lunedì 31 gennaio 2011

Fumettisti d'invenzione! - 3



Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

CAPITAN NOVARA
(Italia 2004, © Emmetre Service, supereroi, fantasy, fantascienza)
Fabrizio De Fabritiis (con vari collaboratori)

Geniale trovata commerciale che vede il supereroe-simbolo di Novara, appositamente ideato, comparire ogni due mesi con una tavola a fumetti sulle tovagliette pubblicitarie distribuite in pizzerie, paninoteche e pub. Il personaggio ha ottenuto una grande popolarità e gli sono stati dedicati eventi, promozioni, un cortometraggio, prodotti di merchandising e quant’altro, tra cui una rivista semestrale, Capitan Novara Magazine, che ristampa le storie pubblicate sulle tovagliette integrandole con materiale inedito. Nell’ottica di un lancio più globalizzato la rivista e il personaggio hanno cambiato nome in Capitan Nova con la sesta uscita.
Alla faccia della crisi del settore (e anche di quella economica globale), il successo dell’iniziativa ha portato alla nascita di altri progetti ideati da De Fabritiis.

Un disegno per Capitan Natale. Fabrizio De Fabritiis (T), Franco Mora (D)

Realizzato come one shot “speciale Natale” nel 2007 e presentato sulle tovagliette nel dicembre di quell’anno, successivamente ristampato su Capitan Nova Magazine 6. Al ristorante “Lo Spicciolo” si svolge l’aperitivo di Natale con Capitan Novara e lo staff della rivista (tra cui il vorace ideatore del personaggio) è presente per fare delle dedicas. Anche Babbo Natale se ne fa fare una.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
FUMETTI BIOGRAFICI (pag. 63)

NO MAS PULPO/NO MAS CHORIZO/QUE CIGARES
(Belgio 1992/1993, © PLG, autobiografico)
Joe Giusto Pinelli

Senz’altro il capostipite dei fumetti autobiografici prima che diventassero una moda. Pinelli però si concentra sulle sue vicende etiliche e sessuali e il lavoro di fumettista è assente dalle sue storie. La caratteristica più interessante di questi album, che difficilmente verranno ricordati per la profondità dei testi e la qualità dei disegni, è la loro sincerità anche se in controluce si avverte una smania di protagonismo.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

PRECINTO 56 (LARRY MANNINO)
(Argentina 1974 [remake del fumetto omonimo realizzato da Collins con Josè Muñoz nel 1963], in Skorpio, © Ediciones Record, poliziesco)
Ray Collins [Eugenio Zappietro](T) e Angel Alberto Fernandez [con molti assistenti](D)

Uno tra i fumetti argentini più sfortunati in Italia. L’Eura si prese parecchie libertà nella traduzione e nell’adattamento dei testi, in primis il nome del personaggio che da Zero Galvan (ok, improponibile in Italia) divenne Larry Mannino. Alcune scelte molto originali di Collins, come far narrare la storia dal punto di vista di un cane oppure inserire citazioni di altri fumetti, non poterono essere modificate perchè avrebbero richiesto un intervento drastico sui disegni, però lo stile di alcuni episodi venne stravolto a livello di testo, come dimostrato nella pagina di prova realizzata da Martinez pubblicata su L’Eternauta 38.
La serie probabilmente non è nemmeno stata pubblicata nella sua interezza da Lanciostory visto che sul numero 4 della effimera rivista Terrifik della Cenisio comparve un episodio inedito.
Inoltre Precinto 56/Larry Mannino (e per estensione Collins) è stato oggetto di una certa ostilità da parte di Fumo di China che non ne apprezzava il presunto romanticismo di base come se, tra episodi narrati da cani e citazioni metafumettistiche (oltre che storie oggettivamente molto buone), le potenzialità della serie si esaurissero tutte lì. Per criticare Big Norman su Fumo di China 26 venne addirittura imputata la scarsa qualità di alcune parti alla presenza di Ray Collins come coautore, quando in realtà il suo intervento su quegli episodi dovrebbe essere stato minimo se non nullo (all’epoca non si sapeva ancora che Robert O’Neill era sempre Wood e si riteneva che questo pseudonimo venisse utilizzato anche da altri).
Larry Mannino è celebre tra gli appassionati anche per uno strascico polemico dovuto al passaggio di consegne ideale tra Muñoz e Fernandez: infatti in un episodio di Alack Sinner il protagonista visita il Distretto 56 e si sente rispondere che il “vecchio” Galvan è stato assassinato da tal Fernandez, sottolineando probabilmente lo scarso gradimento per le sue doti artistiche o per il brusco cambiamento di fisionomia del protagonista, che da biondo sbarbato divenne un latino coi baffi.
Collins e Fernandez risposero per le rime proprio in un episodio del nuovo Precinto 56.
Pseudofumettisti: In quello che nell’inserto di Lanciostory risulta essere il capitolo 51 Larry Mannino va a trovare il suo «amico scrittore» che, guarda caso, si chiama Ray come lo sceneggiatore della serie. Messa così è forse una situazione poco pertinente al mondo del fumetto, ma visti gli adattamenti che la serie conobbe in Italia non è escluso che nella versione originale vi fosse un più esplicito riferimento ai fumetti e che la figura di Ray venisse tratteggiata con maggiore profondità. Considerati però quegli stessi adattamenti non è nemmeno da escludersi che l’Eura si sia inventata i dialoghi e le didascalie di sana pianta e che magari Larry Mannino andasse a far visita a uno psichiatra che manco si chiamava Ray!
In Precinto 56 non mancano inoltre citazioni fumettistiche piuttosto frequenti realtive a fumetti nordamericani: Batman, Rip Kirby, ecc.

[CINEMA] FUORI TEMA 1 –TEMATICHE LIMITROFE (pag. 108)

CIAO MARZIANO
(Italia, 1980, comico)
Regia: Pier Francesco Pingitore; Sceneggiatura: Pingitore e Castellacci, con Pippo Franco, Silvia Dionisio

Nel film viene citato (a sproposito, perchè non pubblica fotoromanzi) Lanciostory.

domenica 30 gennaio 2011

Fucine Mute

X

Apparat - Le Novelle

Le Edizioni BD hanno avuto l’ottima idea di raccogliere in un’unica confezione tre one shot che Warren Ellis ha realizzato con disegnatori diversi. 144 pagine a 12 euro mi sembrano un buon affare, anche se la carta non è patinata e il volume è in bianco e nero (la cosa ha i suoi vantaggi, come dirò).
Si tratta di lavori ben distanti dal mainstream, e un po’ anche dalla produzione abituale dello stesso Ellis.

