giovedì 3 maggio 2018

Blacksad Integrale

Seppure a denti stretti per il motivo di cui ho parlato qui, devo ammettere che l’Integrale di Blacksad è proprio un bel volume. Contenutisticamente e non solo.
La genesi della serie è nota (d’altronde è sulla piazza da quasi vent’anni): Juan Díaz Canales e Juanjo Guarnido si conoscono in uno studio di animazione e decidono di tentare la sorte con una serie a fumetti. Alla Dargaud (e forse ad altri editori) non interessa il progetto di questi sconosciuti ma Regis Loisel, non a caso ringraziato all’inizio del terzo episodio, ci mette una buona parola e Blacksad vede finalmente la luce diventando un best-seller e lanciando i due autori nell’Olimpo del fumetto: Díaz Canales scrive il seguito di Corto Maltese e la produzione di Blacksad procede con la rilassatezza (un volume ogni tre anni circa) che solo un grosso successo può permettere.
Il tema attorno a cui ruota la serie è la rilettura del genere hard-boiled interpretato in chiave furry, o almeno credo si dica così: i personaggi sono cioè animali antropomorfi – il protagonista è un gatto detective. Le storie sono ambientate nei primi anni ’50 negli Stati Uniti, con riferimenti precisi al contesto storico e culturale, e sono legate da una continuity labile ma ben presente. Le tavole di Guarnido sono disegnate splendidamente e soprattutto colorate magnificamente ad acquerello, e costituiscono senz’altro il punto di forza del fumetto, soprattutto in quegli episodi in cui i testi non sono al loro stesso livello.
Nell’Integrale non c’è uno straccio di introduzione e nessun altro redazionale, quindi si comincia subito coi fumetti.
Il primo episodio, Da qualche parte tra le Ombre, è un giallo classico: John Blacksad indaga sulla morte di una sua vecchia fiamma che faceva l’attrice. Non è un capolavoro ma una buona storia solida e coinvolgente, che probabilmente non sarebbe emersa tra tanti altri prodotti analoghi se non fosse stato per la scelta di farla interpretare da animali antropomorfi, cosa che ha offerto a Guarnido la possibilità di sfoderare il suo splendido stile dinamico, espressivo e curatissimo. Datata 2000, questa storia mi ha dato l’impressione di essere stata concepita originariamente come one shot: la didascalia finale (citata in quarta di copertina, quindi addio sorpresa) lascerebbe intendere che il contesto vada interpretato in modo metaforico e che quella ritratta è l’umanità reale trasfigurata in bestie. Non mancano però anche giochi di parole sulla natura animale dei personaggi e riferimenti alle loro caratteristiche, per cui probabilmente questa è solo una mia interpretazione.
Il secondo episodio, Arctic Nation (2003), si discosta parzialmente dagli stereotipi del genere mettendo sul fuoco della carne un po’ più originale, anche se forse troppo ambiziosa e secondo me fuori contesto. La base di partenza è in effetti il razzismo di una associazione nazistoide e i riflessi che ha su una comunità che avrebbe dovuto essere un complesso abitativo modello e che adesso è allo sbando. Per fortuna l’indagine di Blacksad sulla sparizione di un’orfanella incanala presto il racconto in una torbida trama di adulterio, incesto, pedofilia e vendetta. Oltre a essere più originali, i testi sono anche maggiormente articolati (le pagine di fumetto aumentano e da 46 toccano quota 54) ma sono ancora i disegni e i colori il pezzo forte della serie.
E finalmente arriviamo al terzo capitolo, Anima Rossa (2005), in cui finalmente i testi decollano: lo scenario è decisamente più originale, e i riferimenti a figure storiche reali è molto efficace. Stavolta è di scena l’incubo nucleare con tutto il codazzo di paranoia (e relativi approfittatori) che ne consegue. La storia si muove tra sarcasmo spietato e cupa disperazione, e introduce anche un personaggio femminile decisamente affascinante – certo, qui il merito va probabilmente ascritto maggiormente a Guarnido.
Stesso discorso, anzi anche meglio, con L’Inferno, il Silenzio (non datato) in cui sono di scena dei disperati jazzisti alla deriva e il mondo che gravita loro attorno. Diaz Canales gioca sporco con il lettore, perché la soluzione del caso (peraltro originale) non era facilmente intuibile dai pochi elementi che ci ha messo a disposizione, ma in fondo si può vedere la cosa come un gioco col lettore e coi canoni del genere poliziesco. La presenza di un deus ex machina che salva il protagonista delude un po’, ma immagino che si tratti di un elemento relativo al passato di Blacksad che verrà sviluppato più avanti, come si evincerebbe da alcuni particolare.
All’impennata dei testi corrisponde la lenta ma già percepibile semplificazione dei disegni. Siamo sempre a livelli altissimi, ma ora Guarnido risolve le sue figure preferibilmente con delle vigorose pennellate piuttosto che con una serie di tratteggi, tendenza che si confermerà nel quinto e ultimo episodio lungo, Amarillo, del 2013.
Quest’ultima storia è forse la migliore, con un “caso” che mette in scena uno scrittore beatnik e il suo amico (e amante?), in cui Blacksad si trova coinvolto praticamente per caso e quasi senza interagire con il personaggio. C’è un po’ troppa serendipità all’inizio (guarda caso, succedono proprio le cose che servono a Blacksad per venire coinvolto nella vicenda, seppur parallelamente alla storia portante) e forse il volume avrebbe tratto beneficio da qualche pagina in più, visto che sul finale accelera di colpo e affastella dei bruschi colpi di scena o cambi di prospettiva uno dopo l’altro.
Pur con la definitiva maturazione semplificata del tratto di Guarnido, che a volte sembra quasi Mandrafina, probabilmente Amarillo è la storia migliore dell’albo.
Il fumetto in sé, insomma, è veramente notevole e non mi stupisco che abbia avuto tanto successo e tutti i riconoscimenti che gli sono stati tributati. Certo, se avessi cominciato a leggerlo all’epoca della sua prima uscita (ma ero ancora uno studente universitario, e non potevo comprare tutto) forse sarei rimasto un po’ deluso dai testi di Da qualche parte tra le Ombre, ma sicuramente avrei apprezzato i disegni. Guarnido, tra le altre cose, è fenomenale nel disegnare le donne, che risultano bellissime e seducenti anche se trasfigurate nei panni di gatte, cagne, ecc.
Da notare una raffinatezza che ignoro se fosse presente anche nei volumi originali: i singoli episodi hanno una sorta di scena “dopo i titoli di coda”, un ultimo disegno in bianco e nero dopo la fine dell’episodio che sviluppa, talvolta ironicamente, un aspetto della trama.
A integrare il volume ci sono due storie brevi realizzate per degli speciali di Pilote e una caterva di schizzi e layout. Non escludo che parte di questo materiale sia stato ripreso da un libro sulla realizzazione di storyboard a opera di Guarnido, di cui Matteo Alemanno mi ha magnificato la qualità, la rarità e il valore.
Delle due storie brevi di due tavole l’una, la prima è prettamente descrittiva e si basa tutta sull’atmosfera, e considerando la data di realizzazione (2003) immagino che servisse più che altro come presentazione della serie e del protagonista. La seconda invece è molto bella.
Venendo all’edizione Rizzoli Lizard, il lettering non è dei migliori, pur non essendo comunque pessimo. Ci sarebbe invece un po’ da ridire sulle traduzioni: nel secondo episodio un personaggio in fuga dice a un altro «slegami» anche se non è affatto prigioniero (forse Gianluigi Gasparini ha tradotto così «sueltame» invece del più corretto «mollami» perché non ha visto i disegni), e poi non si ricambia l’affetto per uno che ci ha rifilato «un mucchio di bidoni» (terzo episodio). Nel quarto, poi, ci sono pure due balloon invertiti! Ma i difetti di cui mi sono accorto sono solo questi.
50 euro, che poi sarebbero 49, questo volume li vale proprio tutti anche solo in considerazione del fatto che ogni storia viene in pratica pagata meno di 10 euro e c’è un ricco apparato iconografico alla fine.
Roba che quasi perdono all’editore le sue aberranti strategie di marketing. Quasi.

