domenica 28 novembre 2021

Fumettisti d'invenzione! - 168

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.

In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

 

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – GRAPHIC NOVELS E ONE SHOTS (pag. 24)

 

ITALO – EDUCAZIONE DI UN REAZIONARIO

(Italia 2019, © Vincenzo Filosa, drammatico, grottesco)

Vincenzo Filosa

 

Italo Filone traduce e realizza fumetti, ma la precarietà e la frustrazione del lavoro si riverberano nella sua vita quotidiana spingendolo ad assumere droghe e ad avere comportamenti aggressivi con il prossimo, anche con i suoi cari.

Un’autobiografia appena appena mascherata da fiction di Vincenzo Filosa.

 

CINEMA  (pag. 81)


 

LA FRACTURE

(Francia 2021, drammatico, grottesco)

Regia: Catherine Corsini; sceneggiatura: Catherine Corsini con la collaborazione di Laurette Polmanss e Agnès Feuvre, con Valeria Bruni Tedeschi (Raphaëlle Catania), Pio Marmaï (Yann Caron), Marina Foïs (Julie Bataille)

 

Tra la varia umanità che affolla un pronto soccorso francese si incontrano Raphaëlle “Raf” Catania e il camionista gilet jaune Yann. La situazione in ospedale è drammatica, con i sanitari provati da turni massacranti e continui ricoveri.

Raf è una disegnatrice di fumetti, mentre la sua compagna Julie con cui ha litigato (causandosi la frattura del titolo) è la sua editrice.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

 

ZAPPING ASCENSIONNEL (ZAPPING ASCENSIONALE)

(Francia 1990, in (A SUIVRE), © Casterman, umorismo)

François Boucq

Una famiglia si trasferisce proprio nel palazzo in cui convivono personaggi del mondo del fumetto di tutto il mondo che si sono trasferiti lì a causa della crisi del settore. Passare in rassegna gli abitanti dei vari piani è una goduria (più o meno…) per i nuovi inquilini.

 

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie

CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

 

THE RAVING MANIAC

(Stati Uniti 1953, in Suspence, © Marvel Comics, satira)

Stan Lee [Stanley Martin Lieber] (T), Joe [Joseph] Maneely (D)

In risposta al clima censorio che si era abbattuto sul mercato fumettistico statunitense, Stan Lee realizza una storia breve in cui mette alla berlina un furente censore che si rivela essere solo il pazzo furioso del titolo.

Da notare che Stan Lee si ritrae come il supervisore della testata Suspence e non come sceneggiatore.

Pseudofumetti: nella redazione di Suspence fanno bella mostra di sé le testate Argh Comics, Zombie Chillers, Belvue Comics, Casket Comics e Horror. Un disegnatore porta con sé le tavole della serie The Screams.

giovedì 25 novembre 2021

Il signor Spartaco. Viaggio di un epicentrico

L’acquisto risale a prima di Lucca, ma mi sono preso il mio tempo per lasciare sedimentare le storie e leggermi la lunga postfazione di Francesco Boille.

Con questa opera cambia il metodo (o la filosofia) di realizzare fumetti di Lorenzo Mattotti, per sua stessa ammissione: prima del più compiuto Fuochi, la parte grafica prende il sopravvento sui testi. Spartaco è un fisico che viaggia spesso in treno, e in cui proprio il treno accende dei ricordi o delle fantasie legate a traumi infantili e adolescenziali. Il surrealismo onirico che permea i sei capitoli di cui si compone la serie dissuaderebbe a un primo impatto da ogni tentativo di ricostruire un’unica trama conclusa e concludente, cionondimeno Spartaco si fa amare (oltre che per la bellezza delle tavole, ma Mattotti di lì a poco si sarebbe superato) per la simpatia innata di un protagonista “vinto”, in quanto vittima degli eventi e di decisioni altrui, eppure quasi sempre allegro e positivo; né mancano delle trovate molto divertenti e colte allo stesso tempo, come un libro di Buzzati che diventa il pranzo di Spartaco “soldato” nel quinto episodio. Ma non bisogna lasciarsi fuorviare dai giochi di prestigio evocativi e grafici di Mattotti: uno sviluppo narrativo c’è, a partire da Libero, il terzo e più lungo episodio, che avrà conseguenze a lungo termine per Spartaco.

Il volume Logos consta di 136 pagine, di cui solo la metà è dedicata a Spartaco – intercalato oltretutto dai frontespizi dei singoli capitoli. Oltre alla postfazione di Boille ci sono un altro fumetto sempre dedicato alla suggestione del viaggio (scritto da Jerry Kramsky) e un sacco di studi, schizzi, illustrazioni e quadri, tanto da farlo sembrare quasi un catalogo più che un libro a fumetti.

martedì 23 novembre 2021

Intervista a Vincenzo Filosa

Bob 84 mi pare che abbia suscitato qualche perplessità nel grande pubblico in relazione al suo costo, soprattutto in riferimento al formato che è tascabile. Per me però il formato è connaturato al tipo di fumetto che volevate fare. Se fosse uscito in bonelliano sarebbe stato percepito diversamente, ne sarebbe venuta fuori un’altra cosa.

 

Probabilmente sarebbe stato così, ma comunque il discorso è che la foliazione e il tipo di narrazione sono legati più al graphic novel che alla serialità, cioè il nostro tipo di approccio è quello di quando lavoriamo a progetti autoriali nostri, come quando Paolo non lavora per Bonelli in veste di disegnatore semplicemente. Quindi noi abbiamo pensato di fare uscire questo oggetto qui senza mai pensare al prezzo, questo è un ragionamento che poi fa l’editore.

Ricordatevi comunque che è un discorso legato alla tiratura e quindi a quante copie si tirano in base alla richiesta.

 

Tiratura che immagino sia segretissima.

 

Non la conosco nemmeno io. Ma è un dato importante: se non c’è la stessa richiesta di un manga qualsiasi di successo non puoi raggiungere cifre importanti. Tutto dipende dalla richiesta del mercato: se tutti effettivamente vogliono un Bob 84 a 5 euro basta fare l’investimento su questo primo volume perché poi se se ne possono fare più copie e più numeri sicuramente si scenderà anche in quel senso. Il prezzo è un ragionamento che gli autori (e in un certo senso anche gli editori) non possono decidere.

 

Interviene Paolo Bacilieri: Posso aggiungere una cosa?

 

Ben venga.

 

[il suo intervento lo leggerete su Fucine Mute]

 


Volevo anche ricordare che il formato è particolare per questa categoria merceologica, ad esempio le pagine non sono fresate e incollate sul dorso, ma rilegate e cucite.

 

certo, anche l’editore non ha pensato alla serialità da edicola ma al mercato del graphic novel a cui noi siamo più legati.

 

Tu prima hai citato i manga: è stato questo il vostro punto di riferimento? Perché io invece ci avevo visto, evidentemente sbagliando, un rimando ai “neri” degli anni ’60 e ’70.

 

Ecco, di questo mi piace parlare piuttosto che del prezzo!