Aetheric Mechanics avrebbe potuto essere l’ennesima storia steampunk che omaggia la figura di Sherlock Holmes, solamente molto ben scritta. In realtà si conclude con un twist ending geniale che rimette in discussione tutto. Alla luce di questa rivelazione e delle reazioni dei personaggi (di uno in particolare) sarebbe stata auspicabile una continuazione. Ma, certo, una volta svelato l’arcano procedere sullo stesso livello non sarebbe stato facile.
Gianluca Pagliarani svolge un lavoro molto buono ai disegni, anche se a mio avviso per questo formato avrebbe tratto beneficio dalla colorazione o da un maggiore uso del tratteggio.

Frankenstein’s Womb è il tentativo di penetrare l’origine di un’ispirazione, di spiegarne le suggestioni che forse ne furono alla base e le ripercussioni che un’idea ebbe nella storia (non solo in quella della letteratura). È un lavoro senz’altro suggestivo e, immagino, documentatissimo, però la narrazione vera e propria è quasi assente e più di una volta si sfiora il rischio di scadere nel racconto illustrato, destino più ingrato che possa avere un fumetto. Non mancano comunque le strizzatine d’occhio e le argute battute dell’Ellis migliore.
Marek Oleksiki è un disegnatore eccellente e confeziona una tavola più bella dell’altra. La raffinata e tenebrosa maestosità del suo tratto si sposa alla perfezione con il tono e lo stile della sceneggiatura, ma in alcune tavole dimostra di essere perfettamente capace di gestire anche scene dinamiche e più concitate.

Crécy è la cronaca della battaglia omonima tra Inglesi e Francesi combattuta nel 1346. Vista e narrata dal punto di vista di uno zotico arciere del Suffolk, mescola un po’ di Monty Python con i manuali di arte della guerra e le barzellette razziste. È la storia che mi è piaciuta di più, è molto meno leggera di quanto appaia a prima vista ed Ellis ha fatto un lavoro eccellente nel calibrare sequenze drammatiche e grottesche, spiegazioni documentaristiche e scene coinvolgenti ben raccontate. Le storie narrate come interpellazioni dirette al lettore possono rivelarsi delle trappole per gli sceneggiatori, ma per fortuna non è stato così. Anzi, Ellis ha saputo gestire al meglio questa particolare forma di racconto.
Dal punto di vista dei disegni, secondo me Raulo Caceres ha meno “mestiere” di Pagliarani e Oleksiki, ma svolge comunque un ottimo lavoro. E spero che lo abbiano pagato dignitosamente per tutti quei dettagli straripanti che ha messo nelle sue tavole.

Nota sull’edizione italiana: ad arricchire il volume c’è un’introduzione di Andrea Ferrari, decisamente illuminante su alcuni aspetti di tutte e tre le storie pur riuscendo a non rivelarne la trama. In particolar modo, soprattutto alcuni punti di Frankenstein’s Womb e Crécy sono stati sviscerati con un’invidiabile capacità di analisi che nel mio caso ha aumentato il piacere della lettura.
Il volume è in bianco e nero e quindi è stato possibile usare una carta non patinata ma comunque di grammatura dignitosa. Forse anche per questo il tipografo delle Edizioni BD ha potuto procedere alla rilegatura in sedicesimi delle pagine prima di incollarle sul dorso (ma la cosa è già stata fatta a partire da FreakAngels 2), col risultato che per una volta un volume Avatar/BD non solo può essere sfogliato senza subire danni, ma resiste anche alla prima lettura senza perdere pagine. La mia copia mi è arrivata con la colla già staccata dal dorso nella parte superiore, eppure il volume è ancora integro.
Inoltre la presenza di poche tavole doppie (e della conseguente necessità di appiattire il volume se si vuole godersele, col risultato di favorire il distacco delle pagine) ne rende meno rischiosa la lettura. Ah, se solo Juan José Ryp si fosse trattenuto...

sabato 29 gennaio 2011

Fumettisti d'invenzione! - 2


Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.


CARTOONIST COME PROTAGONISTA – GRAPHIC NOVELS E ONE SHOTS (pag. 24)

GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEO – FINO ALL’ESTREMO
(Italia 1987, in La Nuova Mongolfiera n°4, precedentemente apparso incompleto su Alterlinus, © Eredi Pazienza, drammatico, autobiografico)
Andrea Pazienza

Capolavoro di Andrea Pazienza che vi riversa molta della sua esperienza. Nel quarto capitolo Pompeo svolge la sua attività di professore di fumetto (come, appunto, fece Pazienza proprio nell’anno in cui è ambientata quella sequenza) e quindi tutt’al più possiamo dire che qui figurano degli aspiranti fumettisti d’invenzione...
Chissà che tra i «musi lunghi», le «bacche secche», le «belle bocche di donna» e i «ragazzi inutili» di quella «classe stronza» non si celassero alcuni autori oggi affermati.
Pazienza cita anche autori realmente esistenti come Igort e altri di cui viene riportato solo il nome o il soprannome.



Pseudofumetti: i disegni e gli schizzi preparatori dei giovani studenti di fumetto che Pompeo/Pazienza critica ferocemente.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

MACANUDO
(Argentina 2002, in La Naciòn, © Liniers, striscia umoristica)
Liniers (Ricardo Siri)


Tra le varie strisce che compongono il mondo di Macanudo ce n’è una dedicata a Las verdaderas aventuras de Liniers, il cui protagonista è una trasposizione “funny animal” dell’autore stesso. Alcune di queste strisce sono dei veri “dietro le quinte” della professione di cartoonist e hanno una valenza universale che può estendersi anche ad altri autori.

[TELEVISIONE] ALTRO (pag. 129)

DEAD LIKE ME (Un’altra vita, Fox)
 (USA 2003/2004, 2 stagioni, 29 episodi)
Commedia dark, Showtime, creato da Bryan Fuller. Con Ellen Muth, Mandy Patinkin.

Dopo la sua dipartita avvenuta in circostanze incredibili (e un po’ imbarazzanti) la diciottenne Georgia “George” Lass diventa uno degli “assistenti della morte” che devono mietere le anime dei mortali e accompagnarli nell’aldilà.

Episodio My Room (2003)
Scritto da Dan Fesman e Harry Victor
Nell’episodio uno dei colleghi di Georgia, Mason, maneggia una rivista di fumetti intitolata Cosmic Plan (probabilmente un inside joke sulla “professione” dei protagonisti). Il formato sembra più grande rispetto allo standard dei comic book ma la grafica è indubbiamente quella, e si intravede anche la pagina iniziale del fumetto stesso.
Pseudofumetto: Cosmic Plan.



Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

DE SILENCE ET DE SANG (IL SILENZIO E IL SANGUE)
(Francia 1985, in Vécu, © Glénat, poliziesco, gangster)
François Corteggiani (T), Marc Malès (D)

Per realizzare un ambizioso progetto di reportage sulla mafia i giornalisti dell’Herald Kluver e Tonetti contattano Ciro Villanova, giornalista premio Pulitzer che in gioventù fuggì negli Stati Uniti dalla natia Sicilia pur evitare una vendetta di mafia. Con lui giunsero in America altri giovani poi diventati gangster di spicco. I documentatissimi racconti di Villanova diventano una avvincente saga.
Dopo i primi episodi disegnati da Malès la serie è passata per le mani di vari disegnatori tra cui l’italiano Emanule Barison.

Mulberry Street (1987). François Corteggiani (T), Marc Malès (D)
Dix Années de Folie (1987). François Corteggiani (T), Marc Malès (D)
Tra le altre cose, Ciro racconta di come divenne amico di Cliff Sterrett, autore della striscia Polly and her pals, realmente esistita.
Questi due episodi sono comparsi nei numeri 20 e 23 della collana Le avventure della storia di Glénat Italia, poi raccolti in volume cartonato insieme al primo episodio.

giovedì 27 gennaio 2011

Fumettisti d'invenzione! - 1


Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

[NARRATIVA] CARTOONIST COME PROTAGONISTA (pag. 71)

L’ORIGINE DEGLI UCCELLI
(Italia 1967, racconto in Ti con Zero, Einaudi, fantasy metafisico)
Italo Calvino

L’apparizione degli uccelli nel mondo porta il viaggiatore temporale Qfwfq a vivere una incredibile avventura forse ispirata anche a suggestioni Raymondiane (compare infatti pure un’affascinante ed esotica regina degli uccelli, Org-Onir-Ornit-Or).
Il racconto viene scritto come una sceneggiatura a fumetti perchè «queste storie si raccontano meglio con dei fumetti che non con un racconto di frasi una dopo l’altra.» Calvino dimostra un’incredibile conoscenza delle tecniche di scrittura del fumetto e delle sue problematiche produttive. Un progetto successivo a Il castello dei destini incrociati (intitolato Il motel dei destini incrociati) avrebbe dovuto svilupparsi a partire da vignette di alcuni fumetti scelti a caso.
Pseudofumetto: il resoconto stesso della vicenda nella versione che ne dà Qfwfq, che costituisce però più una sceneggiatura che non un fumetto vero e proprio.


Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

LES CHEMINS DE MALEFOSSE (I SENTIERI DI MALEFOSSE)
(Francia 1982, in Circus, © Glénat, storico)
Daniel Bardet (T), François Dermaut (D)

Serie storica ambientata durante il regno di Enrico IV, molto amato dal pubblico francese che ne ha decretato il successo nonostante la saga sia molto più piena di interpellazioni dirette ai lettori di quanto una solida serie storica franco-belga dovrebbe essere.

La Vallée de Misère (1986). Daniel Bardet (T), François Dermaut (D)
Nel terzo episodio della serie compare brevemente tal André de Clermont le cui fattezze sono quelle del disegnatore André Juillard, di cui il personaggio è un omaggio dichiarato. Nonostante gli venga riservata una particina irrilevante si capisce che si occupa di disegno e pittura, quindi potremmo considerarlo una sorta di fumettista d’invenzione prima ancora che i fumetti nascessero.
La Vallée de Misère è apparso in Italia come Valle di Miseria nel numero 11 della collana Avventure della Storia della Glenat Italia e nella successiva raccolta in un albo cartonato insieme ai due episodi successivi.
Pseudofumetto: il ritratto o serie di ritratti che André de Clermont dovrebbe realizzare.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – ONE SHOTS IN PUBBLICAZIONI ANTOLOGICHE (pag. 56)

BEATIFICA SOMNAMBULA (idem)
(Stati Uniti 1970, in Hydrogen Bomb Funnies n° 1, © Kim Deitch/Rip Off Press, underground)
Kim Deitch
Cannibale nuova serie 2


Il giovane Bobby Trimble disegna inconsapevolmente dei fumetti che sono in realtà dei resoconti delle azioni del padre, un omicida che in realtà è Vasco Carerra, un lupo mannaro già attivo nel 1613 a Firenze. Vistosi scoperto Trimble/Carerra pugnala alle spalle il figlio. Questa, a grandissime linee, la trama di Beatifica Somnambula che quasi in ogni tavola introduce nuovi elementi come un’indagine di polizia, un’invasione aliena, un dialogo tra anime perse, e quant’altro.
Pseudofumetto: la striscia e la tavola a fumetti disegnate da Bobby Trimble

[CINEMA] FUORI TEMA 1 –TEMATICHE LIMITROFE (pag. 108)

SUPERANDY – IL FRATELLO BRUTTO DI SUPERMAN
(Italia 1979, comico)
Regia: Paolo Bianchini; sceneggiatura: Leone Colonna, con Andy Luotto (Superandy), Gino Santercole (Superkid)
Film da archeologici del trash che Marco Giusti a pagina 750 del suo Dizionario dei film italiani stracult (Sperling & Kupfer, ediz. 1999) tratta forse con eccessiva severità: «L’idea non è male, ma gli effetti speciali non esistono, la sceneggiatura e la messa in scena sono così sciatti che il film non fa mai neppure sorridere. E pensare che a quel tempo Andy era una vera star.»
Lo spunto di partenza è anticipatore di quello che farà Mark Millar con Red Son, in cui l’infante Kal-El cade in Russia invece che sul suolo americano. Qui però SuperAndy cade in Italia...
Il film ricalca fedelmente la storia di Superman, di cui vengono addirittura letti alcuni fumetti, con tanto di citazione del pianeta Krypton (su internet si legge che il pianeta di SuperAndy si chiamerebbe Trypton, ma a me sembra che pronuncino sempre Krypton...) e in effetti di fumettisti d’invenzione non ce ne sono, però a sobillare SuperKid/Gino Santercole (sì, proprio quello del Clan di Celentano che cantava Una carezza in un pugno) per mandarlo contro SuperAndy c’è un individuo che asserisce di possedere il 100% dei diritti di sfruttamento della sua immagine: ben lungi dall’inserirsi nella questione Siegel & Schuster vs. DC Comics, può trattarsi dell’ennesima svista di cui sono vittime i profani del fumetto, che non solo tendono a non distinguere tra sceneggiatore e disegnatore (o a ignorare l’esistenza del primo), ma qui forse vi assimilano anche la figura dell’editore.

martedì 25 gennaio 2011

feticismi
























È solo una mia impressione o Enrique Villagrán (ok, l'insieme di disegnatori e collaboratori occasionali che comunque Enrique Villagrán supervisiona) è il fumettista più bravo a disegnare i piedi femminili?

