Il decimo numero di Historica non
si è presentato per me sotto i migliori auspici. Il venditore di fumo Cothias e
l’infaticabile (anche 3 volumi all’anno!) e per questo inevitabilmente rozzo e
approssimativo Griffo non sono tra i miei autori preferiti. Ma ho dovuto
ricredermi, almeno parzialmente.
Cothias sembra aver scritto questa saga sotto bromuro e ha piacevolmente
lasciato da parte i suoi dialoghi pomposi, le sue sequenze esagerate, le
boutade poco credibili e le sue provocazioni (ma la sessualità infantile,
addirittura neonatale, non manca) e ha anzi adottato uno stile quasi desueto,
in cui la fanno da padrone delle didascalie assai lunghe e articolate. Non
manca però un suo tratto distintivo: il sarcastico disincanto con cui tratteggia
alcuni rappresentanti del clero, qui peraltro perfettamente integrato nel
tessuto della storia che si basa su complesse strategie politiche, in cui anche
il parere di sciamani corrotti ha un peso.
Nonostante la scelta di affidare molta della narrazione al testo scritto, la
lettura non è affatto pesante ma al contrario è molto coinvolgente. E tutte le
informazioni che vengono date al lettore in merito agli usi delle popolazioni
mongole, alle loro tradizioni e alla complessità della loro struttura
etnografica hanno un ottimo corollario nei disegni di Griffo, documentatissimi
e molto “puliti” e leggibili. È pur vero che al buon Griffo non riusciva[1]
di disegnare una testa di tre quarti che non fosse deforme (sembrano sempre
schiacciate a destra e con l’occhio sinistro di almeno un paio di centimetri
sopra quello destro, quasi a compensare), e spesso le mani dei suoi personaggi
vengono disegnate così come viene, ma tutto sommato in questo contesto sono
poca cosa in confronto agli abiti e alle tende (e mi limito a questi soli due
esempi) splendidamente ricostruiti. Per non parlare degli animali, soggetti che
Griffo eccelle nel ritrarre.
La storia di Gengis Khan è, come
facilmente intuibile, la biografia del condottiero mongolo Temüjin che grazie
alla sua determinazione, alla sua perspicacia e a un po’ di fortuna riuscì a
riunire le bellicose tribù nomadi della Mongolia, formando un impero che
arrivava dalla Turchia alla Cina, come sottolineato dall’introduzione (sempre
un pochino spoilerosa) di Giuseppe Pollicelli. È un’opera un tantinello
agiografica, com’è legittimo che sia, ma alcune imprese quasi sovrumane del
giovane Temüjin vengono comunque contestualizzate da Cothias che riporta
addirittura laddove necessario le sue fonti e lascia al lettore la libertà di
interpretare ciò che ha letto. E comunque al di là della personalità e delle
gesta del protagonista quello che mi ha affascinato sono le dinamiche politiche
splendidamente descritte e, ancora una volta, l’attenzione documentaria che riesce
veramente a ricostruire l’atmosfera di un ambiente antropologico e geografico.
La serie si conclude in tre volumi con un Temüjin trentenne non ancora
Gengis Khan, contraddicendo titolo. Non ci vuole molto per capire che questi
episodi erano solo l’antipasto di una saga che avrebbe dovuto essere molto più
lunga: non vorrei ricordare male ma credo che in un’intervista a Bodöi Cothias citasse Cinjis Qan (questo il titolo originale
della serie) come una delle sue «séries maudites» che aveva difficoltà a continuare. Pur se la
mancata conclusione di una saga, fosse anche solo nei limiti autoimposti, è un
altro dei marchi di fabbrica di Cothias, si resta comunque perplessi a leggere
la parola «fine» sotto una vignetta che in origine aveva la funzione di
anticipare cose a venire.
Nel complesso, letto come una ricognizione sulle esperienze giovanili di
Gengis Khan e dimenticandosi che è incompiuto, il fumetto è veramente
godibilissimo e anche se non vedremo mai la fine di Temüjin secondo
Cothias&Griffo (ma se uno è curioso ci sono altre versioni a fumetti, vedi
quella di Toppi) resta una lettura irrinunciabile per gli appasionati di Storia
e di avventura, o anche solo per godersi i bei panorami di Griffo.
Due appunti: 1) nel terzo episodio il personaggio di Jamuka viene
riproposto inizialmente con un look diverso da quello con cui lo avevamo
lasciato qualche pagina prima: errore di Griffo o del traduttore che lo ha
scambiato per un altro personaggio?
2) questo volume, e qui non è sicuramente colpa di Griffo, presenta la
stampa peggiore tra tutti gli Historica,
anche se quelle fottute immagini tremolanti e dentellate ci vengono risparmiate
almeno nel terzo episodio.
[1] “riusciva” perchè mi pare che da
qualche anno a questa parte abbia trovato uno stile molto più equilibrato ed
elegante, merito forse della collaborazione con altri disegnatori.
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