lunedì 25 luglio 2016

La Saga dei Bojeffries



Uno dei volumi a fumetti che ho atteso più a lungo – il Lazarus Churchyard annunciato da non ricordo più chi penso che non lo vedrò mai. The Bojeffries Saga era stata presentata su un catalogo della Fantagraphics che ancora possiedo come la Famiglia Addams in acido, mentre era parere comune e diffuso che fosse una satira della working class britannica. Si può dire che sia entrambe le cose, nessuna di esse in particolare, e molte altre ancora. O meglio, che sarebbe potuto esserle visto che alla fine La Saga dei Bojeffries è stato un po’ un fuoco di paglia, un esperimento che non ha potuto compiersi nella sua interezza, o almeno questa è l’impressione che mi ha dato.
Al numero 5 di un quartiere popolare vive una famiglia di immigrati, i Bojeffries, composta dal padre Jodremus, dal figlio Reth, dalla figlia Ginda (bruttissima ma dotata di forza spaventosa e non troppo addentro nelle questioni di sesso che vorrebbe sperimentare il prima possibile), da un neonato atomico che non si vede mai e dal padre di Jodremus che è diventato una sorta di mostro cthulhoide. Concludono il quadretto di famiglia i due zii Zlüdotny, un vampiro vegetariano e un licantropo che invece la carne l’apprezza anche troppo.
La “saga” si è dipanata per parecchi anni ma con pochi episodi sparsi, con edizioni diverse e con l’inevitabile evoluzione dello stile di disegno e anche delle temperie culturali che prendevano di mira gli autori. Sicuramente le fortune alterne della rivista Warrior che le diede i natali hanno influito su questa frammentarietà. Escludendo due episodi non prettamente a fumetti e la lunghissima conclusione di pochi anni fa (ben 24 tavole su un totale di 91) non ci restano che solo cinque archi narrativi, e quelli sul Natale e sullo zio vampiro hanno più il sapore dello speciale e dello spin-off, entrambi caratterizzati da un umorismo demenziale più estemporaneo che negli altri episodi. Da ciò la mia impressione di incompletezza, di semplice introduzione a quello che avrebbe dovuto essere un fumetto ben più articolato.
La prosa di Alan Moore è ovviamente piena di citazioni, doppi sensi e costruzioni sintattiche ricercate: non dico che a confrontare la prima storia introduttiva con la versione precedentemente pubblicata in italiano da Star Comics su A1 (Star Book 8) sembrino due fumetti diversi, ma le differenze sono molto marcate. Rimando a quel volume per scoprire cosa sia il Bovril citato nel primo episodio. L’erudizione che Moore profonde nel fumetto è però al servizio di trame e situazioni veramente spassose (curioso come la conclusione de La sera libera di Raoul sia molto simile, soprattutto ideologicamente, a quella del Cauchemar Blanc di Moëbius) e la breve storiellina Festus: l’alba dei morti viventi con protagonista il fantozziano zio vampiro è veramente esilarante.
Purtroppo Alan Moore non ha resistito nemmeno qui alla tentazione di infilare il suo proverbiale episodio interamente in prosa, ma questo (Vacanze Estive, un diario delle ferie di Reth) è comunque divertente mentre invece non lo è per niente Canto delle Terrazze, l’ennesima fottuta versione in forma di musical di una storia, che resiste a ogni tentativo di traduzione che ne rispetti la metrica rimanendo comprensibile, con immane frustrazione del lettore.
L’ultima storia lunga ambientata ai giorni nostri ha un che di malinconico e vede Reth diventato celebre a seguito della pubblicazione di un’autobiografia in cui ha sputtanato i suoi parenti, con cui non ha più contatti ma che ritroverà in un reality show! Il Moore della maturità, sornione e non più così ansioso di ostentare la propria sagacia, è probabilmente ancora più efficace e godibile di quello degli episodi precedenti – anche se forse è la vicinanza di questi temi rispetto a quelli delle gag partorite in epoca thatcheriana a rendere la storia immediatamente simpatica.
Una menzione d’onore va sicuramente al bravissimo disegnatore Steve Parkhouse, uno dei più bravi artisti con cui abbia collaborato il Bardo di Northampton. Parkhouse è un disegnatore umoristico che oltre a essere molto dotato (oltre agli sfondi e alle architetture urbane è bellissimo il lupo che vediamo a pagina 15) non si risparmia affatto quando si tratta di arricchire con dettagli e particolari una tavola, e che comunque riesce sempre a essere espressivo e comunicativo come un umorista deve essere.
Qualche nota sarebbe stata indicata ma d’altra parte la foliazione è quella che è (96 pagine) e già così la Bao si è ritagliata a malapena lo spazio per inserire le note biografiche degli autori e l’introduzione di Steve Parkhouse.
Probabilmente non si tratta di un volume indispensabile nella bibliografia di Alan Moore ma è consigliatissimo per farsi delle risate intelligenti e godere dell’arte di Parkhouse, per quanto mi pare di capire che in origine The Bojeffries Saga fosse nata per un formato un po’ più grande.

