venerdì 20 giugno 2014

Considerazioni sull'andamento storico del prezzo di Lanciostory



Per una delle cose che sto elaborando per Fucine Mute mi sono fatto un file di riferimento con le indicazioni dei prezzi di Lanciostory e delle variazioni che ha subito nel corso del tempo. È una cosa rozza fatta in fretta e non giurerei che sia esatto al 100%, comunque al massimo avrò sbagliato di qualche numero e anche a partire da questa base ho fatto delle scoperte incredibili. Che si prestano a considerazioni inquietanti.
Lanciostory inizialmente costava 250 lire. A voler essere pignoli al suo esordio in realtà non costava proprio nulla, perché il numero 0 veniva regalato con Le Avventure di Jacques Douglas e altri diffusissimi fotoromanzi della Lancio. Comunque, ad aprile 1975 il prezzo era di 250 lire, immagino (non mi sono imbarcato a fare ricerche) in linea con quanto proponeva la diretta concorrenza dell’allora neonata Eura, ovvero la Universo che pubblicava Intrepido e Monello.
Tempo un anno, col numero 18 del 1976 Lanciostory passa da 250 a 300 lire. Un aumento del 20% netto! Sergio Loss ha periodicamente dichiarato (e altrettante volte si sarà morso la lingua per averlo fatto) quanto agli esordi delle riviste dell’Eura i fumetti costassero poco, meno di una bibita al bar. Questo primo aumento sarà quindi stato accettato con comprensione dai lettori: tutto sommato si potevano ancora spendere i soldi e sicuramente il passaggio alle 300 lire sarà stato in linea con quanto altre case editrici all’epoca leader del settore stavano facendo. Al di là di queste considerazioni mi sembra comunque strano che un acquirente del 1976 non potesse provare un minimo di fastidio per un aumento di questa portata: erano gli anni dell’austerity, delle domeniche a piedi, delle targhe alterne, dello sciopero dei cinematografari, della crisi petrolifera e via di seguito. Ma erano anche anni in cui probabilmente le possibilità di spesa erano più ridotte, non tanto per la minore disponibilità dei consumatori quanto per l’effettiva mancanza dell’offerta di svago che abbiamo oggi. Solo mie supposizioni, non suffragate da dati certi.
Lanciostory numero 27 del 1977: l’aumento del prezzo continua a cadenza aritmetica, adesso la rivista costa altre 50 lire in più. L’aumento sarà costante anche con il successivo “scatto”: dal numero 34 del 1978 Lanciostory costa 400 lire. Evidentemente all’epoca i fumetti costavano veramente poco o nulla se il mercato poteva assorbire queste testate (e immagino molte altre) ad un prezzo molto più alto di soli 3 anni prima. Oltretutto, all’epoca le cose all’Eura stavano andando a gonfie vele visto che si erano concessi il lusso di varare una seconda testata nel 1977, Skorpio. Che a sua volta non avrà problemi di permanenza nel settore sino a oggi, quindi più che un lusso è stato un investimento andato a buon fine.
All’approssimarsi del nuovo decennio le cose subiranno una netta sterzata: dalle 400 lire di prima, Lanciostory 24 del 1979 costerà 500 lire. Un altro aumento del 20% come nel 1976, che porterà la testata a costare IL DOPPIO di quanto costava solo 4 anni prima, al suo esordio. Certo: c’era l’austerity, la crisi e tutto il resto ma forse questo era anche il segnale di una crisi specifica che stava coinvolgendo il settore. Le televisioni private avevano invaso l’etere dopo la sentenza 202/76 e nonostante l’Eura non abbia dato credito alla teoria secondo cui il forte ridimensionamento del mercato fumettistico italiano fosse dovuto alla televisione (assecondandone anzi la visibilità con l’inserto Off-Story), la trasformazione dei lettori onnivori in telespettatori avrà senz’altro determinato la flessione e la conseguenza dipartita di alcune realtà, tra cui gli stessi concorrenti diretti dell’Eura sul cui formato era basato Lanciostory
Questo aumento a 500 lire non deve quindi essere passato inosservato come forse avevano potuto esserlo quelli precedenti, tanto più che a partire proprio da Lanciostory 24/79 e per 5 numeri verrà data una copia omaggio della rivista allo stesso prezzo. Ignoro di cosa si trattasse di preciso; testimoni dell’epoca asseriscono che era un “paghi uno prendi due”, due copie dello stesso numero allo stesso prezzo, ma mi sembra assurdo: raddoppiare la tiratura per poi svenderla così? O forse i numeri del venduto erano già tali da consigliare di regalare un bel po’ di esemplari per evitare giacenze? Io resto dell’idea che avranno allegato a quei numeri delle copie vecchie per decongestionare così il magazzino senza passare per le raccolte.
Nei primi anni ’80, nonostante quella che si rivelerà la bolla speculativa delle riviste d’autore, il fumetto italiano conosce un momento di stagnazione. Tante realtà storiche sono prossime alla capitolazione o al ridimensionamento e persino l’azienda leader del settore, quella che nel volgere di pochi anni sarà conosciuta come Sergio Bonelli Editore, arriverà a chiudere due testate a pochi (per gli standard del colosso milanese) episodi dal loro esordio (Bella & Bronco, 16 numeri tra 1984 e 1985; Gil, 11 numeri tra 1982 e 1983), e sorte ben peggiore conoscerà Full, un tentativo di inserirsi nel mercato dell’Eura e della Universo (questo secondo ormai agonizzante). Appunto perché è un momento di stagnazione, apparentemente senza particolari scossoni negativi, l’Eura continua ad andare adelante, ma rigorosamente con juicio: le testate aumenteranno il prezzo di copertina di 100 lire al colpo, e la frequenza degli aumenti sarà meno regolare che in passato. Dal 23/1980 Lanciostory costa 600 lire (dal numero successivo si darà evidenza con uno strillo in copertina che le pagine erano ben 132), col numero 3/81 avviene il passaggio a 700 lire, dal 27/82 arriveremo a quota 800 lire (già da una decina di numeri prima si segnalava in copertina che l’offerta era di ben 140 pagine), per poi arrivare a 900 lire col 20/1983 e, solo 18 numeri dopo, a 1000 lire con il numero 38 del 1983.

