martedì 30 ottobre 2012
domenica 28 ottobre 2012
Olivera-Dalì
Alejandro Jodorowsky racconta che quando tentò di scritturare Salvador Dalì
per farlo recitare nel suo film Dune
questi gli propose delle condizioni pazzesche. D’altronde era un surrealista,
anzi l’unico vero surrealista a suo dire. Dio ha creato il giorno in sette
giorno, ed essendo Dalì non inferiore a Dio, nemmeno lui avrebbe dovuto
lavorare per più di una settimana. Ma il compenso richiesto era assurdo, più
surreale che surrealista. Alla fine si accordarono per un’ora di riprese più
altri contributi alla realizzazione del film, ma la cifra avrebbe comunque reso
a Dalì, se il Dune di Jodorowsky
fosse andato in porto, la palma dell’attore più pagato della storia del cinema.
Lucho Olivera probabilmente non ebbe lo stesso problema quando nel decimo
capitolo del suo (e di Grassi) Ronar
diede a uno dei personaggi le fattezze dell’artista.
Tra l’altro, quanto sarebbe bello rivedere in una degna edizione i lavori
di Olivera dei tardi anni ’70...
venerdì 26 ottobre 2012
Anche i franco-belgi sbagliano
Rarissimamente, ma sbagliano pure loro. Rileggendo Lester Cockney nella versione Cosmo, qualsiasi cosa sia
questa misteriosa «Cosmo», mi sono accorto di una cosa che mi era sfuggita
quando avevo letto questa avventura all’epoca della Comic Art: Lester cita un
avvenimento che si svolgerà oltre trent’anni dopo la data in cui è ambientata
la storia!
Pensando a un errore della Cosmo mi sono andato a rivedere il volume in cui a
suo tempo la Comic Art ristampò I Folli
di Kabul 2 e in effetti anche lì c’è lo stesso errore, che a questo punto sicuramente
risale alla fonte originale.
Incidentalmente, dal confronto tra le due versioni ci si accorge di quanto
le edizioni ridotte in formato bonelliano necessitino di tagli drastici ai
testi per farli stare nei balloon originali senza ridurli a una dimensione
illeggibile. Era già evidente in quelli GP Publishing, ma qui lo si nota con
maggiore evidenza.
giovedì 25 ottobre 2012
L'autocitazionismo di Lanciostory
Ben prima dell’omaggio di Wood e Bernet su Un Giorno un Secolo, l’Eura aveva già ospitato forse
inconsapevolmente un riferimento alle sue stesse pubblicazioni.
Nella storia Un bersaglio da un
milione di dollari, disegnata con ogni probabilità da Ruggero Giovannini,
fa capolino in una edicola una copia di Lanciostory.
Il fatto che la storia fosse ambientata negli Stati Uniti non deve apparire
troppo strano nemmeno nell’ottica dell’omaggio: all’epoca le altre riviste
della Lancio godevano di edizioni internazionali.
(da Lanciostory
16 del 1977)
martedì 23 ottobre 2012
Ministero dello Spazio
Dopo qualche ritardo dovuto a certe incomprensioni tra fumetteria e
distribuzione (così mi è stato detto) è arrivato anche a me Ministero dello Spazio, il volume
gemello di Orbiter.
Anche qui Warren Ellis dimostra il suo amore per i viaggi spaziali e sfoggia
una cultura invidiabile nel settore, ma il ritmo e l’atmosfera sono
completamente differenti.
Non c’è l’idealismo quasi romantico di Orbiter
ma una narrazione analitica che procede usando abbondanti flashback per
ricostruire quello che è veramente successo dopo l’assalto dei soldati
britannici alla base di Peenemunde. Warren Ellis imbastisce una distopia
secondo cui la Gran Bretagna avrebbe assunto il ruolo di leader nella corsa
allo spazio del secondo dopoguerra grazie appunto agli scienziati tedeschi
“liberati” dal suo esercito. Nel 1945 viene istituito il Ministero dello Spazio
del titolo, finanziato grazie a «un poco ortodosso sistema di finanziamento».
La storia si concentra interamente sulla risoluzione del mistero relativo alla
provenienza di questi fondi neri ed Ellis ne approfitta per descrivere come
sarebbe stata la società inglese in varie fasi della sua storia recente se il
Ministero fosse realmente esistito, e quali ripercussioni avrebbe avuto a
livello mondiale.