Allora: in Giappone come in Italia alla fine degli anni ’50 si è affermato un nuovo genere, il nero a fumetti. Contemporaneamente alla nascita e all’affermazione di Diabolik in Italia in Giappone si stava affermando un fumetto di genere thriller, noir, spionistico, quello che adesso molti definiscono “gekiga” e che ha dato effettivamente un contributo fondamentale per lo sviluppo del manga per come lo conosciamo adesso. Cioè il gekiga è stato la svolta adulta del manga. Come Diabolik è stata la svolta adulta del fumetto in Italia.

 

Che prima era considerato solo per bambini.

 

Più o meno sì, poi con Diabolik lo prendevano anche i pendolari che andavano a lavorare. Quindi c’è stato questo parallelo, ma ce ne sono stati tanti di paralleli fino agli anni ’80 nel fumetto giapponese come in quello italiano, ed è una cosa che mi affascina moltissimo. Noi ci siamo rifatti a quel periodo lì. Cioè noi vogliamo riproporre quel particolare fumetto e allora abbiamo ripreso gekiga, nero all’italiana ma anche Bonelli (perché per forza di cose il discorso non può prescindere anche da quello) e abbiamo cercato di metterlo insieme in questo prodotto che ha un approccio autoriale però deve tantissimo al fumetto “per tutti”. Per capirci, questo è il fumetto che vorrei dare a mio padre per farglielo leggere, perché gli altri miei fumetti lui non li legge manco morto. E quindi abbiamo pensato anche a quel Giappone lì. Come avrai notato nella parte finale il Giappone diventa preponderante non solo come ambientazione ma anche la gabbia delle vignette cambia completamente: passiamo dalle due strisce italiane a una gabbia più gekiga, più action, che è tipica del manga. Questa cosa ci serviva anche per raccontare quella che sarà poi l’eventuale evoluzione della serie. Perché quello che vogliamo fare (attraverso questo approccio procedurale come nei telefilm classici alla Law and Order) è avere non dico “il caso del mese” ma quasi. Bob sarà quindi una carrellata di vittime del nostro killer. Ogni storia racconterà gli ultimi secondi (o minuti, ore, giorni o settimane) di vita di una data vittima di Bob.

 


Questo spiega anche il senso del titolo, che a me era sfuggito.

 

C’è anche un altro significato nel titolo, perché richiama l’approccio che abbiamo avuto (soprattutto Vincenzo nella sua sceneggiatura, ma che condivido in pieno). [anche questo intervento di Bacilieri lo leggerete su Fucine Mute]

 

Abbiamo parlato tantissimo di paralleli tra fumetto italiano e giapponese. Quando il gekiga si è affermato il manga commerciale e massificato ha preso in prestito tutto quello che in quel genere funzionava per integrarlo nella sua struttura.

 

Ma questo succede in tutti i settori artistici.

 

Però il fumetto italiano adesso sta rinnegando questa gabbia, questo formato, per inseguire altri formati ma secondo me la gabbia a due strisce è proprio il nostro modo di vedere il fumetto, e il fatto che questa cosa si perda a discapito di produzioni più colorate, più pazze, più strane o più esotiche (sia da est che da ovest) secondo me è un gran peccato, perché abbandonare la nostra produzione fumettistica porta a un impoverimento generale di tutto il settore.

A me Diabolik è sempre piaciuto, mi piace ancora tantissimo e voglio portare avanti il discorso iniziato da Diabolik, non che Diabolik abbia smesso di esistere però vogliamo prendere quel linguaggio lì sviluppato in quel fumetto e portarlo in altre direzioni. È una cosa che non succede perché quella gabbia lì viene considerata superata quando invece il manga presenta un formato molto simile semplicemente con una foliazione più importante ma ha grande successo.

 

Credo che un numero di Diabolik venda molto di più di un manga generico che non è un successone.

 

Questo è bellissimo ma sarebbe importante che quel linguaggio lì venisse portato anche verso altri lidi, venisse sviluppato. Che poi è quello che è successo nella storia del manga. La cosa che mi piace tantissimo della storia del manga è che dalla nascita con Tezuka fino ad adesso c’è una continuità genetica che è innegabile. Cioè se tu leggi L’Isola del Tesoro di Tezuka e leggi One Punch Man o Chainsaw Man o gli altri che ci sono adesso le regole sono sempre quelle: l’approccio alla regia e alla narrazione è sempre quello. Solo che naturalmente viene aggiornato continuamente di contenuti, di stili, di approcci però la struttura, lo scheletro, rimane sempre quello lì e secondo me è una storia che garantisce continuità, identità culturale e anche la possibilità di parlare a tantissimi ragazzi, perché offre un prodotto che è continuativo, che è voluminoso e quindi interessa.

domenica 21 novembre 2021

Rimasugli da Lucca

Per la sua natura pensavo di non parlarne, però riguardandolo mi sono reso conto che è un prodotto ben più che dignitoso pur se rientra nella categoria del materiale promozionale.

Guerre Feudali veniva infatti dato in omaggio in occasione della presentazione delle novità Acheron, o eventualmente si poteva recuperare negli stand selezionati a cui erano state date alcune copie (per fortuna: non ricordo dove si svolgeva la conferenza di presentazione ma mi sembra che fosse un po’ decentrata rispetto agli itinerari che mi ero proposto per quel giorno). Si tratta di un fascicolo spillato di grandi dimensioni stampato su carta patinata ad alta grammatura interamente a colori. In sostanza è un’introduzione a Brancalonia per quanti ancora non la conoscessero, ma è anche un assaggio della campagna in procinto di essere pubblicata.

Al di là delle inevitabili e doverose nozioni di base, il supplemento offre una rapida guida alle cinque regioni settentrionali del Sinistro Stivale e anche un bel po’ di informazioni storiche e politiche che non ricordo di aver letto nel manuale di base. Non mancano delle inevitabili riprese delle regole di Brancalonia, ma per fortuna ci sono anche aggiunte a quelle stesse regole e non solo copia-incolla.

Guerre Feudali è stato realizzato in collaborazione con il “movimento” Feudalesimo e Libertà, il cui intervento scritto non mi ha divertito nonostante gli intenti satirici.

Il pezzo forte è l’avventura che occupa la metà di queste 44 (!) pagine, un’anteprima di quella che sarà la campagna L’Impero randella ancora. Come intuibile dal titolo (ma io ci sono arrivato tardi, leggendo i titoli dei capitoli in cui è divisa l’avventura…) si tratta di un pastiche di Guerre Stellari con molteplici citazioni. Per chi riesce a coglierle, ovviamente. Le appendici sono ricche di nuovi mostri e personaggi non giocanti (beh, i primi sono assai pochi, in realtà) e quindi la loro utilità si estende al di là di questa avventura.

L’Impero randella ancora viene presentata come campagna giocabile in maniera indipendente da Brancalonia, solo con le regole del gioco-di-ruolo-più-famoso-di-tutti-i-tempi; la natura militaresca del tutto non mi attira più di tanto ma chissà…

Guerre Feudali è di per sé un bell’oggetto, ovviamente non indispensabile per chi gioca a Brancalonia ma sicuramente molto ricco e ben confezionato.

venerdì 19 novembre 2021

Intervista a Miguel Vila

Puoi presentarci il tuo nuovo lavoro, Fiordilatte?