9 commenti:

  1. Anch'io ho atteso invano il Lazarus Churchyard e pesno che prima o poi cercherò di procurarmene uno in lingua originale. E' disegnato da D'Israeli ( pseudonimo del cartoonist Matt Brooker ) di cui forse ricorderai lo sciamano Metalscream del Marvel Universe 2099 ( sempre su testi di di Ellis ) ed il contributo alle Eumeninidi di Sandman. Immagino che tu sia interessato a Larry Churchyard perchè pargolo di Ellis, ma non si sa mai: non avrei mai detto ti potesse piacere Parkhouse. Forse sei un fan anche di Matt B. In questo caso prova anche Marc Hempel.

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    1. Dio, che commento asettico e bromuroso, Crepascolo. Le vacanze (se eri in vacanza) ti hanno un po' spompato.
      Figurati se conosco Metalscream, io non leggo quella roba.
      Steve Parkhouse è bravo, è sicuramente dotato come si vede dalla modulazione del tratto e dall'espressività dei personaggi e sicuramente non si risparmia quando c'è da disegnare.

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  2. Asettico e bromuroso è il titolo del saggio che stavo scrivendo mesi fa come ghost di un semiologo nostrano recentemente scomparso ! Non posso dire di si trattava, per certe clausole contrattuali che ho firmato, ma ti dico che sarebbe stato un libello e la versione 2.0 di Apocalittici ed Integrati.
    Era, tra le altre cose, un pamphlet che stigmatizzava quanto certa linea pulita , chirurgica e priva della nevrosi che la dipendenza dalla caffeina porta seco ( so di cosa parlo per una volta ) impedisse al fruitore di volare verso mondi lontanissimi come invece capitava a chi come me restava ipnotizzato da Kamandi in copertina che saltava con una liana direttamente sul muso del lettore.
    Metascream - una sola storia in un antologico - non era male. Uno sciamano secondo il modello di Ellis con una discepola ed un sancta sanctorum che probabilmente è la studio di Ellis. D'Israeli ha una linea pulita e pura chirurgica, ma è personale e vivo.
    Sono stato in vacanza in una piscina di bromuro asettica come la sala operatoria. Nel silenzio del crepuscolo guardavo verso l'alto ed immaginavo che nell'ascensore panomarico che accarezzava l'albergo ci fosse il Crepascolo che sono stato quando avevo l'età del mio cucciolo ora tutto preso da un albetto a quattro colori con i personaggi che saltano di qua e di là.

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  3. Axis Brom sapeva era stato scoperto e che avrebbe dovuto disfarsi del MacGuffin prima che i cattivi potessero mettere le loro manine sudicie sulla sua persona. Prese l'ascensore panoramico e li vide sotto i suoi piedini correre intorno alla piscina. Scese al Piano Crepuscolo dove gli ospiti riposavano in saune cullati dal canto delle balene e si infilò nella prima porta non sigillata. Gli dava le spalle un tizio i marsina che dirigeva il coro delle balene che si girò furibondo con il cipiglio del cattivo delle comiche del muto. Axis sorrise scusandosi e si accucciò tra le seggiole del pubblico da dove con un lancio degno di Di Maggio lanciò il MacGuffin direttamente tra i fanoni di Moby Dick che non si accorse di nulla e continuò a cantare una versione di In a Lifetime dei Clannad. La balena stunt del Pinocchio disneyano replicava i controcanti di Bono Vox. Dentro Moby Dick, Elvis e la Monroe corsero curiosi verso il MacGuffin. Jacko se stette in disparte annoiato: per il Peter Pan del funky i Clannad erano peggio del bromuro...

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    1. Ora per mandarlo via ci vuole la formula Montesi.

      "Bromuroso" però è una bella parola.
      Capisco il senso, ma foneticamente mi si lega a "brumoso", ha qualcosa di enfatico, di dannunziano.
      Un commento non solo "ammosciante" (Bromuroso) ma addirittura "fuorviante", che vela come una nebbia il lettore...

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    2. LL ha in senso della frase, come direbbe il mio amico ed ex allievo Andrea G. Pinketts, ed accarrezza le parole come il citato Gabe del Piacere.
      Mi pare di vedere una cantina dopo il crepuscolo. Sul palco il fantasma di Gio Albertazzi che recita versi inediti di un anonimo che narrano la triste storia della " mula " Montesi, una bella ragazza pallida come un fantasma scacciata dalle comari e morbosamente concupita dai contadini. Tra il pubblico solo vampiri affascinati.

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    3. Con tante scuse al mio amico ed ex allievo De Andrè ed alla sua Boccadirosa.

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    4. Graziano Origa au top (o Aut. Op.?)

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