Lanciostory e Skorpio tengono duro, è anzi probabile che facciano pure dei buoni numeri, ma “buoni” se riferiti alla desolazione circostante. Probabilmente in quegli anni è cambiato il modo di percepire e di fruire i fumetti. Non sono più solo roba per bambini, ma magari lo fossero ancora: a metà anni ’80 il pubblico infantile e adolescenziale italiano ha altri svaghi tra cui scegliere, e una congiuntura economica finalmente favorevole per potercisi dedicare. Un bambino che non legga fumetti non è più considerato strano come probabilmente succedeva nel decennio precedente. Il bacino d’utenza dei lettori si è probabilmente stabilizzato, o sta per stabilizzarsi, ed è un pubblico consapevole, attento, appassionato, non più (solo) casuale. È probabilmente (quinto “probabilmente” in questo capoverso, io non vendo verità) un pubblico che segue le sue testate preferite decretandone con i propri umori, più che in passato, il successo o l’insuccesso. Questi nuovi lettori più consapevoli non vanno ovviamente irritati con cambiamenti repentini alle formule che, forse con fatica o forse con fortuna, si è riscontrato hanno avuto successo: anche in quest’ottica il costo di una rivista, per quanto basso rispetto ad altre forme di intrattenimento e svago, è preferibile che non subisca troppe impennate.
Nel 1984 Lanciostory non subirà variazioni di prezzo e solo nel 1985, col numero 26, passerà a 1200 lire. Un ulteriore rialzo, di sole 100 lire, si avrà col numero 28/1986. È chiaro che per riuscire a calmierare i prezzi bisogna andare a ritoccare qualcos’altro: oggi è risaputo che in quegli anni, a fronte del contatto diretto con gli autori argentini che ne avevano fatto la fortuna, l’Eura ridusse drasticamente i compensi dei collaboratori italiani, che dovettero riparare in altri lidi (e per molti fu una fortuna). Cose che un lettore non è ovviamente tenuto a conoscere, ma che giustificano il motivo dei rincari più modesti rispetto alla frenetica corsa degli anni ’70, probabilmente gli ultimi in cui il fumetto in Italia fu un genere veramente popolare.
Andrebbe segnalato che per giustificare in parte l’aumento a 1200 lire del 1985 potrebbe essere stata funzionale l’offerta del secondo inserto (quello sconsideratamente inserito nella foliazione della rivista, difficilissimo da staccare e conservare dignitosamente), ma ho ancora meno basi concrete per supportare questa supposizione rispetto alle altre.
Numero 27 del 1987: Lanciostory costa 1500 lire. Esattamente un anno dopo toccherà quota 1700, ma durerà poco: già col numero 2 del 1989 ci sarà un piccolo aumento di 100 lire. Nemmeno questo assestamento durerà a lungo visto che con il numero 27 Lanciostory costerà 2000 lire tonde. Ricordo di aver letto che a differenza del fumatore di pipa (attento, preciso, critico) il fumatore di sigarette tende a privilegiare l’immediatezza dell’appagamento del suo vizio piuttosto che la scelta razionale o la valutazione di alternative, quindi più che il costo basso è la cifra tonda a determinare il successo di una marca piuttosto che un’altra. Teoria forse balzana (letta sicuramente in uno di quei libri in cui chi fuma la pipa viene spacciato per genio e il tabagista tradizionale è un coglione) ma che si adatta comodamente a questa fase della vita di Lanciostory, in un’epoca in cui esistevano appunto banconote da 2000 lire che permettevano l’acquisto immediato della testata.

