venerdì 28 agosto 2020

Fumettisti d'invenzione! - 153 (speciale Stan Lee Meets...)

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

Puntata monografica, oggi: parliamo di Stan Lee Meets…, iniziativa editoriale che nasce per celebrare quello che dovrebbe essere il 65° anno di lavoro presso la Marvel di Stan Lee: si tratta di una miniserie di cinque “numeri 1” usciti tra novembre 2006 e gennaio 2007, conosciuta collettivamente anche con il titolo Stan Lee Meets The Marvel Universe. Ogni uscita include una storia breve scritta da Stan Lee in persona e disegnata ogni volta da un artista diverso più un’altra storia breve affidata ad autori ospiti. A completare il sommario ci sono la ristampa di un episodio classico del personaggio titolare e una storia umoristica di due tavole, anche questa affidata ad autori diversi.
Sostanzialmente, Stan Lee interagisce ogni volta con le sue creazioni (che secondo il canone esistono davvero e le loro gesta vengono narrate dalla casa editrice), per cui tutti questi fumetti rientrano nella categoria Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie  CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61), anche in quei casi (la storia di Jenkins, molte delle umoristiche brevi) in cui il protagonista non è Stan Lee. Le storielle umoristiche sono opera di Fred Hembeck, Chris Giarrusso, Johnny Ryan, Tom Beland e Jacob Chabot.

STAN LEE MEETS THE AMAZING SPIDER-MAN
(Stati Uniti 2006, nel comic book omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Olivier Coipel e Mark Morales (D)

Depresso e stanco della sua vita senza soddisfazioni, l’Uomo Ragno chiede consiglio a Stan Lee che gli dà le motivazioni giuste per continuare la sua carriera di supereroe (ma non si tratta affatto di motivazioni nobili).

WELCOME TO THE SECOND INTERDIMENSIONAL COMICON
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets the Amazing Spider-Man, © Marvel, supereroi)
Joss [Hill] Whedon (T), Michael Gaydos (D)

Alla convention interdimensionale di fumetti del titolo si incontrano tre versioni dell’appassionato (e in un caso espositore) Steve Rennitz. Quello del nostro mondo rimane deluso nell’apprendere che nei mondi alternativi i fumetti sono diversi dalle versioni che conosce lui e che Stan Lee esiste solo nella sua realtà – ma almeno fa una comparsata in questa.
Pseudofumetti: Normal Four, Amazing Reality, The Incredible Dr. Banner in a Bad Mood, Uncanny Oppressed People e una versione molto diversa del Punitore. Sono fumetti che narrano le versioni realistiche e quotidiane di quelli che nel mondo Marvel sono supereroi.

STAN LEE MEETS DOCTOR STRANGE
(Stati Uniti 2006, nel comic book omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Alan Davis e Mark Farmer (D)

Stan Lee decide di passare a trovare il suo vecchio amico Dottor Strange solo per scoprire che le cose sono cambiate da come se le ricordava e il Signore delle Arti Mistiche è oberato dai costi della sua “professione”.

IMPY… THE IMPOSSIBLE MAN!
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets Doctor Strange, © Marvel, supereroi)
Brian Michael Bendis (T), Mark Bagley e Drew Hennessy (D)

L’Uomo Impossibile, un alieno ridicolo per la cui creazione su Fantastic Four 11 Stan Lee chiese pubblicamente scusa, si materializza nel mondo Marvel di metà anni 2000, quando tra Guerre Civile, Mondi di X, Vendicatori Divisi e quant’altro il tenore delle storie è molto più cupo di quello dei suoi tempi. Decide pertanto di andare a protestare negli uffici della Marvel credendo che Stan Lee sia ancora lì, ma riuscirà a parlarci solo a Hollywood.

STAN LEE MEETS THE THING
(Stati Uniti 2006, nel comic book omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Lee Weeks e Nelson [?] (D)

Aggirandosi in bici per New York Stan Lee finisce nella turbolenta Yancy Street dove incontra la Cosa: credendo che la sua vita sia triste a causa del suo aspetto gli propone di scrivere una storia in cui torna normale, ma Lee scoprirà che la vita della Cosa è tutt’altro che drammatica.

“SO YOU WANNA PLAY, EH?”
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee Meets The Thing, © Marvel, supereroi)
Roy Thomas [Roy William Thomas Jr.] (T), Scott Kolins (D)

Durante la Seconda Guerra Mondiale Stan Lee svolge il proprio servizio nel reparto comunicazioni dell’esercito dove produce manifesti e filmati ma ha ancora il tempo di scrivere sceneggiature per i fumetti della Timely. Il capitano della sua divisione gli chiede con urgenza un nuovo filmato e così Lee contatta il supervisore che temporaneamente ha preso il suo posto, Vince Fago, per farsi mandare tre dei loro supereroi che, come ricordato nell’introduzione, sono reali e raccontano le loro vicende agli autori della Marvel che poi le traducono in fumetti. Purtroppo non gli vengono recapitati quelli che ha chiesto ma tre eroi misconosciuti che conoscendo le manie filologiche di Roy Thomas sicuramente sono veramente esistiti. Come se non bastasse, Stan Lee ha un incontro ravvicinato con il Teschio Rosso e a seguito dello scarso gradimento del suo filmato si chiede se riuscirà mai a creare dei personaggi memorabili.

