Uno so già che non lo troverò.
mercoledì 29 ottobre 2014
domenica 26 ottobre 2014
Le Aquile di Roma 2 (ovvero il 3 e il 4)
Il secondo volume integrale di Le Aquile di Roma
conferma l’ottima impressione che mi aveva lasciato il primo. Enrico Marini
aggiunge intrighi e complotti appassionanti alla già bellissima storia di Falco
e Arminio/Ermanamer mentre le vite dei due protagonisti continuano a
intrecciarsi e a complicarsi per conto loro fino ad arrivare alla resa dei
conti finale che lascia presagire ulteriori sviluppi.
Tra l’ottavo e il nono anno dell’era cristiana Roma è ancora in procinto di
“pacificare” la Germania ma il compito non è facile vista l’irriducibilità dei
barbari e l’inospitalità delle impervie foreste nordiche. Né aiuta
l’inettitudine e lo scarso entusiasmo degli stessi soldati stanziati in loco, oltre
all’apatia e all’ottuso opportunismo del prefetto Varo. D’altra parte anche
Catti, Cherusci e le altre tribù germaniche hanno le loro difficoltà vista la
ritrosia nel fare fronte comune contro il nemico, e anche in seno alle singole
tribù serpeggiano complotti e tradimenti.
Sulla qualità eccellente dei disegni si potrebbe tranquillamente glissare, tanto
è evidente e tanto è consacrato l’autore, ma mi preme sottolineare come Marini
non solo produca delle tavole oggettivamente bellissime (e già questo mi
basterebbe) ma riesca a racchiudere in ogni vignetta esattamente quello che
serve per raccontare nel modo migliore la storia, niente di più e niente di
meno. I suoi personaggi sono così espressivi che non serve quasi leggere i
dialoghi per capire i rapporti di forza tra di loro, le considerazioni che
nutrono gli uni per gli altri, gli schieramenti di cui fanno parte. E una dote
del genere ricordo di averla ravvisata solo in Jean Giraud e in pochi altri.
Fermi restando i suoi panorami mozzafiato delle brumose foreste germaniche, i
dettagliatissimi castra, le donne
bellissime e l’equipaggiamento e il vestiario di barbari e romani perfettamente
ricostruito: davanti a tanta magnificenza mi pento di non aver preso i due
volumi qui raccolti nella precedente versione in gran formato fattane dalla
Panini.
Alla luce della qualità eccellente di Le
Aquile di Roma il ricco e già buono curriculum di Marini viene messo
decisamente in ombra: Gypsy era
simpatico, ma nulla di più; La Stella del
Deserto un piacevole divertissement;
Rapaci una storia troppo “larger than
life” per non risultare ridicola, anche se si riscatta sul finale; Lo Scorpione un’occasione sprecata di
dare ossigeno all’Avventura classica. Mi sembra veramente un bene che Marini
abbia deciso di prendere in mano in toto le redini delle sue opere.
venerdì 24 ottobre 2014
Un grandissimo fumettista da riscoprire
Di Piero Alligo ho letto solo la storia breve Amos sull'ultimo numero di Sgt. Kirk, il 61 datato maggio-giugno 1979 ma che pare sia uscito nel 1981. Mi è bastato per adorarlo.
Il suo tratto iperrealistico e certosino era basato evidentemente su fotografie che probabilmente egli stesso aveva scattato, impostando posture ed espressioni e scegliendo le ombre. Il che fa dei suoi lavori (di questo, almeno) un riuscito connubio tra fumetto e performance.
Il suo tratto iperrealistico e certosino era basato evidentemente su fotografie che probabilmente egli stesso aveva scattato, impostando posture ed espressioni e scegliendo le ombre. Il che fa dei suoi lavori (di questo, almeno) un riuscito connubio tra fumetto e performance.
A differenza di Danilo Masciangelo,
Arturo Picca
e Walter Angelici
è rimasto nell’ambiente del fumetto visto che è l’editore della casa editrice
Lo Scarabeo con cui oltre a deliziose ristampe mignon di classici del fumetto
mondiale ha curato una bella ristampa di Druuna che purtroppo non ha ancora avuto seguito al momento.