Fiordilatte è la nuova graphic novel che ho fatto quest’anno. Non si tratta del seguito di Padovaland come forse qualcuno avrà pensato. Assomiglia molto a Padovaland perché c’è lo stesso spirito, i personaggi possono ricordare quegli altri perché anche questi hanno i loro difetti, hanno delle caratteristiche simili e ovviamente lo stile è molto simile. Stavolta però ci sono regole un po’ diverse: nell’altro libro abbiamo un racconto corale, un intreccio di trame, qui invece c’è un’unica storia e le vicende ruotano tutte attorno agli stessi tre o quattro personaggi. Quindi stavolta possiamo vedere anche una dimensione intimistica molto più profonda: vediamo diverse fasi e più trasformazioni degli stessi personaggi.

Poi anche la location cambia, si tratta sempre di provincia veneta ma qui ho giocato un po’ con la creazione di un borgo antico veneto, quindi mi sono un po’ inventato questa città quando invece nel primo libro era una città diffusa, una provincia.

 

C’era anche una periferia industriale.

 

Cosa intendi?

 

Ricordo la ragazza che andava alla ricerca di scorsi per la tesi di laurea.

 

Sì, esatto, c’era anche quello, l’aspetto industriale. Però a livello spaziale era una realtà denucleizzata: non aveva un centro, era tutta piena di piccoli centri. Qua invece abbiamo questa periferia un po’ dispersa ma attorno a questa città veneta inventata, in un luogo naturale un po’ romanticizzato che sono questi tipici colli veneti, un ambiente da Prealpi.

Questo in sostanza è Fiordilatte. Ovviamente ci sono le stesse dinamiche un po’ spinte di Padovaland, anche se qui mi sono spinto anche oltre, le scene sono molto più esplicite, molto più grafiche.

 

Padovaland ha avuto un’ottima accoglienza: non hai sentito la pressione della seconda opera? Anche Caparezza ci ha fatto una canzone sopra, e persino Troisi intitolò il suo secondo film Ricomincio da Tre per evitare giudizi troppo pesanti sulla sua seconda opera (anzi, nel suo caso anche sulla prima)…

 

In effetti avevo un po’ di paura perché c’è questa idea che il secondo libro (o qualsiasi altra opera artistica) che fai è sempre rischioso specialmente quando hai avuto un minimo di successo, quindi la gente ti conosce e ha delle aspettative su di te, ha già capito il tuo stile e ti vede già come un autore maturo. E per questo la seconda opera può essere una grande sfida.

Però nello stesso tempo mi sono sentito molto sicuro perché questa storia per come è strutturata poteva evitarmi quel problema: non è una continuazione di Padovaland e ha dei personaggi autonomi e precisi. Questa storia è autonoma, c’era già e sin da subito mi è sembrata molto potente. Insomma, non dovevo ripescare gli stessi personaggi, potevo crearne di nuovi dal nulla e quindi sarebbe diventata una cosa diversa. E quindi queste considerazioni mi hanno garantito un libro completamente nuovo anche se poi l’universo narrativo, se possiamo chiamarlo così, è quasi lo stesso.

Secondo me basta avere un po’ di accorgimenti, riflettere su cosa puoi migliorare rispetto alla tua opera precedente. Chiaramente tu fai un fumetto e ti aspetti di migliorare, nel senso di capire cos’altro potresti fare meglio, quali sono stati i tuoi limiti. E dopo ci vuole ovviamente molta fortuna: io posso impegnarmi un sacco ma poi per qualche motivo il secondo fumetto non piace, il pubblico rimane deluso, quindi alla fine per quanto mi ci sono impegnato è una cosa che sfugge un po’ alla mia possibilità di controllo, è una cosa su cui non puoi influire più di tanto!

 

Prima parlavi delle scene crude presenti anche nel primo volume. Però io avevo notato il tuo particolare stile, le tue inquadrature dall’alto e in assonometria cavaliera come se i personaggi fossero degli insetti sotto lo sguardo di un mirmecologo. È una cosa voluta o semplicemente è il tuo stile che è venuto fuori così? Mi è sembrato quasi che tu volessi cercare un distacco dai personaggi.

Inizialmente quando lavoro a questi fumetti non penso tanto a cosa voglio rappresentare a livello di metafore o del messaggio da dare. Di solito non mi importano queste cose, a me importa raccontare delle storie in cui succedono degli eventi in modo preciso, che siano spinti o leggeri.

Il discorso delle architetture e delle planimetrie è una cosa più formale, mi piaceva raccontare la città in quella maniera: è una cosa che ho imparato guardando Google Maps, è bello vedere il tessuto di una città perché è una prospettiva che di solito non conosciamo, vediamo le città da un punto di vista ridotto, accidentale, e non zenitale come quando prendiamo un aereo e vediamo le città dall’alto. E magari quando siamo in aereo non abbiamo nemmeno la voglia o la possibilità di vedere sotto. È un modo insolito di vedere la città, più nascosto. Ed è bello anche perché capisci tante cose della città nella sua interezza che non cogli normalmente.

E ti parlo proprio di disegni geometrici, di composizione, quindi la morale non c’entra. Anche se mi piace rappresentare questi personaggi visti dall’alto, come insettini, perché togli tutta quell’emotività, quel romanticismo, che potrebbero avere. In pratica depuro quei personaggi dal peso retorico che possono avere, per cui sai in anticipo come devono comportarsi. Così invece i personaggi sono scarnati e come lettore non sai come porti davanti a loro: non ti viene data una guida morale perché alla fine sono individui della vita reale, anche se sono fittizi.

 

A tal proposito, ho notato in Padovaland un grande lavoro fisiognomico, i personaggi sono molto ben caratterizzati graficamente – parlo soprattutto delle figure femminile che solitamente sono molto difficili da personalizzare senza renderle mostruose. Ti sei ispirato a persone reali per caratterizzarli così bene?

 

Certo, ci sono molto studi dietro ma anche inevitabili riferimenti a persone che conosco o che ho incontrato.

 

Per quel che riguarda la tecnica usi il computer?

 

Disegno in bianco e nero in “analogico” e poi coloro con il computer.

mercoledì 17 novembre 2021

Altri acquisti lucchesi

Di questi non azzardo una recensione, anche perché al momento sono arrivato a leggerne circa la metà. Fermi restando la stima e il rispetto per il CICAP (e l’oggettiva piacevolezza stilistica di molti interventi) segnalo solo che mi è dispiaciuto molto vedere i refusi, tra cui gli a capo sbagliati, che infestano questi manuali, a maggior ragione vista l’origine accademica. Peccato.