domenica 23 gennaio 2011

Il cielo sopra il Louvre


Questo volume aveva tutte le carte in regola per non piacermi. Frutto della collaborazione di Jean-Claude Carrière (lo sceneggiatore di Buñuel!) con Yslaire, si presenta come sceneggiatura cinematografica abortita, abbozzo di una vaga trama con alcune "stazioni" obbligate, commento di quadri famosi e celebrazione del Louvre.
Insomma, tutto quanto possa essere meno narrativo e "fumettistico" possibile.
Invece la storia procede in maniera inaspettatamente spedita e avvincente, con un ottimo equilibrio tra scene piene di pathos e situazioni più distese. Il cielo sopra il Louvre non è insomma un semplice catalogo di belle immagini come spesso diventano esperimenti del genere, che finiscono per riassumere una storia senza raccontarla.
Ci sono (e sono tantissimi) gli elementi puramente decorativi, ci sono le ardite metafore, ci sono le semplici riproduzioni di quadri, ci sono i bozzetti palesemente affrettati, eppure tutto concorre a costruire una narrazione molto funzionale. Anche molto più funzionale delle ultime prove di Yslaire come autore completo.
Meraviglioso il formato, che mi ha fatto tornare alla mente i libri che produceva la Paper Tiger.

giovedì 20 gennaio 2011

Intervista a Oswal

Oswal, al secolo Osvaldo Viola, è uno dei disegnatori più originali del panorama argentino (e sudamericano in generale).
Dotato di uno stile sintetico e veloce, molto dinamico ed espressivo, una sorta di Alex Toth più concitato, è stato impegnato oltre che sui “suoi” fumetti anche come collaboratore per molti altri colleghi.
Tra le sue opere più significative arrivate in Italia vanno segnalati senz’altro Consummatum Est e il suo spin-off Pieter Thijsz, oltre ai molti “relatos negros” realizzati su soggetto di Enrique Sanchez Abulì, a cui si devono anche i testi del delizioso L’Avvoltoio vola basso.
Recentemente Lanciostory ha ospitato un suo lavoro di cui è autore completo: Tango... a Firenze.
In Sud America è però conosciuto per una sua creazione originale, uno dei pochissimi supereroi a non essere stati prodotti negli Stati Uniti: Sónoman, l’uomo col potere “musico-mentale”. Nel 2003 venne addirittura inserito nel novero dei personaggi a cui la Repubblica Argentina dedicò un francobollo.
Una curiosità: Oswal fu il primo disegnatore di cui l’Eura presentò due volte la stessa storia, Tra altre cose la vita su Skorpio 52 del 1989 che divenne con qualche ritocco Acqua Cattiva su Lanciostory 45 del 1995.

1)      Le Sue biografie italiane sono piuttosto povere[1], di solito riportano solo che ha cominciato a lavorare nell’animazione nel 1954. Ci può dare qualche Suo dato biografico, ad esempio la data di nascita, come avvenne la Sua formazione, ecc.?

Sono nato “lontano lontano e tanto tempo fa”. Moriva Carlos Gardel e nascevo io: era il 1935. Come tanti, disegnavo fin da bambino stimolato dai miei genitori. Mi considero autodidatta visto che la mia formazione si limita a due iscrizioni a due corsi di disegno per corrispondenza che lasciavano molto a desiderare. Ma quando si ha un’anima con la necessità di imparare sempre, si assimila per forza qualcosa da tutto quello che si ha attorno.
Il mio primo lavoro furono 100 strisce umoristiche in cui imitavo vari stili, per la pubblicità di uno di quei corsi di disegno. Poi si risvegliò in me la passione per l’animazione e andai a lavorare nello studio di un pioniere qui in Argentina: Burone Brouché. Avevo 18 anni.
Dopo il servizio militare ho provato a mettere su degli studi d’animazione interamente miei e quasi trentenne divenni socio di quel meraviglioso creatore argentino di humor, Guillermo Divito, un vero genio, e così creammo le Producciones Divito Dibujos Animados. Nel mentre feci anche le mie prime esperienze con i fumetti.
Realizzai alcune storie autoconclusive di Oesterheld e gli adattamenti di David Copperfield di Dickens e di Robinson Crusoe di DeFoe.
Poi il fumetto mi prese del tutto, salvo rare incursioni nell’illustrazione.

2)      Quali sono i suoi hobby?

La letteratura: scrivere e leggere sono la mia passione; ascoltare musica, di tutti i generi, dal folklore alla classica: Mozart ha la mia totale ammirazione; dividere caffè e buone conversazioni con gli amici.



3)      Lei quindi si dedica anche alla letteratura non disegnata: che genere di cose scrive? Storie fantastiche o realistiche? La scrittura è veramente solo un hobby o ha pubblicato anche qualche romanzo o racconto?

Saggi e racconti sono le forme di scrittura che mi vengono più naturali quando mi esprimo scrivendo. Ma ho anche concluso due romanzi. Al momento non ho ancora pubblicato nulla ma ogni tanto la cosa mi solletica. In ogni caso la mia necessità di scrivere è ben maggiore rispetto a quella di pubblicare.
Ogni volta che mi siedo in un bar, prendo automaticamente carta e matita e scrivo. Il fatto è che penso troppo!

4)      Lei legge ancora fumetti o come molti altri colleghi preferisce leggere romanzi?

Leggo fumetti quando un autore mi cattura con la sua capacità narrativa e la forza dei personaggi. Non importa se è umoristico o avventuroso. Ricordo con nostalgia quelle vecchie strisce, stampate con brutti inchiostri su pessima carta che, tuttavia, erano cariche di vita e ti catapultavano in quei mondi, non sempre erano ben disegnate ma erano narrate così bene!
Per quel che riguarda la lettura di romanzi, a parte poche eccezioni ormai è una cosa che sto relegando al passato: in gioventù li divoravo, la mia formazione l’ho fatta in gran parte leggendo Charles Dickens. Oggi preferisco leggere racconti, testi di filosofia e libri sull’arte.

5)      Una domanda che sicuramente si sentirà ripetere spesso: come mai ha scelto lo pseudonimo Oswal?

Successe per caso un giorno (avevo 16 o 17 anni) in cui dovevo versare la mia quota a una di quelle scuole per corrispondenza e avevo dimenticato il mio numero di matricola, la signorina addetta all’incasso mi chiese il cognome, guardò nell’archivio e mi chiese “Viola, come? Perchè qui vedo che ce ne sono due con lo stesso cognome”. Le dissi il mio nome di battesimo ma uscendo pensai preoccupato: “Se entrambi ci dedicheremo a questo lavoro in futuro la gente potrebbe confonderci!” E così nacque Oswal, frutto dell’unione delle due prime sillabe dei miei nomi: OSvaldo WALter.
Fu una cosa da ragazzino, ma segnò il mio destino visto che “Oswal” si impossessò di me e fece di me il suo schiavo.

