martedì 23 aprile 2024

Lumière Froide 1-3

Il fastidio per la mancata pubblicazione in Italia di questa breve serie di uno dei miei disegnatori preferiti si è sempre accompagnata alla curiosità di saperne il motivo. Era troppo spinta? Trattava argomenti blasfemi? Ridicolizzava temi intoccabili per gli italiani? Era troppo difficile da capire? Macché, niente di tutto ciò.

La storia rappresenta al meglio lo stile di Makyo, almeno per quel poco che lo conosco io. Come nel caso della Balade au Bout du Monde, del Ciclo dei Due Orizzonti e de La Porte aux Ciel si carbura lentamente e leggendo le prime pagine viene da chiedersi dove diavolo voglia andare a parare e se ci sia effettivamente una trama sotto quell’accumulo di situazioni e sequenze apparentemente scollegate. Ma è solo un’astuta strategia per presentare i personaggi e l’ambientazione e forse per giocare un po’ a disorientare il lettore. Il riassunto della trama non rende quindi giustizia alla stratificazione di suggestioni che il fumetto offre, ma lo azzardo comunque.

Eva Gello è un’attrice di grande successo (forse Sicomoro si è un po’ ispirato a Nicole Kidman per ritrarla), dotata di un magnetismo irresistibile di cui cade vittima l’istruttore di aikido Lou che recita una particina nel suo ultimo film – e a cui teoricamente era intitolata la serie. Purtroppo anche i due amici fraterni di Lou, sopravvissuti insieme a lui da bambini a un attentato, cadono vittime del carisma della misteriosa donna, che sembra possedere un vero e proprio potere sovrannaturale con cui può piegare la volontà degli uomini. Ossessionato da Eva, Lou la segue fino a scoprire che partecipa a festini degni di Eyes Wide Shut (la citazione è dello stesso Makyo) e soprattutto che è coinvolta in una situazione incredibile: figlia di un eminente etnologo, ha ereditato i poteri di fascinazione delle sacerdotesse-prostitute caldeo-assire da sua madre che assunse una droga ricavata dalla coda di una lucertola. Ma lo stesso potere della “luce fredda” sta consumando il biologo Arnold Xulle il cui figlio Mathias tiene in scacco Eva controllando la figlia che ha avuto con lei, Luce. Xulle junior è a sua volta condannato dalla “luce fredda” e visto che non può liberarsene diffonde il più possibile il suo dono/morbo tramite trasfusioni coatte di sangue: il magnetismo della piccola Luce è più potente di quello dei suoi genitori ed è facile procacciarsi vittime.

Lumière Froide non si limita ad affascinare il lettore col suo romanticismo, il sense of wonder, i rari tocchi di erotismo, il richiamo all’amicizia e un po’ di commedia, ma è anche un solido thriller con un uso magistrale dei McGuffin. Non penso sia malizioso pensare che Makyo abbia cambiato certe cose in corsa aggiungendo certi dettagli per giustificare meglio alcuni aspetti della vicenda, ma l’importante è che alla fine tout se tient e lo fa alla perfezione. E non scordiamoci che la serie è nel formato classico di sole 46 tavole a volume, veramente ricchissime di azione e trovate originali senza mai risultare affrettate. Ma purtroppo, nonostante quanto scritto sino al secondo volume, questo «premier cycle» nei fatti è rimasto l’unico e Les Aventures de Lou Chrisoée sono finite qui.

I disegni di Sicomoro sono stupendi, né mi aspettavo di meno; forse sono addirittura in crescendo, con l’ultimo episodio ancora più bello dei precedenti. A supportarlo nei colori fu Cristiano Spadoni. Al di là della consueta perizia tecnica è ammirabile ancor più del solito la recitazione e il dinamismo dei suoi personaggi, tanto che molte sequenze sono affidate interamente ai suoi disegni senza dialoghi o didascalie a spiegare quello che è già perfettamente comprensibile.

In ultima analisi, l’unico motivo per cui Lumière Froide è inedito in Italia e lo sarà probabilmente per sempre è che è un fumetto troppo bello per il nostro mercato.

Annotazione finale: incuriosito da Makyo ho approfondito un po’ la sua storia scoprendo che la Balade au Bout du Monde (che in Italia abbiamo visto su Skorpio) non fu un fumetto di nicchia come pensavo io, ma uno dei più grandi successi della BéDé degli anni ’80! E continuando a informarmi ho scoperto che il disegnatore Vicomte è morto nel 2020. A proposito di cose troppo belle per l’Italia.

domenica 21 aprile 2024

L'Effetto He-Man

Questo volume è un ottimo esempio dei limiti del graphic journalism e della sua sostanziale inutilità, almeno concepito così. Abbraccia pienamente la rivoluzione apportata dal gruppo Valvoline, cioè ridurre il fumetto a una serie di didascalie accompagnate da illustrazioni; i valvolinici però disegnavano bene (alcuni di loro, almeno).

