocatori che sono quasi sempre gli unici elementi in gioco
che determinano il risultato di uno scontro: basta verificare il risultato sul
grado di Minaccia dell’avversario per determinare se e come è stato colpito e
se a sua volta ha colpito il personaggio. Talisman
Adventures è uno di quei giochi di ruolo in cui le armature non rendono più
difficile colpire il bersaglio ma sottraggono danni ai colpi andati a segno.
Pur con la regola che le armature si rovinano progressivamente, mi pare che
questo dia un vantaggio enorme a chi ne porta una pesante, che facendo due
conti veloci può facilmente azzerare ogni danno inflitto da nemici di medio
cabotaggio (ma anche dei più pericolosi).
Come in molti giochi di ruolo si
avanza di livello acquisendo punti esperienza. Curiosamente, il combattimento
non ha quasi alcuna importanza in questo ambito (o meglio la valutazione della
pericolosità dei mostri è secondaria e arbitraria) e mi pare sia un’ottima cosa
viste le alternative fornite. È previsto che si arrivi fino al 10° livello,
almeno in questo manuale di base.
La magia contempla un sistema a
punti che si riallaccia a quello del Talisman
da tavola e che mi sembra semplice ed efficace anche se per assecondare le
aspettative di alcuni giocatori di ruolo si fa riferimento alla memorizzazione
degli incantesimi e ai metodi con cui impararli.
Prima della corposa appendice con
tabelle (in cui vengono inseriti alcuni elementi iconici del gioco da tavola)
viene presentata un’avventura abbastanza semplice con cui far prendere
confidenza con le regole ai giocatori e al Master.
Chiarito quindi che le meccaniche
di gioco apparentemente funzionano molto bene tra facilità di esecuzione e margini
di manovra “drammatica” (il Master o i giocatori possono attivare abilità
speciali o particolari situazioni spendendo i punti Fato), quanto c’è del
“vero” Talisman in questo gioco di
ruolo? Oggettivamente, meno di quello che avrei sperato. È vero che ci sono
anche gli Stranieri e i Seguaci, due degli elementi più caratteristici del
gioco da tavola, ma alcuni elementi iconici come la Runesword o la Rod of Ruin
sono assenti – e l’elenco degli oggetti magici è bello corposo, spazio da
dedicar loro non mancava. Lo stesso Talismano, elemento indispensabile del
gioco da tavola, viene degradato a orpello di cui si può benissimo fare a meno.
Ma d’altra parte nel Talisman originale
è la chiave con cui si arriva al finale nella Regione Interna: qui le possibilità
di esplorazione sono limitate alla Regione Esterna, quando il gioco da tavola
ne contempla tre. Non mancano riferimenti a elementi presenti nelle altre due,
ma rimangono appunto solo degli accenni e almeno la Sentinella che blocca il
passaggio verso la Regione di Mezzo avrebbe meritato di essere trattata visto
che viene citata più di una volta nel manuale. Forse questi argomenti saranno
il piatto forte di altri supplementi, ma io vi ravviso un’urgenza di
trattazione ben maggiore rispetto alla Città o al Dungeon a cui effettivamente
sono stati dedicati dei volumi. D’altro canto il superamento delle prove della
Regione Interna e quindi l’ottenimento della Corona del Comando (qui
praticamente mai citata) è la dinamica con cui si vince nel Talisman da tavola e non ha molto senso
in un gioco di ruolo cooperativo.
Al di là dell’interesse
collezionistico, Talisman Adventures
può interessare come gioco in sé? Le regole non sono affatto male e qualche
aspetto dell’ambientazione potrebbe risultare originale, come l’interpretazione
dei ghoul ma soprattutto (in ottemperanza a uno degli elementi di base del
gioco da tavola) la possibilità di ferire non-morti e altri mostri non
suscettibili ad armi non magiche con un confronto psichico. Ma forse però chi
non conosce la versione originale non troverà poi sufficienti guizzi di
originalità che ne elevino il contenuto e le modalità di gioco, mentre gli
appassionati del Talisman da tavola
non vi troveranno quanti riferimenti all’originale si aspettavano.
Il «lead design and development»
è affidato a Ian Lemke, con elementi aggiuntivi a opera di Brian Campbell,
Brandes Stoddard e Rabbit Stoddard. Curiosamente viene segnalato anche un
lavoro di «writing» in cui oltre Lemke e agli Stoddard vengono indicati altri
cinque autori che non so quale apporto abbiano concretamente dato. Le
illustrazioni sono prodotte da una pletora di disegnatori che immagino nella
maggior parte dei casi siano esordienti ben felici di prestare per poco o nulla
la propria opera pur di farsi un nome, e in molti casi questa situazione è
evidente anche se col digitale è facile metterci una pezza – o illudersi di
averlo fatto.
Il volumone cartonato è corredato
di mappa e segnalini Fato contenuti in una tasca interna della terza di
copertina.