STAN LEE MEETS DOCTOR DOOM
(Stati Uniti 2006, nel comic book omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Salvador Larroca (D)

Stan Lee viene convocato forzatamente in Latveria dove il Dottor Doom si lamenta di come viene ritratto nei fumetti Marvel e gli chiede lumi su come potrebbe migliorare la sua immagine. Ma quando si accorge che lo stesso Stan Lee viene raffigurato nei suoi fumetti come l’inetto postino Willie Lumpkin capisce che non è la persona giusta a cui chiedere consigli di propaganda.

THE REST OF THE STORY
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets Doctor Doom, © Marvel, supereroi)
Jeph Loeb [Joseph Loeb III] (T), Ed [Edward] McGuinness e Dexter Vines (D)

Storia che si svolge dopo uno scontro dei Fantastici Quattro contro il Dottor Destino nei primi numeri di Fantastic Four: sconfitto e mutilato dalla Cosa, il Dottore torna a Latveria dove un suo sottoposto che lo cura gli chiede di smetterla con le lotte contro i Fantastici Quattro. Si tratta di Stan Lee mascherato, che ottiene l’esatto contrario dell’effetto voluto.

STAN LEE MEETS SILVER SURFER
(Stati Uniti 2006, nel comic book omonimo, © Marvel, supereroi)
Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Mike [Michael Lance] Wieringo e Sean Parsons (D)

Galactus trasporta Stan Lee da Silver Surfer per fargli capire quanto è pomposo: purtroppo il suo modo di parlare e ragionare è contagioso.

THE MAGICIAN
(Stati Uniti 2006, in Stan Lee meets Silver Surfer, © Marvel, supereroi)
Paul Jenkins (T), Mark Buckingham (D)

Un bambino inglese (quasi sicuramente il piccolo Paul Jenkins) riceve la visita di Stan Lee mentre è triste per il pessimo fumetto che ha realizzato: la sua presenza gli svelerà l’importanza dell’ispirazione.

martedì 25 agosto 2020

Wonder Woman Anno Uno volume 1

Reboot o elseworld di Wonder Woman uscito, da quanto ho capito, direttamente in volume.
Dopo un incipit che ci mostra la potenza e la filosofia delle amazzoni comincia la storia che altro non è che un lungo processo alla protagonista, colpevole di essersi mescolata al mondo degli uomini e avere così rivelato l’esistenza della loro Isola Paradiso. Quella che ci viene mostrata è una Diana ribelle e irrequieta, incuriosita dal mondo degli uomini che la madre Ippolita spia attraverso un televisore/specchio magico che avrà un ruolo importante nella vicenda. Come ogni anno si avvicinano i Giochi, a cui Diana non può partecipare, almeno non come concorrente, a causa delle sue doti fisiche superiori, visto che è stata creata a partire dall’argilla (o così le ha detto sua madre). Nel corso delle celebrazioni trova il pilota statunitense Steve Trevor, precipitato sulla loro isola, e questo innesca la serie di eventi che porterà alla storia di Anno Uno.
Grant Morrison scrive mescolando elementi del mondo classico ellenistico, ipertecnologia surreale e il consueto amore per il mondo kitsch dei supereroi: divertente la battuta dello Steve Trevor delirante che (visto com’è vestita Wonder Woman) crede di trovarsi a Rio per il carnevale, ma la figura di Elizabeth Candy, forse parodia di Mama Cass, mi è sembrata meno azzeccata.
Yanick Paquette, colorato da Nathan Fairbairn, è molto bravo a disegnare gli animali, i panorami, gli sfondi neoclassici, gli interni e gli aggeggi tecnologici: non sembra nemmeno un fumetto di supereroi se non fosse che i pochi maschi di rilievo sono esageratamente pompati come da tradizione. E il suo più evidente cavallo di battaglia, la figura femminile, è disegnato in maniera stereotipata: anche quando ha evidentemente fatto un lavoro di ricerca per trovare le espressioni giuste, le sue donne hanno tutte pose da pin up a volte artefatte e fuori contesto, e finiscono addirittura per assomigliarsi persino se appartengono a etnie diverse. Miliardi di volte meglio di tanti suoi colleghi, ma si arriva alla fine un po’ nauseati da tanto glamour.
Non credo che Wonder Woman Anno Uno ambisca a essere un capolavoro, più che altro è un divertissement con cui Morrison ha voluto riallacciare i fili della continuity del personaggio (così credo di aver capito) e omaggiare l’aspetto più giocoso del genere supereroico, come spesso fa. Qualche estimatore lo troverà di certo.

