lunedì 17 gennaio 2011

The Supergirls




Per puro caso ho scoperto questo interessantissimo volume scritto da Mike Madrid e pubblicato dall’americana Exterminating Angel Press (nome eccellente per un editore, peraltro).
Il sottotitolo è Fashion, feminism, fantasy, and the history of comic book heroines e Madrid offre uno sguardo approfondito e circostanziato a tutti gli argomenti promessi e a molti di più.
Madrid deve avere una collezione sterminata e preziosissima di comic book, oltre a una memoria di ferro, vista la facilità con cui cita episodi misconosciuti di oscure serie anni ’50, ’60 e ’70 e tratta con disinvoltura personaggi e collane degli anni ’30 e ’40 che non avevo mai sentito nominare prima e che non credo godano di ristampe antologiche.
L’oggetto dell’analisi di Madrid sono le supereroine e il modo in cui la loro personalità e la loro immagine si sono sviluppate nel corso dei decenni, e di come queste protagoniste siano state in fondo la cartina di tornasole dell’evoluzione del ruolo della donna nella società occidentale.
Uno dei tanti pregi di questo saggio è il fatto che non cade nella facile aneddotica con i soliti vecchi episodi triti e ritriti (alla famosa partita di golf in cui Goodman ebbe l’imbeccata per dire a suo genero di creare i Fantastici Quattro viene dedicata una riga) ma riporta episodi e retroscena poco conosciuti, come ad esempio la nascita “corporativa” di Dazzler e tutto il lavoro, poi mai concluso, che c’era dietro.
Il testo è scritto in un Common English molto scorrevole e comprensibile, pur se non proprio Plain, in cui le occasionali citazioni e i calembours non pregiudicano affatto la piena comprensione. Lo stile di Madrid è decisamente coinvolgente e in alcuni punti divertente (e divertito). Come d’altronde è stato spesso lo stile stesso del suo oggetto di studio.
Dal punto di vista metodologico, Madrid si avvale di una visione critica molto ampia che affianca semplici constatazioni a considerazioni illuminanti: ad esempio, il parallelo tra le diverse tipologie di starlette adolescenti che si sono succedute nel mondo della musica pop e l’evoluzione del personaggio (e della percezione) di Supergirl dagli anni ’60 all’arrivo di Britney Spears e compagnia cantante.
Madrid offre degli ottimi spunti di riflessione anche partendo da semplici (che poi tanto semplici non sono) considerazioni sul linguaggio stesso degli infantili e sessuofobi comic book supereroistici, in cui ad eccezione di Wonder Woman (nata con particolari finalità e in un contesto unico e irripetibile) tutte le le supereroine fino a tempi recentissimi erano “girl” e non “woman”, a sottolineare la loro subalternità alle figure maschili che sono “man” e non “boy”.
È anche vero che in alcune parti si sfiora l’ipercodifica: Wonder Woman ad esempio sarebbe lo “spirito santo” della Trinità DC visto che come personaggio è inafferrabile e misteriosa, ma per quanto ardita sia questa interpretazione è funzionale alle tesi sostenute da Madrid, il che in fondo è la cosa più importante fintnatochè il ragionamento fila, e nel caso di Madrid succede sempre (nel caso di Wonder Woman, il suo essere “spirito santo” viene messo in relazione al fatto che in confronto al “padre” Superman e al “figlio” Batman è il personaggio che nell’immaginario popolare ha meno elementi identificativi e che nei suoi panni potrebbe benissimo, come in effetti è successo, trovarsi un’altra donna).
L’approfondita analisi delle Supergirls non esaurisce comunque i motivi di interesse del saggio, che costituisce una lettura molto interessante anche per chiunque si interessi di comic book, visto lo spazio dedicato anche all’industria dei fumetti americani nel suo insieme e le varie considerazione, spesso illuminanti, che l’accompagnano: è piuttosto stupefacente constatare (con tanto di vari esempi circostanziati) che la “rivoluzionaria” Marvel in realtà aveva un atteggiamento molto più conservatore e tradizionalista nel ritrarre personaggi femminili rispetto alla rivale DC Comics che di solito passa per la più reazionaria tra le due, soprattutto in riferimento agli anni della Silver Age.
A tal proposito, anche le considerazioni di Madrid sulla “vera” nascita della Silver Age, rivendicate da Marvel e DC, sono molto interessanti.
Non mancano inoltre riferimenti all’evoluzione della società americana per contestualizzare i fumetti trattati, e anche in questo caso Madrid fornisce delle informazioni molto interessanti: io non sapevo ad esempio che negli Stati Uniti gli anni dell’edonismo e del “personale” fossero i ’70 e non gli ’80, mentre nei “loro” anni ’80 si respirava un’aria di tensione assimilabile (pur se per ragioni differenti) a quella dei nostri anni di piombo.
Il saggio secondo me ha solamente un difetto, cioè l’assenza di un apparato iconografico. Sarebbe stato utile per visualizzare alcune delle molte eroine degli anni ’30 e ’40 che devono essere retaggio di alcuni collezionisti massoni visto che non solo non ne avevo mai sentito parlare ma di cui nemmeno si trova qualcosa su internet. Inoltre qualche immagine sarebbe stata efficace per visualizzare meglio il “mood” di un’epoca oppure gli stilemi delle mode a cui si ispiravano volenti o nolenti i disegnatori; ma è anche vero che Madrid ha un’ottima capacità descrittiva e una capacità di sintesi invidiabile per cui riesce a far visualizzare benissimo al lettore quello che intende dire.
È vero che lo stesso Madrid ha fatto delle bellissime illustrazioni per rappresentare lo spirito dell’epoca e dell’argomento specifico trattati in ogni singolo capitolo, ma è anche evidente che le supereoine rappresentate, e facilmente identificabili, hanno dovuto subire un restyling da parte sua per non avere problemi di diritti legati all’uso di un dettaglio o a un simbolo del costume. Evidentemente le major del fumetto americano non hanno voluto concedere l’uso della loro immagine, o magari intuendo già un veto l’autore o l’editore non si sono nemmeno preoccupati di chiederlo.
Ciò non toglie che Stan Lee abbia l’onore di un esergo in copertina con cui si sarà comprata l’ennesima cadillac.

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