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martedì 21 novembre 2023

Blacksad 7: E poi non resta niente - seconda parte

Alla fine non sono riuscito a recensirlo prima di Lucca, anche se comunque l’avevo letto per tempo. E ho riletto pure il volume precedente per evitare di perdermi qualcosa. Mi sembrava che la storia fosse un po’ complessa, e c’erano parecchi personaggi in gioco. Niente di tutto questo, alla fine.

Blacksad conclude la sua indagine e alla fine tutti i tasselli del mosaico (che era in bella vista sin dal primo episodio) vanno al loro posto con un meccanismo anche troppo perfetto. Nessuna pista falsa, nessun colpo di scena, nessun voltafaccia. Al massimo, un personaggio che si rivela meno innocente di quello che sembrava inizialmente e un “infiltrato” che deve aver procurato dei bei grattacapi a Guarnido per trovare la soluzione grafica migliore per fargli cambiare specie (e infatti non c’è riuscito del tutto).

Ma l’elemento investigativo o avventuroso non era quello che si era prefissato di seguire Díaz Canales, che evidentemente ha preferito privilegiare la psicologia e la personalità dei personaggi, descrivere un’epoca di grandi slanci che però nascondeva dei tarli (gli anni ’60) e confezionare qualche sequenza visivamente memorabile: vedi le sequenze sul ponte monumentale e le varie splash page.

Non posso dire di essere deluso, ma dopo aver riscontrato nella lettura dell’integrale una parabola qualitativa ascendente mi sarei aspettato qualcosa di più articolato, soprattutto in una storia divisa in due parti. E in ogni caso restano gli splendidi disegni di Guarnido.

domenica 16 ottobre 2022

Corto Maltese: Notturno berlinese

Dall’anteprima che ne avevo visto su CaseMate mi ero quasi pentito di averlo ordinato, invece questo nuovo Corto Maltese post-Pratt non è male.

1924: Corto si trova a Berlino in visita all’amico giornalista e futuro scrittore Joseph Roth che lo introduce all’attore Adolf Kern, militante comunista, e apprende della morte del suo vecchio amico Jeremiah Steiner, di cui le autorità chiedono aiuto per l’identificazione. Deciso a dare il suo contributo e a saperne di più, finisce nel radar di un commissario colluso con una società segreta che sta spingendo per la distruzione della già fragilissima Repubblica di Weimar. Sono giorni tempestosi in Germania, con forze politiche che si confrontano violentemente e soggetti che operano nell’ombra per tornare alla «sacra Vehme». Sballottato dagli eventi, Corto Maltese incappa in una società esoterica che lo incarica di recuperare l’arcano mancante del mazzo dei tarocchi Visconti-Sforza e nella giovane assistente del regista Werner che lo farà esordire come attore. Il destino e la necessità di cambiare aria lo spingono a Praga, mentre tutti gli attori in gioco vogliono da lui un fantomatico dossier di cui Corto ignora l’esistenza. Ovviamente (è necessario dirlo?) non tutti i personaggi sono proprio quello che dicono di essere. La soluzione del mistero svela una trama un po’ troppo artefatta, ma proprio per questo denota una buona inventiva.

Notturno berlinese intreccia Storia, personaggi reali, esoterismo e trovate originali come nella migliore tradizione prattiana. Di prattiano c’è anche il ritmo sincopato delle storie lunghe, solo che con Díaz Canales funziona un po’ meno bene e ogni tanto si ha l’impressione di essersi persi qualcosa per strada o che certe situazioni necessitassero di un maggiore approfondimento. Nonostante parecchie battute veramente azzeccate e godibili, si avverte una certa stanchezza nei dialoghi che d’altronde è lo stesso protagonista a sottolineare. Lo sceneggiatore dimostra d’altra parte un’attenzione scrupolosa alla continuity (chissà dov’era apparsa in precedenza Eve Cunningham). Ho qualche dubbio sull’uso dei termini «kitsch» e «sequel» già un secolo fa, ma forse è un problema della traduzione.

