Che cosa sono le nuvole
domenica 14 dicembre 2025
sabato 13 dicembre 2025
venerdì 12 dicembre 2025
giovedì 11 dicembre 2025
lunedì 8 dicembre 2025
Il Nome della Rosa 2
Splendida conclusione per la riduzione a fumetti del romanzo di Umberto Eco, di cui ammetto di conoscere solo la versione cinematografica. Purtroppo mi basta per sapere i retroscena della storia e la soluzione del mistero, quindi invidio quelli che ancora ne sono all’oscuro. Cioè in sostanza credo di non dover invidiare nessuno.
Visto che la storia e la svolta risolutiva sono note e risapute, tanto da essere state oggetto di parodie e omaggi vari, non credo sia il caso di riassumerle troppo in dettaglio. Adso continua a raccontare di come aiutò il francescano Guglielmo da Baskerville a risolvere il mistero delle morti sospette in un monastero la cui collocazione geografica viene lasciata nel vago, proprio mentre a indagare giungevano anche il temuto inquisitore Bernardo Gui, il cardinale Bertrando del Poggetto e due delegazioni di ordini monastici in conflitto tra di loro.
Chiaramente il fumetto permette una maggiore fedeltà al testo letterario e così ho potuto gustarmi quegli aspetti che fisiologicamente in un film sarebbero stati impossibili o comunque molto difficili da trasporre. Sfilano quindi delle appassionanti sequenze di detection, un’ulteriore versione del basilisco, il ricchissimo retroterra religioso ed ereticale medievale nonché la ricetta per fabbricarsi dei demoni che esaudiranno i desideri lascivi. E chi l’avrebbe mai detto che una disputa teologica in huit clos sarebbe stata incalzante come un thriller? Quella che immagino essere una più scrupolosa adesione al testo originale introduce anche una sferzante ironia nei dialoghi, gradevolissima.
Tempo fa avevo riscontrato una seppur vaga flessione nel disegno di Manara, più che giustificabile considerando tutto quello che già aveva dato al settore. Non ce n’è alcuna traccia ne Il Nome della Rosa: il Maestro è al top della forma e a 80 (!) anni disegna animali, sfondi e architetture con una cura e una dedizione che i fumettisti che hanno meno di quarant’anni non sanno manco cosa sono. I personaggi recitano in maniera magnifica, cosa che spesso contribuisce a rafforzare quell’ironia che ho ricordato sopra. La bellezza dei disegni e la cura dei dettagli non va a inficiare il dinamismo, tanto che le rare linee cinematiche sono superflue. Come spesso accade coi fumetti di Manara, sfogliare le sue tavole è anche l’occasione di ricordare attori o caratteristi del cinema italiano e non: credo che per il frate barbuto di pagina 19 si sia ispirato a Gigi Proietti.
Un plauso anche ai colori di Simona Manara, che dopo i primi approcci traballanti ha saputo finalmente interpretare e integrare molto bene lo stile del (suppongo) padre. Probabilmente la colorazione è stata realizzata col computer, si vedano gli aloni perfettamente rotondi delle lampade, ma ha saputo comunque restituire la sensazione dell’acquerello.
Insomma, questo fumetto è un capolavoro.
Ed è un vero peccato che lo sia. O meglio uno spreco. La nave di Teseo/Oblomov
ha allestito un’edizione che è speculare alla descrizione della donna fatta da Ubertino
nel fumetto: il contenuto è sublime, la confezione abietta. La carta non è
patinata ma una Arena Ivory Rough da
In appendice alcune pagine di schizzi.
sabato 6 dicembre 2025
I Seasons
Toh, un po’ di originalità dal mondo statunitense. Se ho ben capito, Rick Remender ha voluto fare un omaggio ai romanzi inglesi ottocenteschi per ragazzi. “I” Seasons sono quattro sorelle che, coerentemente col cognome, hanno ognuna il nome di una stagione. La storia si apre con la quattordicenne postina motorizzata Spring che dopo varie peripezie riesce a recuperare la lettera che le ha inviato la sorella Autumn, che le rivela di aver scoperto che fine hanno fatto i loro genitori ma che al contempo le anticipa un pericolo di cui lei stessa teme di cadere vittima a breve. E infatti la storia, che inizia in un 1924 alternativo, si apre con un circo itinerante che attraversa la città di Neocairo i cui abitanti sono vittime di un acuto narcisismo che li porta a specchiarsi dimentichi di tutto il resto. Lo stesso inquietante circo è arrivato anche a Nuova Gaulia, da cui Spring dovrà fuggire portandosi dietro le due sorelle rimanenti. Solo che ormai è troppo tardi per farlo: l’artistoide depressa Winter non le crede e la vanitosa supermodella Summer torna appositamente a Nuova Gaulia proprio per farsi notare in occasione di una delle serate del circo. Questo “circo” è simile a un’entità vivente, capace di inghiottire gli spettatori portandoli in un’altra dimensione, e si espande sostituendosi progressivamente agli edifici della città. Per attirare le sue vittime si serve di clown mutaforma.