Inoltre è anche stato sceneggiatore di fumetti erotici per Playboy, e molti dei suoi soggetti
spiccavano per originalità e simpatia.
martedì 21 ottobre 2014
E finalmente...
Ufficialmente uscito il 18 giugno: certo che è proprio una gran rottura di scatole doverlo ordinare da internet. Ho letto solo due pagine al momento, già si candida a essere il top del Meglio del 2014.
lunedì 20 ottobre 2014
Death by (bad) design
Che bella sorpresa all'apertura della nuova confezione del liquido per lenti a contatto OneSept della Bausch & Lomb...
Gli alloggiamenti in cui inserire le lenti non sono convessi ma concavi...
L’anonimo designer andrebbe spedito a calci in culo ad Eindhoven. O anche spedito in galera.
Gli alloggiamenti in cui inserire le lenti non sono convessi ma concavi...
L’anonimo designer andrebbe spedito a calci in culo ad Eindhoven. O anche spedito in galera.
domenica 19 ottobre 2014
Il secondo tentativo bonelliano di conquistare la Francia
giovedì 16 ottobre 2014
Sophia
La serie italiana che più apprezzo de Il
Giornalino (se e quando lo trovo), forse anche più del mitico Pinky di Mattioli, è Sophia. Sono delle tavole comiche
autoconclusive sullo stampo delle analoghe proposte franco-belghe e hanno per
protagonista una bambina pestifera a cui la madre impone di provare gli sport
più a la pàge.
Sophia però è un ciclone incontenibile e sfoga la propria devastante vitalità
portando scompiglio negli ambienti solitamente paludati con cui viene a contatto.
Le gag, e questa è la cosa che apprezzo di più, sono spesso di una violenza
dirompente e lo sceneggiatore Beppe Ramello è abilissimo ad architettare sempre
delle trovate originali in quello che è uno schema programmaticamente fisso e
ripetitivo. Come il mitico Bilbolbul
di Mussino, anche Sophia è destinata
a concludersi naturalmente visto che gli sport da cui attingere, per quanto più
numerosi di proverbi e modi di dire, non sono infiniti.
Dal punto di vista grafico inizialmente Marco Meloni mi era sembrato troppo
scarno ed essenziale per una proposta del genere, tanto più che il confronto
con i suoi cinetici e dettagliatisimi colleghi d’Oltralpe con cui condivide le
pagine de Il Giornalino era un po’
impietoso. Ma una volta “fatto l’occhio” il suo stile pulito si fa apprezzare e
ormai non riesco a immaginarmi Sophia disegnata
da altri.
Non sarebbe male una riproposta cronologica in volume – ma in Italia è la
stessa cosa che si dice di un sacco di altri gioiellini destinati a una sola
pubblicazione e al conseguente oblio.
lunedì 13 ottobre 2014
Il Morto 16: Il Germe della Follia
Dopo il felice exploit dell’ultimo numero
Il Morto si concede un episodio dal
carattere interlocutorio, tanto più che Il
Germe della Follia è solo la prima parte di una storia che finirà sul
prossimo numero.
Peg trova fortuitamente lavoro come fattorino e magazziniere presso una
casa editrice. Il viaggio nell’Italietta che ogni due mesi ci fa fare la
testata prevede stavolta una ricognizione sulle modalità di assunzione nelle
medie realtà imprenditoriali, i maneggi e le ruberie che vi avvengono e
soprattutto (tema portante dell’episodio) la collusione tra case farmaceutiche
e medici senza scrupoli.
Mentre il protagonista difende se stesso e le sue amiche ritrovate dagli
assalti di malintenzionati, il laido dottor Marchi prescrive un nuovo farmaco
non sperimentato dopo essere stato corrotto con una crociera dalla casa
farmaceutica che lo produce. Per funzionare, il Kappa C8 funziona: le quattro
persone di età diversa che lo assumono non sentono più mal di testa, ronzii o
stress. C’è solo uno spiacevole effetto collaterale: gli istinti omicidi che
colgono chi inghiotte le pastiglie, di cui non rimane poi traccia nella loro
memoria.
