domenica 27 giugno 2021

Gli Uomini della Settimana Volume 1

Fumetto bizzarro che si bea del suo ostentato surrealismo concentrandosi al momento quasi solo a introdurre i personaggi. I protagonisti sono sei celebrità che vengono definite «supereroi» solo in quarta di copertina: nel fumetto non vengono mai chiamati così e sono più che altro dei performer o dei presenzialisti che si fanno vedere alle inaugurazioni o in televisione (più o meno: le telecamere sono spente e non c’è pubblico in studio, ma c’è un perché). La loro notorietà e il titolo della serie si devono al fatto che le loro vicende, di qualsiasi tipo fossero, sono state ospitate su una rivista che uscì per soli sette giorni – e l’ultima volta con una copertina bianca. L’ombra lunga e inquietante del metafumetto avanza minacciosa e un brivido mi corre lungo la schiena al pensiero che alla fine tutto finirà con un’implosione come mi pare sia avvenuto con La Dottrina. Ma è presto per fasciarsi la testa. I segnali non devono necessariamente condurre in quella direzione. Spero.

Gli Uomini della Settimana sono Alter (che può fare delle copie di sé stesso e ha una relazione con una biondona che si finge stupida), il Mimo (bravo a travestirsi, acquista anche le capacità di chi imita), l’Ispirazione (che trasmette agli altri per empatia il suo umore), Puah! (col potere di riempire oggetti e persone di pallini neri come enormi retini tipografici – metafumetto?), Da Da Da (che frequenta un uomo qualunque e può modificare la disposizione delle lettere nei balloon degli altri o usarle come armi – argh, metafumetto!) e Aquila, che muore all’inizio e forse era l’unico a fare veramente l’eroe, o perlomeno a impersonarlo: la scena d’apertura lascerebbe pensare più a una messinscena che a qualcosa di realmente avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale, se non altro per il tedesco fintissimo dei dialoghi.

Il motore della trama è proprio l’uccisione di Aquila tramite l’unica cosa a cui è vulnerabile: ogni Uomo della Settimana ha infatti un punto debole segreto. L’omicidio avviene a ridosso del suo compleanno e ovviamente diventa occasione per una nuova performance e la conseguente disquisizione sul ruolo degli artisti, degli spettatori, ecc. Apparentemente sembra una citazione o un omaggio a Watchmen (o a Bratpack, o a chissà quanti miliardi di altri comic book con premesse simili) ma Bilotta sembra usare questo incipit come viatico per parlare d’altro, principalmente di popolarità, apparenza, visione del mondo e soprattutto di arte contemporanea. Magari pecco di ipercodifica, ma mi sembra che la misteriosa erede di cui nessuno conosceva l’esistenza e l’assistente-schiava di Puah! siano dei riferimenti a Gino De Dominicis e anche il “caso” del terzo capitolo con la scomparsa di un oggetto inesistente potrebbe rimandare al cubo invisibile di De Dominicis che venne regolarmente recapitato con corriere all’acquirente (o così si dice). E poi, dai: la tavola con gli oggetti accumulati a pagina 66 è troppo ostentata per non essere una citazione dei piatti appesi alle pareti di Daniel Spoerri.

Magari gli Uomini della Settimana sono una trasfigurazione all’amatriciana (la storia è ambientata a Roma) degli Young British Artists. L’Ispirazione come Tracy Emin, può starci. Non ho capito invece chi potrebbe rappresentare il Nodista, anche se la relazione tra lui e il gallerista/curatore porta alla mente i dibattiti su quale delle due figure sia oggigiorno il vero artista.