Rubén Pellejero cerca di essere fedele allo stile di disegno di Pratt (del Pratt della Casa Dorata di Samarcanda, diciamo) anche se la sua inchiostrazione morbida e flessuosa rende quasi “liquidi” i palazzi e i monumenti che ammiriamo all’inizio, frutto di rigorosa documentazione. Ben presto però le vignette si riempiono di tratti graffiati e un po’ oppressivi, evidente tentativo di assecondare l’estetica espressionista dell’epoca. Al di là del gradimento o meno di queste scelte stilistiche, il limite del disegnatore rimangono i colori, così netti e decisi da essere più indicati per delle litografie piuttosto che per un fumetto, e nella sequenza del cabaret decisamente invadenti visto che coi loro effetti digitali impediscono di godere al meglio del disegno.

Come nel caso degli altri episodi, anche questo si è fatto leggere con piacere.

Oltre alle 70 pagine del fumetto il volume contempla una ricca sezione («Prima della notte – Segni e ombre») di schizzi, studi e acquerelli.

giovedì 21 ottobre 2021

Blacksad 6: E poi non resta niente - prima parte

Ritorna il gatto detective in una storia che da alcuni dettagli intuiamo essere ambientata sul finire degli anni ’60. L’indagine prende avvio dalla richiesta di protezione di un pipistrello sindacalista, mentre un urbanista di chiara fama sta riprogettando la città scontentando la fauna che lavora nel sottosuolo, visto che le nuove strutture aeree progettate rischiano di rendere obsoleta la metropolitana. C’è di mezzo anche un gabbiano col figlio costretto in un polmone d’acciaio, e non è difficile intuire che in questo mondo dilaga la corruzione a tutti i livelli.

Su questa struttura di base si innesta poi la vicenda di Iris Allen e della sua compagnia di teatro che rappresenta Shakespeare nei parchi, che vanta vari legami con gli altri personaggi in gioco. Weekly (che da un dialogo parrebbe essere più maturo di come viene disegnato) si prende una bella cotta per una delle attrici di Iris, Rachel Zucco, e la introduce al “vero giornalismo” proprio adesso che la redazione ha cambiato direttore.

Nelle 56 Pagine di questo primo capitolo non mancano colpi di scena, azione e già qualche rivelazione, ma siamo ovviamente ancora alla fase del posizionamento dei pezzi sulla scacchiera e tutto si capirà meglio con i prossimi episodi. Anche se visti i ritmi di produzione della coppia Díaz Canales-Guarnido chissà quando vedremo il seguito – oltretutto questa prima parte si chiude con una grande rentrée; non dico un cliffhanger ma quasi. Poco male: per il momento, al di là della suggestione della detective story, possiamo goderci gli splendidi disegni e colori di Juanjo Guarnido. Quasi ogni vignetta è un mondo, ricco di dettagli e particolari: si possono passare ore ad ammirarli, anche se gli elementi salienti di ogni tavola sono sempre in evidenza. Oltretutto questo volume rigurgita di una pletora di citazioni (non solo visive, come si sarà intuito dai nomi dei nuovi personaggi) da molte fonti diverse. E l’espressività dei personaggi è fantastica. Non mi sembra insomma che si sia proceduti su quel processo di semplificazione che mi era sembrato di scorgere leggendo gli ultimi volumi nell’Integrale.

Un volume molto piacevole, per non dire ottimo, che sconta però il peccato di non essere autoconclusivo come i precedenti.