sabato 22 agosto 2020

I Nuovi Mutanti: Figli della Guerra

Nessun nuovo arrivo in fumetteria, stamattina, quindi ho dovuto ricorrere agli scatoloni delle offertissime per trovare qualcosa da leggere e magari da recensire, visto che la regola autoimposta di fare almeno un post ogni tre giorni si sta rivelando sempre più difficile da rispettare.
I Nuovi Mutanti classici li conosco piuttosto bene perché quando non trovavo lavoro appena finita l’università avevo bisogno di riempirmi la testa di stronzate e le raccolte della Play Press a un tanto al chilo assolvevano perfettamente allo scopo. La storia qui raccolta si svolge nel pieno degli anni ’80 e coinvolge i due autori che più hanno caratterizzato la serie, il suo creatore Chris Claremont e Bill Sienkiewicz.
La scuola del professor Xavier viene attaccata dall’essenza del Magus (o quello che è) che si infiltra nel suo tecnorganico figlio Warlock che comincia a contagiare tutti gli altri per fonderli in un’unica coscienza. Illyana Rasputin resiste ma solo perché viene posseduta a sua volta dal demone Belasco, o così almeno ho capito. Così i Nuovi Mutanti ancora attivi devono sconfiggere pure lei. Il meccanismo del contagio è un sistema molto funzionale che permette a Claremont di eliminare dalla scena i personaggi che vuole con la tempistica più adatta, di solito dopo che hanno detto la loro battutina di prassi. Alla fine i buoni sentimenti sono l’arma vincente. E tutto torna esattamente com’era prima, probabilmente per convinta adesione all’immobilismo del genere supereroico prima ancora che per evitare problemi di continuity “ex post”.
I disegni eclettici di Sienkiewicz sono quindi la cosa più interessante di questo fascicolo, peraltro ben colorati da Chris Sotomayor. All’epoca della sua uscita l’albetto avrebbe potuto anche fare la felicità di quanti avessero previsto l’aumento dei prezzi della Panini, visto che a fronte di 32 pagine quasi interamente a fumetti veniva venduto a “soli” 3 euro (anche se non ho capito il perché del riquadro vuoto nel frontespizio: era un prodotto da fiera da farsi dedicare dagli autori?). Se poi lo scopo fosse quello di riempirsi la testa di stronzate, beh, è perfetto.

mercoledì 19 agosto 2020

Fumettisti d'invenzione! - 152

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

[NARRATIVA] CARTOONIST COME PROTAGONISTA (pag. 71)

SPIGOLE
(Italia 2020, Feltrinelli, commedia noir)
Tito [Luca] Faraci

Ettore Lisio è un fumettista di successo che scrive la più importante serie italiana, dedicata al “Ranger”. Ma è insoddisfatto dalla routine di dover sempre inventarsi variazioni sul medesimo tema e forse sconta le sue frustrazioni di musicista mancato, oltre al dramma di un recente lutto. La città di Milano decide di punirlo per la sua perenne infelicità e lo fa incappare in una pescheria in vendita in un quartiere poco raccomandabile. Qui Ettore ha l’illuminazione di cambiare vita e fare il pescivendolo: rispondendo all’annuncio “affittasi” verrà catapultato in una girandola di situazioni pericolose che ruotano attorno a un malavitoso locale.
Nel romanzo compaiono due figure facilmente identificabili di autori Bonelli: lo sceneggiatore romano Roberto e il “Boss” che segue scrupolosamente le sceneggiature del Ranger, rispettivamente Roberto Recchioni e Mauro Boselli.
Pseudofumetti: oltre al Ranger e a diversi fumetti realmente esistenti viene citato anche Doc Diablo, la vergogna di Ettore. A Lucca Comics 1993 aveva incontrato Biglia (sceneggiatore, al secolo Francesco Biglini) e Jako (disegnatore, il suo vero nome è Gianni) che avevano autoprodotto Killer Bob. A causa di affinità elettive con Jako, ammiratore dell’Ettore Lisio musicista, comincia a collaborare con loro come soggettista e per la rivista antologica autoprodotta Killer Bob presenta crea nel 1994 il personaggio Harker, the Human Hunter, molto ben accolto da Fumo di China. Ferretti, patron della IronPress (trasposizione del Ferri della Play Press?) nota questa rivista presso il tipografo dove anche lui stampa i suoi prodotti e chiede all’equipe di Killer Bob di creare un personaggio ispirato all’enorme successo del periodo, Dylan Dog: la proposta vincitrice è quella di Doc Diablo, diavolo buono che esorcizza gli altri demoni, creazione di Ettore (ma alla fine scopriremo la sua vera genesi) per cui ottiene una cospicua somma per l’opzione del personaggio per una serie televisiva.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag. 28)

JOHN BYRNE’S NEXT MEN (NEXT MEN)
(Stati Uniti 1991, in Dark Horse Presents, © John Byrne, supereroi, fantascienza)
John [Lindley] Byrne