Più riuscito di Orbiter, Ministero dello Spazio è un mix di
fantapolitica, critiche alla British Way of Life, dialoghi brillanti, sedimentazione
di ricordi personali, tantissimi dettagli tecnici e omaggi vari. Il tutto però
procede senza particolare brio e risulta alla fine, più che un fumetto, un
accattivante pamphlet che avrebbe tratto beneficio da un’altra dimensione: o un
racconto breve e fulminante per porre l’accento sul “messaggio” di Ellis
(splendidamente rappresentato dall’ultima vignetta piuttosto che dalla risoluzione
del mistero) oppure, a voler imbastire un fumetto più canonico, una serie più
articolata che approfondisse e sviluppasse certi aspetti secondari e mostrasse
più nel dettaglio il mondo alternativo che Ellis ha abbozzato.
Anche perchè a ben pensarci sono ben 12,50€ per tre soli comic book, per
quanto un po’ più sostanziosi della norma.
Ministero dello Spazio vanta gli splendidi disegni di Chris
Weston, eccezionale anche e soprattutto nel disegnare macchinari e che scopro
proprio da questo volume essere stato assistente e allievo di Don Lawrence.
Certo, per quel che può valere: Nicola Pesce Editore vanifica praticamente ogni
sforzo di Weston con una qualità di stampa molto bassa, producendo
probabilmente alcuni dei disastri peggiori mai visti su un volume a fumetti.
sabato 20 ottobre 2012
Consigli per gli acquisti
Probabilmente a causa della copertina con una inquadratura troppo semplice e ravvicinata rispetto agli standard franco-belgi (ma anche la quarta di copertina con le anticipazioni non aiuta) mi ero immaginato che l'altra proposta dell'Editoriale Cosmo (?) oltre a Lester Cockney fosse un bonellide, forse anche per il comune tema fantascientifico che sembra andare per la maggiore in quest'ultimo periodo in quel settore.
Sbagliato: Voyager è un'altra raccolta di BéDé, in questo caso di una serie che presenta un'originale distopia nazionalista. Ripensandoci fa abbastanza sorridere l'idea della Francia come perno del potere economico nell'ultimo scorcio del XXI° secolo, con una Parigi divisa fisicamente e socialmente tra Rive Gauche e Rive Droite, ma a questo si uniscono tanti altri temi come i viaggi nel tempo, le bande giovanili, una società totalitaria che opprime tramite la tecnologia, la presenza di un misterioso messia, ecc. Oltre all'assunto di base non c'è quasi nulla che non si sia già visto altrove, ma gli ingredienti sono miscelati con classe e non solo con consumata professionalità.
Nonostante l'assenza del colore si faccia sentire e nonostante le prime pagine soffrano occasionalmente di una qualità di stampa non felice come negli altri albi simili (ma nulla di scandaloso, comunque) questo Voyager è consigliatissimo.
venerdì 19 ottobre 2012
Il finale di Kick-Ass 2
Fine della corsa per Kick-Ass 2.
In sintesi, la storia più convincente di Millar degli ultimi tempi e una delle
sue migliori in assoluto.
Nessuna delusione per un finale raffazzonato, consolatorio o
fastidiosamente beffardo come ne ha scritti fin troppi ultimamente, anzi
l’ultimo blocco si legge con piacere e la conclusione è veramente originale e
inaspettata. Il tanto sbandierato scontro tra Hit-Girl e Madre Russia, poi, si
risolve tutto sommato in poche pagine (come in fondo sarebbe realistico data la
concitazione di quei momenti) e di carne al fuoco qui ce n’è molta di più.
Quello che ho apprezzato di più oltre al bel finale sono i dettagli, le
pennellate di realismo (e stavo per metterci le virgolette a realismo ma poi
riflettendoci non è stato il caso) che costellano la storia. Nonostante i
pupazzetti di Romita Jr. tanti dialoghi e tante reazioni dei personaggi sono
più veri che i cosplayer che campeggiano in alcune delle variant cover.
Un ottimo fumetto, che per l’occasione sfoggia anche dei redazionali
interessanti e approfonditi e non più autoassolutori come negli altri numeri.
