lunedì 10 giugno 2019

L'importanza di chiamarlo fumetto

Tutto arriva a chi sa attendere. Adocchiato già da qualche tempo per i fumettisti d’invenzione, non mi decidevo a prenderlo a causa della sua apparente pochezza grafica e del timore che fosse una di quelle trovate con cui Vivès riempie pagine su pagine al risparmio. Adesso che è entrato nel club del -50% ho soddisfatto la mia curiosità.
L’importanza di chiamarlo fumetto è la versione italiana del sesto (addirittura!) volumetto di una collana dedicata in Francia a Vivès da Delcourt. Si tratta, o almeno ne ha tutto l’aspetto, della raccolta delle brevi storielle originariamente transitate sul suo blog, raccolte a seconda del tema. In realtà sul lavoro di fumettista non è che Vivès dica molto. Qui sfilano le avventure di Flashman, le sue fantasticherie su Penelope Cruz, qualche cenno di semiologia dell’umorismo, l’abiura de Il Gusto del Cloro, qualche cattiveria sui colleghi e sull’ambiente del fumetto francese e altre scenette che non c’entrano nulla col mondo della BéDé ma che condividono la stessa malignità di molte altre sequenze qui raccolte.
Pur se l’eleganza dell’autore emerge anche da queste figurette sommariamente disegnate, la parte grafica è scarna e poco espressiva, inoltre la riproposta degli stessi disegni per pagine e pagine diventa sfibrante e non ha certo lo stesso effetto che può avere su un monitor dove si fanno scorrere verticalmente. Qualche rara volta si ride, ma a denti stretti e con l’impressione che certe gag siano nate per sfogare qualche frustrazione o vendicarsi idealmente di qualche torto. Il formato tascabile e la rapidità di lettura fanno sembrare poco giustificabile il prezzo originale di quasi 10 euro, anche se non escludo che gli altri libretti della collana fossero più riusciti. Ma di questo in particolare non mi stupisco che sia rimasto invenduto in fumetteria per 5 anni.

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