venerdì 4 settembre 2020

Historica 95 - Capo Horn 2: L’angelo nero di El Páramo

Leggere i primi due capitoli di questo fumetto è stato un po’ arduo, con tutti quei personaggi e la sovrabbondanza di sottotrame, ma necessario per godersi appieno il gran finale in cui tutti i tasselli si mettono al loro posto, o per meglio dire si vedono i molti protagonisti agire nella maniera più adatta a loro senza bisogno che il lettore che già li conosce abbia bisogno di spiegazioni sul loro operato.
L’angelo nero di El Páramo, terzo episodio della serie, è in sostanza il lungo scontro finale tra Orth e Mac Hilian, in cui ovviamente anche Anna Lawrence, Lagarigue, Millard e gli abitanti della missione avranno il loro ruolo (anzi, Orth non partecipa nemmeno al duello che è chiamato ad affrontare). Gli Yamana se ne tengono invece alla larga, avendo ormai giustamente le palle piene dei bianchi.
Il ritmo della storia è serrato e molto avvincente, e Perrissin inserisce sapientemente verso la fine dell’episodio qualche divagazione per seguire la sorte di altri personaggi, in modo da rallentare il ritmo e invogliare ancora di più alla lettura di come andrà a finire. In un paio di occasioni mi sembra che abbia azzardato qualche tentativo di umorismo che si è rivelato però un po’ fuori luogo, ma la narrazione funziona lo stesso benissimo. I personaggi sono resi con grande umanità e realismo, ma per appassionarsi fino in fondo al loro destino bisogna appunto aver letto il precedente volume.
Capo Horn potrebbe benissimo concludersi qui, ma ne è stato realizzato un quarto capitolo, Il principe dell’anima, che funge più che altro da dietro le quinte per chiarire il mistero dell’identità e delle motivazioni di Orth e per sciogliere i nodi di altre trame secondarie. Non solo: Perrissin conclude la saga intrecciandola con la storia della nascente Argentina, facendo ancora una volta sfoggio di grande rigore e documentazione. Anche l’architettura della trama è molto ragionata visto che alla fine alcuni personaggi a cui era stato dato abbastanza spazio si rivelano solo delle funzioni narrative, micce accese qualche numero prima per poi deflagrare al momento opportuno.
I disegni di Riboldi sono ottimi, molte sequenze de Il principe dell’anima sono mute e funzionano a meraviglia. Ma avrebbero potuto essere ancora migliori: probabilmente per imposizione dell’editore ha adottato un’inchiostrazione pulita e senza molti tratteggi, così da demandare al colorista i dettagli come le pieghe dei vestiti o le montagne sullo sfondo. Ma purtroppo i colori digitali (a opera di Hélène Lenoble con un brevissimo intervento di Sébastian Lamirand) hanno un retrogusto artificiale “plastificato” che toglie fascino all’insieme. Nel complesso Capo Horn si è rivelato un gran bel fumetto, sapientemente costruito tra fantasia e Storia e soprattutto molto appassionante. Ma per goderselo bisogna affrontare la lettura dei primi due capitoli, che apparentemente girano a vuoto. Per fortuna la Mondadori ha pubblicato questo secondo volume dopo soli tre mesi dal primo, così il suo ricordo è ancora abbastanza fresco.

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