martedì 29 novembre 2016

L'Inverno di Diego

Considerato il passato (e il presente) di maestro del fumetto erotico o comunque glamour di Roberto Baldazzini questo nuovo membro del club del -25% risulta un prodotto anomalo nel corpus della sua produzione: è un fumetto storico, drammatico e nettamente impegnato.
L’elegante e ricercata inespressività dell’autore, suo marchio di fabbrica, avrebbe potuto far deragliare il progetto ma viene mitigata dall’uso di riferimenti fotografici per i volti di molti protagonisti (che già ottimi risultati aveva dato nel primo episodio di Stella Noris). Vari livelli di grigio “sporcano” inoltre a dovere le tavole donando loro profondità e movimento.
L’Inverno di Diego narra del congiungimento del protagonista con una cellula partigiana sul finire del 1943, quando il crollo del regime fascista aveva diviso gli italiani in due schieramenti: quelli che avrebbero aderito alla repubblica di Salò e quanti preferirono diventare partigiani.
Nel caso di Diego la situazione è resa ancora più drammatica dal fatto che il padre è un gerarca fedele a Salò (avrebbe potuto essere un ottimo colpo di scena, ma lo dicono già nell’introduzione sull’aletta sinistra e quindi mi sento autorizzato a scriverlo pure io).
Lo accompagnano in questa impresa, che assume anche e soprattutto i contorni di un racconto di formazione, altri tre partigiani che vengono splendidamente resi con pochi ma efficaci cenni di background. Sarà una leggerezza di Diego a condannare il gruppo.
Le condizioni di clandestinità rese ancora più tremende dal clima sono raccontate con grande realismo, così come le sequenze più crude degli interrogatori sono rappresentate con la dovuta drammaticità.
Baldazzini si rivela un narratore molto capace: il montaggio della sequenza iniziale che narra alternandoli gli antefatti storici e personali della vicenda (nelle strisce in alto e in basso il riassunto di quanto succede tra agosto e novembre 1943, in quella centrale la sequenza muta dell’arresto e della fuga di Diego) è da antologia, una scelta stilistica che catapulta subito il lettore nell’azione e lo rende edotto del contesto senza risultare pedante. Anche il resto del fumetto non è da meno e Baldazzini sfoggia un armamentario di trucchi del mestiere veramente invidiabile: grazie al’attento uso dei dettagli, delle forme e dimensioni diverse delle vignette, dei recadrage e di alcune particolari scelte stilistiche (ad esempio vignette enormi dopo pagine molto fitte) riuscirà a imprimere alla storia il ritmo che vuole lui così come condurrà il lettore in questa drammatica storia dandogli le pause e le accelerazioni giuste.
Sul finale L’Inverno di Diego cede a un tono più canonico e quasi consolatorio, ma può darsi che sia proprio l’estrema e improbabile facilità della fuga del protagonista a testimoniare che anche questa, come il resto del fumetto, è tratta da un episodio reale.
In appendice è presente un saggio di Claudio Silingardi sul post-8 settembre 1943.

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