4 commenti:

  1. Non solo gli autori vennero lanciati da Loisel, ma in origine Da qualche parte fra le ombre era proprio introdotta da un breve scritto del buon Regis, decisamente entusiasta (e inconsapevole del colossale successo che la serie avrebbe riscosso poi). Strano che la Lizard non l'abbia riproposto.
    I disegni in bianco e nero "post credits" erano invece disposti fra ultima pagina e terza di copertina, una scelta davvero azzeccata e anche un po' subdola, visto che se non ci si prestava attenzione facilmente sfuggivano.

    Comunque impossibile non essere d'accordo con te, anche se io sono decisamente più critico nei riguardi delle sceneggiature di Canales, che per me trapano parecchio le ali allo splendido lavoro di Guarnido. E infatti "grazie" a lui non penso che considererò mai Blacksad un imprescindibile della Bédé, pur essendo comunque un buonissimo fumetto.

    La serie non è affatto conclusa, e almeno un sesto e un settimo album (in stretta continuity, uno seguito dell'altro) dovrebbero uscire nei prossimi anni. Purtroppo gli impegni degli autori li hanno costretti a mettere in pausa i lavori: Canales è attivo su Corto, come giustamente scrivi, mentre Guarnido sta terminando un one-shot scritto da Ayroles (quello de La piuma e l'artiglio) intitolato Les Indes Fourbes, e previsto per quest'anno in Francia.

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    1. In effetti almeno quel testo che citi avrebbero potuto metterlo... si vede che non c'è nemmeno nell'Integrale francese a cui evidentemente ha fatto riferimento la Lizard (tranne che per il formato, maledizione).

      Un ottimo fumetto, sì, con qualche punta altissima soprattutto tra gli ultimi episodi. Forse proprio la lettura ravvicinata di tutta la saga me l'ha fatta apprezzare di più.

      Pensa te: se non fosse stato per Loisel adesso Diaz Canales e Guarnido starebbero ancora a fare gli animatori. Che forse non è nemmeno una brutta vita, ma niente a confronto col successone che hanno avuto.

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    2. Nell'edizione francese c'è, a dir la verità. Te lo lascio in link, è davvero brevissimo
      https://s17.postimg.cc/uji6usqsf/Cattura.png

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    3. grazie. In effetti avrebbero potuto metterlo...

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