Chindits (Skorpio 2/04)
Durante la Seconda guerra Mondiale il colonnello Orde Wingate istituisce per la campagna di Burma una forza speciale di soldati, i chindits del titolo, il cui scopo è infiltrarsi nelle retrovie delle linee nemiche giapponesi per provocare scompiglio e rallentarne l’avanzata. Questi soldati sono sottoposti a marce interminabili su un terreno pericoloso e in condizioni igieniche proibitive per portare a compimento le loro missioni.
In questo contesto storico ricostruito con scrupolo, o perlomeno con le giuste pennellate contestualizzanti che danno la piacevole sensazione di leggere un fumetto molto documentato, Robin Wood crea una bella serie con la perfetta alchimia di azione, umanità e ironia.
Come si conviene a una serie bellica corale, i protagonisti sono delineati facendo ampio ricorso a stereotipi già conosciuti e assimilati dal pubblico: in questo caso la figura del sergente di ferro dell’australiano guercio Morgan (forse il personaggio meno delineato, anche a livello grafico) che funge da capo, lo scozzese brontolone e amante del whisky Mac Allister per dare qualche momento di umorismo, l’americano esperto di esplosivi Tex “cow-boy” Hanlin che spesso risolve le situazioni e il capo dei gurkha Ramar Khan per dare un tocco di esotismo.
Nonostante si tratti di una serie di guerra (genere a cui Wood si dedicò con una certa costanza all’inizio della sua carriera ma in Italia si è visto pochissimo di questa produzione) l’ambientazione poco battuta e ben ricostruita, l’originalità e la profondità di alcuni soggetti e la consueta bravura dello sceneggiatore nel delineare i suoi personaggi la elevano nettamente al di sopra dalla media della produzione bellica internazionale, genere in cui inevitabilmente i luoghi comuni e la retorica si sprecano.
Il disegno di Clemente Rezzonico, di cui solo recentemente l’Eura ha pubblicato qualche altro fumetto, fu una sorpresa per i lettori italiani che avessero visto i suoi pessimi saggi solo su Fumo di China 26: rispetto a quegli schizzi veloci e imprecisi Rezzonico esibisce uno stile che riesce a coniugare alcuni elementi di Pratt (le silhouette, i contorni marcati delle figure, gli occhi a capocchia di spillo, certe posture) con i neri fortemente contrastati di Alberto Breccia. E col proseguire della serie il suo stile si affinerà ancora di più divenendo più realistico e immediatamente piacevole. Questo, almeno, è quello che mi sembra di intuire nonostante la pessima resa di stampa di Skorpio.
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In Italia abbiamo visto 33 episodi sui 68 che la serie conta in origine. Wood dovrebbe averne sceneggiati solo 32, quindi se i calcoli sono giusti e le fonti corrette oltre ai suoi tra quelli pubblicati su Skorpio ce n’è un altro di Amezaga o Fernandez o Ferrari.
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