Come di consueto Il Germe della
Follia è una storia cinica, coinvolgente e (questa l’impressione che mi ha
dato) ben documentata. È però programmaticamente solo l’antipasto di quello che
avverrà nel prossimo numero, e difatti Peg si vede poco – e ancor meno il suo
alter ego mascherato. C’è forse una certa frammentarietà nell’avvicendarsi
delle singole sequenze che coinvolgono le ignare cavie umane, ma è inevitabile
data la natura introduttiva dell’episodio.
Oltre all’efficacia con cui come sempre Ruvo Giovacca dipinge la realtà
italiana, ho apprezzato anche la costruzione di una continuity (tornano le
ragazze lesbiche aiutate dal Morto nel numero 13), cosa che dona un certo senso
di familiarità alla serie come d’altra parte anche l’ambientazione italiana.
Dal punto di vista grafico Stefano Scagni (chinato da Angelo Scariolo) fa
un lavoro dignitoso ma a tratti discontinuo, principalmente nei campi lunghi
dove le sue figure sono abbozzate e un po’ tirate via. La sua preferenza per
uno stile un po’ grottesco non sempre si amalgama bene con l’atmosfera della
storia. Comunque lode a Menhir Edizioni che permette a questi talenti (perché
le doti ci sono e si vedono) di lavorare e farsi le ossa.
Anche l’episodio di H. W. Grungle
in appendice mi è sembrato un po’ sotto tono.
Da questo numero Il Morto costa 3
euro, assolutamente giustificati.
domenica 12 ottobre 2014
Cosmo Color Extra 8 - 3 Leggende 2: La Città delle Mille Colonne
Kabyle continua lo sporco lavoro a cui è obbligato dalla sua nuova
condizione di riluttante genio della lampada. Per ordine di S/Aladino deve
rapire Sheherazade dalla mitica città invisibile di Iram. La missione prenderà
una piega inaspettata e offrirà l’occasione per svelare alcuni misteri sulla
natura dei djinn, dei golem, del paradiso dove le anime dei suoi familiari
starebbero aspettando Kabyle e della lampada stessa.
I disegni di Martinello sono veramente spettacolari, una gioia per gli
occhi. Da soli valgono l’acquisto del volume (che tra l’atro essendo prodotto
dalla Cosmo non è affatto oneroso), e ormai le sue occasionali concessioni
all’anatomia accademica mi sembrano più scelte stilistiche che “errori”.
Ma anche dal punto di vista dei testi 3
Leggende si colloca su un livello alto. Le prime 30 tavole sono un tour de force appassionante e adrenalico
che incolla il lettore alla pagina. Gli intrighi, i colpi di scena, le
rivelazioni e le imprese spettacolari si susseguono freneticamente per tutto il
volume, forse a un ritmo anche troppo sostenuto per essere del tutto
comprensibile a una prima lettura – confesso che da un certo punto in poi non
mi ci raccapezzavo più e mi sono lasciato guidare dagli splendidi disegni.
Come ulteriore motivo di fascino per gli appasionati di fantasy e i
giocatori di ruolo, questo secondo capitolo di 3 Leggende offre alcuni sguardi approfonditi sulle origini e le
abitudini di creature fantastiche come roc e djinn.
venerdì 10 ottobre 2014
mercoledì 8 ottobre 2014
Supergods
Buon ultimo,
anch’io mi sono finalmente letto Supergods
dopo averne apprezzato qualche brano a sbafo in fumetteria. Che dire? I pezzi
migliori sono evidentemente quelli che avevo leggiucchiato di straforo.