Questa volta Millar non è proprio riuscito a deludermi, magari si rifarà con
l’annunciato terzo capitolo delle avventure di Kick-Ass.
giovedì 18 ottobre 2012
Ancora BéDé/Bonelli
Stamattina ho trovato in edicola una sorpresa assolutamente inaspettata: una nuova casa editrice si è lanciata nel settore delle BéDé bonellidi, esordendo (ma totalmente in sordina, non ho visto annunci su internet nè altrove) con Lester Cockney del grande Franz. E prossimamente pubblicheranno persino Giacomo C. di Dufaux e Griffo!
Che sia veramente l'alba di una nuova epoca per il fumetto franco-belga in Italia?
lunedì 15 ottobre 2012
12 L'Amata
L’ultima fatica di François Schuiten è un’opera originale, appassionante e
suggestiva. Perfino commovente, a voler interpretare le ultime pagine con l’appropriata
chiave simbolica. Narrata in maniera esemplare con un ritmo che accelera
delicatamente e con una galleria di personaggi splendidamente delineati (ma
senza ricorrere a un pesante didascalismo per farlo), 12 L’Amata sfrutta con sapienza le suggestioni del viaggio
iniziatico ma si presterebbe anche a sviscerare tanti altri argomenti:
-
Il
discorso sulla necessità di preservare il proprio passato per tramandarlo alle
generazioni successive
-
Il
feticismo nobilitato e riportato al suo ruolo originale di metonimia dell’amore
e non banale perversione, sia esso passione per una locomotiva, per una serie
di statue, per il furto, per le reliquie del passato...
-
Le
condizioni a cui un uomo può ridursi per assecondare le proprie ossessioni
-
La
ricostruzione scrupolosa e dettagliatissima di un universo lavorativo che deve
aver richiesto moltissimo impegno e documentazione, e le vedute naturalistiche
non sono affatto da meno
-
Gli
scorci di archeologia industriale che incombono come un memento sulla storia
-
La
ricognizione sulle condizioni lavorative drammatiche della categoria dei
ferrovieri a vapore, che diventano poi come in un macabro gioco del domino le
stesse condizioni che riguarderanno chi aveva soppiantato i primi, e che
riteneva il proprio nuovo lavoro sicuro e inattaccabile (una tragica cassandra
oracolare soprattutto di questi tempi)
-
Il
ruolo attivo che gli anziani e gli handicappati possono avere e la dignità che
la società dovrebbe garantire loro
Ecco, appunto «si presterebbe». Perchè di fronte alle tavole raffinate,
dettagliatissime e splendidamente architettate di François Schuiten ogni altra
considerazione va a farsi benedire. Abbandonando il rigore al bulino che da
sempre ne caratterizza lo stile avvicinandolo alle incisione e lavorando
pesantemente di biacca e tratti spezzati, qui Schuiten arricchisce le sue
tavole con una vivacità e con una grezza espressività che secondo me è ancora
più efficace che non le sue splendide prove precedenti.
12 L’Amata è veramente un volume meraviglioso,
consigliatissimo tanto più che il prezzo non è nemmeno poi così alto per un
volumone cartonato di grande formato (24x32? Non ho la squadra sotto mano) che
presenta pure una ricca sezione redazionale con relative fotografie d’archivio
e illustrazioni tecniche. Cosa fondamentale, è stampato con una qualità che
ormai in Italia solo Alessandro Editore e pochissimi altri sanno garantire.
Se poi questo fumetto fosse anche la marchettona che da nessuna parte si
nega che sia (Schuiten è reduce dalla progettazione del nuovo look della
stazione dei treni di Schaerbeek), poco cambia: anche Sulla Stella di Moebius nasceva come depliant pubblicitario per la
Citröen, e 12 L’Amata gli è
senz’altro superiore.
Unica perplessità che mi ha lasciato il volume è il ringraziamento rivolto
a Jaco Van Dormael (regista belga di cui un amico cinefilo mi impose la visione
dei film), apparentemente partecipe nella stesura o almeno nella supervisione
della storia. Vedo assai poche affinità tra il mondo rudemente grottesco di Van
Dormael e l’opera di Schuiten, che pure collaborò col regista. E d’altra parte
Schuiten non ha certo bisogno di nobilitare il proprio lavoro vantando
conoscenze altolocate!
venerdì 12 ottobre 2012
Il primo vero Before Watchmen...