In questo universo ideato da John Byrne i supereroi sono frutto di sperimentazione genetica condotta dal vicepresidente in corsa per la Casa Bianca a partire da relitti alieni rinvenuti nel 1955. Bambini dati in adozione, tutti rigorosamente bianchi, vengono allevati in una realtà virtuale dove prendono confidenza con le loro abilità e sviluppano poteri. Un concetto piuttosto in anticipo sui tempi, se pensiamo che il fumetto risale al 1991. Ma cinque di loro fuggono al meccanismo e si aggirano per gli Stati Uniti dove sono braccati e hanno a che fare con varie minacce e, volenti o nolenti, devono assumere il ruolo di supereroi.
Danny, velocista e più giovane del gruppo, è un appassionato lettore di Action Maxx edito dalla Dollar Comics e crede che narri le vicende di un supereroe che esiste davvero. Durante una trasferta a New York con la sorellastra Gillian visita gli uffici della casa editrice di Ben Horowitz, una volta autore di fumetti, a cui mostra i poteri telepatici di lei: l’editore coglie l’occasione al balzo per pubblicare nuove serie ispirate alle vicende di Danny mostrando in pubblico i suoi poteri, svelando così l’esistenza dei Next Men e delle storie segrete che hanno avuto. Ma la società occulta che li segue, Control, accetta di buon grado la cosa per l’effetto tranquillizzante che hanno i fumetti e a patto di collaborare nella stesura delle storie. L’unica disegnatrice di cui ci viene mostrata l’identità (oltre all’assistente/servo di Horowitz, Ralph) è Sandy Tolliver, che a seguito di un rapporto sessuale con Danny svilupperà il bizzarro superpotere di materializzare i suoi sogni, sempre a tema fumettistico: così Byrne avrà la scusa per un cross-over con l’Hellboy di Mignola e altri personaggi del fumetto indipendente statunitense. Un altro autore di fantasia citato è Martin Chaney, che modificò le origini segrete di Doctor Trogg, l’arcinemico di Aciotn Maxx, dopo che uscì Jurassic Park.
Vengono citate la Cavalier Comics che ha preso importanti quote di mercato della Dollar e la Dynamo Comics che contesta il trademark di Speedboy avendo creato un personaggio con lo stesso nome negli anni ’50.
Pseudofumetti: oltre ad Action Maxx la Dollar Comics pubblica anche Blue Dahlia, Ventura e Wild Five, parodia dei Fantastici Quattro.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

THE LONELINESS OF THE LONG-DISTANCE CARTOONIST (LA SOLITUDINE DEL FUMETTISTA ERRANTE)
(Stati Uniti 2020, © Adrian Tomine, autobiografia)
Adrian Tomine


Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

CHIRI VON FIESTA
(Argentina 1991, in Aerosol, © Aguado, striscia umoristica)
Alejandro Aguado

Un omino vestito da pagliaccio vive avventure surreali giocando spesso con le convenzioni dei fumetti.



domenica 16 agosto 2020

Sir Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior

Il volume raccoglie una serie molto poco conosciuta di Alfredo Castelli, progettata per una rivista francese che durò giusto il tempo dell’unico numero di prova per testarne le potenzialità commerciali. Come spesso accade nei volumi ad opera di (e curati da) Castelli, i redazionali sono quasi meglio dei fumetti. In questo caso, al di là della risaputa storia di Pilote e dell’influenza che ebbe sul mercato delle riviste francesi, è molto interessante la ricostruzione della vicenda editoriale di Vaillant/Pif; i ritratti di vari autori come Marcel Gotlib, Philippe Druillet e Jean-Claude Forest sono riportati con affettuoso divertimento e Castelli ci mette a parte di un preziosissimo cadavre exquis realizzato e regalatogli dal Gotha del fumetto franco-belga. E ovviamente non mancano degli interessanti dietro le quinte, come la conclusione anticipata de Gli Aristocratici su Pif a seguito delle accuse di apologia di banditismo!
Sir Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior era stato pensato per il numero 0 della rivista Bazar, di cui furono stampate solo 150 copie (e ti credo che non ebbe successo!), ed era il remake di una storia breve realizzata insieme a Bonvi per Sorry. Il protagonista è un fanfarone che narrando vicende inverosimili può spaziare in tutti i generi, l’horror come il poliziesco come la fantascienza. Ai disegni c’era nientemeno che Georges Pichard, la cui necessità fisiologica di disegnare donne nude portò a qualche modifica dei dialoghi del primo episodio. Questo primo capitolo non è che sia granché, in effetti. Non credo di essere io a non averlo capito, perché a quanto si legge nell’introduzione la redazione di Bazar pensò bene di inserire un testo esplicativo che gli donasse un senso (e che non è stato inserito nel volume Cut-Up perché tradiva le intenzioni originali di Castelli).
Chiusa Bazar (che pure pubblicava Luis Garcia, molti autori umoristici di successo e l’asso pigliatutto Barbarella ancora al top della popolarità), Sir Aladdin… continuò a vivere su Scop Magazine, che però a sua volta non durò abbastanza a lungo da ospitare i nuovi episodi che vennero realizzati direttamente per l’Italia dal disegnatore Vincenzo (Enzo) Jannuzzi.
Prese le misure di Pichard, con il secondo capitolo Castelli confeziona una storia veramente bella, originale e divertente, con una donnina pienamente giustificata visto che è il perno attorno a cui ruota tutto. Anche il disegnatore deve aver gradito, visto che ha prodotto delle tavole spettacolari. Il terzo episodio, uscito su Il Mago, è una simpatica parodia delle storie di vampiri, basato su un’abile costruzione di false aspettative da parte del lettore. Non ricordo di averlo letto sulla rivista, o almeno non l’ho trovato. Ricordavo invece molto bene il quarto capitolo, che presentava uno scenario poi visto varie volte (ad esempio in uno dei Paradossi Temporali di Juan Gimenez e in una storia di Dal Pra’ su Comic Art): il protagonista si ritrova su quello che si scopre essere il corpo di una donna gigante. A suo tempo mi era sembrata una trovata di grana grossa indegna di Castelli, ma in realtà la trama è più articolata di quelle che sfruttando lo stesso canovaccio sarebbero venute dopo, non si risolve in questo semplice elemento e di conseguenza non ho fatto nessuno spoiler.
Nell’introduzione Castelli lamenta il pessimo lettering e la scarsa qualità di stampa delle due storie pubblicate su Il Mago, che lo fecero desistere dal continuare la serie. A me non sembra che il primo sia poi così male, mentre sulla qualità di stampa avrà forse influito il fatto che Jannuzzi disegnava a matita – o così mi sembra sfogliando la vecchia rivista. E d’altra parte questo volume della Cut-Up riproduce ancora peggio le tavole di Jannuzzi, non potendo ovviamente usare gli impianti di stampa men che meno le tavole originali. Chiaramente in questi due episodi made in Italy risaltano come un pugno nell’occhio le correzioni digitali al lettering precedente, che pensavo (speravo) nascondessero chissà quali contenuti nefandi oggi non più accettabili. In realtà Castelli ha solo corretto dei dettagli logici e narrativi. Di seguito un confronto all’americana.



