Gioco di ruolo di ultima generazione: non prevede livelli, campagne continuative, scenari con una trama predeterminata ma storie “one shot” la cui creazione è condivisa tra Master e giocatori senza sapere in anticipo quali saranno le soluzioni ai casi che i personaggi dovranno affrontare, il tutto con un eventuale piglio metanarrativo laddove necessario.
Regole ce ne sono, ma poche e semplici: citando solo quelle di base, ogni personaggio ha quattro valori definiti da “taglie di dadi” che mi hanno ricordato quelle di Savage Worlds, con le quali cercare Indizi oppure far fronte alla pressione fisica o psicologica cui sarà sottoposto. La riduzione della “taglia” dei dadi a seguito di fallimenti potrà cagionare effetti spiacevoli, ma i personaggi non possono mai morire se non nell’Epilogo. Ogni Racconto necessita del ritrovamento di un massimo di 20 Indizi che aprono ognuno tre possibili alternative tra cui scegliere per continuare l’indagine inventandosi i retroscena. Al momento del redde rationem («Svelare il Mistero del Racconto») bisognerà rispondere alle domande che ogni scenario pone all’inizio; si lancia un dado da 20 confrontandolo con il numero di Indizi trovati e si determina così la sorte dei personaggi, pur se c’è ancora il tempo di agire per modificare l’esito della narrazione.
Dalla mia esperienza con altri prodotti dalle dinamiche simili (Sorcerer, La Mia Vita Col Padrone, Non Cedere Al Sonno) ho riscontrato che alla fine le meccaniche la fanno da padrone, talvolta riducendosi a calcoli matematici, e paradossalmente gli interventi creativi che dovrebbero costituire il fulcro del gioco risultano un po’ forzati. Ma ovviamente giocare Cthulhu Bay potrebbe rivelarsi tutt’altra esperienza.
Il volumetto propone ben quattro scenari, ambientati in epoche e contesti molto diversi – tutti suggestivi e, per quanto possibile (Il Pianeta Sconosciuto si svolge nel futuro), ben documentati; uno è un omaggio a un’avventura classica di Call of Cthulhu, l’ultimo non è opera del suo creatore Jack Gentile ma di Stefano “Pepote Luvazza” Bordandini.
La grafica è eterogenea e accanto a illustrazioni da varie fonti presenta pagine pubblicitarie vintage. Piuttosto naif la copertina di Leon Ant, ma forse vuole omaggiare Erol Otus. Considerando le cifre che a Modena ho visto toccare molti giochi di ruolo, mi pare che 15 euro per 62 pagine siano un buon prezzo. È anche vero che una revisione in più sarebbe stata d’uopo per evitare refusi ed errorini vari, e che la carta usata è veramente molto povera. Però questo ultimo aspetto aggiunge un tocco “pulp” che ben si adatta all’atmosfera.
Viene da chiedersi perché dell’universo lovecraftiano invocato sin dal titolo non vengano spiegati nemmeno i punti cardine per fornire coordinate entro cui far muovere Master e giocatori. Non credo che si tratti di una dimenticanza o del timore di infrangere qualche copyright o della consapevolezza di rivolgersi a un pubblico selezionato già edotto in merito. Più semplicemente sarà stato l’acume commerciale di Jack Gentile a fargli tirare in ballo i Miti di Cthulhu senza che il gioco in sé abbisogni necessariamente del retroterra dell’ambientazione di H. P. Lovecraft, visto che il sistema può adattarsi a qualsiasi contesto.
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