sabato 24 dicembre 2022

Un capitano di quindici anni

Non il migliore dei fumetti realizzati da Franco Caprioli, ma la colpa è principalmente di Jules Verne. L’adolescente Dick Sand, secondo in comando, si ritrova capitano della baleniera Pilgrim dopo che il capitano Hull perisce a causa di una balena inferocita perché protegge il suo piccolo. La nave aveva appena preso a bordo cinque neri e un cane, unici superstiti di uno speronamento, cosa provvidenziale visto che dopo l’attacco della balena dell’equipaggio non rimane praticamente nessuno. Guarda caso, proprio sulla Pilgrim si trova chi ha contribuito alla loro disgrazia, il cuoco portoghese Negoro. Costui riesce a deviare la rotta della nave fino a farla approdare addirittura in Africa (la storia prende le mosse inizialmente tra America del Sud e del Nord) proprio dove può riprendere il suo commercio di schiavi insieme a un altro malvivente che inizialmente imbroglia l’equipaggio sulla loro destinazione.

Dick riesce a salvare i suoi compagni di sventura (tra cui la moglie dell’armatore, suo figlio e il cugino entomologo a cui sono demandate le gag comiche) ma in pratica se la cava solo grazie a interventi esterni e per pura fortuna, è un personaggio decisamente privo di sugo. Non mancano poi situazioni inverosimili come il cane Dingo che seleziona sempre le stesse lettere in un gioco del piccolo Jack per ricordare il suo padrone assassinato, o il ricorso all’olio di balena per far chetare il mare in tempesta (boh, magari funziona davvero). Lo stesso Dingo muore apparentemente un paio di volte, e mi viene il sospetto che Verne lo abbia “resuscitato” non tanto per creare colpi di scena ma perché si era dimenticato di averlo ucciso. Ovviamente Claudio Nizzi non poté fare molto per rendere più accattivante il materiale di partenza, anche se forse avrebbe potuto ridurre un po’ il gergo marinaresco nella prima parte, che assume ai miei occhi di profano quasi l’aspetto di technobabble. Decisamente meglio Michele Strogoff, un po’ perché l’esotismo non ha una grande presa su di me, ma soprattutto perché questo volume non presenta nessuna storia in appendice ma consta di sole 40 tavole di fumetto, da cui immagino la necessità di commissionare a Gianni Brunoro un’introduzione piuttosto lunga (e interessante, ma da leggersi rigorosamente dopo il fumetto) ricca di immagini anche a piena pagina per poter raggiungere una foliazione dignitosa.

Ma in fondo chi se ne frega: lo scopo di questa collana è godere dei disegni di Franco Caprioli e tanto basta. Anche i colori, poi, non sono affatto male. Unico appunto che mi sento di fare al disegnatore è che il capitano Hull e l’infido Harris si somigliano un po’ troppo e all’apparizione del secondo può insorgere un po’ di confusione. Forse Caprioli si era basato sullo stesso modello, ma nell’ottica di una pubblicazione a puntate può starci benissimo, visto che il lettore avrebbe potuto tranquillamente dimenticarsi le fattezze di un personaggio estemporaneo che era comparso qualche settimana prima.

Questo fumetto costituisce anche una testimonianza sulla diversa sensibilità dell’epoca, con la caccia alla balena raffigurata senza alcuna remora morale, anzi come se fosse la cosa più naturale del mondo, e con l’uso disinvolto e ripetuto del termine «negro».

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