Desolato dall’impatto iniziale con questa Lucca 2021, li ho comprati il primo giorno approfittando di una promozione per cui lo sconto aumentava a seconda del numero dei volumi acquistati, ma soprattutto prevedendo che di fumetti ne avrei presi pochi (e forse intuendo che anche di giochi di ruolo sarei rimasto a bocca asciutta o quasi). E in effetti è andata proprio così, anche se poi qualcosina ho preso.

lunedì 15 novembre 2021

Intervista a Gianluca Parisi e Simone Delladio


In cosa consiste Art Raiders?

 

È una serie di documentari, sono 4 episodi in onda su Sky Arte da una settimana circa, ogni episodio racconta il ritrovamento e come è stato trafugato un reperto di arte antica dai tombaroli e si fa il punto sulle indagini che hanno portato a capire che strada ha avuto questo reperto e come è arrivato ai musei più importanti del mondo. E poi è importante aggiungere che è sia girato dal vivo, con interviste, che in animazione per raccontare la parte avventurosa che c’è dietro ogni reperto. Qui allo stand ci sono cinque poster con la carpetta numerata dedicata alla serie.

 

Vedo che si tratta di un prodotto multimediale, perché ci sono anche dei fumetti.

 

In realtà in questo stand non c’è solo Art Raiders perché ci sono tanti prodotti diversi. Sono semplicemente tutti prodotti editoriali collegati alle produzioni di Sky Arte. Noi siamo Tiwi e ci occupiamo della parte di realizzazione ma non per tutto quello che è qui esposto e lavorando con Sky Arte portiamo la parte editoriale al di fuori, l’affranchiamo da quella prettamente di produzione.

Quindi si parte da In Compagnia del Lupo, una serie di otto episodi con Lucarelli in cui si va alla ricerca di quelle che sono state le radici storiche delle fiabe e così si va a capire che forse il cattivo della fiaba, il lupo, non era proprio così come è arrivato a noi. Forse la storia era un po’ diversa e i veri cattivi erano altri. Questi sono stati otto episodi, andati in onda su Sky Arte e la prossima stagione è in corso di produzione e finalizzazione adesso. Anche questa sarà caratterizzata da un mix di girato e di animazione. La stiamo registrando proprio in queste settimane.

 

Mi parli di Tiwi?

 

Sì, Tiwi è una casa di produzione e animazione di Reggio Emilia. Qui trovi i dettagli sulle nostre attività.

 

Qui allo stand c’è anche Simone Delladio, che a quanto pare collaborerà con questo progetto. Tu Simone cosa stai facendo in questo periodo?

 

Con Tiwi sto lavorando agli storyboard di In Compagnia del Lupo e poi non mancano certo altri lavori: sto lavorando anche per la Ferrari, per il Campionato GT.

 

Ah, interessante, di cosa si tratta?

 

Purtroppo al momento non posso parlarne, è ancora un progetto segreto.

 

E ovviamente nel frattempo stai portando avanti anche Dampyr.

 

Adesso dovrebbero uscire due numeri miei, perché uno è rimasto bloccato per un po’. L’altro invece è in produzione, uscirà in dicembre. Quindi sì, la mia collaborazione con Bonelli su Dampyr procede!

sabato 13 novembre 2021

Horror 7, 25 (3 Nuova Serie) e 29 (7 Nuova Serie)

Uno pensa di fare un affarone e invece…

Nello stand di una fumetteria al rinnovato ma per me inedito Palazzetto ho trovato dei numeri della vecchia rivista Horror, che venivano venduti a 5 euro l’uno. Materiale di cinquant’anni fa, molto famoso e dalla comprovata qualità. Siccome l’unico dei tre numeri della Prima Serie era rovinato sul dorso ho chiesto uno sconticino e me lo hanno fatto a 3 euro, pagando alla fine il tutto 12 euro perché 13 come numero non piaceva al venditore. Contentissimo, ho sfoggiato questo acquisto con gli amici locali, ma un’autorità del settore mi ha spiegato che anche per Horror (nonostante sia vecchio, famoso, ecc.) vale la regola secondo cui di base la copia di una rivista viene venduta a 5 euro, può tutt’al più lievitare se ha qualcosa di speciale come un allegato ancora presente oppure una storia di un autore famoso mai o poco ristampata (vedi alcuni Eureka con Magnus). E vabbè.

È stato un piacevole tuffo in un’epoca e in un settore per me quasi sconosciuti, pur se come ricordava Alfredo Castelli, con la sua partenza dalla rivista questa decadde in maniera netta. Rispetto ai due numeri della Nuova Serie, il numero 7 dedicava molto spazio ai redazionali, che erano di elevata qualità: nell’inserto dedicato al cinema di genere c’è un breve saggio di Piero Zanotto sul macabro in Disney; il regista Luigi Cozzi riportava poi un interessante incontro con Carlo Rambaldi, non ancora il maestro riconosciuto degli effetti speciali in Italia, o almeno così credo. Una curiosità non da poco è stata per me vedere Rinaldo Traini nell’inedito ruolo di intervistatore: ahilui, gli toccò intervistare una sedicente medium (o quello che era) sulla reincarnazione, ma nel contesto della rivista poteva starci. E infatti diversi altri articoli erano dedicati al paranormale. Ben più interessanti di questi, le pubblicità dell’epoca rievocano un mondo editoriale che fu. Molto interessante in questo senso, ma più in generale per come ricostruisce il clima di un’epoca, la rubrica “Scatola Cinese” di Sergio Trinchero.

I fumetti sono quelli classici di breve durata, anche due sole paginette, con il finale a sorpresa. Da sottolineare un contributo francese di Claude Moliterni (primo episodio di una serie che non so se sia continuata) in cui il disegnatore Robert Gigi viene spacciato per JiJé! L’unico fumetto a puntate sembra essere Beatrice di Pier Carpi e Marco Rostagno, realizzata come una striscia ma con una trama in divenire: veramente niente male, da quel che ho potuto leggere.

Con la Nuova Serie si diceva che la qualità della rivista calò. I redazionali, almeno in questi due numeri, sparirono quasi del tutto e probabilmente per risparmiare si aprirono le porte ad autori stranieri tra cui Philippe Druillet – che però forse comparve già prima su Horror. Tra le cose migliori, ho gradito un Carlo Peroni efficace anche nel realistico, un Giovanni Cianti ispirato a Dino Battaglia e (chi l’avrebbe mai detto) un Paolo Ongaro che scrive anche una simpatica storiella. Si segnalano invece per bruttezza le nuove serie a continuazione: una Horrorella ammiccante e confusa e disegnata assai male, sia nella versione di Daniele Fagarazzi e che in quella di Paolo Cavaliere (anche i testi passeranno di mano da “Guido da Milano”, forse lo stesso Castelli, a Claudio Lopresti) e Barrar, dai testi poco chiari di “B. Barsach” e i disegni meno che dilettanteschi di Rosella Toscanini. Probabilmente al solo scopo di avere qualcosa da pubblicare per andare in stampa, sul numero 7 (29) compaiono anche un fumetto muto (più sperimentazione grafica che altro) di Gianni Bono e Diddi Bozano e uno dell’underground Max Capa. Lavori anche interessanti, ma che nel contesto di Horror c’entravano come i cavoli a merenda.