…era un gioco di ruolo. O meglio un modulo per un gioco di ruolo, il DC Heroes della Mayfair Games. Uscito
nel 1987 ad opera di Dan Greenberg, curiosamente molto assonante con Daniel
Dreiberg, Who Watches the Watchmen? è
ambientato nel 1966 e pur nella semplicità del plot (o forse proprio a causa
della semplicità del plot) descrive molto in profondità i personaggi del cast e
rivela cose su di loro che si trovano solo tra le sue pagine e non nel fumetto.
Chissà, forse a Greenberg della storia di Moore non importava nulla e non
si è fatto alcuno scrupolo a inventarsi alcuni particolari senza alcun editor a
correggerlo, però il risultato finale è veramente impressionante. E in ogni caso
Greenberg dimostra una grandissima preparazione sul mondo in cui è ambientato Watchmen, evidentemente frutto di un
lungo studio e di una attenta analisi (anche se non mi torna che nel 1966
Rorschach lavorasse ancora in quella fabbrica di vestiti). A me questo Who Watches the Watchmen? sembra rappresentare
molto di più il canone di Watchmen
che non il famigerato Before Watchmen,
pur con una rappresentazione di Capitan Metropolis decisamente più estrema di
quella che ero portato a credere dalla lettura del fumetto. Ma la cosa, anche
ammesso che sia un difetto, è controbilanciata da una splendida interpretazione
del carattere del Dottor Manhattan e dei suoi poteri. E poi in fondo è solo Capitan
Metropolis, chi se ne frega.
Pare che questo modulo sia molto ricercato non solo dai collezionisti di
giochi di ruolo ma anche dagli appassionati di materiale watchmeniano, attratti
sia dalle informazioni inedite che vanno oltre quanto scritto da Moore sia dai
bei disegni che Dave Gibbons fece appositamente.
mercoledì 10 ottobre 2012
Le profezie di Fumo di China
lunedì 8 ottobre 2012
Fumettisti d'invenzione! - 49
Mi permetto di
integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con
altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le
categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento
del testo originale.
CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI
SERIALI (pag. 28)
FLEX MENTALLO (IDEM)
(Stati Uniti 1996,
© DC Comics/Vertigo, supereroi)
Grant Morrison (T), Frank Quitely
[Vincent Deighan] (D)
Spin-off della
gestione morrisoniana della Doom Patrol.
Il disadattato Wally Sage deve finalmente venire a patti con le sue creazioni
fumettistiche giovanili. Nel frattempo Flex Mentallo, supereroe che possiede il
“Mistero Muscolare”, indaga sugli strani effetti surreali che stanno
minacciando la sua realtà.
Nei capitoli
introduttivi al fumetto (fondamentali per capire la storia) vengono narrate le
vite di alcuni fumettisti d’invenzione: il disegnatore veterano Chuck “il Capo”
Fiasco, il ricco editore ereditiero Ashley DuBois che si improvvisa
sceneggiatore per sfogare i suoi fantasmi omosessuali e ovviamente lo stesso
Wallace Sage a cui si deve il rilancio di Flex Mentallo nella Silver Age.
Pseudofumetti: Rasslin’ Men e Flex Mentallo pubblicati dalla Manly Comics, l’antologica My Greenest Adventure (che compare anche
in Doom Patrol), Lord Limbo, Mandoo the
Mysterious, Nanoman, The Golden Agent e Outerboy della Stellar Comics. Titoli citati come esempi del
declino sofferto dai supereroi negli anni ’50 in favore di altri generi sono Spurious Love Stories, Our Violent Fathers, Mr. Masked Armed Robber e Web of Misery. The Fleshless Ones è invece un fumetto hard in bianco e nero.
Fuori tema:
fumettisti non
d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e
autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)
LE ROMANTISME ABSOLU
(Francia 1978, in Fluide Glacial, © A.U.D.I.E.,
surrealismo)
Daniel Goossens
Breve racconto
surreale in cui vengono raccolte varie micro-storie tutte intitolate Drame d’Amour. L’opera è introdotta da
un fumettista che parla del suo lavoro citando anche un suo collega, parodia di
Walt Disney. Non mancano nemmeno citazioni dirette di altri autori e personaggi
di Fluide Glacial.