Ne I Seasons lo steampunk si mescola al fantasy passando per Pippi Calzelunghe, Alice nel Paese delle Meraviglie, l’estetica degli anni ’60, il mito arturiano, Charles Dickens, Indiana Jones, Dimmi che mi ami, Junie Moon, Lovecraft, Rocketeer, Mary Poppins e chissà quant’altro che non ho colto. Da sottolineare il linguaggio ricercato di cui ha fatto uso Remender.
Benché in origine sia stato serializzato in otto comic book questo fumetto si legge in maniera molto spedita, con un ritmo e delle invenzioni continue quasi frastornanti: non è affatto una brutta sensazione. Peccato che la storia non finisca qui, o meglio che si arrivi a un mezzo punto fermo che però apre a nuovi scenari.
Ma i fumetti, d’altro canto, sono anche fatti di immagini. I dieci anni passati da Outcast si fanno sentire. «Veramente molto bravo», avevo definito Paul Azaceta all’epoca. Evidentemente si è riposato sugli allori e sta monetizzando sulla gloria passata. Le sue tavole sono solo degli schizzi, che sembrano fatti pure malamente e controvoglia. Non si può nemmeno addurre la scusa della scelta di un disegno espressionista per giustificare gli errori prospettici, le anatomie sballate, le pennellate pesanti e in generale il senso di scazzo che trasmettono queste vignette. È ovvio che tanta imprecisione porti poi il colorista Matheus Lopes a confondere gli edifici coi tendoni del circo o a proiettare sei ombre sul pavimento dalle sette sedie che invece ha disegnato in fretta e furia Azaceta. Peccato, perché un disegno più dettagliato, o almeno curato il minimo sindacale, avrebbe reso maggiore giustizia ai testi.
giovedì 4 dicembre 2025
La Luna e il Serpente - Sussidiario di Magia
Uscito in anteprima a Lucca, questo volume è stato veramente arduo da leggere. Non che non sia una lettura gradevole, lo è eccome, solo che è talmente rigurgitante di concetti e di nozioni da rimanerne sopraffatti, anche se non mancano temi ricorrenti approfonditi e trattati da punti di vista diversi. A ciò va aggiunto che essendo un testo iniziatico ho avuto costantemente il sospetto che i due Moore (nessuna parentela) dicessero una cosa volendone significare un’altra che a me sfuggiva, ed è stato un po’ frustrante. Voglio dire: anche i fumetti di Didier Convard sono godibilissimi, ma per sua stessa ammissione quanti “messaggi” per i suoi fratelli celano quei testi? Quindi, che siano fole programmatiche o vere istruzioni per diventare maghi, quelle raccolte in questo tomo sono raccontate benissimo, ma che fatica leggerle. E che fatica trovare un aggancio per parlare del Sussidiario, tanta è la carne sacrificale messa sul fuoco. Vabbeh, comincio dicendo che i Moore (nessuna parentela) adottano uno stile molto ironico nonostante l’approccio sia assai circostanziato e documentatissimo. Che poi è la maniera migliore per avvicinare un uditorio, visto che spesso l’ostentazione di fede formulaica spinge ad allontanare l’interlocutore.
Il grimorio è diviso in varie sezioni che si alternano: dopo un bel fumetto muto sulla nascita del primo mago, si comincia con le biografie a fumetti di maghi più o meno famosi dall’antichità a oggi, sfilano poi i suggerimenti sulle cose da fare nei giorni di pioggia (ovvero un’introduzione passo dopo passo alla magia a imitazione di quelle attività ludico-didattiche che si trovavano nelle riviste per bambini: a proposito di stile molto ironico), un feuilleton iniziatico, un fumetto a puntate sulla vita e le opere di Alessandro di Abonutico e vari inserti su argomenti diversi come la Kabbalah e i tarocchi.