6)      Il suo personaggio più famoso è Sónoman, il più importante (forse l’unico?) supereroe argentino. Purtroppo in Italia il personaggio non è conosciuto, ci può raccontare la sua storia?

Non credo che Sónoman sia l’unico supereroe creato nel mio paese però forse è quello che più si è radicato nell’immaginario e nei cuori dei lettori argentini. Io non lo percepivo come un supereroe: nonostante i suoi poteri sovrumani, tutti i suoi sentimenti e le sue reazioni sono quelle di un mortale qualsiasi, e questo era quello che più mi importava del personaggio.
Però nacque sotto la classificazione di supereroe e sia lui che io dovemmo sopportare questo destino. Nacque perchè negli anni ’60 andava di moda le serie di Batman e il mio editore voleva avere in catalogo qualcosa con quello stile. Io stavo facendo l’adattamento del David Copperfield di Dickens, la proposta mi stupì e non era quello che più desideravo fare in quel momento, tuttavia capii che quella era la prima grande opportunità nella mia professione e accettai.
E poi successe che dopo aver terminato le prime quattro pagine, di colpo compresi che era un genere che permetteva di scatenare la fantasia e di sviluppare dei personaggi con forti caratterizzazioni; apprezzai la cosa perchè mi dava molte possibilità come autore. Da quel momento misi il massimo del mio impegno per realizzare la serie.



7)      Come Le venne l’idea del personaggio di Sónoman? Quali furono le fonti di ispirazione?

La pubblicazione dove Sónoman fece la sua apparizione era indirizzata a un pubblico infantile, così pensai che il personaggio dovesse trasmettere valori positivi per quei giovani lettori in piena fase dello sviluppo. Senza escludere l’avventura, feci in modo che le situazioni stimolassero lo sviluppo del pensiero dei suoi lettori. Inoltre inclusi anche elementi didattici ogni volta che ne avevo occasione. In effetti procedevo in maniera più che altro intuitiva giacchè ero appena agli esordi, ma il tempo mi ha dato ragione. Mi proposi a quei lettori giovanissimi con grande rispetto nei loro confronti, facendo appello alla loro intelligenza e quindi, senza abbassare il livello del linguaggio, chiedendo loro di parlare con i genitori o i maestri quando non capivano qualcosa.
Il risultato fu che Sónoman era letto anche dai genitori e la sua lettura raccomandata nelle scuole (addirittura, seppi di alcuni professori delle scuole medie[2] che lo commentavano durante le lezioni). E successe qualcosa che persino oggi mi risulta misterioso: Sónoman è stato visto nelle agenzie di pubblicità (?), cosa di cui mi informai perchè io stesso facevo disegni animati pubblicitari e andando a visitare le agenzie ricevevo commenti.
Per quel che riguarda quei bambini di una volta, sono gli adulti quarantenni di oggi, che in continuazione scrivono sul mio sito ringraziandomi: è veramente commovente!
Oggi, 44 anni dopo la sua prima apparizione, le Ediciones de La Flor hanno pubblicato il primo volume della ristampa di Sónoman e hanno generato un grosso revival. Questa è l’avventura più significativa di Sónoman.



8)      Sónoman compariva su rivista oppure su una sua testata propria?

Realizzai interamente io Sónoman, testo e disegno, e fu pubblicato sulla rivista Anteojito diretta da Manuel García Ferré, a grande diffusione nazionale.



9)      Nelle tavole di Sónoman che ho potuto ammirare mi è sembrato di notare un certo influsso degli autori franco-belgi: le tavole presentano infatti molte vignette e c’è un mix di dinamismo e caricatura, un po’ sullo stile di Jijè. È un caso o forse ci fu veramente un’ispirazione a quella scuola?

Se effettivamente è così è solo per caso, una coincidenza, perchè all’epoca il mio sguardo, e i miei sentimenti, erano rivolti a Milton Caniff, a Roy Crane, a Fred Harman, ovvero agli americani. Quando erano già due anni che realizzavo Sónoman vidi per la prima volta Will Eisner e rimasi affascinato: era il modo di esprimersi che io affannosamente stavo cercando! Una conferma del cammino che avevo intrapreso. Ma mi influenzò (e molto) anche il grande Hugo Pratt, l’ho ammirato con tutta la passione di cui ero capace in gioventù.



10)  Dalle informazioni che sono riuscito a raccogliere mi pare di capire che l’esperienza di Sónoman si concluse intorno al 1976. Cosa fece dopo quella data? Collaborò alla riviste di fumetti della Record e della Columba come gli altri Suoi colleghi o si dedicò ad altro?

Sì, nel 1976 si concluse la pubblicazione di Sónoman perchè volli pubblicare una rivista mia. Ma feci un errore: erano momenti molto brutti per l’economia del mio paese, e durò solo due numeri. Questo abisso economico di cui ti parlo vanificò quasi ogni possibilità per l’editoria e tuttavia potei almeno fare una esperienza molto singolare con la realizzazione di El espíritu de Mascarín, pubblicato sulla rivista Chaupinela, con una politica editoriale dura e adulta. Il mio desiderio di scrivere si vide soddisfatto con questo fumetto visto che mi permise di lavorare sul fumetto con la tecnica del racconto letterario: mai prima di allora il disegno fu così simile alla parola scritta!
In due pagine autoconclusive, ogni 15 giorni, consegnavo una storia che si sviluppava in 40 o più vignette, vignette piccole ovviamente, che quindi non facevano risaltare i disegni e li costringevano ad essere pura narrazione. Anche questa fu un’esperienza formidabile.
Molto più tardi El espíritu de Mascarín fu ripubblicato, anche se ritoccato e adattato a storie di dieci pagine, per l’Eura Editoriale che lo ribattezzò Maschera[3]. Non lo vidi perchè non mi fecero mai pervenire una rivista, avrei potuto aggiustare il materiale e migliorarlo. Molto tempo dopo, quando non si pubblicava già più, mi capitò in mano un capitolo e vidi come era stato maltrattato, con un logo volgare e un lettering totalmente inespressivo. Sono i rischi della lontananza.
versione originale di El espíritu de Mascarín dalla rivista Chaupinela
versione rimontata comparsa su Skorpio (edizione argentina)
Maschera su Lanciostory

Dopo questo lavoro quasi non c’erano più possibilità qui nel mio paese e se volevo continuare dovevo guardare all’estero e fu così che senza esperienza, approdai all’Editorial Norma in Spagna e pubblicai sulla rivista Cimoc, cominciando con Mark Kane, detective en Hollywood, con testi di Linton Howard, e continuando con Big Rag che si avvaleva della bella scrittura di Carlos Albiac e, più avanti, Consummatum Est, di quel poeta che fu Yaqui (Patricio Mc Gough).
Ricordo che con Yaqui condividevamo l’ammirazione per il regista cinematografico Alain Resnais, soprattutto per il suo film Hiroshima mon Amour, tratto dai testi assolutamente letterari dell’ineguagliabile Marguerite Duràs. Potevamo fare lo stesso col fumetto? Fare risplendere la letteratura? Questo fu il nostro proposito con Consummatum Est. Yaqui dava briglia sciolta allo scrittore e mi dava i suoi soggetti e io mi lasciavo condurre da questa voragine letteraria ed elaboravo una sceneggiatura e poi i disegni.