Sta di fatto che questo nuovo prezzo non subirà ritocchi per un anno e mezzo: solo col numero 1 del 1991 si passa a 2200 lire, per poi toccare quota 2500 lire con l’1/92 e 2800 lire con l’1/93. La sequenza annuale del rincaro fisiologico tornerà ad accompagnare l’anno legale solo nel 1999, forse per dare respiro a dei lettori sempre meno numerosi e sempre più potenzialmente attratti da altre occasioni di spesa. Anche se già alla fine degli anni ’90 si intuisce che la situazione economica non tornerà più rosea come quella degli anni ’80.
Col numero 27 del 1994 Lanciostory passerà da 2800 a 3000 lire: 200 lire in più, bazzecole per l’epoca. Diverso sarà il discorso per l’aumento che avverrà a un anno esatto: da 3000 si passa a 3500 lire. Vent’anni prima non ci si scomodava a spiegare i motivi di un aumento in proporzione ben più consistente, né probabilmente i lettori ne chiedevano conto (se mai se ne fossero accorti, in anni in cui i fumetti costavano evidentemente molto poco): stavolta si rilascia una lunga spiegazione, una sorta di comunicato ufficiale. Con questa spiegazione si copriranno i successivi 3 anni e mezzo: il prossimo ritocco (a 3800 lire) arriverà appena con il numero 1 del 1999! È vero che all’epoca il giustamente vituperato aumento del costo della carta ebbe un’influenza tremenda, ma è pur vero che entro qualche anno rientrerà. Io ricordo ad esempio (ma potrei anche ricordare male) che ai tempi dell’Istituto d’Arte una cartella di fogli Fabriano 33x48 costava 10.000 lire, per poi schizzare a 14.000 lire qualche anno dopo e tornare a costi più abbordabili verso la fine degli anni ’90. Sarebbe bello illudersi che fosse stato l’assestamento di questa situazione a determinare il mancato aumento del prezzo per tutto quel lungo periodo, e magari qualche peso l’ha anche avuto, ma non dobbiamo dimenticare che proprio alla fine degli anni ’90 comincerà il distacco di nomi storici ed eccellenti dall’Eura per dichiarate ragioni economiche.