A integrare il volume ci sono anche altri fumetti, che mi hanno trasmesso un senso di deja vu: inevitabile, visto che La Grande Invention de Cecil Billet de Mille è la versione francese dell’esperimento fatto con una banconota da 1000 lire su Horror, così come Il faut tuer Flossie! (disegnato da Enric Sio e “Henry Martin”, cioè Enrico Bagnoli) è un remake fatto per Scop Magazine, poi mai pubblicato, di un’altra storia di Horror, Delitto Perfetto. Poiché nel volume Nona Arte entrambi i fumetti venivano citati ma non riprodotti, si può dire che Sir Aladdin… funga anche da “companion” a quel volume.
Simpatiche le vignette di Fausse donne, “interpretate” da carte da gioco, altro bonus del volume. Da notare anche la presenza nell’indice finale di una vignetta parzialmente fotografica in cui Castelli si prende in giro e, sullo sfondo di pagina II, la comunicazione dei dati tecnici del documentario che si sarebbe occupato di Bazar, per cui venne chiesta l’autorizzazione di mostrare i fumetti realizzati da Castelli e quindi stimolo per la realizzazione di questo volume. Che spero venda più della tiratura di Bazar.

martedì 11 agosto 2020

The Doomsday Machine #1

Dell’Onofrio Catacchio citato nell’annuncio sull’Anteprima c’è solo la copertina, ma ben venga se serve da viatico per diffondere la conoscenza di un prodotto molto interessante. The Doomsday Machine è una rivista antologica che tratta di «Atompunk» che, come citato in quarta di copertina, è un sottogenere della fantascienza ispirato alle atmosfere della Guerra Fredda (la gara tra russi e americani per la conquista dello spazio, la paura della bomba nucleare, ecc.). In realtà solo la seconda delle tre storie qui raccolte corrisponde strettamente a questo schema mentre le altre potrebbero essere scambiate per due generici fumetti post-apocalittici.
La prima storia, Rad Romance, è un bell’esempio di quei fumetti fulminanti col finale a sorpresa che non si vedono più, che costringevano gli sceneggiatori a spremersi le meningi per trovare qualcosa di originale in poco spazio. Alessio Landi riesce nell’intento mettendo in scena una ragazza in fuga, tre mutanti che la inseguono e un misterioso cavaliere motorizzato che la salva. La trama non è nulla di rivoluzionario (una svolta vagamente simile ce l’aveva anche una storiella medievale sui primi numeri del Pilot Nuova Frontiera, mi pare) ma il risultato è comunque piacevole anche perché con pochi e intelligenti dialoghi Landi riesce a evocare tutto il mondo che sta dietro a questa breve storia.
I disegni di Pierpaolo Putignano sono ottimi. A me questo stile virato sull’umoristico non piace, ma è innegabile che sappia rendere espressivi e dinamici i suoi personaggi, e soprattutto fa sfoggio di un’inchiostrazione veramente magistrale.
Irretito da questo bell’esordio sono rimasto un po’ deluso dal successivo F.E.D.O.R. di Massimo Rosi e Alessandro Cosentino. La vicenda vede un robot russo (allevato come un figlio da uno scienziato) che viene spedito nello spazio a seguito della proverbiale apocalisse atomica, con lo scopo di trovare un ambiente idoneo per piantare semi terrestri e creare le condizioni per far rinascere l’umanità. Ahinoi, la priorità di Rosi non è sviluppare questa interessante situazione di partenza, ma concentrarsi su quanto di poetico può esserci in essa. Il risultato è suggestivo, certo, ma non ai livelli di Rad Romance. Promosso anche Cosentino ai disegni, forse un po’ troppo dipendente dal computer per alcuni dettagli.
L’ultima storia, The Fortress, minacciava di essere il classico racconto illustrato spacciato per fumetto visto il metodo di lavoro di Officina Infernale: collage di fotocopie ritoccate con inserimento di didascalie. In effetti un po’ è così ma per fortuna la vicenda si lascia seguire con interesse anche grazie alla putrida cupezza dell’ambientazione, dichiaratamente mutuata da una serie di romanzi di Alan D. Altieri. E la parte finale ha un ottimo ritmo pur con i limiti compositivi che l’autore (o il gruppo di autori) si è autoimposto.
Nel complesso una produzione veramente piacevole, tanto più che costa solo 2,99 euro. Ad impreziosire la rivista (e a fare un po’ dimenticare che nelle pagine vuote ci sarebbe stato spazio per un’altra storia breve) contribuisce la grafica molto curata di Tobias Meier che riesce a restituire il sapore dell’Atompunk quanto e più dei fumetti.
Dal copyright delle storie (ma anche dalla pecetta sul prezzo in quarta di copertina e dall’usura della mia copia) evinco che questo primo numero risale a due anni fa, e noto con piacere che non è stato un caso isolato ma ce ne sono altri in attesa di essere ridistribuiti.
Unico difetto del fascicolo, la qualità di stampa: dimostrazione di come tra il 1945 e il 1965 ci sarà pure stata la paura delle bombe, ma quanto si stava bene senza computer.