Semplificando molto dei concetti che nemmeno fingo di aver capito del tutto, l’idea di magia proposto dai Moore (nessuna parentela) è fondamentalmente la capacità di raggiungere un altro livello di consapevolezza, ottenere il dominio sull’immaginazione, ma ciò è intrecciato all’idea molto suggestiva che arte e magia siano, se non la stessa cosa, comunque delle attività molto simili, quasi parallele. Concetto che scopriamo essere stato un po’ ripreso dalle idee del “mago” Harry Smith. A proposito di queste pillole a fumetti sulle biografie dei maghi, si scoprono delle cose molto interessanti come l’origine dei tre Re Magi, l’ipotesi che Cornelio Agrippa abbia influenzato la Kabbalah, l’esistenza di tal Francis Barrett che operò tra ’700 e ’800, ecc.
Se i fumetti hanno un taglio così approfondito e divulgativo figuratevi come sono i testi scritti – a parte il romanzo a puntate, che però è palesemente una versione narrativa di alcuni concetti espressi. Anche qui ci sono badilate di umorismo e sarcasmo: la Clavicola di Re Salomone paragonata a un elenco telefonico per aspiranti invocatori, le tecniche del sesso tantrico che alla fine sono le stesse per impedire di pisciarsi addosso se non ci sono bagni attorno, l’avvertenza di stare attenti a non cadere dall’albero della Kabbalah, immagini esoteriche che diventano giochini enigmistici… però nonostante la piacevolezza dei testi si arriva lo stesso alla fine col fiato corto. Anche perché la parte conclusiva del Sussidiario è dedicata a una lunga cronistoria del Gran Teatro della Luna e il Serpente dalle origini alle performance recenti (con una certa generosità nelle testimonianze fotografiche), con vari approfondimenti su una pletora di altri argomenti come la pisicogeografia; in sostanza però è anche una sorta di manifesto programmatico del non-gruppo, con idee che sono pure condivisibili come quella per cui scienza e matematica debbano sposarsi alla politica, idea che però si inserisce in un discorso molto (molto) più ampio. Qui si possono trovare tracce di argomenti e suggestioni trattati nei fumetti di Alan Moore, in particolare nella linea ABC Comics cui collaborò anche Steve Moore (nessuna parentela).
Si chiude con gli schemi per la costruzione in cartoncino del Tempio della Luna e del Serpente, ovvia parodia di giochi analoghi nei libri per bambini da ritagliare e assemblare ma (se ho ben interpretato il manuale) anche esercizio concreto per far diventare il lettore un mago invitandolo a creare la sua versione del teatro con la scusa di non rovinare il libro.
In realtà prima di questa appendice ludica c’è un ulteriore testo: la postfazione in cui Alan ricorda l’amico Steve (nessuna parentela) deceduto poco dopo la compilazione del Sussidiario. Che gli aneddoti riportati siano reali o fittizi, rimane comunque un omaggio molto interessante e commovente.
Gli interventi grafici sono di qualità altalenante. La prova di Steve Parkhouse col fumetto muto d’apertura è molto bella.
Rick Veitch illustra le attività da fare nei giorni di pioggia: non che sia mai stato un gran bel vedere, ma qui mi sembra che abbia fatto un buon lavoro, forse come illustratore è migliore che come fumettista.
Ben Wickey ha illustrato le vite dei maghi e mi pare che il suo stile caricaturale ma molto dettagliato e colorato ben si sposi con questi che sono più racconti illustrati che fumetti.
Kevin O’Neill è piuttosto rozzo e impreciso ma può beneficiare del dubbio che le sue Avventure di Alessandro siano disegnate in questo modo per fare il verso alle testate inglesi per bambini degli anni che furono, e di cui ignoro quasi tutto.
John Coulthart ha fatto tutto il resto o quasi. Le immagini sono molto belle (e che originali i suoi tarocchi) ma l’uso massiccio del computer trasmette uno sgradevole senso di artificialità.
A integrare i lavori realizzati appositamente ci sono anche molte riproduzioni di incisioni e dipinti di ogni epoca, perfette per entrare nello spirito del libro. C’è persino quello che sembrerebbe un protofumetto, se solo capissi il tedesco.
L’edizione è molto bella come si conviene a un tomo del genere e chissà che la difficoltà nell’arrivare alla fine dei testi non fosse dovuta anche all’aggressione sensoriale messa in atto dai colori luminosissimi e dai motivi psichedelici che decorano praticamente tutte le pagine.