Col primo numero del 1999, abbiamo visto, Lanciostory costa 3800 lire. Col numero 1 del 2000 arriverà alla cifra tonda, già presaga per ragioni legali della sua traduzione in euro: per la precisione 2,07.
Da questo momento in poi la storia dell’andamento dei prezzi di Lanciostory e Skorpio assumerà contorni sconcertanti. Ci vorranno quasi due anni prima che il prezzo torni a salire, e comunque relativamente di poco: solo col numero 32 del 2001 ci sarà un ritocco a 4300 lire/2,22 euro.
Una volta che l’euro diverrà la moneta ufficiale avverrà una cosa inaudita: per venire incontro a lettori che potrebbero non avere confidenza con la nuova valuta o che potrebbero avere in antipatia le cifre non tonde, l’Eura diminuisce il costo delle sue riviste. Si tratta di un ritocco minimo, solo due centesimi, ma sta di fatto che i numeri a partire da Lanciostory 9 del 2002 portano alle casse dell’Eura qualche soldo in meno che se avesse rispettato pedissequamente il cambio. È ovvio che se ha agito così la casa editrice poteva permetterselo (e il Dago mensile già si profilava, o forse si era già confermato, quale asso pigliatutto), ma per quanto irrisorio fosse il decremento comunque moltiplicato per le copie vendute avrà avuto il suo effetto.
E infatti il prezzo di 2,20 euro non dura a lungo: già col numero 31 dello stesso anno il prezzo arriva a 2,40.
Da qui in poi si sfiora la fantascienza: per un breve periodo il numero del “ritocco” è il 31, così come in passato lo erano stati il 27 e l’1. Il numero 31 del 2003 aumenterà di 10 centesimi, toccando quota 2,50 euro, col 31 del 2004 si arriverà a 2,60 euro. Un aumento di 10 centesimi all’anno non è affatto oneroso, visto che anche vent’anni prima la cifra dell’aumento era la stessa! Non solo: il passaggio a 2,80 euro avverrà solo con il numero 1 del 2006 ed è rimasto invariato sino a oggi. DA OTTO ANNI E MEZZO LANCIOSTORY COSTA LA STESSA CIFRA.
La cosa forse è meno miracolosa di quanto sembri, e probabilmente è frutto di una precisa scelta strategica: a quanto pare ritoccare il prezzo di una proposta è quasi un tabù di questi tempi e viene fatto come extrema ratio solo a fronte di cause conclamate, e possibilmente giustificabili dal compratore. Tutto sommato anche una volta era così, e ad esempio il tentativo di salvataggio di Horror (o era All American Comics?) da parte della Comic Art puntando sui fedelissimi e portando la testata da 5.000 a 7.000 lire si rivelò fallimentare. D’altra parte se persino le riviste di architettura, arredamento e arte contemporanea hanno stabilizzato i loro prezzi negli ultimi anni (pur potendo teoricamente contare su un bacino d’utenza con meno problemi di solvibilità) un motivo ci sarà.
Ora: è chiaro che per il lettore questa è una pacchia ma mi viene spontaneo chiedermi: se apparentemente i compensi che corrisponde l’Aurea hanno subito dei drastici ridimensionamenti durante una prima crisi (primi anni ’80, tariffe dei collaboratori italiani equiparate a quelle del materiale acquistato all’estero) e poi un’ulteriore seconda crisi (intorno al 2000, quando persino nomi eccellenti come Trillo e Risso si videro decurtate le loro retribuzioni – cfr. le ultime interviste su Fumo di China), oggigiorno quanto può guadagnare un collaboratore della casa editrice se le sue due testate principali non aumentano il loro prezzo e non hanno nemmeno altre entrate come inserzioni pubblicitarie?
Certo, è anche vero che oggi come oggi Lanciostory e Skorpio si dedicano come non mai alla pubblicazione di BéDé o di fumetti di altra provenienza geografica, sicuramente pagati col sistema dei diritti internazionali e quindi molto meno incisivi sulle spese rispetto a materiale di produzione propria. Così come immagino che sia Dago nelle sue varie incarnazioni e ristampe a dare un contributo decisivo alla salute dell’Aurea andando magari a coprire coi suoi utili i passivi che potrebbero essere causati da altre testate.
Sarà solo una mia impressione, ma mi sembra che fare il fumettista non è mai stato così difficile come in questo periodo.

1 commento:

  1. Ammazza, un bollettino di guerra: è un continuo aumento di cento lire in cento lire!
    Io ho vissuto lo stesso con Diabolik ma non è mai stata così allucinante la cosa: Dk per ANNI riesce a mantenere lo stesso prezzo^^

    Moz-

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