lunedì 17 febbraio 2020

Corto Maltese: Il Giorno di Tarowean

Altro volume che finalmente mi è arrivato dopo un’attesa spropositata.
Il giorno di Tarowean è il 1 novembre, il momento in cui il mondo dei morti incontra quello dei vivi, come ci spiegano le dotte disquisizioni di Corto Maltese all’inizio. Nello specifico, la storia prende l’avvio il 1 novembre 1912, un anno esatto prima della Ballata del Mare Salato, di cui è il prequel. Non tutti i dettagli collimano perfettamente con la storica entrata in scena di Corto Maltese ma forse il Corto di Pratt a suo tempo avrà voluto ingigantire e abbellire qualche dettaglio.
Corto Maltese e Rasputin sono ingaggiati per far evadere un misterioso ragazzo da un carcere dismesso della Tasmania. Si tratta di una macchinazione ordita dal Monaco, tra sottintesi e divagazioni la vera natura di questa operazione la scopriremo solo più avanti nella lettura. Come scopriremo che “il” Monaco era in origine un gruppo di più persone. Cosa che forse gli estimatori più informati di me sull’opera di Pratt sapevano già, ma che per me è stata una novità.
Comunque al di là dello sviluppo della trama, che nelle quasi 80 pagine del fumetto si snoda in vari rivoli e con risvolti diversi, è bello farsi trasportare dall’originalità delle situazioni, dalla cura con cui sono state ricostruite le ambientazioni, dall’arguta affabulazione dei personaggi – tra cui un Rasputin in grande spolvero.
Díaz Canales ha fatto suo lo stile di Pratt fondendo quello della Ballata con quello della maturità, riprendendone quindi le divagazioni colte, i dialoghi brillanti e il ritmo piacevolmente fluttuante di una trama che sembra non procedere verso nessuna direzione precisa (oltre alla comparsata di personaggi storici, se ho ben capito). Ma questo lo sapevamo già. Il Giorno di Tarowean è un gradino sopra gli altri due episodi realizzati dai nuovi autori per il buon mix di azione e riflessione, di umorismo e tensione, di magia (non molta a dire il vero) e crudo realismo, e anche perché le varie sottotrame sono ragionate e concluse degnamente, né manca qualche colpo di scena.
Buoni i disegni di Rubén Pellejero, anche se la rinuncia al suo caratteristico stile morbido in favore delle asperità prattiane e dei suoi tratteggi frettolosi mi fa sospettare di un minore impegno (o una maggiore facilità d’esecuzione) da parte sua. Inoltre come ricordato da Dominique Petitfaux in All’Ombra di Corto le donne di Corto Maltese hanno poco seno mentre Pellejero le disegna quasi sempre prosperose.
Unica nota stonata sono i colori, realizzati dallo stesso Rubén con Sasa Pellejero: smaccatamente digitali, mal si amalgamano con il resto. E poi a volte portano a una fastidiosa puntinatura che contribuisce a peggiorare un esito di stampa già non ottimale.