[TELEVISIONE] CARTOONIST COME PROTAGONISTA (pag. 113)
ONE TREE HILL (idem,
RaiDue)
(USA 2003/2012, 9
stagioni, 187 episodi)
Teen drama, The WB Television Network, creato da Mark
Schwahn. Con James Lafferty, Chad
Michael Murray.
Le vicende dei
fratellastri Nathan e Lucas Scott dal liceo alla vita adulta. Peyton, fidanzata
e poi moglie di Lucas, si diletta a realizzare vignette e brevi fumetti con cui
sottolinea alcuni aspetti della sua vita. Il suo stile non si mantiene però
coerente di episodio in episodio e in alcuni casi la matrice artigianale dei
suoi lavori è alquanto dubbia.
Fuori tema:
fumettisti non
d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e
autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag.
61)
CATTIVIK
(Italia 1970, in Tiramolla [il personaggio nacque a metà
anni ’60 per una storia a diffusione limitata su un giornale studentesco
modenese], © McKenzie, comico)
Bonvi [Franco Bonvicini]
Parodia demenziale
dei fumetti neri, Cattivik è un mostriciattolo che cerca di perpetrare delitti
di cui rimane regolarmente vittima. Creato da Bonvi, il personaggio è passato
nelle mani del suo assistente Silver (Guido Silvestri) che ne ha definito le
fattezze con cui è oggi conosciuto.
Le storie di
Cattivik sono piene di riferimenti metanarrativi e spesso alcuni dei suoi
autori si divertono a citarsi vicendevolmente.
Il Santino di Allah in Cattivik (1993). Moreno Burattini (T),
Giorgio Sommacal (D)
Cattivik è
infastidito da una rumorosa mostra mercato di fumetti e per rappresaglia cerca
di rubare un preziosissimo pezzo da collezione: il santino di Allah ambito anche
da Battista il Collezionista (personaggio creato dal solo Burattini per la
prozine Collezionare).
Pseudofumetti: oltre ai fumetti
realmente esistenti in questa storia vengono citati anche Dylan Don, Martin Clystere,
Diavolik (che però è anche un
personaggio “reale” all’interno di questo episodio) e Sesso Sozzo.
domenica 7 ottobre 2012
Kick-Ass 2 - il musical
Mark Millar, che vanta un pedigree da sindacalista, rappresenta per il
fumetto l’esempio perfetto di capitalismo selvaggio. È in grado di creare un
clamore intorno alle sue nuove produzioni notevole persino per gli standard
statunitensi e persegue con determinazione il mandato secondo cui le sue storie
devono programmaticamente essere incomplete, insoddisfacenti, in modo da
generare delusione nel pubblico e spingerlo a ritentare la sorte con il suo
prossimo fumetto, creando un circolo virtuoso di cui beneficiano i suoi editori
e il suo portafoglio.
La critica che più spesso viene mossa a Millar nell’ultimo periodo, oltre
al poco impegno, è che le sue storie a fumetti ricordano un po’ troppo delle
sceneggiature cinematografiche già pronte per l’uso, probabilmente perchè nelle
sue intenzioni sono solo il viatico per nuove e più redditizie produzioni
hollywoodiane dopo Wanted. In effetti
questo è particolarmente evidente in opere come 1985, Superior e persino
nel primo Kick-Ass, ma lo stesso si
può dire anche di Old Man Logan che
oltre alla struttura degli script hollywoodiani si basa pure su un argomento
forte e immediato come l’exploitation. Non so dove finisca la causa e dove
cominci l’effetto, ignoro cioè se la struttura delle miniserie (organizzate
molto razionalmente in 6 o 8 episodi di durata pressochè identica) abbia
fornito l’occasione per mettere in pratica con naturalezza il più classico
schema cinematografico oppure se questo tipo di struttura fosse già nelle intenzioni
di Millar e il formato delle miniserie l’abbia semplicemente resa più evidente.
Sta di fatto che una divisione in 6, 7 o 8 episodi (o anche nei 4 di Nemesis,
ma lì è meno evidente) si presta molto bene a un’organizzazione della storia
secondo lo schema “introduzione-ace-in-the-hole-risoluzione”,
addirittura pedissequo in 1985.