Attorno alla trama portante orbitano altri personaggi e sottotrame: il prete/critico d’arte Don Baltico, la presunta conduttrice televisiva Mancinella, la diva Carolina Rotante dichiaratamente inesistente ma cionondimeno amatissima dai suoi seguaci, una specie di Diabolik invecchiato e soprattutto la minaccia incombente dell’Invisibile, ovvero l’entità che avrebbe determinato lo scioglimento degli Uomini della Settimana. E che spero vivamente non sia una cosa tipo il lettore di fumetti, il mercato dei fumetti, il gradimento del pubblico, lo stesso Bilotta o una cosa così…

La storia si sviluppa in capitoli da 24 tavole, come se fosse la raccolta in volume di tre comic book. Non è per insultare gli autori che ho fatto un parallelo col fumetto USA: oltre al formato 17x26 la struttura è proprio quella, con i credit all’inizio di ogni capitolo e un cliffhanger finale. Il formato ideale per la pubblicazione sarebbe stato quello di un fascicolo mensile (o magari settimanale!) visto che il ritmo è incalzante e si rimane incollati alle pagine. Tanto più che come in Watchmen ogni capitolo termina con un elemento grafico extra-fumetto che porta un po’ avanti la trama o almeno riassume quello che è successo nel singolo capitolo: in appendice a un’eventuale versione in fascicoletti ci sarebbe stato proprio bene. Mi rendo conto però che, al di là delle altre considerazioni produttive, un formato di questo tipo avrebbe forse comportato un costo maggiore. Così però ci troviamo alla fine di questo primo volume con un cliffhangerone micidiale e chissà quando vedremo il seguito.

Lo stile di Bilotta è, come dicevo, molto appassionante e riesce a incuriosire il lettore. Non sempre il suo umorismo colpisce nel segno, ma sa usare alla perfezione le possibilità usate dal fumetto senza perdersi in barocchismi. E poi già l’ambientazione italiana per una storia del genere mi sembra una trovata simpatica.

I disegni di Sergio Ponchione mi hanno invece un po’ deluso: non che siano brutti, ma ha molto lesinato sui tratteggi, ha usato un’inchiostrazione piuttosto corposa e il risultato alla fine è un po’ stilizzato. Certe vignette sembrano ingrandimenti di immagini più piccole. Certo, è abbastanza espressivo ma non può esserlo più di tanto con protagonisti e comparse che indossano maschere totali o si atteggiano sempre a impassibili o al contrario devono sorridere forzatamente. La stampa non sempre nitidissima, poi, non aiuta. Oltretutto non si riesce nemmeno a leggere cosa c’è scritto in alto a destra nel manifesto de Il Nido dell’Aquila (che fa pensare ad Aquila più come attore che come eroe) e magari era un indizio importante. O forse è una strategia precisa per suggerire, come vediamo nella stessa splash page, che i colpevoli siano Mattarella e Pertini.

Poco da dire sui colori di Nicola Righi: in generale si conformano alla maniera supereroistica per poi deflagrare in quei pochi punti dove è necessario.

8 commenti:

  1. Sono molto curioso di questi supereroi made in Italy, me lo devo procurare presto!

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  2. Non l'ho preso perché l'albo del Free Comic Book Day dell'anno scorso non mi era piaciuto. Sofliando il volume ieri in fumetteria non mi ha attratto e tutto il gran parlare di questa serie negli ultimi mesi mi aveva stufato. La tua recensione mi allontana ancora di più dall'idea di comprarlo.

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    1. Siamo appena alle prime battute, alla fine potrebbe rivelarsi un capolavoro. Ma per quella volta potrai recuperarlo con calma!

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    2. Di rimando ti posso dire la stessa cosa del Confine. In un video di qualche mese fa, che ho visto ieri, Masi e Uzzeo parlano di 24 numeri confermati e possibilità di andare molto oltre se ci sarà il gradimento del pubblico

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    3. Del Confine attendo la versione da edicola se mai la faranno.

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  3. Quindi ora oltre alle citazioni del meta-cinema e del meta-fumetto tocca cercare quelle della meta-storia dell'arte contemporanea?
    I Tableaux-pieges di Spoerri? Meno male che sono un appassionato di Orler-TV! :D
    E poi basta con le meta-citazioni, facciamole intere una buona volta (le citazioni).

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    1. Niente Metabaroni, però:(
      Boh, poi magari sono io che pecco di ipercodifica. O di Transavanguardia.

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