Scherzi a parte, questo libro non è l’autobiografia di Morrison o l’Hollywood Babilonia di Marvel e DC che
mi sarebbe piaciuto leggere, ma un saggio sul fumetto supereroistico che unisce
ricerca storica e analisi antropologica, infilando comunque qualche ghiotto
aneddoto qua e là. La passione di Morrison per i “Mystery Men” trasuda da ogni
pagina, ma mi ha fatto sorridere in più di un’occasione vedere tanto afflato e
tanta partecipazione verso un genere tutto sommato limitato e ripetitivo,
soprattutto se confrontato con la ricchezza dei panorami fumettisti europei e
giapponesi, a cui comunque Morrison fa un vaghissimo accenno.
A seconda dell’umore e del mio livello di stanchezza, la sua prosa
centrifuga colma di appassionato lirismo mi è risultata alternativamente
coinvolgente o soporifera. Più di uno spunto, comunque, offre possibilità di
riflessioni originali, e almeno un paio di aneddoti vanno ad aggiungersi alle
solite storie che un appassionato di fumetti, non necessariamente statunitensi,
ha già sentito e continua a sentire.
Mi è sembrato che Morrison abbia voluto quasi scrivere un libro a tesi,
applicando la stessa chiave di lettura (i fumetti di supereroi come sfogo a
pulsioni non sempre confessabili) a epoche e personaggi molto distanti e diversi,
operazione che risulta quindi un tantinello forzata.
Di certo è ammirabile la schiettezza con cui Morrison ammette quanto della
sua carriera sia dovuto a raccomandazioni, fortuna e all’abilità nel costruirsi
un personaggio strepitante quando la qualità dei suoi lavori non era
sufficiente a metterlo sotto i riflettori. E d’altra parte anche le sue
simpatie e antipatie verso gli operatori del settori sono molto evidenti pur
senza essere sottolineate.
Entrando nello specifico dell’edizione italiana, mi pare che non sia esente
da qualche piccolo errorino e imprecisione, ma nulla di drammatico. Oltre alla
solita svista (credo) di tradurre “morbid” con “morbido”, mi è sembrato in
particolare poco felice ripetere ossessivamente la definizione “striscia” anche
per fumetti, e qui sono praticamente tutti, che tecnicamente strisce non sono.
Nel complesso, preso dalla corretta angolazione e con lo spirito giusto, Supergods è abbastanza interessante e a
tratti anche divertente. Il particolare taglio dato al volume, che è un mix di
autobiografia e saggio, non ha permesso però di sviluppare in maniera
completa nessuna di queste sue due anime.
Caso vuole che questo sia il post 666. no, è il
668
domenica 5 ottobre 2014
Fumettisti d'invenzione! - 86
Mi permetto di
integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con
altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito
la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.
CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)
G-MARU
EDITION (IDEM)
(Giappone 2010, in Jump SQ. 19, © Shueisha, umorismo)
Mizuki Kawashita
L’otaku del futuro G-Maru (che ha sostituito il suo corpo originale con
uno sintetico) torna indietro nel tempo fino ai nostri giorni per incontrare il
suo mangaka preferito, Kaburagi Aruto, scoprendo che si tratta di una ragazza
che aspira a disegnare shojo (fumetti per ragazze) invece che i manga erotici
per cui diverrà famosa.
Ancora al liceo, Aruto forma un club di fumettisti a cui aderiscono le
compagne Tamazawa, fredda capoclasse che forse sublima nei suoi manga le
proprie pulsioni omosessuali, e Saji Saeri, bellezza un po’ svampita che
disegna per diletto senza ambizioni professionali.
Pseudofumetti: per aiutare Aruto al primo concorso
da mangaka a cui partecipa, G-Maru fa recapitare a una sua sosia-robot il manga
alla redazione della rivista erotica Erogisshu Monthly, cosa che
innescherà la sua carriera come assistente di Kamiya Hikaru.
Vengono citati poi Il Fantasma della Vergine, fumetto erotico
realizzato da tal Poyorin e Una Snake Dance con te. Saeri disegna una
dojinshi (fanzine) con protagonisti degli insetti.
CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI
SERIALI (pag. 28) ma anche Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei;
fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie CITAZIONI,
CARICATURE, CAMEI (pag. 61)
(Spagna 1982, in Cairo, © Torres, umorismo)
Daniel Torres
Il telecronista-divo Ruben Plata lotta contro il genio del male Sir
Opium in un mondo futuribile dall’estetica liberty reminescente della ligne
claire belga.
Sueños de papel in Cairo 6 e La Ultima Imagen in Cairo
7 (1982). Daniel Torres
Dopo aver tentato
di conquistare il mondo con un germe e poi con la musica, Opium decide di usare
i fumetti: rapisce grandi professionisti del settore come Vicente Aguada,
Ernesto Fotolito, Carlos Secante, Leonzio Burroni (autore del popolare Capitan
Marte) e Giacomo Tagliacraglia e li costringe a produrre senza sosta dei
fumetti stampati con un inchiostro ipnotico (la rivista che li pubblica si
chiama appunto Hypnosis) che induce i
lettori a credere di essere i personaggi di cui leggono le avventure. Non
sembra che le due case editrici per cui lavoravano in precedenza trattassero
molto meglio i loro autori o fossero mosse da motivazioni più nobili di quelle
di Opium!
Come se non
bastassero questi fumettisti d’invenzione, nella versione in volume di Opium esiste anche una cornice
(introduzione ed epilogo) in cui lo stesso Daniel Torres spiega l’origine della
sua ispirazione e il fantasioso metodo con cui avrebbe realizzato il fumetto.
Opium sarà ripreso nel 1990 in una serie
di sei albi editi da Norma Editorial in formato comic book, realizzati dallo
studio di Torres.
Pseudofumetti: anche nella versione in comic book
Opium usa i fumetti per imporsi sulle masse, ma la cosa viene citata di
sfuggita e non le viene dato il risalto che ebbe nella prima versione.
FLASH
(1956)
(USA 1956, in Showcase, © DC Comics, supereroi)
Robert Kanigher
(T), Carmine Infantino (D)
Questa voce è da intendersi come addenda a quanto già scritto sul
personaggio in Fumettisti d’invenzione!.
Alfredo Castelli ne parla in questi termini a pagina 33: «Nei tardi
anni 50 la DC Comics iniziò a proporre in veste modernizzata [...] alcuni
supereroi nati negli anni 1940 e allora quasi dimenticati; il primo fu Flash.
Ma non si trattò di un semplice remake: quando, all’inizio della nuova versione
della saga, il chimico Barry Allen si trasforma a causa di un incidente in un
nuovo uomo più veloce del mondo, decide esplicitamente di chiamarsi come il
protagonista del comic book che leggeva da bambino creando così una
contrapposizione tra i vecchi eroi (di fantasia) e quelli recenti (“veri”)».
Viene citata poi come esempio di CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI
SERIALI la celeberrima storia Flash of Two Worlds, in cui si incontrano le due versioni del
personaggio e si scopre che lo sceneggiatore Gardner Fox era inconsapevolmente
sintonizzato sulle onde mentali del Flash originale.
Esistono però altre
due storie di Flash ancora più
pertinenti all’argomento fumettisti d’invenzione, ancora più importanti perchè
(oltre a introdurre nuovi concetti nell’universo DC) prepareranno il terreno
per la voce analoga che coinvolgerà la Justice
League of America:
Fuori tema:
fumettisti non
d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e
autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag.
61)
Fact or Fiction? in The Flash 179 (1968). Cary Bates (T), Mike
Esposito e Ross Andru (D)
A caccia di un mostro alieno fuggito al suo custode, Flash si trova
catapultato in una realtà alternativa in cui i supereroi sono solo personaggi
dei fumetti. Per tornare a casa deve costruirsi uno dei suoi mitici tapis
roulant con cui viaggia nel tempo, ma avendo fondi insufficienti per
procacciarsi i materiali con cui costruirne uno decide di andare a batter cassa
negli uffici della DC Comics!