giovedì 3 maggio 2018

Blacksad Integrale

Seppure a denti stretti per il motivo di cui ho parlato qui, devo ammettere che l’Integrale di Blacksad è proprio un bel volume. Contenutisticamente e non solo.
La genesi della serie è nota (d’altronde è sulla piazza da quasi vent’anni): Juan Díaz Canales e Juanjo Guarnido si conoscono in uno studio di animazione e decidono di tentare la sorte con una serie a fumetti. Alla Dargaud (e forse ad altri editori) non interessa il progetto di questi sconosciuti ma Regis Loisel, non a caso ringraziato all’inizio del terzo episodio, ci mette una buona parola e Blacksad vede finalmente la luce diventando un best-seller e lanciando i due autori nell’Olimpo del fumetto: Díaz Canales scrive il seguito di Corto Maltese e la produzione di Blacksad procede con la rilassatezza (un volume ogni tre anni circa) che solo un grosso successo può permettere.
Il tema attorno a cui ruota la serie è la rilettura del genere hard-boiled interpretato in chiave furry, o almeno credo si dica così: i personaggi sono cioè animali antropomorfi – il protagonista è un gatto detective. Le storie sono ambientate nei primi anni ’50 negli Stati Uniti, con riferimenti precisi al contesto storico e culturale, e sono legate da una continuity labile ma ben presente. Le tavole di Guarnido sono disegnate splendidamente e soprattutto colorate magnificamente ad acquerello, e costituiscono senz’altro il punto di forza del fumetto, soprattutto in quegli episodi in cui i testi non sono al loro stesso livello.
Nell’Integrale non c’è uno straccio di introduzione e nessun altro redazionale, quindi si comincia subito coi fumetti.
Il primo episodio, Da qualche parte tra le Ombre, è un giallo classico: John Blacksad indaga sulla morte di una sua vecchia fiamma che faceva l’attrice. Non è un capolavoro ma una buona storia solida e coinvolgente, che probabilmente non sarebbe emersa tra tanti altri prodotti analoghi se non fosse stato per la scelta di farla interpretare da animali antropomorfi, cosa che ha offerto a Guarnido la possibilità di sfoderare il suo splendido stile dinamico, espressivo e curatissimo. Datata 2000, questa storia mi ha dato l’impressione di essere stata concepita originariamente come one shot: la didascalia finale (citata in quarta di copertina, quindi addio sorpresa) lascerebbe intendere che il contesto vada interpretato in modo metaforico e che quella ritratta è l’umanità reale trasfigurata in bestie. Non mancano però anche giochi di parole sulla natura animale dei personaggi e riferimenti alle loro caratteristiche, per cui probabilmente questa è solo una mia interpretazione.
Il secondo episodio, Arctic Nation (2003), si discosta parzialmente dagli stereotipi del genere mettendo sul fuoco della carne un po’ più originale, anche se forse troppo ambiziosa e secondo me fuori contesto. La base di partenza è in effetti il razzismo di una associazione nazistoide e i riflessi che ha su una comunità che avrebbe dovuto essere un complesso abitativo modello e che adesso è allo sbando. Per fortuna l’indagine di Blacksad sulla sparizione di un’orfanella incanala presto il racconto in una torbida trama di adulterio, incesto, pedofilia e vendetta. Oltre a essere più originali, i testi sono anche maggiormente articolati (le pagine di fumetto aumentano e da 46 toccano quota 54) ma sono ancora i disegni e i colori il pezzo forte della serie.
E finalmente arriviamo al terzo capitolo, Anima Rossa (2005), in cui finalmente i testi decollano: lo scenario è decisamente più originale, e i riferimenti a figure storiche reali è molto efficace. Stavolta è di scena l’incubo nucleare con tutto il codazzo di paranoia (e relativi approfittatori) che ne consegue. La storia si muove tra sarcasmo spietato e cupa disperazione, e introduce anche un personaggio femminile decisamente affascinante – certo, qui il merito va probabilmente ascritto maggiormente a Guarnido.
Stesso discorso, anzi anche meglio, con L’Inferno, il Silenzio (non datato) in cui sono di scena dei disperati jazzisti alla deriva e il mondo che gravita loro attorno. Diaz Canales gioca sporco con il lettore, perché la soluzione del caso (peraltro originale) non era facilmente intuibile dai pochi elementi che ci ha messo a disposizione, ma in fondo si può vedere la cosa come un gioco col lettore e coi canoni del genere poliziesco. La presenza di un deus ex machina che salva il protagonista delude un po’, ma immagino che si tratti di un elemento relativo al passato di Blacksad che verrà sviluppato più avanti, come si evincerebbe da alcuni particolare.
All’impennata dei testi corrisponde la lenta ma già percepibile semplificazione dei disegni. Siamo sempre a livelli altissimi, ma ora Guarnido risolve le sue figure preferibilmente con delle vigorose pennellate piuttosto che con una serie di tratteggi, tendenza che si confermerà nel quinto e ultimo episodio lungo, Amarillo, del 2013.
Quest’ultima storia è forse la migliore, con un “caso” che mette in scena uno scrittore beatnik e il suo amico (e amante?), in cui Blacksad si trova coinvolto praticamente per caso e quasi senza interagire con il personaggio. C’è un po’ troppa serendipità all’inizio (guarda caso, succedono proprio le cose che servono a Blacksad per venire coinvolto nella vicenda, seppur parallelamente alla storia portante) e forse il volume avrebbe tratto beneficio da qualche pagina in più, visto che sul finale accelera di colpo e affastella dei bruschi colpi di scena o cambi di prospettiva uno dopo l’altro.
Pur con la definitiva maturazione semplificata del tratto di Guarnido, che a volte sembra quasi Mandrafina, probabilmente Amarillo è la storia migliore dell’albo.
Il fumetto in sé, insomma, è veramente notevole e non mi stupisco che abbia avuto tanto successo e tutti i riconoscimenti che gli sono stati tributati. Certo, se avessi cominciato a leggerlo all’epoca della sua prima uscita (ma ero ancora uno studente universitario, e non potevo comprare tutto) forse sarei rimasto un po’ deluso dai testi di Da qualche parte tra le Ombre, ma sicuramente avrei apprezzato i disegni. Guarnido, tra le altre cose, è fenomenale nel disegnare le donne, che risultano bellissime e seducenti anche se trasfigurate nei panni di gatte, cagne, ecc.
Da notare una raffinatezza che ignoro se fosse presente anche nei volumi originali: i singoli episodi hanno una sorta di scena “dopo i titoli di coda”, un ultimo disegno in bianco e nero dopo la fine dell’episodio che sviluppa, talvolta ironicamente, un aspetto della trama.
A integrare il volume ci sono due storie brevi realizzate per degli speciali di Pilote e una caterva di schizzi e layout. Non escludo che parte di questo materiale sia stato ripreso da un libro sulla realizzazione di storyboard a opera di Guarnido, di cui Matteo Alemanno mi ha magnificato la qualità, la rarità e il valore.
Delle due storie brevi di due tavole l’una, la prima è prettamente descrittiva e si basa tutta sull’atmosfera, e considerando la data di realizzazione (2003) immagino che servisse più che altro come presentazione della serie e del protagonista. La seconda invece è molto bella.
Venendo all’edizione Rizzoli Lizard, il lettering non è dei migliori, pur non essendo comunque pessimo. Ci sarebbe invece un po’ da ridire sulle traduzioni: nel secondo episodio un personaggio in fuga dice a un altro «slegami» anche se non è affatto prigioniero (forse Gianluigi Gasparini ha tradotto così «sueltame» invece del più corretto «mollami» perché non ha visto i disegni), e poi non si ricambia l’affetto per uno che ci ha rifilato «un mucchio di bidoni» (terzo episodio). Nel quarto, poi, ci sono pure due balloon invertiti! Ma i difetti di cui mi sono accorto sono solo questi.
50 euro, che poi sarebbero 49, questo volume li vale proprio tutti anche solo in considerazione del fatto che ogni storia viene in pratica pagata meno di 10 euro e c’è un ricco apparato iconografico alla fine.
Roba che quasi perdono all’editore le sue aberranti strategie di marketing. Quasi.