Partendo da Giulio Cesare Brian “Box” Brown parla di come le strategie di propaganda abbiano la capacità di costruire nell’immaginario collettivo un mondo ideale di cui ambire a far parte, strategia di cui si sono appropriati i pubblicitari e quindi anche i produttori di giocattoli. Un certo approfondimento viene dedicato a Edward Bernays, che sviluppò per primo dei sistemi di controllo delle masse. Spacciate per verità rivelate, non so quanto queste informazioni siano attendibili, anzi il riferimento a Giulio Cesare mi pare decisamente arbitrario.

Ma al di là delle sue considerazioni personali (alcune palesemente sbagliate: Freud fu il padre della psicanalisi, non «della psicologia»!) Brown riporta anche degli interessanti aneddoti sullo sviluppo dei giocattoli e sulla storia della televisione statunitense. Incredibile e assai inquietante la vicenda della banana Chiquita e del Guatemala.

Non dovendo seguire nessuna trama è facile ritagliarsi lo spazio per parlare di tutto un po’: la storia della Disney, l’origine del concetto patologico di nostalgia, l’importanza dell’immaginazione nello sviluppo infantile, il pensiero di Orson Welles (tirato un po’ per i capelli), l’articolata vicenda di Star Wars, ecc. Uno degli argomenti trattati mi sembra approcciato da un punto di vista pregiudiziale e sostiene che i cartoni animati con protagonisti giocattoli altro non fossero che lunghi spot pubblicitari: è ovvio che fossero anche questo (il punto di vista è condiviso da chi controllava la qualità delle trasmissioni per bambini) ma tutto sommato erano prodotti di intrattenimento veri e propri e quindi il frutto di tutto il lavoro e la professionalità necessari alla realizzazione di un cartoon, con trame originali e quant’altro.

La dimensione ideale per trattare tutti questi argomenti non è comunque un fumetto. E già il termine “fumetto” mal si adatta al lavoro di Brown, che è più che altro un pamphlet illustrato (male) pur con qualche rarissima scenetta narrativa, come il bulletto che sostiene di non essere influenzabile e poi canticchia il motivetto della birra. Con lo stesso numero di pagine un saggio esclusivamente scritto avrebbe contenuto moltissime informazioni in più, approfondendo quello che qui è stato solo accennato. E nemmeno l’aneddotica è poi così ricca.

Forse ancora meglio sarebbe stato del graphic journalism basato su foto e non su disegni, come fatto ad esempio nel Biographic di Alan Moore realizzato da Gary Spencer Millidge. Tanto più che i disegni illustrano i fatti e non li raccontano, e leggendo il testo mi è venuta la curiosità di vedere com’era fatto Henshin Cyborg (l’antenato dei Transformers), di ammirare le locandine dei film dei Transformers e dei G. I. Joe, di leggere gli articoli sulle suffragette pro-fumo, di vedere qualche fotogramma delle pubblicità transgender citate a pagina 135. Anche perché l’estrema semplificazione grafica di Brown, oltretutto sbilenca, non riesce affatto a dare forma alle immagini per chi non conosce già quegli oggetti. Oltretutto vedere le foto dei vari Presidenti degli USA (e non le loro caricature) avrebbe avuto tutto un altro effetto, anche perché le limitatissime doti grafiche di Brown li rendono irriconoscibili.

Stavo invece per complimentarmi con l’autore per la bibliografia (almeno quella!) ma scorrendo i “titoli” scopro che ha fatto massicciamente riferimento a documentari e materiali reperibili online.

Quello della pubblicità è un meccanismo risaputo e conclamato, quasi onesto nella sua disonestà, cionondimeno il paladino Brown sembra volerlo demonizzare: la sua postfazione pare essere stata scritta proprio per pararsi il culo e non essere tacciato di ingenuità o faziosità. Intanto però ha fatto la morale e forse non è la persona più indicata per farla. Al di là dei disegni mostruosi degni di Scozzari e Panebarco (ma mi ha ricordato, in peggio beninteso, anche il Mattioli di quando faceva consapevolmente il verso all’estetica pop), non è stato un gran furbacchione a mettere He-Man nel titolo quando dei Masters of the Universe comincerà a parlare solo a metà volume? E anche per molti altri argomenti si resta con la bocca asciutta, in un’interpretazione perfetta del capitalismo che l’autore tanto critica: come i fumetti moderni di supereroi sono organizzati per cicli pensati per deludere il lettore e spingerlo a rifarsi con il prossimo eventone che perpetrerà il circolo vizioso (o virtuoso a seconda di come lo si guardi), anche qui il lettore è invitato a cercare altrove qualcosa che spieghi ad esempio certe politiche dei network o approfondisca il passaggio dai Micronauti ai Transformers. E magari sarà lo stesso Brown, che con questo libro si è preparato il terreno, a venderglielo!