Con Kick-Ass 2 questo stato di cose è radicalmente
cambiato. La miniserie originale non mi era dispiaciuta (parlando sempre e solo
dei testi di Millar, chè i disegni di Romita Jr. erano inguardabili addirittura
più del solito). Si inseriva però in un solco tutto sommato classico, in cui
l’unico elemento originale era l’ambientazione tra nerd persi che si
travestivano da supereroi. E anche quello in realtà non era poi così originale.
Balls to the wall, questo il sottotitolo di Kick-Ass 2, inizia con un
flash-forward come da più banale tradizione dell’ultima wave hollywoodiana ma a
volerli cogliere ci sono segnali di rinnovamento sin dalla fine del primo
numero (intendo quello italiano, che raccoglie i numeri 1 e 2 dell’edizione
originale). Bisogna però attendere la seconda uscita per avere conferma che la
violenza gettata lì quasi con noncuranza o forse tanto per far ridere
nell’episodio precedente era il primo segnale di una svolta decisa che
dall’esecuzione di Sal Bertolini in poi si svilupperà tramite una spirale
centrifuga aumentando sempre di più la sua portata e rilanciando con ammirevole
coerenza quello che scopriamo essere l’assunto della storia.
È anche vero che al ritmato procedere di questo meccanismo corrisponde una
progressiva perdita di realismo e la bella sequenza coi real life superheroes
che fanno volontariato, le considerazioni di Dave Lizewski sulla necessità di
confondersi con la massa piuttosto che emergere e le sue patetiche ma
commoventi paturnie adolescenziali lasciano il posto a situazioni che mettono a
dura prova la sospensione dell’incredulità del lettore.
Sarà per questo che Marco Ricompensa nella rubrica «ass kicked» in
appendice agli ultimi albetti si premura di ripetere che ormai non è più
realistico, è tutto finto, ecc.? No, probabilmente è per prendere le distanze
dalla violenza dell’opera, ora che è presentata in versione popolare di più
facile consultabilità ai lettori più giovani, stesso motivo (immagino) per cui
il Mother Fucker è rimasto appunto il Mother Fucker senza che il nome venisse
tradotto.
Sappiamo già come finirà la storia. Ci è stato detto sin dall’inizio (e
ripetuto negli editoriali, e comunque lo avremmo intuito comunque) che ci sarà
uno spettacolare evento finale, la battaglia di Times Square verso cui è
spostato il baricentro della storia. A chiudere Kick-Ass 2 non sarà quindi una semplice risoluzione degli eventi, o
almeno non solo quella, ma una trovata spettacolare che costituisce il nocciolo
della vicenda e a cui la vicenda stessa tende freneticamente. E pare che ci
saranno due primedonne a condurre le danze, Madre Russia e Hit-Girl. Il tasso di
realismo della storia si fa sempre più labile a mano a mano che questa procede,
in un susseguirsi di trovate flamboyant che servono solo ad avvicinarci verso
il finale pirotecnico anticipandone il pathos.
Insomma, questo secondo capitolo delle avventure del nerd supereroe è a
tutti gli effetti un musical.
Come nei musical, infatti, il principale motivo d’interesse è l’esibizione
finale, e come nei musical la situazione di partenza è solo un pretesto, un
modo per dare una parvenza di background coerente con quello che si vuole
raggiungere. Il risultato mi sembra notevole, pur se all’altare dell’evento
finale vengono sacrificate le belle e suggestive pennellate di “realismo” che
Millar ha saputo regalarci fino a tre quarti del secondo comic book originale.
Un po’ dispiace perchè anche solo grazie a quelle questo sequel mi era parso
migliore del modello di partenza, ma evidentemente il dito indicava la luna e
io mi son fermato ad ammirare il dito. A questo punto non so nemmeno se
prendere l’ultimo dei quattro volumetti Panini, tanto è il piacere di avere
assistito a un progetto così originale nel panorama USA e soprattutto nella
produzione stessa di Millar. E francamente non so se prenderlo anche per il
timore che il buon Millar riesca a deludere anche lì pur con tutto questo bell’impianto
che già di per sè è una goduria.
Mi resta un dubbio: ma i mafiosi da operetta che compaiono in Kick-Ass sono un’esasperazione voluta di
un modello stereotipato (già grottesco di suo) o la cronaca nera newyorkese registra
veramente le malefatte di fenomeni da baraccone come questi?
giovedì 4 ottobre 2012
lunedì 1 ottobre 2012
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