Qui viene ricevuto dall’editor Julius Schwartz (principale artefice
della Silver Age) che dopo un primo approccio scettico si convince
dell’identità di Flash e gli procura quello di cui ha bisogno per costruirsi
uno dei suoi marchingegni per tornare a casa. Fact or Fiction? è la
prima storia in cui compare Terra-Prima, ovvero la versione DC del “nostro”
universo.
Il “cosmic treadmill” costruito da Flash in questa storia rimane
nell’ufficio di Schwartz, e sarà alla base delle due storie della Justice
League of America che cito di seguito.
The Day I saved the Life of the Flash! in The Flash 228 (1974). Cary Bates (T), Irv
Novick e Tex [Philippe Eustice]
Blaisdell (D)
CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI
SERIALI (pag. 28)
(Stati Uniti 1960, in The Brave and the
Bold, © DC Comics, supereroi)
Gardner Fox (T), Mike [Michael] Sekowsky, Bernard Sachs,
Joe Giella, Murphy Anderson (D)
Cavalcando l’onda della Silver Age anche la Justice Society of America
degli anni ’40 viene riportata in vita adattandosi ai nuovi gusti dell’epoca.
Aquaman riunisce un gruppo di supereroi per fronteggiare una minaccia aliena,
dando vita al supergruppo per antonomasia dell’universo DC.
Il concetto ebbe tanta presa sul pubblico che dopo sole tre apparizioni
su The Brave and the Bold la Justice League si vide dedicata una testata
propria, che tra variazioni e cambiamenti continua le pubblicazioni tuttora.
Where on Earth am I? e Avenging Ghosts of the Justice Society in
Justice League of America 123-124 (1975).
Cary Bates ed Elliot S! Maggin (T), Dick [Richard Allen] Dillin e Frank
McLaughlin (D)
Gli sceneggiatori Cary Bates e Elliot Maggin cercano ispirazione per
inventarsi qualche storia originale dopo essere stati ripresi dall’editor
Julius Schwartz. Maggin propone di riutilizzare l’idea del “cosmic treadmill” e
Bates fa funzionare inavvertitamente l’esemplare che Flash aveva lasciato
nell’ufficio di Schwartz nel numero 179 di The Flash. Catturato da una
nebbia misteriosa come quella che lo avvolse in The Flash 228, Bates si
ritrova su Terra-2, il mondo alternativo della DC Comics popolato dalle
versioni originali dei supereroi. Qui si scopre dotato di superpoteri ma un
influsso negativo del supercriminale Wizard ne altera la mente facendolo
diventare un villain.
Nel frattempo Maggin ha usato lo stesso metodo di viaggio tra gli
universi ed è finito su Terra-1, dove parteciperà allo scontro tra eroi e
criminali dei due mondi.
Una volta rientrati su Terra-Prima i due sceneggiatori si vedono
rifiutato il loro soggetto tratto dall’esperienza appena vissuta perché troppo
incredibile!
Nella prima delle due storie fa un’apparizione il disegnatore e
direttore artistico Carmine Infantino.
Fuori tema:
fumettisti non
d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e
autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)
LE CANOT
LIBERE
(Francia 1986, in (A SUIVRE), © Casterman, umorismo, pamphlet)
[Francis] Masse
Alcuni bizzarri personaggi disquisiscono di editoria e comunicazione su
una scialuppa di salvataggio alla deriva mentre producono le rispettive
riviste.
giovedì 2 ottobre 2014
Historica 24 - Eleonora 1: Regina di Francia
Nuovo numero di Historica, nuova delusione. Niente di tragico,
ma secondo me si sarebbe potuto fare molto meglio visto il ghiotto materiale di
partenza e la possibilità di sfruttare le doti di un Carlos Gomez non più
limitato a formati claustrofobici.