11)  Alain Resnais è anche uno dei miei registi preferiti, ed è a sua volta un grande appassionato di fumetti (oltre a collaborare con autori francesi e a cercare di mutuare parti del linguaggio del fumetto nel cinema diresse un film dedicato a un fumettista di fantasia); ci sono altri film del regista francese che Le sono piaciuti particolarmente?

Purtroppo in Argentina non sono usciti molti film suoi, o forse io non me ne sono interessato più di tanto. Ricordo L’Anno scorso a Marienbad e La Guerra è finita, che ho visto parzialmente.

12)  I Suoi disegni sono molto spontanei ed espressivi, e sembrano essere realizzati con molta naturalezza e velocità: che metodo di lavoro usa? Realizza delle matite abbastanza dettagliate oppure come altri disegnatori dal tratto sicuro (ad esempio Gil Kane) la maggior parte del lavoro è fatto direttamente a china?
 
Ho sempre cercato di dare un’impressione di spontaneità nei miei disegni, come se non mi costasse nulla realizzarli; la verità però è che mi sforzo molto in questo senso, quei disegni sono il risultato di lunghe ricerche. Ma trattandosi di fumetto non lavoro mai direttamente a china perchè l’obiettivo non è creare un disegno “brillante”, bensì un disegno che contribuisca alla narrazione, e si è sicuri in tal senso solo quando si contempla la pagina nella sua interezza, ovvero quando tutta la tavola è impostata a matita; quasi sempre c’è la necessità di cambiare qualche inquadratura, di modificare una postura, correggere la luce, ecc.
Solo di recente mi permetto di esprimere in libertà con la china i sentimenti che voglio evocare o trovo questa spontaneità di cui parlavo. Mi sopraggiunge una grande impazienza e volo nei miei percorsi.

13)  Usa in prevalenza pennino, pennello o qualche altro strumento?

Uso di tutto: provo ogni cosa che produca un tratto finchè ottengo l’espressione che cerco. Ogni strumento dà una possibilità diversa. Anche se matita, pennino e pennello sono il mio pane quotidiano, non disdegno i pennarelli e qualsiasi strumento sia capace di produrre un segno (infatti ho usato piume d’uccello, rametti, perfino le mie stesse dita!).
Fa anche parte dei miei strumenti il computer, che contringo a realizzare quello che voglio. In realtà non mi importa quale strumento si usi per il lavoro, l’essenziale è mantenere la propria personalità; che lo strumento conduca sempre a essa.

14)  Per il mercato spagnolo Lei realizzò Mark Kane, scritto da Linton Howard[4], poi distribuito anche in altri paesi. Fu la prima occasione di lavorare per il mercato europeo? Come avvennero i contatti?

            Sì, come ho detto prima, Mark Kane fu il mio primo lavoro qui in Europa, ma lo avevamo cominciato prima quando Linton Howard viveva ancora in Argentina e concepimmo questo stesso detective per la rivista Skorpio, ma lo chiamammo Floyd Stark. Dopo alcune pubblicazioni Linton emigrò in Spagna e prese contatti con Cimoc, dove allora venne pubblicato come Mark Kane, detective en Hollywood.

15)  Un personaggio molto interessante tra quelli che ha realizzato è Lejos Pratt, per cui sembra avere un certo affetto: come lo presenterebbe ai lettori italiani?

Il quotidiano argentino La Nación pubblicava un supplemento per bambini e chiesero ad Albiac e a me un personaggio con caratteristiche ecologiche, molto legato alla Natura, che amasse gli animali. All’epoca avevo un grande amico (purtroppo scomparso) di stampo tedesco, molto alto e dalle spalle molto grosse, dall’aspetto ideale per il personaggio, si chiamava Alejo e da lui venne “Lejos” (lontano) che era molto indicato perchè dava anche l’idea della lontananza, della distanza, e questo era perfetto per un personaggio che percorreva l’intero pianeta.
Anche il volto del personaggio era ispirato a quello del mio amico. Per quanto riguarda il cognome “Pratt” fu una mia idea come omaggio a quel grande e ammirato Hugo Pratt, che a sua volta fu un gran viaggiatore e adoperò il mondo intero come scenario per le avventure dei suoi personaggi. Così nacque “Lejos Pratt”. È un fumetto che amo molto e che vorrei continuare perchè si può fare ancora molto e, naturalmente, coi i testi di Carlos Albiac.



16)  Lei ha lavorato sia su storie indirizzate a un pubblico molto giovane che su altre dai toni decisamente forti. Le affronta con uno spirito diverso o alla fine non ci sono differenze?
 
Sono convinto che un autore debba tenere molto in considerazione il pubblico a cui si rivolge. Sono innumerevoli le particolarità che distinguono ogni età e ogni livello, sia sociale che intellettuale. Queste differenze condizionano il mio ruolo di autore, mi obbligano a prendere bene la mira e ad ampliare la gamma della mia personalità, permettendomi di mantenere il “mio stile” oltre alle forme e alle apparenze. Questo lo imparai da quel genio che fu Pablo Picasso, che poteva fare le cose più diverse, dal classico al moderno, ma sempre lui rimaneva.



17)  Lei ha collaborato principalmente con tre sceneggiatori (escludendo le collaborazioni più rarefatte con Oesterheld, Barreiro e altri): Yaqui, Abulì e Albiac. Tutti e tre sono autori molto originali e dalla spiccata personalità, che differenze ha riscontrato nel lavorare con l’uno e con l’altro?

Credo che l’incontro di uno scrittore con un disegnatore per realizzare fumetti non sia sufficiente se non c’è armonia nella visione narrativa di entrambi. Le rispettive aree devono essere delimitate ma, al contempo, influenzarsi a vicenda. Persino nel caso che sia una stessa persona a realizzare i due aspetti, si deve sentire questa divisione per cui uno solo fa due cose distinte. Quindi, è importante l’intesa, lo stesso senso creativo e interessi comuni per creare questo genere complesso composto da letteratura che si disegna e disegno con qualità di scrittura.

Con i tre scrittori menzionati sento una forte affinità, benché ci siano in loro dettagli che li differenziano. Con Carlos Albiac ci riuniamo nei bar e lasciamo volare la nostra fantasia. Alla fine abbiamo realizzato quattro o cinque di quei mondi immaginari, ma decine rimasero nel calamaio. Albiac ha una sorprendente capacità di adattarsi ai vari generi e una sintesi formidabile; così come un notevole senso dell’immagine: è fondamentale nelle sue storie e quindi si affida completamente al realizzatore dei disegni.