sabato 8 agosto 2020

Historica 94 - Airborne 44 2: Sulle nostre macerie

È stato emozionante rivedere in questa collana il fumetto (peraltro ottimo) che 8 anni or sono aveva tenuto a battesimo Historica. Purtroppo mi attendeva una doccia fredda: gli episodi qui raccolti non sono quelli immediatamente successivi ai primi quattro presentati su Historica 1 ma il 7 e l’8, perché gli altri due sono già stati pubblicati qui! La politica della Mondadori di non ristampare materiale già edito mi era ovviamente già nota dalla pubblicazione di Alix Senator, ma in questo caso non si sarebbe potuto fare uno strappo? Da quello che ricordo Airborne 44 si basa, forse dopo il trionfale successo dei primi due capitoli, sulla contrapposizione di due dittici e mi viene il sospetto che nei numeri 5 e 6 ci fosse del materiale importante per capire questi due capitoli, o per approfondirli. Se le altre collane oltre a Historica durano poco o nulla vorrà pur dire che i lettori sono pochi, di meno rispetto a quelli di Historica. E Airborne 44 è stato continuato in una collana più costosa, meno lussuosa ed eterogenea, per la quale vale comunque la solita politica ricattatoria degli editori (o forse più probabilmente dei distributori): se non compri tutti i numeri col cavolo che continuiamo a mandarla in edicola. E vabbè.
Sulle nostre macerie è addirittura superiore alla prima quadrilogia. In una Germania ormai prossima al tracollo bellico si incrociano le vite dei personaggi più disparati. Aurelius Krüger viene incaricato, sebbene sia tutt’altro che un fervente nazista, di scortare la figlia di un pezzo grosso e di prelevare uno scienziato che collabora col team di Von Braun – ma questa missione ufficiale ne nasconde almeno altre due. Nel corso del loro viaggio tormentato incontreranno Nadia e Nathan, due ragazzini scappati da un campo di concentramento, e Jörg, giovane e riluttante disertore dell’esercito tedesco ancora più antinazista di Aurelius. E a loro si unirà appunto anche l’infido scienziato Stadler.
Il primo capitolo si intitola Generazione perduta ma possiamo desumerlo solo dalle gerenze, perché in questo volume i due episodi originali sono “incollati” senza la consueta pagina con la copertina a dividerli. Si inizia con un flashforward ambientato nel 1969, quando in Florida un misterioso personaggio raggiunge la villa di un altro con l’intenzione di ucciderlo. Chiaramente il gioco è quello di invitare il lettore a capire chi sono i due personaggi in causa dopo aver letto il seguito della storia ambientata nel passato. La linea temporale del 1945 è un groviglio di circostanze parallele che si sovrappongono e di misteri e segreti: tutto è narrato in modo molto avvincente ma richiede una certa attenzione per non perdersi nei vari dettagli.
Nel secondo capitolo, quello propriamente titolato Sulle nostre macerie, il gruppo di disperati tenta la fuga dalla Germania ormai conquistata da americani e russi e la narrazione si fa più lineare e ancora più avvincente. È vero che certi dialoghi hanno un tono forse un po’ troppo libresco (e quindi irrealistico per un contesto così drammatico), così come non è molto credibile che così tanti personaggi, per quanto intelligenti, abbiano una tale consapevolezza dei retroscena della guerra e del futuro dell’umanità, ma sono cose che passano in secondo piano di fronte al fortissimo pathos che sa evocare la storia. Per quanto ambientato in un contesto bellico, il lavoro di Jarbinet è più incentrato sulla ricostruzione dei dettagli storici e soprattutto sullo scavo psicologico dei protagonisti, che diventano quasi tridimensionali.
Sulle nostre macerie è leggibile a sé ma, dannazione, dai vari riassunti che vengono fatti nel corso degli episodi mi viene il sospetto che sia la conclusione di vicende che hanno le loro radici nei due numeri precedenti. Ed è un tarlo veramente fastidiosissimo.
La parte grafica è curatissima come al solito. Il tratto di Jarbinet sarà un po’ freddo, ma quanta strada ha fatto da Memorie di Cenere. E i suoi colori ad acquarello sono ottimi, impossibili da replicare con un programma di computer grafica.
In sostanza un volume semplicemente stupendo, ma mi resta molto amaro in bocca per quei benedetti due episodi saltati.