domenica 13 agosto 2017

Corto Maltese: Equatoria

Si è conclusa con l’episodio allegato oggi a La Repubblica l’ultima avventura di Corto Maltese. Il giudizio sull’operazione in sé è abbondantemente positivo. Stampa orribile permettendo (forse voluta, come ulteriore incentivo a comprare il volume), è stato bello seguire una storia a puntate come si faceva una volta, tanto più che la lettura si è conclusa in meno di due settimane.
Sul fumetto in sé il giudizio è anch’esso positivo ma meno entusiastico. Diaz Canales ha scritto dei bellissimi dialoghi e ha interpretato molto bene la figura di Corto Maltese (fantastica la citazione iniziale di Leopardi), ma forse ha messo troppa carne sul fuoco e in questa sarabanda di personaggi che appaiono dal nulla e affastellano la storia il lettore potrebbe sentirsi un po’ smarrito. C’è una trama portante ben definita, ma si rischia di perderla di vista nei rivoli delle situazioni satellitari. Io ad esempio temevo che Equatoria sarebbe stata solo la prima parte di una storia più lunga, ma per fortuna non è stato così. Probabilmente la lettura integrale in volume lascerà un’impressione diversa.
Ai disegni Pellejero fa un ottimo lavoro, delineando un Corto Maltese quasi pedissequo nella sua fedeltà a Pratt mentre sfondi e figure femminili sono più personali e generosamente dettagliati. O almeno così mi pare di capire tra le varie dentellature che impastano il disegno e riducono i tratteggi e il lettering a grumi di pixel.
È senz’altro valsa la pena di seguire questa operazione, che come scopro con quest’ultimo fascicolo ha fatto da viatico a una nuova ristampa dell’opera di Pratt in volumi allegati a La Repubblica che cominceranno a essere pubblicati dal 2 settembre.

sabato 5 agosto 2017

Corto Maltese su La Repubblica

Da ieri il quotidiano La Repubblica sta serializzando il nuovo episodio di Corto Maltese, Equatoria, al ritmo di 7-8 tavole al giorno. L’operazione mi è molto gradita visto che rimanda alle origini nobili di questo linguaggio e la storia finora non sembra affatto male, tutt’altro. Inoltre la pubblicazione ha fornito l’occasione per presentare articoli di approfondimento che immagino proseguiranno per tutta la durata dell’inserto.
Certo, comprare La Repubblica solo per Corto Maltese non è un grande affare visto che costa 2 euro e l’episodio si snoderà su dieci numeri (quindi forse alla fine il volume della Rizzoli risulterà più conveniente), inoltre la qualità di stampa è raccapricciante visto che la carta è quella di un quotidiano e, soprattutto, che parte da una risoluzione (o come diavolo si dice) diversa e si vedono tutte le magagne dei metodi di acquisizione digitali odierni – la cosa è particolarmente evidente e disastrosa nel lettering. Ciononostante, è così bello lasciarsi trasportare dalla serialità di un appuntamento fisso quotidiano… soprattutto con questa storia che è molto suggestiva e per cui Diaz Canales ha scritto dei bellissimi dialoghi.