Yaqui, come ho già detto, fu un mio grandissimo amico, quasi un fratello. Era poeta fino al midollo ed era capace di una sensibilità sterminata. Anche lui come me era disegnatore e, siccome a mia volta anch’io scrivo, i nostri lavori furono il frutto delle nostre intense conversazioni in cui si mescolavano filosofia e letteratura. È scomparso ad appena 62 anni e abbiamo perso la possibilità di continuare a provare cose nuove, ma sia i capitoli di Consummatum Est che la serie di Pieter Thijsz furono momenti di profonda felicità creativa.

...E di Enrique Abulí, cosa posso dire? Quanto è grande? Che organizzatore della narrazione, che creatore di atmosfere e personaggi originalissimi! Ed è anche una persona eccellente che rese indimenticabile il mio passaggio in Spagna. Enrique è uno scrittore che non dimentica, nemmeno per un istante, che deve raccontare con le immagini. Scrive pensando alle immagini, quindi mi fa sentire come un prolungamento della sceneggiatura che lui ha cominciato.

Riassumendo: Albiac è un grande creatore di atmosfere con una speciale capacità di sintesi. Yaqui fu la capacità poetica di costruire immagini metaforiche, con piena consapevolezza del sensibile e del passionale. E Abulí, la meravigliosa intuizione che il disegno deve essere “letto” a sua volta, che è parte integrante del testo stesso.

18)  C’è qualche altro sceneggiatore con cui ha collaborato che vuole ricordare in particolare?

Fu interessante lavorare con Ricardo Barreiro su Buenos Aires, las putas y el loco. Naturalmente fu indimenticabile (e come non potrebbe essere così?) il Galac Master con Oesterheld. E non voglio dimenticare di menzionare una sceneggiatura western di Mandrini.



19)  Sono contento che abbia citato Eugenio Mandrini, sceneggiatore ingiustamente dimenticato (anche su internet si trova poco o nulla), perchè volevo proprio approfondire la conoscenza con questo autore che fu un importante collaboratore di Skorpio e di cui anche in Italia abbiamo letto tante storie. Lei lo ha mai incontrato? Sa per caso se è ancora attivo o a cosa si dedica attualmente?

Purtroppo ho perso ogni contatto e in effetti non ho mai conosciuto personalmente Eugenio Mandrini. Qualcuno, non ricordo chi, mi disse che si era ritirato ma non posso garantire nulla.

20)  Un importante ruolo che Lei ha svolto è stato quello di collaboratore per molti altri disegnatori, anche se non sempre accreditato: ad esempio ha collaborato con Ernesto Garcia Seijas[5] e con Angel Lito Fernandez (vedi la storia Moran su L’Eternauta 16). Come avvenivano questi lavori? Ad esempio, Lei faceva le matite o il layout e poi il titolare si limitava a rifinire e inchiostrare?

La professione è un lungo cammino popolato di pastoie in cui bisogna imparare a destreggiarsi. La principale è la propria vanità. Molte volte, nei momenti migliori della mia carriera, volli fare da aiutante e questo mi permise di comprendere meglio il significato delle distinte fasi di realizzazione di una tavola a fumetti. Ad esempio, ho fatto molte “matite” e sempre mi chiedevo qual era la finalità che doveva perseguire; ciò che provava o avrebbe dovuto provare chi le inchiostrava.
Inoltre, mi ha sempre fatto piacere analizzare i diversi stili perchè è la maniera migliore di comprendere in cosa consiste il proprio. E per questo, l’ideale è lavorare con il titolare dell’opera. Così potei apprezzare l’enorme capacità fumettistica di Angel “Lito” Fernandez, ad esempio. Fu un piacere fare le matite per molti episodi di Dennis Martin.
Solitamente, quando faccio le matite, soprattutto quando sarà qualcun altro a inchiostrarle, vedo di farle molto pulite e con un disegno già ben strutturato, proprio perchè l’inchiostro possa liberarsi di questi aspetti e fluire con scioltezza.



21)  Lei ha anche realizzato le matite del famoso, o famigerato, terzo episodio dell’Eternauta, quello sceneggiato da Alberto Ongaro: cosa può raccontarci di questa esperienza?

Poco o nulla. Per me non fu nulla di speciale, diciamo. Fu un lavoro molto disarticolato per cui inizialmente l’inchiostrazione dei personaggi (in particolar modo i volti) la fece Solano Lopez e il resto Mario Morhain, poi Solano abbandonò il progetto e tutto finì nelle mani di Morhain. Ma non c’era alcun legame tra di noi, non più di qualche incontro di circostanza. Inoltre, non credo che quei testi fossero un esempio valido del talento di Ongaro.
            In effetti credo che tutto il lavoro fosse caratterizzato dalla cattiva idea di cercare di catturare lo spirito originale. Si cercò di approfittare del successo originale dell’Eternauta dimenticando le ragioni di quello stesso successo, il perchè di quel buon esito precedente. Oesterheld aveva sentito profondamente l’aspetto politico del cosiddetto Terzo Mondo e ci sommerse in un caos che denunciava l’avanzamento sconsiderato delle grandi potenze. C’era il cuore in quel primo Eternauta; in quella nevicata che finiva con buona parte del mondo si poteva percepire il proprio vero ambiente, la vita reale.
            Non fu un caso se divenne un fumetto così famoso. Oesterheld, oltre al suo talento, aveva riversato i suoi sentimenti e i personaggi risultarono vivi, reali. Non c’è nulla di questo nella terza parte, è fantasia pura che poggia sulla falsariga originale. E desidero parlare del mio stesso lavoro perchè non si pensi che giudico senza oggettività: è freddo e calcolato se lo paragono a quello pieno di passione del Solano Lopez giovane. In questo fumetto io mi sono limitato a svolgere la mia mansione e basta. Ma credo che anche nella seconda parte dell’Eternauta lo stesso Oesterheld già partiva con questo difetto. Sinceramente questa seconda parte non mi ha mai attirato. D’altronde c’è un detto che recita «nessuna seconda parte è buona come la prima»[6].

22)  Sempre parlando di collaborazioni con altri disegnatori, a me è sempre sembrato che in alcuni episodi della serie Rio Bray (attribuita a Collins e Lalia) ci fosse anche il Suo contributo. Sbaglio?

È vero, ho fatto io le matite, ma non ricordavo che lo avesse terminato Lalia, credevo che fosse stato García Seijas.