Da notare che nel “Racconto dell’Angelo Nero” Il Medico d’Anime il protagonista porta la sua vittima a vedere un film di cui non viene mostrato il titolo per esteso, ma che probabilmente è Il Tunnel sotto il Mondo, una produzione maledetta (andate a recuperarvi il catalogo di Trieste Science+Fiction in cui se ne parla) a cui collaborò anche Castelli: omaggio o dileggio verso l’autore e redattore transfuga? O forse “Paolo Brera” era lo stesso Castelli in incognito?

Pur nella consapevolezza di non aver fatto proprio alcun affare e pur con la (poca) paccottiglia fumettistica che venne fatta transitare per la rivista, gli aspetti positivi di queste riviste sono di gran lunga superiori a quelli negativi, e non solo a livello di testimonianza di un’epoca.

venerdì 12 novembre 2021

Tante Storie di Ruolo

Ho scoperto questa rivista amatoriale con colpevole ritardo e per puro caso, alla conferenza su Sine Requie dell’Hotel San Luca; Amos Pons avrebbe potuto promuoverla un po’ meglio, accidenti.

Il primo numero risale infatti ancora al 2019 e al momento ne sono usciti tre. Come si può intuire dall’acronimo, Tante Storie di Ruolo è dedicata ai giochi vintage e presenta interviste, avventure e articoli a tema. Un po’ come la vecchia DM Magazine che però era virtuale ed eventualmente stampabile on demand (o forse era solo digitale?).

La foliazione della rivista è variabile, e quindi anche il prezzo, così come la qualità della carta e persino il tipo di rilegatura: il secondo numero, almeno la copia che ho io, è spillato ma il dorso è così schiacciato da sembrare brossurato (se non sbaglio anche un libro delle Edizioni Topolin, forse proprio il famigerato Psychopatia Sexualis, aveva questa particolarità).

Il piatto forte per me sono le interviste alle varie autorità del settore, italiane e internazionali, ma su TSR ci sono anche avventure e articoli di vario genere, con tanto di rubriche fisse: Moreno Pedrinzani scrive delle gustose recensioni retrodatate fingendo che i prodotti, dei classici del settore, siano recensiti in contemporanea con la loro uscita (beh, quella di Dungeon Crawl Classics più o meno lo è), Luca Volpino compila in ogni numero un interessante elenco di vari oggetti magici tratti dal folklore mondiale, ovviamente “tradotti” in termini di D&D – un po’ quello che faceva la Mayfair Games con la collana dei Fantastic Treasures, ma qui molto più approfonditi.

Per quel che riguarda le avventure, ovviamente i gusti del singolo lettore possono decretarne un maggiore o minore interesse, ma da quello che ho visto vige una buona originalità, che è la cosa più importante.

Come nel caso di DM Magazine, anche qui viene proposta in ogni numero una foto o una pubblicità tratta da una fonte vintage più o meno rara per rievocare gli anni ’70 (o ’80, a seconda dei casi).

Avendo ben tre arretrati da smaltire non ho ancora finito di leggere tutti e tre i numeri usciti, ma per il momento devo dire che mi sono sentito piuttosto vecchio a leggere tutti quei riferimenti a giochi di ruolo moderni che si giocherebbero senza Master, di cui non ero affatto a conoscenza.

Unica nota negativa: noto con dispiacere che la diceria secondo cui I Signori del Caos sarebbe una rimasticatura di Advanced D&D è defluita anche qui da Wikipedia, che sicuramente a sua volta l’ha ripresa da Ciro Alessandro Sacco. Ciro è una personalità fondamentale del panorama ludico italiano (tra le altre cose creò e diresse Rune e poi ideò DM Magazine a cui collaborai anch’io) e veramente non mi capacito di come possa aver tratto quelle conclusioni. Forse ha perso una scommessa e per questo quando parla de I Signore del Caos è costretto a dire questa cosa (per un numero limitato di anni, spero), forse lo ha detto sotto la minaccia delle armi o al contrario a fronte di una lauta bustarella, forse era un po’ alticcio quando lesse il gioco di ruolo della BlackOut, forse lo hanno ipnotizzato confondendogli le idee, forse una zingara lo ha maledetto costringendolo a parlare de I Signori del Caos solo in quei termini, forse semplicemente era in pessimi rapporti con gli autori (o forse ottimi e furono loro a chiedergli di dirlo per avere l’aggancio col gdr più famoso): prendete le regole de I Signori del Caos e confrontatele con i Players Handbook e Dungeon Masters Guide della Prima Edizione e giudicate voi. Magari giungerete alle stesse conclusioni di Ciro e sono io a non aver colto le soverchianti similitudini.

Tornando a TSR, in definitiva è un’iniziativa veramente piacevole per i fan della vecchia guardia, di cui spero di vedere ancora altri numeri e magari la periodicità mensile (!) avanzata nell’editoriale del secondo numero qualora avesse il giusto successo.

giovedì 11 novembre 2021

Intervista al Curte

Quest’anno si celebrano i 18 anni di Sine Requie, e ancora non è stata fatta chiarezza su cosa ha causato il Risveglio ma sono solo stati dati indizi. Arriverà un momento in cui finalmente svelerete tutto?

 

Quando ce lo chiedono il Leo risponde sempre che faremo “Come Miura, come Miura!”. Per le spiegazioni è presto…

 


Comunque puoi dirci cosa uscirà prossimamente per Sine Requie?

 

Certo, sto lavorando al primo librogame di Sine Requie. Il settore dei librogame ha avuto un grande successo recentemente, si parla proprio di una rinascita del genere, probabilmente anche a causa della pandemia che ha costretto chi giocava di ruolo a restare in casa e quindi a trovare dei modi per giocare da solo. Per quelli della mia generazione di solito i librogame furono negli anni ’80 un modo per avvicinarsi ai giochi di ruolo, anche se nel mio caso fu diverso perché conobbi prima i gdr e poi i librogame.

Non sarà comunque il primo librogame che produciamo: Fabio Passamonti ne ha già scritto uno per la nostra ambientazione L’Ultima Torcia e sta lavorando a un altro.

 

Come si intitolerà questo librogame di Sine Requie?

 

Ancora non posso dirlo, non perché sia un segreto ma perché il titolo ancora non c’è! Cioè, io ne ho in mente uno ma bisogna vedere se andrà bene anche a Leo e se non sarà troppo spoileroso.

 

E del gioco di ruolo di Sine Requie sono previsti nuovi manuali a breve?

 

Sì, a dicembre di quest’anno o a gennaio 2022 dovrebbe uscire un nuovo libro.

 


Bene! E di cosa parlerà?

 

Di Sine Requie, ovviamente.

 

Ok, ma sarà un manuale su uno dei vari gruppi che girano per quel mondo (come gli ultimi), la descrizione di una nuova ambientazione o altro ancora?

 

Si può dire che sarà un manuale di ambientazione, visto che sarà ambientato nel mondo di Sine Requie.

 

D’accordo, ho capito l’antifona, non vuoi sbottonarti. Puoi almeno dirmi se conterrà anche un’avventura?