mercoledì 5 agosto 2020

Lex Arcana: Manuale Base

Un provvidenziale regalo di compleanno mi ha evitato l’incomodo di doverlo cercare e comprare al PlayModena, che peraltro quest’anno manco si è fatto.
Lex Arcana è considerato uno dei migliori giochi di ruolo italiani, se non il migliore in assoluto, e trovo questa opinione condivisibile pur se il mio cuore batte sempre per Kata Kumbas. L’ambientazione è quella di una ucronia fantastica, in cui l’Impero Romano d’Occidente non è mai caduto perché ha costituito una forza di polizia “magica” con cui ha fatto fronte alle minacce sovrannaturali che avrebbero determinato il suo crollo: i cartaginesi che venerano Moloch, i cristiani satanisti, ecc.
L’originalità e la ricchezza di questa ambientazione è però anche il suo limite: il giocatore non può interpretare altro che un appartenente alla Cohors Arcana, un misto di agente segreto, poliziotto e investigatore del sovrannaturale a cui di volta in volta vengono affidate delle missioni precise. Se in estrema sintesi anche Il Richiamo di Cthulhu alla fine prevedeva una meccanica del genere, qui non c’è quell’approfondimento dei personaggi che si può trovare altrove, dando loro delle motivazioni e dei progetti personali che esulino dal loro ruolo all’interno dell’avventura. Lex Arcana è così, prendere o lasciare.
Nel leggere il Manuale Base ho provato a fare una lettura comparata con la precedente edizione in scatola (possiedo tutto di quella edizione tranne il master screen) e da una rapida occhiata mi sembra che non si tratti di un semplice copia e incolla della versione precedente, se non in alcune parti che fisiologicamente dovevano essere uguali. Va anche detto che le stesse parti sono state messe nelle due versioni in posti diversi, quindi più di tanto il confronto non ha potuto essere comparato e chissà quante cose mi sono sfuggite. La citazione di Nippur di Lagash è rimasta, comunque.
Chiaramente la prima cosa che salta all’occhio è la differenza del formato: laddove nel 1994 era ancora quasi un obbligo presentare un gioco di ruolo in un boxed set con più libri e altro materiale assortito, adesso sta tutto in un corposo volume cartonato. Il volume è maestoso, ma come altri prodotti Need Games che ho potuto visionare, ad esempio The Witcher, la lettura è agile viste le molte illustrazioni e l’organizzazione del timone che contempla pagine di raccordo prive di testo.
Passando ai contenuti, l’impressione è che gli autori abbiano voluto agevolare i giocatori: vengono introdotte le Specializzazioni, ovvero delle inclinazioni dei personaggi che aumentano l’efficacia di alcune azioni specifiche. A seconda della Provincia da cui provengono godono inoltre di bonus specifici (ben 18 punti in totale) alle Peritiae, cioè le capacità divise per settore, quando in precedenza l’origine determinava la quantità di dadi da tirare per ogni singola Virtus, cioè le caratteristiche fisiche e mentali, incidendo grandemente sulla scelta del corso da seguire e quindi della Qualifica, cioè la classe del personaggio. Sono anche introdotte gli Indigitamenta ovvero le invocazioni al proprio nume tutelare, per garantire una maggiore possibilità di sopravvivenza ai personaggi, e addirittura anche l’età influisce sulle loro caratteristiche, offrendo ognuna ben 18 punti in più alle Virtus (da attribuirsi però solo alla fine della creazione del personaggio, quindi ininfluenti sulla determinazione delle Peritiae – almeno quello!). Sono state poi aggiunte le Sortes, che un po’ mi ricordano i Benny usati in Savage Worlds anche se in effetti c’entrano poco o nulla: anche questo è un sistema per favorire i personaggi, un metodo per cui si possono pescare il corrispettivo delle carte Imprevisti o Probabilità che si spera sortiranno effetti vantaggiosi (e a parte rare combinazioni sfortunate lo faranno).
La meccanica più importante di Lex Arcana è ovviamente rimasta: per determinare la riuscita delle azioni il lancio dei dadi non è fisso, non viene cioè determinato dal numero massimo della Virtus o Peritia messa alla prova, ma il giocatore può decidere quanti dadi (al massimo 3) e di quale tipo lanciare a seconda del punteggio: così se questo corrisponde a 12 può decidere se azzardare proprio il lancio di un dado da 12 (ogni risultato ha la stessa probabilità di uscire, l’1 come il 12) oppure scomporlo in due dadi da 6 o tre da 4, o qualsiasi altra combinazione possibile: in questa maniera il giocatore esercita un certo controllo sulle sue probabilità di superare una prova giacché all’aumentare dei dadi lanciati dovrebbe aumentare statisticamente anche il risultato medio. Viceversa, azzardare un solo tiro laddove è possibile (non esistono dadi da 11 o 13 ma alcune prove hanno questi limiti) permette di tentare la fortuna e sperare in un numero alto che permetta più facilmente un Tiro del Fato; non ricordo (a una sommaria sfogliata non l’ho trovato) se nella versione originale c’era già questo Tiro del Fato, in sostanza è un meccanismo per cui facendo il massimo coi dadi si tira un’altra volta e si somma questo nuovo risultato, come gli high open ended rolls di Rolemaster. Invece c’erano già nella prima edizione i vari gradi di successo che può avere un’azione, anche questo un dettaglio che potrebbe rimandare a Rolemaster.
Sono state aggiunte diverse novità: non c’è più la distinzione tra gioco base e gioco avanzato, e d’altra parte Lex Arcana non è così complesso da necessitare di una versione “light”. Viene introdotta una nuova Qualifica, anche se per le sue peculiarità il giocatore dovrà fingere di interpretare una di quelle cinque base. Ci sono poi i punti Pietas che i personaggi possono investire in interventi divini, un altro meccanismo con cui aiutare i personaggi.
Invece non è stata modificata la possibilità che qualsiasi personaggio possa usare tutte le abilità disponibili. In questa maniera, non precludendo ad altri personaggi le capacità che teoricamente dovrebbero essere prerogativa di una Qualifica in particolare, può succedere che un Guerriero o un Esploratore con i punteggi giusti sia più efficace a curare o a fare divinazioni rispetto a un Sapiente o un Augure. Può darsi che i vari modificatori alle Virtus siano stati impostati anche per evitare queste situazioni, se così non fosse anche questo è il fascino di Lex Arcana: potenzialmente tutti possono tentare un’azione e magari la compiono meglio degli “specialisti”.
Permane purtroppo un certo schematismo (programmatico, ovviamente) negli elementi di contorno, cioè la descrizione dei personaggi non giocanti è limitata al solo tipo di dado che usano per determinare le loro caratteristiche, il che li fa sembrare delle comparse prive di ogni personalità. È vero che così Lex Arcana anticipava una certa attitudine dei giochi di ruolo moderni dove importa più la storia dei dettagli, ma così i png sembrano veramente delle semplici funzioni delle avventure (che è quello che sono: le caratteristiche meno rilevanti non vengono nemmeno riportate), delle apparizioni estemporanee buone solo per quell’occasione.
A me a suo tempo non piaceva nemmeno la scelta di catalogare tutte le possibili abilità speciali dei mostri prima delle loro descrizioni, come se fossero una cosa fissa e standardizzata senza possibilità di essere più creativi. Però in questa edizione è una scelta molto efficace, perché la descrizione di un mostro è in realtà formata da un massimo di tre parti sempre più approfondite che simulano quello che i personaggi possono sapere della bestia a seconda della riuscita del loro tiro di De Natura o De Magia o De Scientia, a seconda del tipo di mostro. Meglio così, quindi: si risparmia lo spazio delle descrizioni delle abilità e si guadagna in caratterizzazione; cosa più importante, il Demiurgo (il Master di Lex Arcana) sa con metodo scientifico cosa dire ai giocatori in merito a cosa sanno i loro personaggi dei singoli mostri, cosa a volte un po’ difficile da valutare.
Una particolare nota di merito va al fatto che addirittura una cinquantina delle 300 pagine di cui è composto il volume sono dedicate a due avventure: una scelta molto azzeccata visto il proposito introduttivo che ha il manuale. La prima delle due ha però un approccio sin troppo teleguidato e i personaggi non è che possano fare nulla che non sia seguire il canovaccio, che li vede quasi solo spettatori, ma la cosa è parzialmente giustificata dal fatto che si tratta della prima parte di una storia che continua nell’avventura successiva – che a sua volta aveva avuto un prologo in un’avventura contenuta nello starter kit di Lex Arcana, disponibile gratis in pdf. Nettamente migliore (e di molto) la seconda, in cui i giocatori hanno un ruolo più attivo in un contesto investigativo che una particolare meccanica di gioco potrà rendere molto appassionante e suggestivo; inoltre lo scontro finale è veramente memorabile. La campagna di cui fanno parte queste due avventure si concluderà nel volume Le ombre del passato che al momento, a giudicare dai prodotti disponibili sul sito, non mi pare sia ancora uscito.
In questo Manuale Base non mancano refusi ma tutto sommato sono presenti in numero tollerabile. Certo, non in quantità proprio irrisoria ma molto di meno che in tanti altri prodotti contemporanei.
Noto con piacere che al manuale base hanno fatto seguito diversi supplementi, evidente testimonianza di buona salute per il prodotto, uscito l’anno scorso dopo che il crowdfunding era stato presentato al PlayModena. A proposito del crowdfunding, da notare in appendice la presenza di backer eccellenti come Ciro Alessandro Sacco e addirittura Jeff Grubb; e chissà che quel Colin Wilson non sia lo scrittore o il fumettista.

