Sì,
sono belli
e quindi li recensisco. I numeri 0 e 1 di
Fulgoris
Umbra sono delle raccolte di storie edite dall’omonima associazione
culturale triestina già nel 2013 (forse il numero 0 anche prima, non è datato).
Gli autori di questi primi due numeri si mantengono costanti e danno quindi un
senso di continuità all’operazione, dai numeri successivi ho notato che ad
affiancarli, e forse in alcuni casi a sostituirli, sono intervenuti altri
autori dal tratto meno convincente e più manga e lo stesso Gianluca Chicconi mi
ha confermato che quelli disegnati meglio sono questi primi due, quindi non mi
sono spinto più in là con l’acquisto. Oltretutto, i numeri successivi costavano
più dei 2,50 € di questi.
I contenuti: lo 0 si apre con Untitled Journey di Julio Reyna. Visto
che cita il suo alias («Fulgor ») immagino che sia il suo vero nome. La storia
è interessante, anche se narrata con uno stile da racconto illustrato che non
amo, ma soprattutto i disegni sono molto validi. Lo stile è caricaturale, ma
molto curato ed elegante: il fatto che Reyna non abbia ripassato a china toglie
un po’ di profondità alle tavole di cui a volte non si capisce quali elementi
dobbiamo “leggere” per primi, ma il risultato è molto buono ed evocativo.
Lost Kevin di Valeria Kasyanova («Yozhka») è meno valido e più
dilettantesco. Le basi ci sono, ma l’autrice deve ancora crescere. Inoltre si
tratta solo della prima parte, 7 tavole, di una storia più lunga di cui non si
vedrà il seguito sul numero 1.
Gattin è addirittura meglio di
Untitled
Journey. L’autore o l’autrice è S. F. alias Lantern che sfoggia uno stile
cartoonesco molto maturo ed efficace. Non è il mio genere, ma questo fumetto
(oltretutto utile per i
Fumettisti d’invenzione)
è veramente molto bello; anche la storia di questo gattino che cerca
ispirazione per un fumetto incontrando gli stereotipi dei vari generi è molto
simpatica.
Conclude il fascicolo
Neko Fever di Gianluca Chicconi alias
Umbra. Vorrebbe essere un manga, anche nel senso di lettura, ma in realtà vi
confluiscono diversi stili. L’autore è probabilmente partito dall’osservazione
dei suoi due gatti per imbastire una storia fantasy che rimanda, da quello che
posso capirne io, a un immaginario mutuato dai videogiochi e dagli
anime. Lo stile di Chicconi è qui ancora
acerbo, anche la trama avanza inanellando ammiccamenti al lettori e sfondamenti
della quarta parete, risorse a cui di solito si ricorre quando si naviga a
vista e non si sa bene che pesci pigliare.
Il numero 1 di
Fulgoris Umbra continua in meglio quanto
si è visto nello 0: anche l’applicazione umanizzata che introduceva i singoli
fumetti nel numero precedente qui è resa in digitale e il risultato è più
efficace. Al gruppo si sono unite tal Silvia B., che firma lo stringatissimo
editoriale, ed Elisabetta Steffè che ha fornito il «supporto tecnico grafico».
In terza di copertina ci sono degli sponsor e alcune pagine sono addirittura a
colori.
Sogno a Matreshka è il suggestivo contributo di Julio Reyna, una
storia muta (tranne che per alcuni dialoghi che però sono in spagnolo!) e
simbolica. Decisamente buono, ma forse il suo fumetto precedente lo era di più.
Lost Kevin non continua e a sostituirlo c’è un acquerello
dell’autrice con cui giustifica l’assenza a causa dell’esame di maturità.
S. F. stavolta si butta su un
tema più realistico e recupera la leggenda della Bestia che fornì l’ispirazione
anche al film Il Patto dei Lupi. I
suoi disegni cartooneschi si sposano meglio con una trama umoristica, ma anche
qui i risultati sono notevolissimi, e oltretutto è anche brava/o a giocare con
le aspettative del lettore.