venerdì 16 ottobre 2015

Corto Maltese: Sotto il sole di mezzanotte

Un volume riuscito sin dall’inizio, con una bella prefazione di Tristan Garcia che ripercorre con competenza la vita di carta del protagonista e propone una interessante lettura del suo successo e della sua genesi, oltre ad alcune considerazioni su concetti molto importanti della saga, fra tutti la frontiera.
In questa nuova avventura Corto Maltese parte alla volta dell’Alaska per assecondare il desiderio del suo amico Jack London di consegnare una lettera d’addio a una sua vecchia fiamma. Come incentivo al compimento della romantica missione fornisce a Corto un indovinello che gli consentirà di trovare un tesoro una volta sul posto.
Diaz Canales ha saputo ricostruire alla perfezione lo stile e le atmosfere di Pratt. Sotto il sole di mezzanotte è un vero compendio di poetica prattiana e sono presenti tutti quegli elementi ambivalenti che hanno fatto grande Corto Maltese: innanzitutto la storia parte da uno spunto molto originale in cui però l’aspetto di fantasia viene collocato in un ambito storico e geografico ricostruito rigorosamente, c’è l’elemento onirico che per contrasto rende ancora più incisiva la vicenda portante, l’appropriazione e la contestuale perdita di un tesoro e tutta la storia è costellata di meravigliosi personaggi che sono un misto di scrupolo documentario e immaginazione sfrenata (Ulkurib mi ha ricordato il barone Ungern Sternberg di Corte Sconta detta Arcana), ma anche di patetismo e contemporaneamente di eroismo romantico.
Un lavoro eccellente, reso ancora migliore dalle citazioni e le strizzatine d’occhio all’opera di Pratt e da un occasionale umorismo veramente azzeccato. Va segnalato che comunque la qualità della storia non si esaurisce nelle sue caratteristiche accessorie, ma di per sé Sotto il sole di mezzanotte è una bella storia d’avventura appassionante e godibilissima, forse un po’ sacrificata dal formato a quattro strisce che condensa più sequenze in una sola tavola dando una scansione delle scene un po’ troppo veloce.
Ammetto inoltre di essermi emozionato nel finale, in cui Corto Maltese rinuncia a partecipare a un ballo di gala (per raccogliere fondi per le truppe inglesi e francesi impegnate in Europa) dopo aver visto chi è la promotrice della serata.
Anche Pellejero (che avevo perso di vista dai tempi de Il Silenzio di Malka) compie un lavoro molto buono, ma secondo me non allo stesso livello di quello fatto dallo sceneggiatore. La mimesi con lo stile grafico di Pratt, in particolare del Pratt a cavallo degli anni ’70 e ’80 è praticamente totale, ma Pellejero riesce comunque a fare emergere la sua cifra stilistica più tondeggiante e flessuosa nel corso del volume. Peccato che certi sfondi, soprattutto dove sono di scena alberi, sembrino più frutto di rapidità che di sintesi, così come certe pennellate che vorrebbero imitare i neri intensi di Pratt tendano a risultare poco naturali e ad appesantire certe vignette (vedi le montagne nello sfondo o certi riflessi nell’acqua). È chiaro che si tratta di scelte stilistiche quasi obbligate per omaggiare il Maestro, semplicemente se questa esperienza avrà seguito Pellejero dovrà calibrare un po’ meglio questi dettagli. Anche i colori al computer, per quanto efficaci, non sono proprio la “stessa cosa” di quelli di Pratt, e nemmeno la qualità di stampa mi è sembrata ineccepibile come un tale volume avrebbe meritato.
Sotto il sole di mezzanotte è un volume consigliatissimo (peccato che il lettering fatto al computer tolga un po’ di magia al tutto), tanto più che per 20 euro propone oltre 100 pagine su carta patinata di cui ben 78 di fumetto. A integrazione c’è una gustosa appendice con schizzi preparatori e prove di Pellejero, alcuni riprodotti piuttosto male, e commenti sparsi di Diaz Canales. Certo, sono rimasto piuttosto basito a leggere che per lui internet sopperisce alla sterminata biblioteca di Pratt, ma visto l’ottimo lavoro svolto è una boutade che gli perdono senza difficoltà.