giovedì 29 agosto 2013

Historica 10 - Gengis Khan



Il decimo numero di Historica non si è presentato per me sotto i migliori auspici. Il venditore di fumo Cothias e l’infaticabile (anche 3 volumi all’anno!) e per questo inevitabilmente rozzo e approssimativo Griffo non sono tra i miei autori preferiti. Ma ho dovuto ricredermi, almeno parzialmente.
Cothias sembra aver scritto questa saga sotto bromuro e ha piacevolmente lasciato da parte i suoi dialoghi pomposi, le sue sequenze esagerate, le boutade poco credibili e le sue provocazioni (ma la sessualità infantile, addirittura neonatale, non manca) e ha anzi adottato uno stile quasi desueto, in cui la fanno da padrone delle didascalie assai lunghe e articolate. Non manca però un suo tratto distintivo: il sarcastico disincanto con cui tratteggia alcuni rappresentanti del clero, qui peraltro perfettamente integrato nel tessuto della storia che si basa su complesse strategie politiche, in cui anche il parere di sciamani corrotti ha un peso.
Nonostante la scelta di affidare molta della narrazione al testo scritto, la lettura non è affatto pesante ma al contrario è molto coinvolgente. E tutte le informazioni che vengono date al lettore in merito agli usi delle popolazioni mongole, alle loro tradizioni e alla complessità della loro struttura etnografica hanno un ottimo corollario nei disegni di Griffo, documentatissimi e molto “puliti” e leggibili. È pur vero che al buon Griffo non riusciva[1] di disegnare una testa di tre quarti che non fosse deforme (sembrano sempre schiacciate a destra e con l’occhio sinistro di almeno un paio di centimetri sopra quello destro, quasi a compensare), e spesso le mani dei suoi personaggi vengono disegnate così come viene, ma tutto sommato in questo contesto sono poca cosa in confronto agli abiti e alle tende (e mi limito a questi soli due esempi) splendidamente ricostruiti. Per non parlare degli animali, soggetti che Griffo eccelle nel ritrarre.
La storia di Gengis Khan è, come facilmente intuibile, la biografia del condottiero mongolo Temüjin che grazie alla sua determinazione, alla sua perspicacia e a un po’ di fortuna riuscì a riunire le bellicose tribù nomadi della Mongolia, formando un impero che arrivava dalla Turchia alla Cina, come sottolineato dall’introduzione (sempre un pochino spoilerosa) di Giuseppe Pollicelli. È un’opera un tantinello agiografica, com’è legittimo che sia, ma alcune imprese quasi sovrumane del giovane Temüjin vengono comunque contestualizzate da Cothias che riporta addirittura laddove necessario le sue fonti e lascia al lettore la libertà di interpretare ciò che ha letto. E comunque al di là della personalità e delle gesta del protagonista quello che mi ha affascinato sono le dinamiche politiche splendidamente descritte e, ancora una volta, l’attenzione documentaria che riesce veramente a ricostruire l’atmosfera di un ambiente antropologico e geografico.

La serie si conclude in tre volumi con un Temüjin trentenne non ancora Gengis Khan, contraddicendo titolo. Non ci vuole molto per capire che questi episodi erano solo l’antipasto di una saga che avrebbe dovuto essere molto più lunga: non vorrei ricordare male ma credo che in un’intervista a Bodöi Cothias citasse Cinjis Qan (questo il titolo originale della serie) come una delle sue «séries maudites» che aveva difficoltà a continuare. Pur se la mancata conclusione di una saga, fosse anche solo nei limiti autoimposti, è un altro dei marchi di fabbrica di Cothias, si resta comunque perplessi a leggere la parola «fine» sotto una vignetta che in origine aveva la funzione di anticipare cose a venire.
Nel complesso, letto come una ricognizione sulle esperienze giovanili di Gengis Khan e dimenticandosi che è incompiuto, il fumetto è veramente godibilissimo e anche se non vedremo mai la fine di Temüjin secondo Cothias&Griffo (ma se uno è curioso ci sono altre versioni a fumetti, vedi quella di Toppi) resta una lettura irrinunciabile per gli appasionati di Storia e di avventura, o anche solo per godersi i bei panorami di Griffo.
Due appunti: 1) nel terzo episodio il personaggio di Jamuka viene riproposto inizialmente con un look diverso da quello con cui lo avevamo lasciato qualche pagina prima: errore di Griffo o del traduttore che lo ha scambiato per un altro personaggio?
2) questo volume, e qui non è sicuramente colpa di Griffo, presenta la stampa peggiore tra tutti gli Historica, anche se quelle fottute immagini tremolanti e dentellate ci vengono risparmiate almeno nel terzo episodio.


[1] “riusciva” perchè mi pare che da qualche anno a questa parte abbia trovato uno stile molto più equilibrato ed elegante, merito forse della collaborazione con altri disegnatori.

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