 

È previsto che ci sia anche un’avventura, però la sto scrivendo io e non so ancora quando la finirò! Spero di riuscirci per tempo.

 

Insomma c’è un certo fermento intorno a Sine Requie.

 

Certo, d’altra parte è il nostro prodotto che si vende meglio. Essendo una piccola realtà editoriale dobbiamo fare delle scelte e non possiamo portare avanti delle linee che non riescono a mantenersi sulle loro gambe perché tanto c’è il titolo di successo che tiene in piedi tutto il resto. Per questo al momento non usciranno nuovi prodotti per Anime e Sangue e Alba di Cthulhu. Invece L’Ultima Bomba ha avuto inaspettatamente una buona accoglienza.

Tra l’altro nel 2020 siamo rientrati in possesso dei diritti di Sopravvissuti, il romanzo di Sine Requie, precedentemente detenuti da Armenia: non è escluso che ci possa essere un seguito.

 

Ricordo che all’ultima Lucca presentaste una proposta particolare, che a me era piaciuta anche se la varietà degli argomenti non rientrava nei miei interessi: la rivista Nerdzine, che mi ricordava un po’ i tempi pionieristici di Rune o Crom. Non mi risulta sia mai uscito un numero 2, credo che la pandemia abbia avuto il suo peso…

 

No, è andata in maniera diversa: la rivista era stata richiesta dai negozi specializzati, perché non ce n’erano più. Solo che una volta che l’abbiamo fatta uscire nessun negozio l’ha comprata! Forse per loro il prezzo era troppo basso e quindi i margini di guadagno diminuivano, ma ci sono anche lettori che si sono lamentati che era alto, anche se per meno di dieci euro offriva non solo avventure ma anche interviste, articoli, ecc.

 


Da un po’ di tempo avete preso l’abitudine di allegare delle demo (cartoncini scritti da entrambe le parti con personaggi nuovi) ai vostri manuali di Sine Requie invece di far fare dédicaces ai disegnatori, il che per uno che deve ad esempio prendere il treno da Modena ed è coi minuti contati può essere utile, invece di aspettare fremente che il disegnatore gli finisca di fare il disegnino.

 

Sì. Oltre a essere una cosa utile perché dà ai giocatori qualcosa con cui giocare, è stato anche un sistema per ovviare alle lamentele di quei lettori che magari volevano dei disegni impossibili da realizzare (“mi fai un Morto che esce da terra mentre sopra passa un aereo che butta una bomba e poi…”) o che si lamentavano perché secondo loro ad altri erano stati fatti dei disegni più belli!

 

Oltre alle novità di Sine Requie cos’altro bolle in pentola?

 

Usciranno due nuovi moduli: Tirannia dell’Idra per L’Ultima Torcia e Zalkatraz per L’Ultima Bomba.

 

La pandemia ha avuto un qualche peso nelle vostre attività?

 

Non poter vedere gli appassionati alle fiere è stato veramente pesante. Al di là di questo, abbiamo dovuto rinnovare il nostro sito. Adesso c’è un store online per sopperire alla mancanza di contatti alle fiere ma anche altre iniziative come il gioco online per incontrarsi almeno virtualmente. Se c’è una cosa buona di questa pandemia, è che ha accelerato i tempi della tecnologia con cui giocare di ruolo virtualmente.

mercoledì 10 novembre 2021

Intervista ad Amos Pons

Impressioni su questa Lucca dopo il primo giorno?

 

È ancora tutto da valutare, comunque il primo giorno come affluenza è andato molto bene.



Forse anche troppo considerando la pandemia in corso e i “suggerimenti” dell’organizzazione di nonammassarsi a Lucca…

 

Io frequento le fiere di settore da quando hanno riaperto, cioè da luglio, e devo dire che c’è stata sempre una grande affluenza quindi mi aspettavo una grande partecipazione perché l’avevo già vista in altri eventi. La gente ha voglia di uscire, ha voglia di fare, ha voglia anche di comprare, ha voglia di distrarsi, perché questa pandemia ha colpito duro anche mentalmente. Quindi mi aspettavo una grossa affluenza perché la gente ha bisogno di svagarsi.

 

Come mai la scelta di non portare materiale vintage per concentrarsi solo sui prodotti recenti? Io speravo di prendere qualcosa del vecchio Advanced D&D e magari anche di Rolemaster o Call of Cthulhu

 

Non ho portato antiquariato quest’anno per motivi puramente commerciali, perché saremmo stati in un posto totalmente diverso e il pubblico che mi aspettavo secondo me non rispondeva alle caratteristiche dell’antiquariato. Nel senso che in genere le persone che si avvicinano all’antiquariato sono persone (non me ne vogliano, mi metto anch’io nella categoria!) di una certa età e quindi quelle più soggette ad avere timore, anche giustamente, di quella che può essere la malattia. Quando si arriva a una certa età ci si fanno delle domande che da giovani non ci si fanno. Magari si ha una famiglia e quindi giustamente ci si tiene un po’ più indietro. Probabilmente l’anno prossimo tornerò con l’antiquariato ma quest’anno secondo me il pubblico non sarebbe stato quello giusto.

 


Dal tuo osservatorio privilegiato come vedi la situazione dei giochi di ruolo in Italia, anche considerando le novità?

 

Direi che il mercato dei giochi di ruolo è molto florido, nel senso che funziona molto bene, ci sono molti editori interessanti tra cui cito volentieri Need Games, che ha portato novità e un nuovo modo di fare gioco di ruolo. Un tipo di diffusione del gioco di ruolo diversa dal solito, originale e funzionale al mercato attuale quindi sicuramente ci sono dei players interessanti che hanno portato molta qualità e innovazione. Anche il settore indie mi sembra molto florido, quindi ci sono molte realtà che stanno portando molti giochi e molte novità. Secondo me il gioco di ruolo sta vivendo un ottimo momento in Italia in questo periodo.

 

Ho notato che quest’anno Mondiversi è presente anche con una rivista fatta da voi, che ho prontamente acquistato. Di cosa si tratta?

 


Si chiama Tante Storie di Ruolo e più che una rivista io la chiamo “una cosa con delle cose dentro”, perché in realtà non è proprio una rivista, più che altro è una cosa che facciamo per passione. La mia e anche quella di Luca Volpino, soprattutto con il suo aiuto siamo riusciti a concretizzarla. Volpino è anche lui veterano del settore, cerchiamo di portare avanti questo progetto che per noi è anche una cosa divertente, nel senso che ci mettiamo dentro tante cose, ma tante cose che piacciono a noi, tante cose “antiche”: in questo ultimo numero abbiamo un’intervista a Roberto Di Meglio visto che quest’anno cade l’anniversario dell’uscita di Kaos, la storica rivista di giochi di ruolo. Abbiamo festeggiato Call of Cthulhu con un articolo di Ciro Alessandro Sacco. La proposta è molto varia, ma rimane fondamentalmente una cosa che facciamo per nostro piacere, perché ci piace veramente molto farla. E così possiamo anche essere slegati dalle logiche di mercato: non ci interessa vendere 20.000 copie ma ci interessa che quello che facciamo sia qualcosa che piaccia a noi e agli appassionati, quindi qualcosa che non deve per forza produrre utili ma che sia molto divertente da fare.

lunedì 8 novembre 2021

Giallo a Matera e altre storie

Antologia che segue le evoluzioni stilistiche di Angelo Stano dalla fine degli anni ’70 a un passo dall’avvento di Dylan Dog. Proprio per sottolineare la raggiunta maturità che già lo faceva guardare a Egon Schiele, pur nella limitatezza delle possibilità tipografiche e dei gusti dei lettori dell’epoca, la storia realizzata per ultima anche nei testi (che curiosamente si intitola Viaggio a Matera e non Giallo a Matera come è intitolato il volume) viene posta all’inizio, mentre le altre diventano così una sorta di flashback sulla sua produzione e sul cammino che lo portò verso uno stile nettamente più personale.

