lunedì 8 novembre 2021

Giallo a Matera e altre storie

Antologia che segue le evoluzioni stilistiche di Angelo Stano dalla fine degli anni ’70 a un passo dall’avvento di Dylan Dog. Proprio per sottolineare la raggiunta maturità che già lo faceva guardare a Egon Schiele, pur nella limitatezza delle possibilità tipografiche e dei gusti dei lettori dell’epoca, la storia realizzata per ultima anche nei testi (che curiosamente si intitola Viaggio a Matera e non Giallo a Matera come è intitolato il volume) viene posta all’inizio, mentre le altre diventano così una sorta di flashback sulla sua produzione e sul cammino che lo portò verso uno stile nettamente più personale.

In realtà sin dalla prima storia pubblicata nel 1979 siamo di fronte a un disegnatore già maturo, sebbene non abbia ancora la riconoscibilità degli anni successivi. D’altro canto Stano aveva già una mezza dozzina di anni di professione (e addirittura una serie lunga) alle spalle.

Queste storie brevi realizzate per Corrier Boy si caratterizzano per lo stile “modello Lanciostory” che si era imposto da metà degli anni ’70: il finale a sorpresa e un taglio narrativo per l’epoca moderno. Nessuna di queste storie, di cui talvolta si è perso il nome dell’autore, è memorabile. A volte, nel ricercare per forza l’effetto-sorpresa o per creare uno scenario che sia originale, si perde un po’ di chiarezza (vedi Commesso Viaggiatore). Alcune però sono abbastanza godibili ancora oggi. In particolare, mi sono piaciute la libera («molto» libera come indica il sottotitolo) riduzione dell’Amleto shakespeariano, La Segretaria Modello, Morire per gioco (anche se è piuttosto folle) e la stessa Viaggio a Matera in cui si capisce quanta documentazione e passione vi abbia profuso Stano. Nulla di trascendentale, ma si fanno leggere con piacere. Peccato che la rassegna finisca con due storie che giocano sul facile moralismo.

Non sempre vengono riportati i nomi degli sceneggiatori, e d’altro canto come scritto nell’introduzione alcuni erano pseudonimi. Tra gli altri, che metterò comunque nelle Etichette, si segnala un giovane Ade Capone con una storiellina d’effetto un po’ sciocchina. I testi di questi fumetti sono interessanti anche perché offrono uno spaccato di anni così diversi dai nostri, quando l’ubriachezza e la violenza coniugale erano tollerabili se non la norma e le assistenti sociali erano simili a ufficiali nazisti. Certi termini oggi entrati nell’uso comune (“hamburgers e coca cola”) suonavano poi così esotici da necessitare le virgolette per essere scritti.

Il volume ha una prefazione di Sergio Brancato e presenta una chicca finale: un inedito risalente al 1973, realizzato per un progetto non concretizzatosi in cui Stano sfoggia uno stile decisamente ispirato a quello di Dino Battaglia.

La qualità di stampa purtroppo non è quella impeccabile a cui ci ha abituati da anni Allagalla. Visto che nell’introduzione si parla dell’uso delle tavole originali come partenza, e visto che anche la copertina realizzata appositamente non è nitida come avrebbe dovuto essere, mi viene il sospetto che sia stato Stano a non scansionare con la dovuta risoluzione (o come diavolo si dice) le sue tavole. Nulla di drammatico, comunque: il risultato è assolutamente più che accettabile anche in virtù dello stile asciutto di Stano.

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