mercoledì 6 novembre 2024

Tutto un altro Lupo Alberto

L’offerta ricchissima del Comics&Science di quest’anno ha contemplato anche la presentazione di questa antologia in versione limitata (la mia copia è la 714 su 2000), credo reperibile anche allo stand Gigaciao – ma lì probabilmente senza Silver a fare gli onori.

Si tratta della raccolta degli episodi di Lupo Alberto realizzati da vari giovani autori, a cui vennero affidate 16 pagine della rivista da autogestirsi. Il progetto nacque e venne coordinato da Lorenzo La Neve, figlio dello sceneggiatore Michelangelo, e ha prodotto dei fumetti diversissimi tra di loro sia dal punto di vista dei testi che soprattutto della parte grafica che contempla grandi virtuosismi come prove talmente ardite da sfiorare lo sperimentalismo – penso soprattutto ai lavori di The Sando, Gaia Magnini e Matilde Simoni. Ciononostante mi pare che gli autori si siano cimentati nella sfida con un grande rispetto per la materia originale, riprendendo personaggi secondari e rispettando una continuity di fondo che hanno contribuito ad arricchire. Non vi ammorbo con l’elenco dei collaboratori ma lo riporto direttamente dalle pagine del volume:

Le doppie strisce della pubblicazione originale sono state rimontate a due per pagina: nella maggior parte dei casi le storie durano così in questa versione tre pagine e mezza, ma ce ne sono alcune più brevi da tre e alla fine la lunga Marvelous Mrs. La Talpa. C’è un sacco di materiale da leggere, insomma. Impossibile che tra tutta questa variegata ricchezza il lettore non trovi qualcosa che gli piace. Per quel che mi riguarda, ho gradito particolarmente Enrico Esattore (esilarante!), Il ritratto, Gattacci M. C., Lupo Alberto anno zero e, incredibilmente (la Simoni disegna in stile manga), Maruta. Dal lato opposto ci sono delle storie che invece mi hanno convinto di meno, perché poco comprensibili oppure molto meno originali delle altre, quasi déjà vu di altri fumetti: Alla Larga, Lupastro!, Il congegno da gaming, La cosa nel cespuglio (ma che belli i disegni di Federico Gaddi) e Spooky Scary Ducks.

Il volume contempla inoltre anche quattro storie realizzate con lo stesso criterio ma dedicate a Cattivik e c’è ancora spazio per ulteriori omaggi più lunghi forse realizzati appositamente per questo volume (la storia di Bevilacqua non mi sembra scomponibile in blocchi da due doppie strisce come le altre).

martedì 5 novembre 2024

Ale & Cucca 13

Questa tredicesima uscita della saga è decisamente interlocutoria. Se succede qualcosa di rilevante per lo sviluppo delle trame io non me ne sono accorto. O meglio, in futuro potrà anche essere determinante che la Ri è scappata di casa e che un altro ragazzino mai sentito prima (o comunque meno che secondario) ha tentato il suicidio, ma sono elementi solo accennati e che al massimo avranno un’incidenza appunto solo nei prossimi capitoli – sempre che vengano confermati, poi. In sostanza questo volumetto offre poco più che un lunghissimo pigiama party dalla Ale in cui le ragazze parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano parlano. E potendole distinguere l’una dall’altra solo per la forma o il “colore” dei capelli vatti a ricordare chi è chi. Non ci sono nemmeno i proverbiali flashforward con cui incuriosire il lettore su quello che succederà alle protagoniste da giovani adulte, mentre la sequenza con l’irritante Lollo è talmente avulsa dal resto da non risultare nemmeno fastidiosa ma solo buttata lì a caso.

Ora, immagino che nel mercato giapponese a cui si ispira la Cifone questi episodi-cuscinetto siano relativamente comuni per approfondire certi elementi delle storie o per ricaricare le pile in attesa di sequenze più incisive o semplicemente perché non si hanno idee con cui riempire le pagine. Ma presso i nostri colonizzatori culturali del Sol Levante le pagine di questo volumetto (128 ma non tutte a fumetti, ovviamente) vengono bruciate in un paio di mesi o ancora meno, nel flusso continuo di quella infernale catena di montaggio. A noi invece tocca aspettare la prossima Lucca per sapere come si svilupperanno le vicende delle protagoniste.

Nulla da dire sui disegni, se non che una scena avrebbe forse necessitato di essere un po’ più esplicita. Non c’è nulla di spinto, però un minimo di nudità avrebbe reso più comprensibile quella splash page.

Se Ale & Cucca fosse non dico mensile ma almeno trimestrale la percezione di questo numero 13 sarebbe stata diversa, perfino interessante nel vedere le paturnie delle ragazze (purtroppo di ironia ce n’è poca) come antipasto di quello che verrà. Ma con un ritmo di uscite così diradato ho trovato deludente leggere dei capitoli che sembrano messi lì solo per allungare il brodo.

lunedì 4 novembre 2024

Non sono stato io

Inchiesta sotto forma di romanzo, ripercorre alcune delle tappe che tra le molteplici piste false hanno finalmente portato a identificare il disegnatore della prima versione del numero 1 di Diabolik, Angelo Zarcone detto “Il Tedesco”. Di identificarlo e di ricostruirne parte della vita.

I primi otto capitoli rievocano da una parte la dura esperienza milanese dell’artista e dall’altra la vita mondana e redazionale di Angela Giussani e Gino Sansoni, dopodiché entra in scena il «noto storico del fumetto» Attilio Brissolari, trasparente proiezione di Gianni Bono, che nel confezionare gli scatoloni contenenti il suo lascito a una costituenda Fondazione rivà con la memoria ad alcune delle panzane che, più o meno in buona fede, gli vennero rifilate nell’arco dei cinquant’anni in cui cercò di identificare “il Tedesco”. Non mancano gustose divagazioni sulla scena fumettistica italiana. Finché arriva una fatidica telefonata da Mario Gomboli, direttore editoriale dell’Astorina.

Non sono stato io è un romanzo avvincente e ricco di aneddoti, una vera manna per gli appassionati di fumetti (e non solo di Diabolik). Chi poi fosse già edotto su alcuni di questi aneddoti, ad esempio dalle Memorie Fumettistiche di Nonno Alfredo su Orient Express, qui ne troverà delle versioni più ricche e circostanziate. Il testo, scritto da Bono insieme a Raffaele Mangano, è inoltre molto evocativo e con poche pennellate riesce a ricostruire l’atmosfera di quella Milano in odore di boom economico in cui c’erano «più pittori che lampioni». E non solo di quella. La passione di Bono è tangibile così come il suo scrupolo documentaristico, tanto da portare a commuoversi con lui per il raggiungimento dell’agognata meta.

Tanta qualità di base avrebbe meritato una revisione in più. Sì, è perdonabile il lapsus che attribuisce Yesterday a Lennon e non a McCartney; sì, è comprensibile che chi non è addentro all’hobby consideri un «gioco di ruolo» le indagini che improvvisarono i lettori di Diabolik; ma leggere «del» e «sul» Zarcone invece di «dello» e «sullo» fa cadere le braccia.

Il romanzo è integrato da una breve postfazione di Mario Gomboli e da una sezione di “tracce” che contengono gustose curiosità e alcune prove dell’identità di Zarcone. O presunte tali: la Z nel disegno di pagina 170 mi sembra solo un ghirigoro come quelli nella parte superiore del cuscino, e per leggere «Angelo» nei geroglifici dell’insegna riportata a pagina 183 ci vuole molta fantasia!