In realtà sin dalla prima storia pubblicata nel 1979 siamo di fronte a un disegnatore già maturo, sebbene non abbia ancora la riconoscibilità degli anni successivi. D’altro canto Stano aveva già una mezza dozzina di anni di professione (e addirittura una serie lunga) alle spalle.

Queste storie brevi realizzate per Corrier Boy si caratterizzano per lo stile “modello Lanciostory” che si era imposto da metà degli anni ’70: il finale a sorpresa e un taglio narrativo per l’epoca moderno. Nessuna di queste storie, di cui talvolta si è perso il nome dell’autore, è memorabile. A volte, nel ricercare per forza l’effetto-sorpresa o per creare uno scenario che sia originale, si perde un po’ di chiarezza (vedi Commesso Viaggiatore). Alcune però sono abbastanza godibili ancora oggi. In particolare, mi sono piaciute la libera («molto» libera come indica il sottotitolo) riduzione dell’Amleto shakespeariano, La Segretaria Modello, Morire per gioco (anche se è piuttosto folle) e la stessa Viaggio a Matera in cui si capisce quanta documentazione e passione vi abbia profuso Stano. Nulla di trascendentale, ma si fanno leggere con piacere. Peccato che la rassegna finisca con due storie che giocano sul facile moralismo.

Non sempre vengono riportati i nomi degli sceneggiatori, e d’altro canto come scritto nell’introduzione alcuni erano pseudonimi. Tra gli altri, che metterò comunque nelle Etichette, si segnala un giovane Ade Capone con una storiellina d’effetto un po’ sciocchina. I testi di questi fumetti sono interessanti anche perché offrono uno spaccato di anni così diversi dai nostri, quando l’ubriachezza e la violenza coniugale erano tollerabili se non la norma e le assistenti sociali erano simili a ufficiali nazisti. Certi termini oggi entrati nell’uso comune (“hamburgers e coca cola”) suonavano poi così esotici da necessitare le virgolette per essere scritti.

Il volume ha una prefazione di Sergio Brancato e presenta una chicca finale: un inedito risalente al 1973, realizzato per un progetto non concretizzatosi in cui Stano sfoggia uno stile decisamente ispirato a quello di Dino Battaglia.

La qualità di stampa purtroppo non è quella impeccabile a cui ci ha abituati da anni Allagalla. Visto che nell’introduzione si parla dell’uso delle tavole originali come partenza, e visto che anche la copertina realizzata appositamente non è nitida come avrebbe dovuto essere, mi viene il sospetto che sia stato Stano a non scansionare con la dovuta risoluzione (o come diavolo si dice) le sue tavole. Nulla di drammatico, comunque: il risultato è assolutamente più che accettabile anche in virtù dello stile asciutto di Stano.

sabato 6 novembre 2021

Comics&Science: The Crystals Issue

Numero speciale della testata edita dal sodalizio di Lucca Comics & Games con CNR Edizioni, disponibile solo gratuitamente in fiera o con l’acquisto degli ultimi tre numeri della testata regolare (o così mi pare fosse annunciato nell’ultima Anteprima). L’argomento sono i cristalli e a curare la parte a fumetti c’è nientemeno che Leo Ortolani con un episodio di Misterius. La storia è ovviamente divertentissima e anche spietata verso i creduloni che si affidano alla cristalloterapia, ma forte del suo background di geologo Ortolani inanella anche una serie di strizzatine d’occhio che sono fruibili (beh, intuibili, diciamo) anche ai profani: gli Indici di Miller, «diedro», «triclino»…

A integrare il fascicolo ci sono un’intervista all’autore (quasi più divertente del fumetto!) e degli interessanti articoli sull’impatto sulla creatività umana che i cristalli hanno avuto sin dalla preistoria, sulla Cristallografia e in generale sullo studio dei minerali. Purtroppo questi redazionali sono piuttosto brevi (anche data la vastità degli argomenti) e si rimane con la voglia di approfondire. In appendice Daniele Castelli e Sabrina Nazzareni presentano il SIMP.

venerdì 5 novembre 2021

La Medusa, Il Grifone d'Oro, Lungo i Bordi

Accidenti quanta roba alternativa ho comprato quest’anno a Lucca. C’è un motivo specifico per l’acquisto di questi tre volumi: qualcuno mi aveva detto che allo stand MalEdizioni facevano una promozione del tipo prendi tre e paghi due per i volumetti della collana Finestrini… solo che MalEdizioni non era in fiera e la proposta, che manco ricordo se fosse un 3x2 o una cosa simile, era di Canicola. Una volta arrivato a quello stand che faccio, lascio perdere? Ho approfittato e così mi sono preso tre di questi volumetti spillati a colori.

La Medusa segue la giovane Irene che con la mamma e la sorella adolescente passa placidamente una giornata al mare tra tipici sollazzi balneari e l’osservazione critica delle altre bagnanti. La puntura di una medusa alla sorella Elisabetta accende ricordi erotici e alla fine la curiosità di Irene sarà “premiata” con la visione di una foto intima del ragazzo della sorella.

Chiaramente Roberta Scomparsa non ha nessun interesse a imbastire una trama propriamente detta, ma le basta fotografare certe situazioni ed evocare certe suggestioni. Con l’indolente ambientazione vacanziera questo sistema funziona bene. I disegni sono quello che sono, ma d’altra parte l’autrice aveva solo 22 anni quando è uscito questo volumetto (nel 2016). Di sicuro si è almeno impegnata moltissimo nell’uso del colore.

Il Grifone d’Oro introduce le vicende lavorative e amorose di uno studente omosessuale. È la classica non-storia che gira a vuoto e avrebbe tutte le caratteristiche per non piacermi, se non fosse che ha un grosso punto di forza nei disegni. Gianluca Ascione ha infatti un piacevole stile che coniuga realismo con blande derive caricaturali, ma soprattutto ricorre all’utilizzo di mostriciattoli e creature di varie forme e dimensioni (sempre disegnati a colori mentre il resto è in bianco e nero) per contrappuntare i momenti della giornata di Francesco e (forse, non mi ci sono messo a riflettere troppo) raffigurare le sue emozioni.