Aliénor/Eleonora di Aquitania sin da giovanissima, quando gli intrighi
familiari la portano a sposare il debole Luigi VII, dà prova della sua
ambizione e della sua indole manipolatrice. Il volume ripercorre gli anni dal
1137 al 1148 e mette in scena gli inganni, i tradimenti, le argute mosse della
regina fino alla disfatta di Antiochia.
Che gli sceneggiatori siano ben documentati e appassionati alla materia è
fuor di dubbio ma purtroppo la dimensione del fumetto storico-avventuroso non
sembra essere nelle loro corde. Se la Mogavino si può giustificare con
l’inesperienza (Eleonora è il suo
esordio come sceneggiatrice), Arnaud Delalande ha già diversi altri fumetti nel
suo curriculum, che però evidentemente non gli sono bastati come banco di prova
per liberarsi di una certa ingessatura didascalica che credo derivante dalla
sua attività principale di romanziere.
Eleonora è tesa tra due opposte pulsioni: da una
parte c’è il gusto vagamente postmoderno per il distacco sarcastico, il cinismo
divertito e una certa enfasi retorica che inevitabilmente mi ha ricordato Dago (e Gomez asseconda da par suo le
scene più patemiche) ma dall’altra c’è la furiosa impellenza di spiegare tutti
i passaggi, di fornire e ribadire tutte le motivazioni e i pensieri dei
personaggi, di contestualizzare e approfondire con lunghi e a volte poco
realistici dialoghi. E se i dialoghi non bastano ci sono anche i balloon coi
pensieri a sottolineare ulteriormente quanto già detto o mostrato.
Il risultato offre senz’altro un tempo di lettura molto lungo, ma la
narrazione sembra artefatta, poco scorrevole, a volte anche non molto chiara –
tanto più che sembra che tutti i francesi si chiamino Jean. È anche vero che
alla scena col vescovo di Châtre a pagina 72 ho riso di gusto, ma è stato un
caso isolato.
Il marchio di fabbrica di Historica: i balloon invertiti |
Più o meno consapevolmente, Eleonora
si inserisce nel filone sfruttato tra gli altri da I Sentieri di Malefosse, quello del fumetto storico tagliato
addosso ai lettori generalisti francesi in cui la sola presenza di un protagonista
molto amato o comunque notissimo a livello nazionale (e mi pare che Eleonora
rientri nella categoria) fa passare in secondo piano gli eventuali difetti per
quanto evidenti a un lettore più critico.
Dal punto di vista grafico Carlos Gomez realizza delle sequenze spettacolari
e grazie al formato maggiorato degli albi francesi ci offre delle splendide
vedute cittadine, scene di massa e panoramiche impensabili nel formato di Lanciostory e di Tex. Apprendo con stupore da Bedetheque
che queste tavole non sono interamente frutto del suo sacco perché i layout dei
primi due volumi sono stati curati da Erwan Le Saëc.
Ma al netto dei bei disegni di Carlos Gomez e di un personaggio principale
carico di carisma e di carattere, restano una storia molto frammentaria e dei
colori coprenti che soffocano il tratto di Gomez, simili a quelli dei
primissimi Euracomix: non
propriamente brutti ma decisamente invasivi. E il problema riguarda entrambi i
coloristi che si sono avvicendati, Claudia Chec(caglini) e José Luis Rio, anche
se nel terzo e ultimo episodio di questo volume è visibile (ma inefficace) la
volontà di cambiare registro. E magari le pecore verdi e viola volevano essere
un omaggio a Kadishman.
Che la storia proceda per accumulo senza un fluire troppo armonico e
immediatamente sequenziale lo dimostra anche l’interpretazione di un passaggio
da parte di Sergio Brancato (che nell’introduzione praticamente racconta tutto
quello che succede nel fumetto!): secondo me Eleonora e Marcabruno non hanno un
contatto più che platonico, Brancato interpreta la situazione come un adulterio
completamente consumato.
Mi rimane una curiosità: le copertine, almeno i volti di Eleonora, non sembrano
opera di Gomez, ma chi sia questo misterioso disegnatore-assistente nemmeno
Bedetheque lo dice.
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