Neko Fever procede col capitolo Nuove
Scoperte, introdotto da alcune pagine in cui viene spiegato come si leggono
i manga e l’autore lascia trapelare la sua frustrazione per l’impaginazione del
numero scorso (che però è come quella di questo…). Graficamente Chicconi è
cresciuto rispetto alla sua prova precedente, il testo è abbastanza simpatico
ma chissà quanti riferimenti ai videogiochi o ai manga mi sono perso.
Edito invece da Fame! Comics,
Tempora – La Notte dei Benandanti è un
volumetto unico basato sul folklore locale. Su 36 pagine solo 30 sono a fumetti
e il resto è occupato, oltre che dalle gerenze, da un articolo di
approfondimento sul tema della storia. Francesca nasce a San Vito al
Tagliamento avvolta nel sacco amniotico come Alan Moore: “nata con la camicia”,
è predestinata a diventare una benandante, una figura a metà tra il guerriero e
lo stregone, che nelle notti di tempora (periodi di digiuni religiosi) difende
i raccolti dagli assalti dei malandanti, ovviamente votati al male. La trama
segue il suo progressivo “risveglio” attraverso sogni molto realistici, innescato
da una sua zia che appartiene all’altro schieramento.
La Notte dei Benandanti sembra quasi l’introduzione a una serie
vera e proprio, inoltre il
McGuffin
con cui Francesca scopre le trame della zia viene inserito un po’
disonestamente dallo sceneggiatore Roberto Romani, che non ne aveva mai fatto
cenno prima; comunque il fumetto si legge con piacere alternando momenti
concitati ad altri più rilassati e scanzonati. I disegni di Tiziana De Piero
sono carini, sia nel senso che sono validi sia nel senso che seguono
un’estetica “kawaii”. Pur con qualche occasionale imprecisione, ad esempio
nelle mani o in alcuni profili, svolgono diligentemente sia l’aspetto estetico
che quello narrativo. Purtroppo la disegnatrice, che mi è stata descritta come
pigra, non è passata per Palmanova a fare
dédicaces
e quindi non ho nessun disegnino suo.
Visto che c’era, Romani mi ha
regalato il secondo numero di
Diaborikku,
la versione manga di Diabolik (dovrei avere da qualche parte il primo, o almeno
ricordo di averlo letto) datato 2004.
Dopo un’introduzione di Mario
Gomboli in persona e una lunga intervista a Emanuele Barison, che probabilmente
confidando sulla scarsa diffusione del volumetto non si risparmiò qualche
considerazione sin troppo sincera sul fumetto italiano, viene presentata una
sfilza di storie brevi parodiate con stile manga.
…La materia di cui sono fatti i sogni di Belinda Bortolo è una simpatica
inversione degli stereotipi di genere. Pur non essendo un intenditore di questo
stile di disegno, non mi sembra che la Bortolo abbia azzeccato il volto di
Diabolik/Diaborikku, ma la sua rimane la prova grafica più convincente.
Casa Diaborikku è una divertente storiellina scritta da Gianfranco
Camin con un arrapato Diaborikku e una Eva-chan recalcitrante. I disegni di
Violet Nevriskin sono però poca cosa, e mi sembra che non siano nemmeno stati
pensati per questo formato tascabile.
Diaborikku vs. Yakuza è una storia (di Andrea Sossai) piacevole ma
un po’ confusa, sospesa tra thriller e comicità. Ai disegni Andrea Meneghin
azzarda uno stile umoristico che esula dal manga, ma che risulta piuttosto
rigido.
Gianfranco Camin scrive anche Invito a cena con delitto, bella prova
di humour nero disegnata in maniera incostante (certi volti sono proprio
brutti) da Miyu Seed.
Ma la palma per il peggior
disegnatore se la aggiudica Gomets con l’ultima storia,
La vendetta di Eva (il soggetto di Stefano Ratti con una gelosissima
Eva-chan sarebbe anche simpatico): tempo dieci anni e sarebbe diventato il
grande
Paolo Francescutto di Dragonero!
In totale quest’anno a Palmanova
ho speso in fumetti 15 euro, mettendo nel conto anche un albetto con variant
cover di
Volt per farmelo dedicare.