Lungo i Bordi di Zuo Ma racconta di un ragazzo che insieme alla famiglia torna come ogni anno a trovare la nonna in campagna, in una casa-rudere che dovrebbe essere demolita a breve. Le camminate che fa nei dintorni sono anche un viaggio nella sua memoria frammista alle suggestioni di un sogno che ha fatto in treno e che ricorda a stento. La storia è molto suggestiva, anche se sicuramente certi riferimenti avranno mosso delle corde particolari in un lettore cinese che a un occidentale sono precluse. Molto suggestive anche le tavole, pur se qua e là fa capolino qualche semplificazione anatomica che cozza con altre immagini molto più curate. Fortunatamente i colori flamboyant amalgamano il tutto e sono a loro volta un bel vedere.

giovedì 4 novembre 2021

Battles

Altro tuffo nel mondo indie.

Irretito dai bei disegni, o meglio quelli che a una prima occhiata lo sembravano, ho acquistato questo volumetto che tratta di femminismo mettendo in scena guerriere da cartone animato giapponese, paranoie adolescenziali e pseudo-leggende orientali.

Magical Beatdown Vol. 2 è la storia di una ragazzina dall’apparenza un po’ sfigata che è in realtà un’eroina innominata simil-Sailor Moon dai metodi violentissimi. A seguito della provocazione di una gang di teppisti parte al contrattacco per eliminarli definitivamente – da qui, credo, il numero 2 che compare nel titolo. C’è molto immaginario pop giapponese in queste tavole, l’idea è simpatica ma riempire 40 tavole di botte, mostri e proclami femministi alla lunga stufa. E i disegni non sono sempre riuscitissimi, anche se il livello è più che dignitoso con punte di grande piacevolezza.

Marie + Worry Wart è più interessante: la protagonista è una ragazza che si porta addosso questa “verruca della preoccupazione” che la riempie di paure e insicurezze. Jenn Woodall avrebbe potuto limitarsi a indulgere nell’autocompiacimento ma invece crea delle situazioni abbastanza articolate pur nello spazio ridotto in cui sono contenute. Peccato che Marie + Worry Wart duri pochissimo, giusto il tempo di due episodi!

Per finire Twin Furies, suggestiva fiaba in cui una ragazzina segue le due Furie del titolo che sono scampate guerce (una a destra e l’altra a sinistra) dalla crudeltà di una strega cattiva e adesso girano a raddrizzare torti. Come dicevo, è un incipit suggestivo però delle due l’una: o finisce dove invece avrebbe dovuto cominciare, oppure l’autrice voleva creare un colpo di scena finale che però non è coerente con la storia fino a quel punto né con quanto si legge della versione originale dei dialoghi in calce alle vignette.

Battles è uscito a ottobre 2016 ed è un volumetto bello solido con la copertina rusticata e le pagine patinate. Il che è un po’ paradossale per una qualità di stampa che nel primo fumetto incasina i retini.

Tra gli altri gadget che mi sono stati dati con l’acquisto del volume c’è anche un fumetto a striscia del progetto 4/4, a me è capitato il 2/4 a opera di Lucia Manfredi. I suoi disegni non sono proprio il mio genere, la storia è terribilmente evanescente e comunque non ho voluto soffermarmici troppo.

Nel complesso un acquisto non troppo deludente ma non certo irrinunciabile.

mercoledì 3 novembre 2021

Graziella - Logbook

La collana Finestrini di MalEdizioni continua a riservare piacevoli sorprese. Sebbene non presente alla Self Area di Lucca come editrice, era comunque tra le tante proposte acquistabili nell’area vendite dello Spazio Agorà.

Ho strabuzzato gli occhi nel vedere le tavole delicatamente colorate di Graziella: non poteva essere lo stesso Luca Genovese che ricordavo per alcune produzioni indipendenti di secoli fa e per certi (per fortuna rarissimi) fumetti che erano approdati nientemeno che su Lanciostory. Questo libricino è infatti disegnato benissimo, ma dalla stringata biografia in quarta di copertina mi pare di evincere che sia proprio lo stesso Genovese, anche se gli editori con cui ha collaborato non vengono citati.

Graziella, uscito a maggio 2021 è la storia di un “incidente” che coinvolge un ragazzo e l’amica che porta in giro con la sua bicicletta – se il titolo sia un riferimento al nome della ragazza o al modello di bici sta al lettore deciderlo. Ruzzolati su un prato, cominciano a sfiorarsi e ad accarezzarsi fino all’apoteosi finale. Il tutto viene disegnato con grandissima classe, senza mai mostrare interamente i volti dei protagonisti ma concentrandosi con maestria sui dettagli che ci fanno capire la loro giovane età (i brufoli) e la loro imbarazzata tensione (il gioco delle bocche e delle mani). I disegni coniugano una narrazione perfetta con una qualità estetica elevata: non si può veramente chiedere di più. L’erotismo messo in scena da Genovese è molto delicato e mai esplicito, condito di feticismo per piedi e calze. Alla fine c’è persino una sequenza che potrebbe sottintendere che forse quell’“incidente” non è stato poi così casuale, o che almeno non tutto il male viene per nuocere.

Logbook (novembre 2019) è invece una storia con derive fantastiche. In quarta di copertina viene presentata come una storia che «racconta l’angosciosa esperienza della perdita», e già temevo una lunga metafora come Dad – bella, sì, ma l’avevo già letta e da poco. In realtà questo fumetto può anche essere letto e goduto tranquillamente al primo livello senza sovrastrutture. La protagonista vive con la madre (credo) in una casa in mezzo al mare, da cui monitorano le acque che periodicamente rigettano delle misteriose inflorescenze simili a palloni bianchi con una specie di picciolo in cima. Questo perché il padre (credo) si è trasformato in un’ombra nera urticante che si ingrandisce sempre di più, e i semi luminosi dei palloni marini possono rischiarare l’oscurità restituendogli momentaneamente le sue fattezze. Ma a quanto pare cominciano a non bastare e l’oscurità si fa sempre più spazio nella vita della protagonista, sino a un finale non certo consolatorio – o forse sì, a seconda di come lo si interpreta.

Terhi Ekebom disegna con le matite colorate che danno una sensazione di evanescenza alle sue figure, la cui semplificazione anatomica è anche giustificata se inseriamo il fumetto nel contesto della fiaba. A differenza di altri prodotti della collana, tra cui il succitato Graziella, Logbook è un fumetto “parlato” e i balloon sono stati letterati a mano. Un ulteriore tocco di classe in un fumetto che vive di suggestioni ma che può anche essere goduto così com’è.

Nell’Area Self c’erano anche altri Finestrini, ma un po’ per scarso gradimento dei disegni e un po’ perché qualcuno lo ho già ordinato in fumetteria mi sono limitato a prendere solo questi due. Figuriamoci poi se all’Area Self facevano sconti per lisciare il pelo ai potenziali clienti – in compenso regalavano una stampa con ogni acquisto.

Io ho preso questa
Forse però avrei potuto rischiare…