A proposito di morale posso vantarmi di esserne un fulgido esempio visto che ho foraggiato Bao e Brian “Box” Brown, e colgo l’occasione per scusarmi di non essere riuscito a stare sul pezzo e recensire questo volume, uscito ancora a febbraio, per tempo. Per quanto uno ci provi, non sempre è così immediato ottenere fumetti (in inglese “to GetComics”).

giovedì 18 aprile 2024

Cosmo Classic 17: Smalto & Jonny

Sicuramente ho letto almeno un episodio della serie ma non me lo ricordo minimamente, il che fa capire quanto mi abbia colpito. Ben venga quindi questo volume della Cosmo con cui coprire una mia lacuna fumettistica e magari scoprire un capolavoro dimenticato. Almeno uno degli obiettivi è stato raggiunto.

I due protagonisti sono titolari della «Smalto & Jonny S. p. A. – Società per Assassini» e si offrono per furti, pestaggi, spionaggio, assassinî, ecc. non disdegnando di cogliere autonomamente le eventuali occasioni di fare il colpo grosso con estorsioni e rapimenti. La grottesca miseria dei due antieroi (che vivono in un carro armato dismesso e all’occorrenza anche nei bidoni della spazzatura) fa il paio col parossismo surreale dei casi in cui sono coinvolti, in un tripudio di violenza cartoonesca da cui escono sempre sani e salvi. Non ci sono ambientazioni né temi fissi, le vicende si svolgono a tutte le latitudini e possono anche sfociare nel sovrannaturale con la presenza di un licantropo. Ogni tanto c’è lo spazio per un po’ di satira politica o di costume: ai lettori ignari come me il piacere di scoprire chi, o meglio cosa, fosse Lisa Biondi. La struttura iniziale di otto tavole viene poi abbandonata negli ultimi due episodi che sono più lunghi e articolati.

Giorgio Pezzin si inventa delle trovate simpatiche che sfociano anche nel metanarrativo ma Smalto & Jonny mi sembra molto ancorata allo stile e alle tematiche dell’epoca in cui venne concepita e ciò non la aiuta a emergere, tanto meno se confrontata con Altai & Jonson con cui ha non pochi punti di contatto. È anche vero però che durò solo sette episodi e non ebbe quindi la possibilità di crescere e affermarsi come forse avrebbe potuto: secondo me gli ultimi episodi sono i migliori. Ciò detto, i disegni di Cavazzano sono stupendi e da soli valgono l’acquisto.

Data la brevità dell’esperienza, la foliazione di questo Cosmo Classic è integrata da due storie brevi sempre di Cavazzano. Vedere i suoi fumetti per Alter sarebbe stata una goduria, ma l’opera di recupero filologico è ben più rilevante così: Home in the range venne infatti pubblicata solo su Tam Tam Portfolio e in un volume dell’ANAF mentre la sfortunatissima Carcere modello approdò su Fumo di China dopo anni dalla sua realizzazione.

La prima, scritta da Alfredo Castelli, è una parodia dissacrante del western che forse con la sensibilità di oggi ha perso lo shock value che voleva avere, la seconda è una specie di thriller tragicomico scritto da Rudy Salvagnini che però presenta delle pesanti revisioni nel testo che hanno introdotto elementi del tutto estranei alla volontà dell’autore!

I redazionali di Alberto Brambilla sono puntuali e gustosi come sempre, e l’apparato iconografico che li integra è altrettanto ricco e interessante. Purtroppo le caratteristiche cartotecniche della collana non sono migliorate dai tempi di Nick Carter: la carta è assai povera e i margini dell’impaginato sono così vicini alla rilegatura che bisogna spalancare il volume per vedere tutto il contenuto delle pagine (e nel caso del testo scritto non ci si riesce sempre). Almeno la qualità della riproduzione di Smalto & Jonny è praticamente perfetta, fatta evidentemente a partire dagli originali. Ma anche nel caso delle due storie brevi di cui dichiaratamente non è stato possibile usare le tavole di Cavazzano (sicuramente per Home in the range, perse da Castelli) il risultato non è male.

martedì 16 aprile 2024

Love and Rockets Collection 3 - Locas 3 - Perla la Loca

Riprendo a leggere la saga delle Locas e, accidenti, non è facile raccapezzarcisi vista la quantità di personaggi e la strettissima correlazione che hanno tra di loro i singoli cicli. Come farà Jaime Hernandez a tenere conto di tutto il piano generale? Ci sarà poi un “piano generale” o naviga a vista? E nonostante questa raccolta sia intitolata a “Perla” (che poi sarebbe Maggie, come la chiamava suo padre che poi si risposò con un’altra donna) si perde in molteplici rivoli che sgorgano dalla trama principale. Anche se una trama principale in fondo non c’è e a voler proprio trovare un filo conduttore lo si potrebbe identificare nei tentativi infruttuosi di riavvicinarsi delle due amiche/amanti. Ma nel mentre succedono un sacco di altre cose.