23)  Ha mai avuto qualche “ragazzo di bottega” nel Suo studio, qualche giovane disegnatore che ha lavorato per lei come assistente e poi ha avuto una carriera autonoma? Glielo chiedo perchè mi sembra di cogliere la Sua influenza (ma forse è solo una mia impressione) nello stile di altri disegnatori come Carlos Meglia e Horacio Domingues.

Da quasi quarant’anni integro la mia attività di creatore con quella di insegnante di disegno e fumetto in apposite scuole, come la scuola di Belle Arti della Città di Quilmes e, attualmente, nella scuola del famoso disegnatore umoristico Carlos Garaycochea. Non ho tenuto il conto ma non credo di mentire se dico che più di tremila alunni sono passati per quelle classi. Oggi ho una grande amicizia con molti di loro che adesso sono colleghi. Carlos Meglia venne alle mie lezioni negli anni ’70, nella scuola di Belle Arti, ed era a diciassette anni scarsi un disegnatore estremamente dotato che prometteva di diventare il Norman Rockwell argentino. Poi ne feci il mio assistente finchè se ne andò per conto suo coi risultati che tutti conosciamo. Domingues non fu mio allievo ma in effetti credo che subì l’influenza di Meglia con cui divideva uno studio agli esordi, oltre ad avere ovviamente altre influenze proprie.
Molti autori conosciuti si sono formati accanto a me e questo mi riempie di orgoglio e, allo stesso tempo, di modestia, come nel caso di Oscar Capristo, e anche Lukas e Ramirez, creatori di Cazador[7], e molti, molti altri.

24)   Anche se esistono (vedi ad esempio la copertina di La Città, le Puttane e il Matto), abbiamo visto pochissime Sue prove col colore: non Le piace lavorare con questa tecnica o semplicemente non ci sono state occasioni per farlo?

Mi sono appassionato intensamente a quella enorme sintesi che è il bianco e nero. L’espressività meravigliosa della linea, che trasmette il sentimento dell’autore, e le pennellate di nero che danno unità all’insieme e creano l’illusione delle sfumature e persino del colore. Però adesso sento molto interesse verso il colore. Beninteso, sempre che la sua funzione sia quella di raccontare. L’arte plastica dà le fondamenta ma la letteratura dà la definizione.
Durante le mie prime esperienze con Sónoman, nel 1966, non possedevo ancora questa capacità ma ciononostante sperimentai ispirandomi alla Pop Art, in voga in quel periodo. Tuttavia, la mia preoccupazione per il colore narrativo è attuale e sto realizzando, in collaborazione con Enrique Abulí, un romanzo grafico (questa è una primizia che ti do) dove metterò alla prova questo mio concetto del colore narrativo.



25)  Questo progetto con Enrique Abulí sembra molto interessante... può darci qualche anticipazione?

Credo che Enrique Abulí sia semplicemente quello che si chiama un autore: sensibilità, gestione mentale dell’immagine; scioltezza nell’approccio di situazioni parallele che finiscono per interagire nel modo più inatteso; un’incredibile definizione dei personaggi che sono ingranaggi che, una volta messi in moto, fanno procedere la storia e, soprattutto, un’idea o un concetto drammatico della vita che sta dietro la sua ironia e le sue molte morti.
Perchè dico questo? Perchè mai come questa volta sento il piacere di questa storia che stiamo facendo procedere rapidamente, fino alla fine benchè non sia stata ancora collocata presso nessun editore. Enrique ha già terminato la sceneggiatura (137 tavole) e io ho già fatto gli schizzi di tutto. È fantastico conoscere tutta la storia sin dal primo colpo: così si può aggiustare ogni dettaglio, ogni situazione di quello che verrà dopo, dando così più forza alla narrazione.
La storia si svolge in Francia, supponiamo negli anni finali, tragici, della Guerra dei Cent’Anni, però è solo una indicazione, perchè non c’è nulla di storico, nè si vedono scene di guerra. È solo lo scenario, come avrebbe potuto essere qualsiasi altro. In quel luogo e in quel tempo, personaggi di tutti i tipi hanno i loro conflitti e si relazionano dando forma alla trama. È una narrazione dove il dramma e l’ironia sono sovrani dall’inizio alla fine. Anche i disegni devono raccontare la stessa cosa, accentuare le scene drammatiche e naturalmente lo stesso vale per il colore. Dico “colore narrativo” perchè la questione non è abbellire le vignette bensì applicare i colori seguendo lo stesso criterio della sceneggiatura e del disegno, vale a dire con il proposito di raccontare, di narrare la nostra storia.
Sono molto entusiasta perchè poche altre volte ho visto qualcosa di così splendido e se ho maturato un’esperienza la sto riversando tutta in questo lavoro.

26)  Cosa pensa del computer e delle potenzialità che può avere nella realizzazione di fumetti? Guardando il Suo sito sembra che abbia molta confidenza con questo strumento.

Il computer, nel mio caso, è uno strumento in più accanto ai normali ferri del mestiere come matite, pennini e pennelli; tuttavia offre possibilità molto particolari e non intendo certo sprecarle. È chiaro però che obbligo il computer a rispettare il mio stile e non mi sottometto a esso! Se si concepisce così, è uno strumento magnifico.

27)  A proposito del Suo sito internet http://www.oswalcomic.com.ar/index.shtml: è molto interessante e ben fatto, ma mi sembra che non venga aggiornato da un bel po’. Si è rivelata un’esperienza insoddisfacente o semplicemente non ha più avuto tempo di aggiornarlo?

Secondo me internet è stato rovinato dalla enorme e indiscriminata quantità di blog che lo riempiono. Quando ho aperto il mio sito, ce n’erano pochi e questo mi entusiasmò. Adesso vedo tanta gente che senza esperienza dà consigli e lezioni, e questo mi ha demoralizzato. Ciononostante, sto preparando qualcosa di nuovo e spero di concretizzarlo.

28)  Se un fan volesse comprare un Suo disegno o una tavola originale come potrebbe fare?

Diciamo che può scrivermi all’indirizzo e-mail che si trova sul sito www.oswalcomic.com.ar

29)  Grazie della disponibilità.

            Sono io che ti ringrazio.


[1] Vedi ad esempio Historietas – Storia, personaggi e percorsi del fumetto latino americano (Mazzotta, 1997)
[2] “nivel secundario” in originale.
[3] A partire da Lanciostory 42 del 2005.
[4] Pesudonimo di Joan Freijomil Benavent
[6] Mettere versione originale di Oswal visto che la traduzione non è identica? – tipo “nunca segundas partes fueron buenas” in originale.
[7] Supereroe irriverente e vagamente underground, dalla vita editoriale piuttosto travagliata. Creato nel 1992, ha annoverato anche Ariel Olivetti tra i suoi disegnatori. Serie di culto in Argentina, ha ospitato nelle sue pagine dei “camei” di figure politiche reali e di celebri protagonisti delle historietas argentine.