domenica 2 agosto 2020

Talutah

Essendo una creazione di Francesca Paolucci Talutah sarebbe solo sorellastra di Djustine, l’altra protagonista sexy western ideata da Enrico Teodorani, se non fosse che lo sceneggiatore scrive anche molti soggetti di queste storie, a volte coadiuvato dal figlio Andrea, diventandone un coautore.
Talutah è una procace indiana sopravvissuta al massacro della sua tribù. Addestrata nientemeno che da una versione western di Jorge Luis Borges, si vendica degli assassini, tra cui i tre uomini che la violentarono. Come nel caso di Djustine, le sei storie qui raccolte sono frenetiche, lapidarie e molto brevi (in un caso solo tre tavole): più che altro si tratta di occasioni per esibire le forme della protagonista e per giocare con gli stereotipi del western magari con un po’ di humour nero. Ma non mancano trovate più originali e autoriali e incursioni sovrannaturali, proprio come in Djustine.
I disegni sono affidati principalmente al valido (anche se un po’ discontinuo) Giuliano Bulgarelli, che firma anche il bell’acquerello in quarta di copertina e varie pin-up, ma purtroppo ha disegnato solo metà delle storie. Se Nicola Pasquetto è a sua volta molto bravo, forse anche più di Bulgarelli (sfogliando il fascicolo lo avevo scambiato per Gianluca Pagliarani), Bruno Farinelli e soprattutto Rolando Cicatelli sono ancora a un livello amatoriale.
Un albetto di 32 pagine a 4,50 euro consigliato agli appassionati del genere e/o di Enrico Teodorani.