Lo Special Air Service era un
gruppo di incursori paracadutisti Alleati che durante la Seconda Guerra
Mondiale si infiltravano oltre le linee nemiche in Africa sabotando aerei e perpetrando
più danni possibili.
La storia prende le mosse proprio
dalla loro costituzione nei ricordi di uno dei tre fondatori: Vincent Brugeas
identifica il nucleo centrale del SAS con lo scozzese David Stirling,
l’irlandese Blair “Paddy” Mayne e l’australiano Jock Lewes. Tutti e tre sono
delle teste calde refrattarie alle gerarchie, con punte di coraggio che sfocia
in incosciente eroismo. Nel primo capitolo (ma la divisione in capitoli è in
dubbio: ci tornerò sotto) c’è la presentazione del SAS e la sfilata della sua
travagliata fase preliminare prima di mettersi in luce con una importante
operazione che finalmente ne giustifica l’esistenza. Compare anche il Long
Range Desert Group reso celebre da Hugo Pratt ne Gli Scorpioni del Deserto. Nel secondo capitolo entra in scena un
nuovo personaggio, Bill Fraser, e le operazioni del SAS si intensificano (non
sempre coronate dal successo) fino al tragico finale.
Brugeas si sforza di adottare uno
stile di scrittura che possa soddisfare anche chi non è appassionato del genere
bellico ma il ritmo sincopato, il frequente ricorso a flashback, la frammentarietà di molte situazioni rendono la lettura
un po’ ostica a chi non abbia già confidenza con il tema trattato (è intuibile
ma non proprio esplicito il senso della scena a pagina 45). E questo pur con la
trovata della memorialistica a fare da collante alle varie sequenze. Lo spirito
del fumetto è invece sin troppo classico e retorico, lo stesso di un film con
John Wayne degli anni ’40: cameratismo, scazzottate, spavalderia elevata a
eroismo, frasi a effetto e in definitiva tutti i luoghi comuni sui soldati e
sulla guerra, senza molto approfondimento psicologico. Bene o male tutti e tre
i protagonisti sono intercambiabili tra di loro, così come anche Bill Fraser,
che si differenzia dagli altri solo perché non ha la barba.
I disegni di Thomas Legrain sono sicuramente
validi, però mi era sembrato più convincente nel Sisco visto su Lanciostory:
in questo volume, forse perché col formato più grande ci si fa più caso, i suoi
personaggi si assomigliano un po’ troppo – il che è paradossale visto che si
tratta di persone realmente esistite (ci vengono forniti anche la loro altezza
e il loro peso) di cui sicuramente esiste documentazione fotografica. Niente da
eccepire sui mezzi militari e sugli aerei (anche perché non ci capisco niente –
cionondimeno mi è sembrato di cogliere dei “copia e incolla”) e soprattutto sui
paesaggi, molto curati ed evocativi. I colori di Elvire De Cock sono anch’essi
buoni, pur se il ricorso al computer vanifica in certi punti la suggestione
degli acquerelli o delle tempere usati come base; se li avesse realizzati
interamente al computer, tanto di cappello.
Come accennavo sopra, La nascita del SAS ha una struttura un
po’ particolare. Il primo dei due volumi originali è stato presentato
integralmente mentre del secondo sono state pubblicate solo le prime 30 tavole.
Certo, lo so benissimo che il formato a 30/32 tavole (come quello degli episodi
da 23) è uno degli standard del mercato franco-belga, ma non si usa più da
quarant’anni, almeno non per un fumetto di stampo realistico. E in ogni caso il
secondo episodio risulta composto da 54 tavole come il primo.
A giudicare dalla numerazione delle tavole di Legrain non dovrebbe mancarne
nessuna, e inizialmente ho pensato a un escamotage
della Mondadori come quello già visto per Napoleone Beresina:
però in quel caso la scelta poteva essere giustificata dal fatto che sin
dall’origine i tre volumi erano divisi in due capitoli ognuno, quindi
espungibili senza traumi. Però ho anche notato che stavolta la Mondadori non ha
distinto i due episodi come fa di solito, cioè mettendoci in mezzo una pagina
bianca col titolo e parte della copertina, nonostante lo spazio non mancasse (e
infatti le due copertine originali sono riprodotte integralmente alla fine). Inoltre
il finale di questo volume è assolutamente conclusivo, almeno per quel che
riguarda una vicenda: spero di spoilerare il meno possibile, ma per forza di
cose la serie deve essere continuata da un altro punto di vista considerati gli
avvenimenti finali. Tutto ciò mi porta a pensare che quello che ha voluto fare
la Mondadori sia un compendio autoconclusivo (magari anticipando o ispirandosi
a uno analogo che uscirà in Francia) dei primi due volumi, di cui l’ultimo è
stato sfoltito per alleggerire la narrazione e creare con il primo un tutto
unitario. E se Legrain avesse modificato la numerazione delle sue tavole per
assecondare questa operazione non sarebbe stato certo il primo a farlo. La
serie è continuata con un altro volume ma, ripeto, dalla tavola 31 del secondo
capitolo il punto di vista dovrebbe essere cambiato, salvo fare ricorso
all’espediente del sovrannaturale. Per questo ho messo un punto interrogativo
dopo il numero nel titolo: può darsi che Historica
si limiti a questa sola versione. Ma ammetto di aver elaborato questa teoria memore
di quando agli inizi della collana la norma fossero quattro volumi originali
per ogni tomo di Historica… 12,99 euro
sono sempre pochi per un centinaio di pagine di BéDé stampate su carta patinata
e in grande formato, ma piuttosto che troncare dei volumi a metà non sarebbe
meglio aumentare un po’ il prezzo, fermo dal 2012?
Se poi pubblicherà anche il terzo
e i prossimi episodi (e/o ciò che resta del secondo) rimarrò col dubbio di come
Brugeas abbia sviluppato la situazione, visto che La nascita del SAS non mi ha colpito tanto da spingermi a comprarne
un eventuale seguito.