La scena si sposta dalla California a una città non meglio specificata (io almeno non ho capito qual è) con i suoi abitanti ricchi e snob. Ma è solo l’inizio: Jaime Hernandez incuriosisce il lettore lasciando intendere che Maggie è tornata in città, eppure anche se se ne parla non la vediamo mai – se non nei flashback. La ricerca di Maggie da parte di Izzy sarà il leitmotiv del primo lungo ciclo di questi episodi, Wigwam Bam, insieme al mistero su chi effettivamente ha messo Hopey tra le persone scomparse sui cartoni del latte che avevano già fatto capolino nello scorso volume.

Nel frattempo Hopey vive un’esperienza surreale presso la magione di una vecchia diva della televisione e Maggie deve vedersela con una colossale wrestler innamorata di lei. La rediviva Danita (e chi si ricordava della sua esistenza?) va poi a vivere con Maggie e sua sorella Esther. E si riallacciano anche dei fili lasciati in sospeso sin dall’inizio della saga, quando aveva ancora un lato fantascientifico. Jaime si ritaglia anche lo spazio per omaggiare ogni tanto il lavoro del fratello Beto.

Più che Perla la Loca si può dire che la protagonista sia Perla l’allocca, che per risolvere i suoi problemi ne crea di ancora più gravi per se e per quelli che le stanno attorno, generando un vortice di situazioni incontrollate. Tanto ingarbugliata diventa la faccenda che lo stesso autore deve ricorrere al vecchio imbroglio di svelare che era tutto un sogno. No, non cade così in basso: era solo uno scherzo al lettore!

Lo stile di disegno di Jaime Hernandez si “asciuga” un pochino, per così dire, nel corso del fumetto, ma mantiene sempre la sua eleganza e la sua espressività. Il suo stile di narrazione ellittico e sincopato può lasciare a volte spaesati, ma ha il vantaggio di tenere il lettore incollato alle tavole richiedendo la giusta attenzione ai cambi di scena repentini e per ricostruire la cronologia di quanto mostrato in una stessa pagina.

Data la stratificazione di personaggi su personaggi e la complessità delle loro relazioni penso che sarà superfluo cercare di ricostruire tutto l’ordito della serie ma mi godrò i prossimi volumi così come verranno.

domenica 14 aprile 2024

Linette 2: Il Drago Salsiccia

Tutti ce l’hanno con Linette: il suo cagnolino le fa un dispetto e i grandi non vogliono che mangi anche lei quelle salsicce che sembrano così gustose. Se nel primo caso l’animale ci mette un po’ di malizia, il divieto degli adulti è a ragion veduta come si accorgerà la bambina quando ne assaggerà una di straforo: le salsicce sono piccantissime. Il che offre a Linette l’idea per una rappresaglia contro il cagnetto, che si vede offerta una salsiccia che lo fa letteralmente sputare fuoco. Da quel momento si trasfigura in un drago (ma sempre col suo musetto) che Linette affronta nelle classiche situazioni fantasy: ben vengano quindi anche gli elementi di contorno del giardino per alimentare l’immaginazione della bambina. Riappacificazione finale con il proverbiale terzo che gode a gustarsi l’insaccato.

Il Drago Salsiccia è un fumetto jeunesse godibile anche dagli adulti per la sua sfrenata fantasia e l’originalità di alcune reinterpretazioni di topoi classici. Essendo muto si basa su una comicità slapstick travolgente. Il disegnatore Jean-Philippe Peyraud disegna però in maniera sintetica e stilizzata e forse si arriva al finale della storia ideata da Catherine Romat un po’ troppo presto, senza nemmeno avvertire l’urgenza di riguardare le tavole per coglierne i dettagli. E probabilmente non è una bella sensazione considerando che per 14 euro il volume contempla 32 pagine – ma non sono io il pubblico di riferimento e come regalo per un bambino è ottimo.

Ovviamente anche questo è stato un acquisto-cuscinetto in attesa che arrivi qualcosa che avevo ordinato.

venerdì 12 aprile 2024

Maco

È una bravissima disegnatrice uruguayana che mi sono sempre scordato di segnalare anche se è presente nel blogroll. Dal segno molto elegante, sintetico ed espressivo, è molto brava a lavorare sulla costruzione delle tavole (sempre di grandi dimensioni, almeno negli ultimi anni). Il suo blog permette di ammirarne l’evoluzione, visto che ha iniziato a postare nel 2009.